Anime & Manga > X delle Clamp
Segui la storia  |       
Autore: Loveless    07/03/2007    1 recensioni
Così uguali e così diversi.
Un sogno misterioso li unisce.
Ma un sogno può bastare a riempire le divergenze ed i vuoti di due Angeli?
[Aggiunti i capitoli 7 e 8. Capitoli 4 e 5 in riscrittura.]
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Fuuma Monou, Seishiro Sakurazuka
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 0.3
Petali e sangue



La mattina seguente, fu il soffio sommesso del bollitore del tè a svegliare dolcemente Fuuma dal riposo del giusto.
Socchiuse appena gli occhi. La figura del Sakurazukamori, in piedi vicino all’angolo cottura, vestito con il solito impeccabile completo nero e la cravatta che pendeva lasca dal collo, lo convinse che non si era immaginato nulla.
Il ragazzo scalciò via la coperta e si stiracchiò, sbadigliando rumorosamente. Sakurazuka gli lanciò un’occhiata obliqua nella sua direzione ma non disse niente, continuando ad occuparsi della sua bevanda.
- Buongiorno Sei-chan! Dormito bene? – chiese Fuuma, alzandosi e raccogliendo i propri jeans e la maglietta nera da terra.
Ovviamente non gli giunse risposta. Gli era bastato guardare l’assassino un attimo solo per notare le occhiaie profonde che si notavano sotto gli occhi, due cerchi neri dipinti da un pittore che ama le tonalità spente.
- Non molto, - rispose infine Sakurazuka, aggiungendo le foglie di tè al bollitore ricolmo di acqua calda e lasciandole in infusione. Bugiardo, non aveva chiuso occhio!
Fuuma alzò la testa, finendo di alzare la zip dei pantaloni ed allargò appena le proprie narici, fiutando l’aria circostante. Gli era parso che l’odore di ciliegio si fosse fatto più forte dalla sera prima.
- Il Sakura è affamato? – chiese alla fine, e l’altro annuì.
Il Kamui della Terra sapeva bene dell’esistenza di un profondo legame mentale fra il Sakurazukamori e la sua pianta: simbiosi, l’aveva chiamata Kusanagi, l’esperto in quel campo. Il Sakura era cosciente in ogni singolo istante dei bisogni del suo custode, e viceversa: se il ciliegio aveva fame di sangue, anche l’assassino sentiva il desiderio inesprimibile di saziare la sua sete e soddisfare l’appetito del suo padrone vegetale. Se condividessero altre emozioni (emozioni, parola buffa… Sakurazuka sosteneva da tempo di non averne di proprie), come rabbia o altro, questo gli era sconosciuto. Forse condividevano il dolore, uno dei sentimenti più forti in assoluto, ma cosa mai poteva far soffrire un tipo come il Sakurazukamori?
- Bene, anche io lo sono, - disse Fuuma, andando a sedersi al tavolo con tutta tranquillità, come un avventore di un bar che sta chiamando il cameriere per ordinare, - C’è qualcosa di buono per colazione, Sei-chan?
- Casa mia non è un ristorante, self service o come vuoi chiamarlo tu - fu la secca risposta dell’altro.
Il ragazzo sbuffò, andando a ripescare l’accendino dalla tasca dei jeans ed una sigaretta dal pacchetto di Mild Seven abbandonato sulla tavola, prima di accendersene una, con il fare lento e paziente di un fumatore accanito.
- Ma come siamo indisponenti stamattina! Il Sakura deve essere davvero incazzato per la tua assenza prolungata… Da quanto non lo fai mangiare, il poverino?
- Numero uno, se il ciliegio è infastidito il cibo non c’entra nulla, perchè di certo non lo faccio morire di fame, - replicò Sakurazuka, mettendogli davanti agli occhi una tazza di tè fumante, - Numero due, ognuno di noi due ha una sua vita propria, e non serve che l'altro ci ficchi il naso. Ti ho forse mai chiesto qualcosa di personale?
- Nessuno ti ha mai impedito di farlo, Sakurazuka, sei liberissimo di rischiare la tua vita come vuoi.
Il Kamui della Terra decise di lasciare a metà la sua Mild Seven e la appoggiò con noncuranza nel portacenere in vetro alla sua destra, schiacciandone poi con forza la punta contro il fondo, mentre un odore di bruciato si spandeva nella stanza.
Fuuma si portò la tazza sotto le narici, inspirando a fondo l’aroma forte della bevanda, e ne ingollò un sorso talmente in fretta che il liquido gli scottò la lingua e la gola.
- Ah. Ora capisco.
L’assassino inarcò appena un sopracciglio, sedendosi di fronte a lui, intento a fissarlo e a sorseggiare il suo tè.
- Che cosa hai capito?
- Che c’è qualcosa sotto… E se togliamo il pasto dalla lista di cose che possono far incazzare il tuo ciliegio, rimane il Sumeragi. Ma, visto e considerato che sono anni che aspetta il suo sangue, temo abbia perso le speranze di vederlo tra le sue radici, no? Ed ora la lista è vuota, ma il Sakura è di malumore lo stesso, quindi…
Fuuma fece una pausa ed effetto, mentre si picchiettava il mento con l’indice con fare pensieroso, prima di toccarsi le labbra e ruotare gli occhi in direzione del soffitto, in una caricatura di infantile indecisione che, sicuro come l’oro, il Sakurazukamori aveva visto molte volte nel viso del Sumeragi.
- Oh, Sei-chan! – cinguettò poi, mettendo giù la tazza vuota e spalancando gli occhi come se fosse giunto ad una conclusione talmente semplice da risultare quasi banale, - IO non mi sono contato, vero?
L’odore di ciliegio sembrò avvolgerlo con tutta la pesantezza del suo odore dolciastro, mentre il Sakurazukamori assottigliava gli occhi nella sua direzione. Era una strana visione, lui con quei due occhi spaiati, quello vuoto e vitreo e quello nocciola, ridotti a due fessure.
- Ahia, mi sa che ho toccato un tasto dolente… - continuò Fuuma sorridendo innocentemente - Sei-chan, dovresti imparare a non farti rovinare la giornata dai capricci di un Sakura geloso, sai?
- Vaneggi, - replicò l’assassino, agitando la mano in aria come a disperdere quell’odore che diventava di secondo in secondo più intenso.
- Forse. Ma i fatti mi danno ragione come non mai, - fece il ragazzo tranquillamente, prima di riprendere la sigaretta lasciata a metà, - Ma se vuoi potrei liberarti di questo ingombrante fardello che ti porti dietro da anni…
Adesso lo sguardo spezzato di Sakurazuka era un misto fra curiosità e disprezzo.
Una patina, ovviamente, un mero rivestimento di sentimenti che l’assassino non avrebbe mai avuto.
- Potrei benissimo distruggere il parco di Ueno e tutti i dannati alberi che lì hanno radice, compreso il tuo amatissimo Sakura, - considerò Fuuma, mentre una nube bianca lasciava le sue labbra per andarsi a confondere con le pareti plumbee della cucina, - Quindi, niente ciliegio, niente morti per lui, niente seccature. Tutto più comodo.
Il profumo di ciliegio si era fatto talmente forte che ormai si rischiava si soffocare.
- Il Sakura non ama che si parli di lui in questa maniera, - fece il Sakurazukamori con voce bassa, - Né che ti vengano in mente certe stronzate.
Il Kamui oscuro rispose con un’espressione enigmatica allo sguardo fisso dell’altro.
- Pensi davvero, Sakurazuka, che non lo farei? Pensi che lo dica solo per fare un dispetto al tuo albero?
Sul suo volto fiorì un sorriso crudele e tinto di oscurità, mentre si alzava lentamente dalla sedia e si dirigeva alla finestra della cucina, che dava direttamente sul parco.
- Goditi lo spettacolino, Sei-chan, mentre distruggo il tuo amato ciliegio.
Gli occhi dorati di Fuuma si misero a risplendere, come se qualcuno stesse facendo colare oro liquido in quelle iridi così intense, mentre socchiudeva appena la mano.

Razza di fottutissimo bastardo infame!
Seishiro sentiva dentro di sé il Sakura gemere e muoversi a scatti per il dolore provocatogli, mentre anche lui dovette aggrapparsi al tavolo per non farsi sfuggire alcun lamento e per continuare a stare dritto sulla sedia.
Piccole fitte pungenti gli attraversarono il cervello, il suo volto freddo ed imperturbabile si distorse in una maschera di sofferenza acuta, il suo corpo si mise a tremare come in preda ad una febbre violenta.
Dentro di sé, i pensieri non gli obbedivano più: la rabbia e la frustrazione del Sakura, torturato così con la sola forza della mente, e la sensazione di freddo fastidio si mescolavano fra loro, lasciandolo in balia di un dolore sordo e, per certi versi, quasi piacevole.
Seishiro sapeva per esperienza che, dopo un po’ che un corpo ed una mente venivano seviziati, avveniva nell’uomo uno strano fenomeno. Si raggiungeva, all’apice del dolore, una specie di languore caldo, una sensazione quasi erotica, che trasformava l’odio verso il proprio carnefice in una specie di attrazione perversa. Lo sapeva, perché in fondo queste sono le regole basilari da sapere per un assassino.
La bravura della vittima stava proprio nel nascondere questo piacere quando sopraggiungeva, perché avrebbe solo peggiorato le cose: l’aguzzino si poteva stancare ed ucciderlo, oppure avrebbe smesso la tortura per un po’, in attesa che quel languore si calmasse, e poi avrebbe ricominciato da capo. Peggio di prima, più di prima.
Seishiro sentì che la sua fronte poggiava contro il legno della tavola, doveva essersi ripiegato su se stesso per contenere dentro di sé la marea di sensazioni che minacciavano di travolgerlo nello stesso istante. Sentì la sua bocca aprirsi, ma la voce rimase compressa nella sua gola.
Due sillabe sole, senza suono.
Ba-sta.
Basta.
All’improvviso, tutto finì e l’assassino si sentì respirare di nuovo. Doveva essere stato in apnea tutto il tempo. Il Sakura non andava scemando la sua rabbia, ma la stava solo posticipando, quando il suo custode gli avrebbe portato le prossime vittime.
Fu come togliersi un macigno dallo stomaco.
La vista ed il cervello si snebbiarono di colpo, ma Seishiro non fece comunque in tempo a tornare pienamente padrone di sé.
- Come ci si sente, Sakurazuka, a fare la parte delle vittime?
Kamui gli si era avvicinato a passo felpato dietro la schiena e gli stava soffiando quelle parole direttamente nell’orecchio destro, proprio dove lui non poteva vederlo per via dell’occhio.
- Dicono che all’inizio non si stia benissimo, ma poi, con il proseguire… Ti fa quasi piacere, no?
Dunque il bastardo sapeva bene quanto lui a che cosa l’aveva sottoposto.
- Siediti, se proprio sei così sicuro di quello che dici. Non credo ti dispiacerà fare cambio e provare tu stesso.
La risposta del Kamui della Terra gli giunse sotto forma di una piccola risata che gli scatenò una strana reazione di calma assoluta e caos primordiale all’interno del suo corpo. Un accatastarsi di impulsi e desideri diversi, uno sopra l’altro, come se la sua anima avesse deciso di colpo di traslocare altrove e stesse gettando alla rinfusa tutto ciò che gli capitava a tiro.
- No, - disse alla fine il ragazzo, - Non ne saresti capace, Sakurazuka. E lo sai il perché?
La tentazione di girare tutta la testa e guardarlo negli occhi era fortissima, come quella di fargli rimangiare una per una tutte quelle cose. Ma resistette.
- Dimmelo tu.
- Perché a te piace solo il momento dell’assassinio: la tua mano che si tende, i muscoli che si irrigidiscono, la tua carne che trapassa quella dell’altro, il sussulto della vittima, il breve spasimo dell’agonia. Questo è ciò che ti piace fare, per il resto non ci provi gusto. Per questo non saresti un granchè, come torturatore.
- Argomentazione interessante. Non ti pensavo in grado di fare certi discorsi.
- Questo è il tuo problema, Sei-chan: pensi decisamente troppo, per essere un assassino.
- Forse è per questo che sono un gradino sopra di te, Kamui.
- Un gradino sopra di me, eh?
La sua voce sembrava divertita e, anche se non riusciva a vederlo, stava sicuramente sorridendo.
- Non mi pare giusto toglierti un sogno, perciò, caro il mio Sakurazukamori, per il momento non ribatterò. Magari un giorno me lo dimostrerai, o tenterai di dimostrarlo… Ma dubito fortemente che riuscirai a provare la tua supremazia.
L’assassino si morse il labbro, consapevole della propria precaria situazione, ma fece finta di stare al gioco.
- Da dove viene questa tua sicurezza?
- Perché io ti assomiglio, perché anche io adoro uccidere. Ma una cosa ci differenzia, ed è questa cosa che dovrebbe metterti in allarme, Sei-chan…
Un’altra parola, una sola sillaba e sarebbe andato a far compagnia agli altri cadaveri ai piedi del Sakura. La rabbia del ciliegio si stava lentamente risvegliando e le mani dell’assassino, immobili lungo le ginocchia, cominciarono ad essere percorse da uno strano pizzicore.
- Io, - continuò Kamui tranquillamente, mentre le sue labbra si avvicinavano sempre di più all’orecchio di Seishiro fino a quasi toccarlo, - scelgo la mia preda, la seguo, la avvicino, come te… E la uccido.
Pausa ad effetto.
- Ma pezzo per pezzo…
Furono quelle ultime parole che fecero tremare l’uomo, almeno dentro di sé, ma di un brivido che non aveva spazio e non aveva tempo, un brivido che avrebbe continuato a risentire dentro ogni volta che quel ragazzo avrebbe sussurrato, o assottigliato gli occhi come un felino, o si sarebbe presentato davanti alla porta di casa sua con gli abiti macchiati di sangue estraneo.
Quando la lingua di Kamui guizzò a lambirgli la pelle dell’orecchio, l’assassino stava ad occhi semichiusi a concentrarsi su quella sensazione ambigua ed intrigante allo stesso tempo.
Quel tocco umido ed insinuante lo risvegliò bruscamente, ed il corpo del Sakurazukamori reagì da solo a quella deliberata violazione del suo spazio.
Ma Kamui stava già alla porta, una mano sulla maniglia e l’altra infilata nella tasca dei jeans, che gli sorrideva.
- Passami buona giornata, Sakurazuka. Penso andrò al quartiere residenziale a divertirmi un po’, o magari farò una capatina altrove. Fossi in te preparerei qualcosa di buono per stasera… - concluse il ragazzo, facendogli l’occhiolino ed aprendo l’uscio.
- Kamui.
L’altro era già mezzo fuori dalla porta quando rimise la testa nell’appartamento, incuriosito.
- Sì?
- Qual è il tuo vero nome?
Gli occhi dorati del ragazzo si chiusero per un attimo, sbattendo perplessi.
- Il mio vero nome?
- Sì.
- A che pro ti interessa saperlo?
- Chissà, - fece Seishiro, sigaretta fra le labbra, sguardo freddo come al solito, di nuovo dritto in sella di fronte al mondo, - Magari sono solo curioso o magari ho un altro motivo mio…
- Un motivo tuo? Che motivo ci può essere nel voler sapere un nome?
- Lo sai quanto me, - sorrise il Sakurazukamori. Si stava prendendo la sua piccola rivincita. – Altrimenti non avresti scelto il nome Kamui. Colui che sottrae la maestà divina.
- Kamui è l’appellativo di chi è a capo di uno schieramento, Sigilli o Angeli.
- Significati nascosti, destini nel proprio nome. Tutto questo ti dice qualcosa?
- Mi dice tutto e non mi dice un cazzo, Sei-chan. Ma non credevo ti interessassi tanto della mia vecchia vita privata.
- Finchè non mi sei piombato in casa, non lo credevo nemmeno io.
Fu il momento per un breve scambio di sorrisi totalmente fuori tema. Fu un altro modo per studiarsi prima di separarsi nuovamente.
- Fuuma.
Fu il turno di Seishiro di sbattere le palpebre.
- Il mio vecchio nome era Fuuma. Puoi chiamarmi così, come fa l’altro Kamui, o fare come hai sempre fatto, la cosa non m’interessa. Nessuno di questi nomi è quello che mi appartiene.
- E quale ti appartiene invece?
Gli occhi dorati del ragazzo brillarono divertiti, prima di andarsi a nascondere dietro quegli strani occhialetti tondi dalle lenti rosse che tanto amava mettersi per uscire.
- Chiamami pure Dio. Comunque, sei vuoi capire qualcosa di me, non credo ti basterà così poco. Un nome ed un destino? Cazzate. Stammi bene, Sei-chan.
E sparì da dietro il legno della porta. Quando l’uomo si avvicinò per chiuderla meglio, diede un’occhiata alle scale. Non c’era già più nessuno a scendere i gradini, e l’ascensore aspettava ancora al suo posto.
Fuuma, eh?
Vero sigillo.
Un nome ed un destino?
- Mi sa che hai ragione tu, Fuuma o Kamui, - fece Seishiro rivolto ad un interlocutore immaginario, mentre spegneva la sigaretta sul palmo della propria mano, - Sono tutte stronzate.

L’aveva osservata per parecchio tempo, seduto sul bordo di un cornicione, lei in mezzo alla folla, lui sopra a tutti.
Non conosceva l’esatto motivo per cui al Sakura piacessero tanto i bambini, ma si era fatto una mezza idea al riguardo. Forse loro non vivevano abbastanza per contaminare il loro sangue con la sporcizia di quel mondo, ed era la purezza di quel sangue a renderli molto appetibili come prede. Forse era per questo che il ciliegio teneva così tanto in considerazione Subaru: uno dei pochissimi adulti a mantenere il candore incontaminato di un bambino. Era diventata una vera ossessione, per il Sakura, non una semplice richiesta, cosa che continuava a tormentarlo durante i suoi numerosi appostamenti giornalieri. Sempre lui. Sempre il maledetto desiderio dell’albero di voler assaggiare il sangue così dolce del capofamiglia dei Sumeragi.
Sembrava quasi che il ciliegio avesse preso tutta la faccenda… a cuore.
Seishiro saltò con un piccolo balzo giù dal suo posto di vedetta, ritrovandosi in un vicolo isolato che terminava sulla strada principale, lì dove la folla mattutina andava accalcandosi con sempre più foga.
Uno dei doni del Sakurazukamori era, oltre la freddezza, la sua capacità di non essere notato da nessuno, malgrado l’abbigliamento scuro così fuori stagione e gli occhiali a specchio messi con qualunque tempo, cosa che gli era tornata molto utile per sparire in diverse situazioni.
Raggiunse la bambina senza che lei si voltasse o qualcun altro si accorgesse di lui, con il passo silenzioso tipico di un animale abituato a lavorare nel buio più totale senza far rumore.
Fu una cosa molto svelta.
Seishiro si chinò verso di lei e le circondò la piccola vita con un braccio, mentre la mano guantata di nero dell’altro arto si protendeva a tapparle delicatamente la bocca, in modo che non gridasse, per poi sgusciare dentro lo stesso vicolo da cui era entrato. Con un paio di salti raggiunse il palazzo da dove era sceso e guardò il viso della sua piccola preda.
Gli occhi scuri erano spalancati, le piccole labbra erano tese nello sforzo di chiamare un aiuto che non sarebbe mai giunto, la pelle sembrava essere sbiancata di colpo. Seishiro fece in modo che lei lo vedesse bene in faccia e le tolse la mano dalla bocca. La bambina non urlò e rimase a guardarlo come ipnotizzata, senza tremare più.
- Non temere. Non soffrirai, - le mormorò dolcemente lui, per poi farle una breve carezza sulla guancia.
Fu un attimo e lei crollò a terra, con il piccolo petto trafitto da parte a parte, mentre il Sakurazukamori la prendeva all’ultimo momento, prima che il corpo cadesse nel vuoto.
L’uomo gettò un’occhiata distratta alla strada affollata. Nessuno era agitato più del normale, come al solito nessuno si era accorto di nulla.
La paura era un brutta bestia, e Seishiro sapeva che ne bastava un briciolo per guastare irrimediabilmente il sapore di un buon sangue. Per questo lui si comportava sempre così, soprattutto con i bambini che erano soliti provare paura molto più facilmente, in modo che non si rovinasse il gusto di una preda da donare al ciliegio. Quella volta aveva fatto un buon lavoro, la bambina si era tranquillizzata abbastanza negli ultimi istanti di vita per non aver reso vano il suo omicidio.
Il Sakura si ergeva maestoso al centro del parco di Ueno, non troppo lontano dal suo appartamento, come Fuuma (Seishiro cercava di abituarsi a chiamarlo così, anche nella sua testa) aveva scoperto fin troppo bene quella mattina. In mezzo a tutti gli altri alberi c’era lui, il ciliegio, bellissimo e macabro, che sotto le sue radici custodiva le ossa ed i corpi di talmente tante persone che Seishiro si inorgogliva ogni volta che ci pensava.
Amava quell’albero, come d’altronde amava tutte le cose belle.
- Sakura-san, ti sono mancato davvero o era solo scena, la tua? – chiese con un sorriso l’assassino, tenendo fra le braccia il cadavere della sua ultima preda.
Appoggiò il piccolo corpo morto ai piedi del Sakura, che subito sollevò una delle radici e ghermì nella sua stretta ferrea il cadaverino, per portarlo sotto terra a far compagnia alle persone uccise per lui.
L’assassino ampliò il proprio sorriso, mentre la sensazione di soddisfazione dell’albero gli invadeva il cervello. Si avvicinò al tronco del ciliegio e posò una mano sul tronco rugoso.
- Eh, lo so che è buona. L’ho scelta bene, solo per te.
Alzò lo sguardo verso i boccioli rosa in piena fioritura e, preso da un’improvvisa ispirazione, afferrò un paio di rami bassi e si issò sulle sue braccia, salendo con calma tra gli ingarbugliati intrecci di foglie e petali.
Una volta che si trovò in un posto dove non correva il rischio di precipitare di sotto, Seishiro si appoggiò con la schiena lungo il legno nodoso di un ramo, come un sovrano che si siede sul suo trono tanto agognato, e socchiuse gli occhi.
Se fosse stato un sognatore, forse avrebbe sperato che un Subaru-kun di nove anni sarebbe comparso di lì a poco, ad osservare i rami dell’albero e la pioggia di sangue che cadeva sulle sue delicate membra diafane e sui suoi occhioni grandi e verdi.
E magari tutto sarebbe ricominciato da capo.
Peccato che non lo fosse per nulla. Ai sogni nemmeno ci credeva, solo agli incubi.
A proposito di sogni… La mancanza di sonno stava avendo le sue ripercussioni sul suo corpo, rendendolo più lento e più debole del solito.
Una seccatura, riflettè il Sakurazukamori mentre si strofinava gli occhi arrossati, una maledetta seccatura. L’insonnia gli dava più tempo per lavorare, sacrosanta verità, ma in quel momento voleva solo chiudere le palpebre e sprofondare in un riposo vuoto e senza nessun maledetto sogno, alla faccia di tutto ciò che diceva Fuuma.
Uhm, Fuuma. Era la prima volta che si fermava a dormire a casa sua ed era la prima volta che si “prenotava” per una serata. Quali erano le sue intenzioni?
Se intendeva provocarlo, gli andava bene. Se voleva solo trovare un pasto caldo, gli andava bene anche questo. Ma no, niente di tutto questo, se aveva imparato almeno un poco la mentalità di quel ragazzino impudente.
Chissà cosa passava per la testa di quel ragazzo…
A volerlo ammettere, era più impenetrabile dello stesso Seishiro.
Magari era proprio quella mentalità così intricata e così oscura che lo respingeva e nel contempo lo attraeva come una calamita. Ma valli a capire, i ragionamenti della mente umana.
Qualcosa, non riuscì a capire bene esattamente che cosa, gli sfiorò il polso. L’assassino subito ripensò alla sera prima, quando Fuuma, dopo avergli acceso la sigaretta, gli aveva volutamente sfiorato le dita, scatenando quella reazione eccessiva del suo cuore, che si era bloccato di colpo.
O forse non era rimasto sveglio, quella notte, anche perché pensava che quel ragazzo riposava tranquillamente a poche stanze dalla sua, mentre lui stava rigirandosi da una parte all’altra nel suo letto, cercando di ignorare quell’istinto cocente che gli stava letteralmente bruciando il cervello? Lo stesso istinto che, quella mattina, avrebbe voluto fargli ricacciare in gola quelle parole assurde sulla tortura e sugli omicidi, sulle loro somiglianze e differenze, fregandosene delle conseguenze che lo avrebbero visto morto.
Quello che prima era stato solo un semplice tocco sul suo polso, era diventato una stretta ferrea.
- Qualche problema, Sakura-san? – chiese Seishiro, calmo, rivolto a quel piccolo braccialetto di fiori e rami che si andava stringendo sempre di più sulla sua carne.
Un sordo brontolio rivelò il vero motivo di quel gesto dell’albero. Lo stesso che aveva invaso la mente dell’assassino qualche minuto prima che entrambi venissero torturati dal capo dei Draghi della Terra. Una cosa che mai Seishiro avrebbe mai pensato di sentire proprio dal suo Sakura.
- Non mi dirai che ne sei geloso, vero?
Il brontolio si fece più forte, quasi a voler smentire quelle parole, ma la presa dell’albero si fece più forte sul polso dell’uomo.
- Non ne hai motivo, - continuò Seishiro con dolcezza, - Non posso donarti il suo sangue, ma non permetterò che ti faccia soffrire ancora. Perciò, calmati.
Il ciliegio sembrò rimanere sordo a quelle parole, ed anche un piede dell’assassino venne stretto da una catena di legno flessibile e boccioli in fiore. Stavolta Seishiro perse l’espressione del genitore che fa un affettuoso rimprovero ad un bambino viziato e tirò con violenza la mano, cercando di liberarsi.
- Sakura-san, non fare lo stupido e lasciami libero. Ora.
Una sola goccia di sangue sgorgò dal polso ormai viola scuro dell’uomo e l’albero cominciò a succhiarla avidamente. Dovette trovarla di suo gradimento, perché la sua presa su Seishiro aumentò ancora fino a strappargli un gemito di dolore, mentre la pelle si rompeva e lasciava uscire una vera e propria pioggia scarlatta che subito spariva, inghiottita dal ciliegio.
- Assaggerai il mio sangue quando sarà il mio momento di tirare le cuoia, non prima. Molla la presa, o sarò costretto a tenerti a digiuno finchè non ti si seccheranno i rami, Sakura-san.
Di fronte alla fredda rabbia del suo custode, le cui parole non erano fatte mai di vuote minacce, l’albero capitolò e sciolse i suoi lacci dal corpo di lui.
Seishiro saltò a terra, strofinandosi il polso ancora sanguinante e cercando di ignorare il dolore sordo alla caviglia.
- Così va meglio. Ma non voglio più queste scenate, va bene Sakura-san? Non corri pericolo ed io nemmeno, quindi è inutile campare castelli in aria e farsi venire le paranoie. Va bene?
Il soffio di vento che attraversò i rami ormai immobili dell’albero equivalse ad un cenno di assenso. Anche l’uomo annuì e si allontanò con le mani in tasca, mentre si rimetteva nella condizione d’animo di tornare a caccia.
Un albero geloso di un ragazzino?
Santo cielo, con questo aveva toccato il fondo.



NOTE DELL'AUTRICE: Eccomi qua, finalmente commento anche io la mia opera magna (beh, almeno spero...) Per prima cosa vorrei chiedere scusa ai lettori per essermi presa qualche libertà nel gestire il rapporto fra Sei-chan ed il suo albero, ma per me questo legame è fondamentale nel corso della storia ed andava spiegato a modo mio. Spero di non essere caduta nell'OOC, anche se ho tentato in tutti i modi di evitarlo, ma se ho fatto questo madornale errore datemi una bella tirata d'orecchi, vedrete che in futuro rimedierò. Personalmente ho reso Fuuma un vero stronzo e Seishiro un discreto bastardo (anche se più tormentato interiormente rispetto al modello fornitomi dalle CLAMP), forse più del necessario, ma io li vedo esattamente così. E siccome la storia è frutto della mia mente malata, me li gestisco come posso. Come ultima cosa, ringrazio Fuuma (sono contenta che la storia ti piaccia, spero di non deluderti man mano che vado avanti... Ne apporfitto per dirti che adoro quello che scrivi, la tua fanfic su Sei e Fuu che ho letto qui mi è piaciuta un sacco, per non parlare delle drabble) e Lyndis (scelta obbligata, eh cuginottola? Siamo entrambe schiave del Dio Monou...) Detto questo, al prossimo capitolo gente!
Loveless
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > X delle Clamp / Vai alla pagina dell'autore: Loveless