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Autore: Mils    24/08/2012    3 recensioni
Kristen ha sempre studiato a casa, circondata dai suoi fratelli.
Adesso che sta finalmente andando a una scuola normale, non vede l'ora di vivere tutte quelle cose che finora le sono state impedite. Ma saprà riconoscere il limite? O finirà con il perdersi in quei tristi occhi chiari?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pov Kristen

Piegai la testa.
Feci finta di non sentire.
Ma io sentivo tutto.
Ogni cosa che loro dicevano, io la sentivo. Anche se parlavano sotto voce, io sentivo tutto. Li sentivo quando mi chiamavano anoressica, quando mi davano della puttana e quando mi parlavano alle spalle quando passavo per i corridoi. Ma sopratutto sentivo i loro occhi puntati sulla mia schiena mentre cercavo di stare attenta alla lezione di scienze.
«Quindi, è tutto chiaro, ragazzi?» chiese la professoressa.
Un coro strozzato di  «si» annoiati si levò nella classe.
La professoressa annuì, annoiata anche lei. Aveva quel tipico sguardo di chi ormai ci ha rinunciato da anni. «Bene.. buon fine settimana, ragazzi».
Mi alzai dal mio banco e feci per prendere il mio zainetto appoggiato ai piedi della mia sedia, ma una mano più curata della mia fu più svolta.
Mi sollevai, ritrovandomi Jennifer davanti.
Il cuore mi balzò in gola.
No, ti prego, non ne ho proprio le forze, adesso, pensai, mentre mi preparavo a uno scontro.
Cercai con lo sguardo la professoressa di scienze, ma lei si era già dileguata, la classe era praticamente mezza vuota adesso.
«Cercavi questo?» mi chiese divertita Jennifer, dondolando il mio zaino davanti a me.
«Dammelo» dissi.
«Quanta fretta! Dobbiamo parlare», ogni sprizzo di divertimento era sparito dal suo viso: era seria adesso.
«Non ho niente da dirti».
«E io invece ho molto da dirti».
«Oh, buon per te. Dammi lo zaino» allungai una mano verso lo zaino ma lei si tirò indietro.
«No, no, no», ondeggiò il suo dito ossuto davanti a me, mostrandomi la sua manicure appena fatta, «Niente scherzetti con me, piccola Kristen. Non sei in America qui, ricordi? Sei a Londra. E ti stai mettendo contro la ragazza sbagliata, troia».
«Troia a me? Ma scherzi?».
«Sappiamo tutti quello che hai fatto con Robert negli spogliatoi della scuola» disse, con aria di superiorità.
«Sai benissimo che non è successo niente, Jennifer!» urlai, ormai sull'orlo di un attacco di nervi.
Lei scoppiò a ridere, sadica.
«Be', io lo so, ma... la scuola conosce una versione diversa».
«E' una bugia!».
«Ringrazia che non lo sappia la preside», sbiancai.
«Che.. che i..intendi?» balbettai.
«Oh, semplicemente questo», finse di osservarsi le unghie prima di continuare, giusto per farmi restare sulle spine un altro po', «abbiamo una politica ferrea in questa scuola riguardo a questi.. "eventi", chiamiamoli così. Non accettiamo le troie che rubano i ragazzi delle altre, qui, e tu sei nel posto sbagliato. Stai lontana da Robert, carina, o la tua scappatella negli spogliatoi della scuola di calcio finirà dritta alle orecchie della preside» mi minacciò. Persi la calma.
«Sei.. sei una stronza!», mi fiondai contro di lei, spingendola contro un banco, facendola sbattere contro. Jennifer urlò per la sorpresa ma non si tirò indietro e mi spinse a sua volta, facendomi finire a terra.
Mi alzai a fatica e le andai di nuovo contro.
Lei mi afferrò per i capelli, tirandomi indietro la testa. «Cazzo, fai male! Lasciami, stronza!».
«Te lo ripeto: ti sei messa contro la ragazza sbagliata, Kristen Stewart».
«Io invece penso di essermi messa contro proprio con la ragazza giusta. Togliti di dosso, troia!», Jennifer sarà anche più alta di me, ma non ha avuto tre maschi come fratelli. Con un calcio riesco a farla cadere a terra in ginocchio e ho di nuovo i capelli liberi. Jennifer resta un attimo per terra, tenendosi il punto della gamba che le ho colpito. Taylor sarebbe fiero di me in questo momento, lui dice sempre che per essere una specie di nana sono parecchio brava picchiando, perché sono piccola e riesco a schivare i colpi e poi la gente non si aspetterebbe mai che una come me riesca a difendersi così bene.
Quando si solleva, i suoi occhi sono due palle di fuoco per la rabbia.
«Non è finita qui» sibila, sembra una vipera.
Alzo gli occhi al cielo e mi inchino per raccogliere il mio zaino. «Hai guardato troppi film adolescenziali, lasciatelo dire», esco dalla classe prima che la mia maschera di sicurezza crolli davanti a lei.
Mi precipito in bagno, sotto lo sguardo attento dei miei compagni di scuola.
Correrei da Robert, se solo fosse venuto a scuola oggi.
Sono giorni che non viene, ci vediamo dopo scuola e spesso cena a casa mia ma averlo a scuola sarebbe meglio, perché è qui che succede il peggio.
A lui non importa di te.
Si, invece. E' solo che.. in realtà, non sapevo perché non venisse.
Ieri era praticamente scappato via da casa mia alle nove in punto, quando di solito restava fino a mezzanotte, se non anche dopo.
I miei non erano ancora tornati dopo quasi due settimane di viaggio, e mi mancavano da morire.
L'assenza dei miei, Rob che non veniva a scuola, essere il bersaglio preferito delle prese in giro dei miei compagni, non era certo un tocca sana per la mia salute mentale.
Afferrai il mio zainetto e aprii la tasca laterale, dove tenevo i calmanti.
Buttai giù una pastiglia con un sorso d'acqua.
Adesso passa, Kristen, adesso passa...
Mi chiusi in uno dei cubicoli del bagno, mi sedetti sopra il water e mi presi le ginocchia al petto.
Non piangere, non piangere, mi ripetevo.
Ma le lacrime avevano già iniziato a scendere.
«Kristen?», la voce di Sam.
Mi misi una mano sulla bocca per soffocare i singhiozzi.
«Stew? Oh, sei qui? Non farmi spaventare, dài».
Mi strinsi le ginocchia al petto tanto forte da farmi male.
«Ma dove cazzo sei? Oh.. fanculo», la sentii inginocchiarsi proprio davanti alla porta del mio bagno, che lasciava qualche centimetro scoperto verso il basso. «Lo so che sei là dentro, Stewart; quindi, o esci tu, o entro io. E fidati che so arrampicarmi molto bene, l'ho fatto per anni in questi cessi», per poco non scoppiai a ridere, per poco.
«Allora? Ancora niente, Stew?».
Sam si era presa l'abitudine di chiamarmi in quel modo.
Nessun altro mi chiamava così.
E mi piaceva.
Mi piaceva il rapporto d'amicizia che si stava costruendo con Sam, ma non ero ancora sicura se potevo fidarmi del tutto.
«Va bene», disse Sam, e la sentii rimettersi in piedi, «L'hai voluto tu».
Non so come fece.
Non ne ho la più pallida idea.
So solo che dopo qualche secondo scorso le mani di Sam sul punto alto della porta, poi un rumore, un suono, come un «uno, due, tre.. su!», ed ecco che Sam è seduta sul bordo della porta, perfettamente a suo agio ad almeno due metri o più da terra. Con agilità - una cosa a me estranea - porta le gambe dalla mia parte, per poi lasciarsi cadere dentro il cubicolo, davanti a me.
«Ti avevo avvisata che sarei entrata, in un modo o nell' altro» disse, sorridente.

Pov Robert

«Rob, sei messo male».
«Grazie tante, Lizzie, non lo sapevo!».
«Calmati, però! Non sono stata io a prenderti a pugni, ma papà!».
«Lizzie ha ragione, Rob» interviene Victoria, «Non c'è alcun motivo di prendertela con noi».
«Tory, non me la sto prendendo proprio con nessuno», marcai molto sul nomignolo che avevo usato, perché sapevo che le dava sui nervi, «Sto solo dicendo che non capisco perché mi state tutte e due attaccate! Cazzo, ma andate fuori dalla palle? E' il mio cazzo di bagno, questo!» urlai, pentendomene subito dopo.
«Io.. volevo solo ringraziarti...» mormorò Lizzie, giocando con la sua coda di cavallo.
No, Lizzie, no.
Odiavo farla piangere.
Ero sensibile nei suoi confronti quasi quanto lo ero per Kristen.
Entrambe avevano bisogno di protezione. La mia.
Ecco perché adesso avevo un occhio nero e un labbro rotto.
Avevo difeso le mie sorelle e mi ero beccato.. questo, per l'appunto.
Non me ne pentivo affatto, ovvio, ma adesso non sapevo come presentarmi a casa di Kristen. Cosa le avrei detto?
«Lizzie, non sono arrabbiato con te.. certo che non lo sono».
«Ti voglio bene, Robbie», mi cinse la vita e affondò il viso nel mio petto, chiamandomi "Robbie" come faceva quando aveva otto anni.
Le accarezzai i capelli. «Anche io ti voglio bene, Izzy..», lei sorrise sentendo il vecchio modo in cui la chiamavo quando eravamo bambini. Mentre le accarezzavo i capelli sollevai lo sguardo per incrociare lo sguardo di Victoria, appoggiata alla porta del bagno, testa bassa.
«E tu non mi ringrazi?» le chiesi, ironico.
Lei sollevò il viso e potetti finalmente vedere che stava piangendo.
«Grazie...».
«Vicky, vedrai che andrà tutto bene..» le dico, mentre lei si avvicina per aggiungersi all'abbraccio.
«Non è vero», Victoria non era mai stata tipa da piagnistei e anche questa volta dava prova di sé tenendo la voce ben salda, le lacrime erano già andate via, era stato solo un attimo, un momento di debolezza, così raro per lei. «Papà si è incazzato parecchio ieri sera, Robert, se solo tu non gli avessi risposto in quel modo... se solo fossi rimasto a cena la sera prima..», ecco, e subito la colpa finiva su di me.
Se solo fossi rimasto a cena la sera prima invece di andare da Kristen.. ma come poteva anche solo chiedermi una cosa del genere? Casa di Kristen voleva bene serenità, pace, amore, invece a casa mia era una lotta continua; cenare allo stesso tavolo con nostro padre era diventato quasi impossibile, non si riusciva neanche più a parlare con lui, era sempre arrabbiato, sempre pronto a venirmi contro. Ma ieri sera aveva fatto capire veramente cosa lo tormentava. "Abbiamo problemi!" ha urlato, nel bel mezzo di uno dei nostri soliti litigi pre-dolce, "Non lo capisci, Robert? Abbiamo problemi economici e tu non ci sei mai, fai disperare tua madre e me! Sei solo uno sconsiderato che non apprezza quello che ha! E io che mi spezzo la schiena a lavoro ogni santo giorno!", in realtà, non ero sicuro che mio padre si "spezzasse la schiena" a lavoro, visto che non l'avevo mai visto stanco o roba del genere, di solito era solo incazzato. Non so neanche bene di cosa si occupi: tante cose immagino visti i soldi che arrivano a casa nostra, roba con macchine, soldi a palate e qualche affare all'estero, mamma lo aiuta ma di solito preferisce occuparsi di beneficenza con le sue amiche. Non per aiutare i poveri, naturalmente, ma per aiutare la sua figura nel cerchio delle sue conoscenze. "Tu non apprezzi niente di tutto quello che ti ho dato, Robert!" ha ripetuto mio padre e io mi sono lasciato sfuggire un "va' al diavolo". Lui si è alzato e si è avvicinato a me con fare minaccioso, mamma è balzata in piedi a sua volta, seguita subito dopo da Lizzie e Victoria, che osservavano la scena spaventate. Papà ormai era a qualche passo da me.
"Chiedimi scusa" mi ha ordinato.
"Col cazzo" gli ho risposto.
Mi ha tirato uno schiaffo. "Non farmi perdere la calma, Robert!", mamma stava trattenendo il fiato.
"L'hai già persa!" ho risposto.
"Non mi hai ancora visto incazzato, Robert! Non farmelo fare", ma si vedeva che moriva dalla voglia di farlo. Lo desiderava da anni, quindi perché non accontentarlo?
"Fallo, avanti, dimostra a tutti quanto uomo tu sia! Tanto che cazzo te ne frega di me, giusto? Sono solo una spina nel fianco in questa merda di famiglia!".
"Sei tu la merda della famiglia, Robert! Solo tu!", finalmente l'aveva ammesso.
"Hai ragione, papà, sono una merda... ma non sono l'unico".
Per tutta risposta, mi è arrivato un pugno in pieno occhio.
Mamma ha urlato.
Victoria ha urlato.
Lizzie mi è corsa incontro, mettendosi fra papà e me. "No!", sembrava molto più grande in quel momento.
Papà le ordinato di spostarsi, ma lei si rifiutava. "Elizabeth, spostati, cazzo!".
Allora l'ho spostata io, per impedire a papà di fare del male anche lei.
Papà non si è lasciato sfuggire l'occasione e mi ha colpito una seconda volta, stavolta spaccandomi il labbro. "Questo... questo è per aver messo in mezzo tua sorella...", ma sembrava come stordito, come ubriaco. Mia madre a quel punto è intervenuta prendendolo per il braccio e portandolo in camera. Lizzie mi ha abbracciato, esattamente come mi sta abbracciando ora.
«Victoria, tu.. tu non capisci».
«Non ci sei praticamente mai a casa».
«Non sopporto questo posto».
«L'ho capito, Robert!» si staccò dal nostro abbraccio, solo per fulminarmi con lo sguardo, «Non... non lo sopporto più neanche io... ma rimani, fallo.. almeno per noi».
La presa di Lizzie si fa' più forte.
«Come faccio, Vicky? Papà non mi darà pace, e tu lo sai».
«Ci sono io!» si offre Lizzie. «Hai visto che posso difenderti», sorrido.
«Si, nanerottola, l'ho visto.. grazie».
«
Di niente, fratellone».
«Si, Lizzie, certo..», Victoria alzò gli occhi al cielo,
«Robert, io sono seria».
«Anche io».
«A me non sembra, invece! Robert, dovresti provare.. ad andare d'accordo con papà».
«Ma che cazzo stai dicendo? Ma lo vedi? Ci vedi come siamo insieme?».
«Vedo come soffre la mamma quando voi due litigate, stronzo!», le sue braccia lunghe terminavano con due pugni stretti ai lati del corpo.
«E secondo te è colpa mia? Solo colpa mia, Victoria!?», la mano di Lizzie si strinse sulla mia maglietta.
«Non litigate...» ci implorò.
«Robert, sei tu quello che non vede! La mamma, Robert... lei ci vuole bene e ci sta male quando tu e papà litigate, lo capisci o sei scemo?».
«Secondo me sei tu scema se non capisci che io e papà non potremo mai andare d'accordo come vuoi tu!» le urlai contro, uscendo dalla stanza, seguito a ruota da Lizzie. «Rob.. Robbie.. dove.. dove vai, ora?» mi chiese, con la voce strozzata. Sembrava davvero piccola e indifesa. Mi apparì davanti agli occhi il viso di Kristen e all'improvviso sapevo perfettamente dove stavo andando.
«Via di qui..» le risposi.
«Non lasciarmi qui, da sola...», mi voltai verso di lei, indossava ancora il pigiama rosa.
Victoria apparì dietro di lei.
«Lizzie, lascialo andare.. non capisce».
Ma Lizzie continuava a guardare me.
Mi implorava con lo sguardo di non lasciarla sola.
Adoravo Lizzie, era la mia piccola sorellina e per nessuna ragione al mondo l'avrei abbandonata.
«Va' a metterti qualcosa addosso.. ti porto in un posto» le dissi, e subito un dolce sorriso comparve sul suo viso mentre correva in camera sua a cambiarsi talmente in fretta da rischiare di cadere nella rampa di scale, sicuramente aveva paura che cambiassi idea all'ultimo e la lasciassi lì.
«Dove la porti?» mi chiese Victoria.
«Lontano da qui».
«Che diranno mamma e papà?».
«Sinceramente non me ne fotte un cazzo.. non lascio qui Lizzie, se la prenderebbe con lei», gli occhi di Victoria si fecero lucidi.
«E con me..? A me non ci pensi, Rob?».
«Victoria, sei tu che non vuoi venire, sei tu che difendi quell'uomo! Anche dopo ieri sera...».
«E' nostro padre, Rob.. è l'unico che abbiamo» lo difese, come suo solito.
«Bene, allora diciamo che da oggi non ho più un padre» dico.
«Non fai sul serio..».
«Tu dici?», la sfidai con lo sguardo, abbassò lo sguardo per prima.
«Dirò a mamma che hai portato Lizzie al cinema e poi che l'hai accompagnata a dormire da un'amica, okay?», Victoria era stronza, ma non così tanto. Sorrisi.
«Grazie, Tory».
«Sei sempre mio fratello, Obby».
Sentii i passi di Lizzie scendere le scale.
Aveva messo un paio di jeans, delle ballerine e una maglietta a maniche corte con un giubbino in jeans chiaro, i capelli biondi erano legati in una coda di cavallo e aveva avuto persino il tempo di truccarsi un po'; aveva un sorriso che andava da un orecchio all'altro. In una mano teneva un borsone rosa e nell'altra teneva il cellulare. «Andiamo, Rob?», scese gli ultimi scalini praticamente saltando. Sembrava quasi che stesse per andare a fare una gita scolastica.
«Si, certo.. ehm, Vicky?».
Victoria stava già salendo le scale per andare in camera sua ma si voltò subito quando la chiamai.
«Che c'è?».
«Grazie ancora..».
«Di niente..», accennò un piccolo, ma sincero, sorriso, «Ah.. ehm, se vuoi.. prendi la macchina di mamma, dirò che l'ho presa io».
Ricambiai il sorriso.
«Ti voglio bene, stronza».
«Ti voglio bene, idiota», scese le scale e ci raggiunse, stampando un bacio in fronte a Lizzie, «Fai tutto quello che ti dice Robert, mi hai sentita?».
«Che palle..» si lamentò Lizzie, alzando gli occhi al cielo.
Io e Victoria ci scambiammo uno sguardo complice, prima di scoppiare a ridere.
Presi il borsone dalle spalle di Lizzie e lo sistemai sulla mia,
«Forza, andiamo.. devo farti conoscere una persona».

Pov Kristen

Voltai il viso verso la finestra, stava per piovere. Cosa non strana, a Londra. Era uno dei tanti motivi per cui mi piaceva quella città: amavo la pioggia, mi rilassava e penso che i miei genitori abbiano pensato proprio a questo quando hanno deciso di trasferirsi qui, volevano che io mi rilassassi, gli ultimi due anni non erano stati molto facili per me, e non li avevo resi facili neanche a loro. Mi sistemai meglio sulla poltrona in salotto e continuai a leggere il libro che avevo appoggiato sulle ginocchia; Cameron, in cucina, stava preparando la cena, Taylor era in camera sua e Dana stava guardando una partita di calcio nel divano vicino al mio. I rumori in sottofondo stasera non mi disturbavano, avevo bisogno di stare insieme ad altre persone, di sentirmi parte di qualcosa, o avrei rischiato di impazzire chiusa da sola in camera mia. Ero quasi a metà capitolo quando sentii il campanello suonare, chiusi il libro. «Vado io» dissi, anche se Dana non era certo balzato in piedi per offrirsi volontario, anzi non sembrava neanche essersi accorto che qualcuno aveva suonato il campanello.
Appoggiai il libro sulla poltrona e andai ad aprire.
Quando aprii la porta una folata di vento freddo mi investì in piena faccia.
Ma me ne accorsi appena, perché subito incrociai gli occhi azzurri di Robert.
«Ehi..che ci..», ma le parole mi morirono in gola quando mi accorsi che non era solo, accanto a lui c'era una ragazza, più o meno della mia età, forse più piccola, con lunghi capelli biondi legati in una coda di cavallo, un'aria da bambolina e un grande sorriso in faccia mentre faceva passare lo sguardo da me a Robert. Mi concentrai un po' su di lei e mi accorsi che aveva li stessi occhi di Robert e anche il suo stesso modo di stare in piedi, un po' ciondolante. Anche se aveva più o meno la mia età, era più alta di me e.. assomigliava parecchio a Robert.
Robert si dondolò sul posto.
«Kristen, lei è.. Lizzie, mia.. sorella», tornai su di Robert, notando finalmente cosa fosse successo alla sua faccia.
«Rob.. ma.. cazzo hai fatto?» esclamai, imbarazzandomi subito dopo. «Ehm, scusa.. non volevo.. io.. ecco..».
La sorella di Rob rise del mio imbarazzo.
«Tu devi essere la famosa Kristen, Robert mi ha parlato un po' di te mentre eravamo in macchina.. ma non mi ha detto molto però», e ringrazio il cielo per questo.
«Ehm.. si, sono io.. piacere di conoscerti» allungai una mano verso di lei, che la strinse subito con forza. Aveva le stesse lunghe dita da pianista di Robert.
«Kristen», guardai Rob. «Posso parlarti in privato?».
«Oh.. c..certo, ehm.. Lizzie, vai pure in salotto, ci sono i miei fratelli, fai come se fossi a casa tua», lei non se lo fece ripetere due volte e dopo aver preso con sé il borsone rosa e aver salutato con un cenno della mano sparì in salotto.
Presi la mano di Robert e lo portai su per le scale e poi in camera mia.
Ci sedemmo insieme sul mio letto, dove mi misi a giocare nervosamente con le lenzuola per non dare di matto.
«Che cosa è successo alla tua faccia?».
«E'.. stato mio padre», strabuzzai gli occhi.
«Che cosa!?».
«Si, è stato.. lui, è successo ieri sera.. un.. piccolo litigio, tutto qui».
«Hai un occhio nero e il labbro spaccato, cazzo!» lo apostrofai.
«Lo so...», evitò il mio sguardo ma io mi avvicinai e li presi il viso fra le mani.
«Rob.. perché tuo padre ti ha fatto questo..?».
«Perché gli ho risposto..».
«Come gli hai risposto, Robert? Male, deduco..», lui finse un sorriso.
«Sicuramente non come voleva lui, piccola».
«Oh, Robert...», elimino la distanza che ci separa e mi rannicchio contro il suo petto, lasciandomi stringere dalle sue braccia. Lo stringo forte, «Non voglio che ti venga fatto del male, amore..», mi stupisco di me stessa quando la parola amore esce in modo così naturale dalle mia labbra. Robert mi accarezza i capelli e mi bacia sulla fronte, «So badare a me stesso, piccola.. ma Lizzie non può, ecco perché sono qui».
Mi metto seduta, tenendolo per mano.
«Che intendi?».
«Non posso tornare a casa, Kristen, almeno.. non oggi, non stasera», mi stringe la mano, che sparisce fra le sue.
«I miei non ci sono, resti da me» dico, senza neanche pensarci.
I suoi occhi si illuminano, si alza e mi prende fra le braccia, facendomi alzare a mia volta.
Prima che me ne accorga, mi ha sollevato da terra e mi fa' volteggiare per la stanza.
«Robert, mettimi giù!», strillo.
«Ti amo, sei la migliore!».
«Adesso!!».
«Grazie, grazie, grazie, grazie!», continuiamo a girare.
«Rob, tesoro, mettimi giù adesso!» lo prego, ma sto ridendo.
«Kristen, Kristen, Kristen..» canticchia il mio nome se fosse una canzone.
«Ti amo anche io, ma mettimi giù!», mi accontenta.
«Fatto».
«Cazzo, mi gira la testa...» mi lamento, toccandomi la fronte, la stanza gira tutta intorno a me.
Le mani di Robert sono subito sui miei fianchi, pronti a sorreggermi.
«Merda, mi dispiace, piccola.. ma ero davvero felicissimo, non sai quanto conti per me avere il tuo aiuto».
«Si si, ma magari prima.. diamo un'occhiata al tuo occhio e al tuo.. labbro», lo accarezzo con la mano facendo molta attenzione a non mettere troppa pressione.
«Okay, a una condizione, però..», disse, sorridendo. Avevo ancora la mano sul suo labbro.
«Qua..quale?» balbettai.
«Facciamo a turno» sussurrò, a pochi centimetri dal mio viso.
«Ci sto..».
Le mani di Robert mi accarezzarono i fianchi mentre mi sdraiavo sopra di lui, attaccando le mie labbra alle sue, facendo attenzione a non fargli troppo male con il labbro. Timidamente, poggiai le mie mani sul suo petto, l'unica cosa che mi separava dal suo petto nudo era quella dannata maglietta ma ero troppo timida per provare anche solo a sbottonare un singolo bottone. «Kristen..», ansimò il mio nome facendomi fremere, il mio nome diventava mille volte più bello quando usciva dalle sue labbra, che mi preoccupai di premiare. Le avrei morse, se il padre non mi avesse preceduto spaccandogli il labbro inferiore. Con estrema delicatezza, Robert mi sistemò meglio sopra il suo stomaco, mettendomi a cavalcioni sopra di lui. Sentii il viso arrossarsi, ma decisi che per una volta non avrei lamentato. Le mani di Robert si infilarono sotto la mia maglietta, sfiorandomi i fianchi e lo stomaco.
«Mmh.. è meglio se ci fermiamo adesso, o sarà troppo tardi» disse, sussurrandomi le parole all'orecchio.
Per un attimo, ci rimasi male: avrei dovuto fermarlo io, no?
«C..certo», mi sollevai, mettendomi seduta sul letto.
Robert mi abbracciò da dietro.
«Ehi.. tutto okay?», mi baciò la guancia.
«Si... tutto okay, ehm.. è meglio se andiamo a vedere che sta combinando Dana con tua sorella», mi alzai, staccandomi dal suo abbraccio.
Non capivo che stava succedendo.
Perché mi sentivo.. rifiutata?
Eravamo a letto, io sopra di lui, in una posizione non proprio casta e lui che mi dice? Che è meglio fermarmi? Perché? Che avevo fatto di male? Non mi stavo muovendo bene? Baciavo male? Avevo un sacco di domande nella mia testa, troppo imbarazzanti per avere una risposta da lui. Mi sistemai i capelli e i vestiti, per poi uscire dalla stanza senza aspettare Robert.

Pov Robert

Me ne stavo seduto sul letto, da solo, in camera di Kristen, pensando "che ho combinato, adesso?". Avevo fatto qualcosa di male? L'avevo toccata in un modo che non voleva o le avevo fatto male? Non mi era sembrato di essermi spinto troppo oltre, al contrario, stavo cercando di trattenermi il più possibile. Kristen era l'unica ragazza che mi facesse quell'effetto, con lei anche un semplice bacio era la cosa più eccitante di sempre e io faticavo da morire a tenermelo nei pantaloni. Non volevo rovinare tutto, volevo fare tutto con calma, per bene, ma a quanto pare stavo sbagliando qualcosa perché lei era andata via triste e di fretta, come se non vedesse l'ora di uscire dalla sua stanza per liberarsi di me. Mi sentivo un idiota.
Uno sfigato.
Mi sfregai le mani sulla faccia e cercai di riprendere fiato.
Mi alzai, uscii dalla stanza.
Andai in salotto, dove trovai mia sorella che parlava animatamente con il fratello di Kristen, Dana, mentre giocavano insieme alla play station urlando animate espressioni.
«Oddio, fai schifo!».
«Tu fai schifo! Cazzo, mi sto facendo battere da una cazzo di ragazzina!».
«Oh, fanculo, ho la tua età e non sono una ragazzina e per tua informazione, sono molto brava a questo gioco».
«Si, certo!».
«Coglione».
«Stronza», lei si girò verso di lui e si sorrisero. Oh merda, mia sorella si era presa una cotta.
Lizzie notò che ero entrato solo un minuto dopo.
«Oh, ciao, Rob. Finito con Kristen? Be', immagino di si visto che è praticamente fuggita in cucina. Avete litigato?».
«Amico, non far soffrire mia sorella» si aggiunse Dana.
Mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo.
Dana e mia sorella erano gli ultimi miei problemi.
Sopratutto non mi preoccupavo dell'ira del più piccolo della famiglia Stewart.
«Tranquillo, è tutto.. sotto controllo. Lizzie, dove hai detto che è andata Kristen?».
«Oh», distolse per un attimo lo sguardo dalla tv, dove una macchina rossa si stava scontrando con una rosa, «è corsa in cucina».
«Merda!» imprecò Dana, cliccando tasti a caso sul joystick. «Merda, merda, merda, merda».
«Olè, ho vinto io! Sgancia i soldi, Stewart» gli disse Lizzie, mostrandogli la mano con il palmo in sù.
«Sei una stronza, Pattinson», Lizzie gli fece gli occhioni dolci.
«E non hai ancora visto niente..».
«OKAY! Se qualcuno mi cerca, io sono in cucina con Kristen» dissi, e me ne andai prima di dare di stomaco. Mia sorella era una vera gatta morta quando ci si metteva, e aveva solo un anno meno di Kristen!
Mi affrettai verso la cucina, dove trovai Kristen che piangeva stretta al petto del fratello, Cameron.
Mi mancò un battito cardiaco.
Oddio, era colpa mia?
Le avevo fatto così male?
Non.. non pensavo, io non credevo che..
«R..Rob...», Kristen si staccò dal petto di Cameron, che mi uccise con lo sguardo. «La.. la cena è quasi pronta», si asciugò una lacrima, sicuramente pensando che non l'avessi vista piangeva, ma non era così: l'avevo vista e mi sentivo una merda. Perché era colpa mia, tutta colpa mia, come sempre. Perché rovinavo la vita a tutti? Prima ai miei genitori, poi alle mie sorelle e adesso a lei? No, non potevo. Lei era l'unica cosa bella della mia vita e la stavo distruggendo.
«Kristen...», feci qualche passo verso di lei ma Kristen si tirò indietro.
«Vado.. vado a cambiarmi» disse, fuggendo via.
«Ma...».
«Ci.. ci metto un attimo, Rob» e uscì dalla stanza.
Avevo ancora la mano sollevata.
Avrei voluto afferrarla, stringerla a me.
Dirle quanto mi dispiaceva.
Avrei voluto scusarmi, anche se non sapevo per cosa.
Ma che importava? Era colpa mia.
Solo colpa mia, sempre colpa mia.
Mi ero abituato.
Non mi stupiva neanche più.
«Robert», la voce di Cameron mi riportò alla realtà, distogliendomi dal mio accusatorio personale.
Lo guardai; adesso non sembrava più che volesse uccidermi, sembrava solo.. stanco.
«Dobbiamo parlare» disse.
«Si, ehm, certo... che hai da dirmi?» chiesi.
«Dobbiamo parlare di Kristen», ecco, adesso mi dice che devo levare le tende.
«Senti, lo so che magari non ti piace la mia presenza qui e che avresti voluto qualcuno altro per lei, ma..».
«Kristen non sta bene», le sue parole furono come una secchiata di acqua fredda in piena faccia.
«C..che intendi? Come.. come non sta bene? Che ha? Sta male? E' malata?» chiesi, rischiando di perdere il controllo e strangolarlo affinché mi rispondesse.
«Lei ha...un problema, non posso dirti di più».
«Come sarebbe a dire che non mi puoi dire di più! Cazzo, non puoi uscirtene con una cosa del genere e poi venire a dirmi che "non puoi dirmi di più"».
«Non spetta a me, ma a lei, parlartene».
«E'.. malata...?», mi tremavano le mani.
«Non posso dirti di più, Robert, mi spiace..».
«Fanculo!», colpii il tavolo con il pugno, «Dimmelo!».
«Posso solo dirti che Kristen è molto.. fragile», adesso sembrava ancora più stanco. Quando parlava della sorella, cambiava, sembrava meno duro.
«Lo so, questo, e me ne rendo conto, ma..».
«No, tu non te ne rendi conto, affatto», mi interruppe.
«E allora spiegamelo! Dimmi che cazzo ha la mia ragazza, Cameron!», non avrei mai pensato di rivolgermi in questo modo a Cameron.
«E' lei che deve dirtelo, non io.. non vuole che si sappia, mi ucciderà anche solo per avertene parlato».
«Oh, oh, sai che cazzo me ne fotte? Dimmi che cosa ha!».
Cameron mi afferrò per le spalle, scuotendomi molto forte.
«Adesso, amico, ti dai una calmata e mi ascolti. Non sono io che devo dirti che ha mia sorella, perché è solo un suo affare, non tuo, non mio, né di nessun altro. Non avrei neanche dovuto parlartene, ma dopo quello che mi ha detto Kristen..».
«Che.. che ti ha detto?» chiesi, scrollandomi di dosso le sue mani.
«Ha paura, Robert, molta» mi rispose, serio.
Paura.
Kristen aveva paura.
Di me?
Di noi?
Di cosa?
Mille domande mi tormentavano e mille altre stavano arrivando grazie al discorso di Cameron.
«Io.. non capisco.. che cosa teme?».
«Non posso dirti neanche questo».
«Non mi stai dicendo proprio un cazzo».
«Non sono affari miei, ma di mia sorella e io rispetto la sua privacy».
«Ma io sono il suo ragazzo», Cameron mi guarda come se stesse trattenendo una risata.
«Per essere il suo ragazzo non sai molto di lei, eh? Senti,», mi appoggia una mano sulla spalla con fare complice, «io non voglio mettermi in mezzo a voi due; all'inizio pensavo che saresti stato solo un problema ma poi mi sono reso conto che con te mia sorella sta bene, avete solo bisogno di capire alcune cose. Non è facile.. lei non è facile come sembra, per niente. Dovrai avere pazienza. Molta. Ma non ferirla, perché so dove abiti».
«Non voglio ferirla.. ma non capisco perché non me l'abbia detto...» dico, ripensando a tutte le volte che l'ho vista piangere, ai suoi sbalzi d'umore, al suo modo tutto particolare di comportarsi con le persone, un misto di timidezza, spavalderia e paura. Mi torna in mente il suo scontro con Jennifer i primi giorni di scuola e subito mi chiedo se magari avrei dovuto cogliere qualche segnale che ora mi sfugge.
«Non è una cosa di cui le piace molto parlare..».
«Ho capito.. be', spero che me lo dirà.. prima o poi».
«Devi solo avere pazienza».
«Non sono molto bravo ad aspettare...».

Pov Kristen

«Rob non mi ha detto una cosa riguardo a te, quindi immagino che potrei chiederla a te, giusto?», Lizzie mi aveva incastrata mentre uscivo dalla mia stanza e ora mi ritrovavo schiacciata contro il muro del corridoio con la sorella di Robert che mi scrutava curiosa. «Ehm.. c..certo» le dissi, sforzandomi di sorridere. In realtà, non mi andava proprio di sorridere. Ero scoppiata a piangere fra le braccia di Cameron, perché era il mio posto preferito dove piangere quando ero piccola e mamma e papà erano via anche per mesi; mi aveva chiesto cosa ci fosse che non andava e io gli avevo confessato delle medicine che avevo ripreso a riprendere e lui non era sembrato affatto sorpreso. Non aveva incolpato Robert per tutto come mi aspettavo, anzi, aveva detto che forse avrei trovato in lui un buon amico con cui confidarmi, una nuova spalla su cui piangere; ma Cameron non capiva quanto ci stessi male: non potevo dirlo a Robert, già mi considerava una bambina, una volta che gli avrò detto anche questo mi pianterà o peggio, mi guarderà come si guardano i malati e l'ultima cosa che voglio da lui è la pietà. Voglio amore da lui, non un "mi dispiace".
«Sei la sua ragazza, giusto?» mi chiese a bruciapelo Lizzie.
«Ehm...si», facevo ancora fatica a dirlo.
«Davvero? E' grandioso! Lo sapevo! Rob non ha mai avuto ragazze fisse prima di te, sai?».
«Si.. me l'ha detto».
«Sei la prima!».
«A quanto pare...», era tutto parecchio imbarazzante.
«Da quanto state insieme?».
«Un po'..».
«Hai un accento strano, di dove sei? Non sei di Londra, vero?».
«Sono nata a Los Angeles».
«Sei americana! Porca puttana, è meraviglioso! Ho sempre sognato di andare in America; e dimmi, è davvero come nei telefilm? Tipo, Gossip Girl?».
«Ehm...», avevo visto si e no due o tre puntate di quel telefilm, «più o meno...».
«E il mare? Com'è l'oceano?» chiese, i suoi occhioni azzurri sprizzavano curiosità.
«Profondo..», me ne uscii con una battuta davvero penosa, ma lei non sembrò farci caso.
«Pensi che un giorno tu e Rob andrete a vivere in America? Magari potrei venire a trovarvi!», io e Robert, vivere insieme? Sembrava impossibile ora come ora.
«Forse..».
«Siete davvero carini insieme, però», Lizzie mi sorrise, un sorriso davvero dolce e sincero: pensava davvero quello che aveva detto e questo non fece altro che farmi diventare gli occhi lucidi. Cercai di cacciare indietro le lacrime ma lei se ne accorse. «Ehi, ma che ti prende? Perché piangi? Oh no, merda.. sei incinta, vero? Diventerò zia, così presto? Non sono pronta!».
«No.. no.. sono solo.. io.. non sono incinta, tranquilla», la rassicurai, asciugandomi le lacrime.
«Oh, meno male! Fiùù», finse di asciugarsi la fronte, fischiando come fanno solo nei film, «Perché sai, io non sono davvero pronta a diventare zia o roba del genere, sono davvero troppo giovane. Okay, non così giovane, insomma.. ho quindici anni, eh. Ma non.. non credo che riuscirei a sopportare il pianto di un bambino ora come ora. Ma, ehi!, non sei incinta, è stupendo!» l'esuberanza di Lizzie mi lasciava davvero senza parole. Era il mio esatto opposto.
«Forse.. forse dovremo andare a cena..» dissi, giusto per filarmela.
«Oh, hai ragione.. dovremo, Rob starà dando di matto. Sai, lui ci tiene davvero tanto a te», per poco non caddi dalle scale.
«Come fai a saperlo?» le chiedo, stringendo la ringhiera delle scale.
«Ma è facile: si vede! Si vede davvero tanto», ah si, allora perché io non riesco mai a vedere niente, sono cieca emotivamente?
«Mentre eravate in macchina.. che ti ha detto di preciso?».
«Mi ha detto che stavamo andando da una persona speciale, della quale si fidava molto».
«Oh..».
«Te, quindi», sollevò gli occhi al cielo con fare teatrale, «Non avrei mai immaginato che mio fratello fosse un tipo di ragazzo a cui piacciono cose del genere».
«Che cose..?».
«Tutte quelle smielate sulla fiducia, sulla persona speciale, eccetera, eccetera, mi ha sempre preso in giro per questo, quell'idiota».
«Ah.. be', buono a sapersi», un sorriso spontaneo era nato sul mio viso: Robert era diventato sdolcinato per me, mi sentivo meglio.
In cucina trovammo Cameron e Robert che parlavano.
Strano, perché quei due erano come il sole e la luna. Però mi fece piacere vederli finalmente andare d'accordo.
Cameron mi guardò come per chiedermi se stavo bene e io annuii, giusto per farlo stare tranquillo.
«Ehm.. apparecchio la tavola» dissi, per smorzare la tensione.
«Ti dò una mano!» si offrì Lizzie.
«Grazie.. io mi occupo dei piatti, tu dei bicchieri, okay?».
«Agli ordini!», si mise dritta sulla schiena e imitò il saluto militare, facendomi ridere.
All'improvviso sentii qualcosa di morbido e caldo strusciarsi contro la mia gamba, quando abbassai lo sguardo trovai due occhioni azzurri.
«Lucky, tesoro..», mi chinai per prendere in braccio il mio micio. Ultimamente si era preso l'abitudine di scomparire anche per ore, per dormire in santa pace, per poi spuntare quando meno te lo aspettavi. «Amore.. il mio cucciolo», me lo portai vicino al viso per baciargli quella sua testolina rossa, iniziò subito a fare le fusa.
«ODDIO!» urlò Lizzie, facendomi spaventare a morte, «Ma è la cosa più DOLCE del MONDO! Posso tenerlo?».
La mia prima reazione fu quella di dirle: "no, me lo rompi", ma alla fine glielo appoggiai sulle braccia, sperando che non me lo rompesse sul serio.
Mentre guardavo Lizzie giocare con Lucky, sentii una mano appoggiarsi sul mio fianco.
Sussultai, colta di sorpresa.
«Ehi.. sono io», Robert mi pizzicò il fianco, un gesto che faceva spesso per farmi sorridere, ma oggi non era proprio giornata. «Ti aiuto io con la tavola..».
«Grazie..».
Lasciammo Lizzie e Lucky in cucina e andammo in sala da pranzo.
«Allora.. come stai?».
«Sto bene, Rob, come dovrei stare?».
«Ti ho.. vista piangere.. prima.. con Cameron».
«Ti sbagli, non stavo piangendo», perché mi ostinavo a fingere che andasse tutto bene? Era estenuante.
«Va bene.. non stavi piangendo.. okay...».
«E' così».
«Come vuoi..».
«Non è il momento adatto per parlarne».
«Allora ammetti che stavi piangendo?», i suoi occhi cercano i miei e io come una scema lo accontento, sapendo benissimo che una volta che mi avrà guardata negli occhi capirà tutto. «Si.. stavo piangendo», è tardi per continuare a mentire.
Fa' il giro del tavolo e si avvicina a me, abbracciandomi.
«Perché piangevi?».
«Rob.. non.. non è il momento, davvero...».
«Quando lo sarà? Voglio sapere che ti sta succedendo, Kristen».
«Ma di che parli? Non mi sta succedendo proprio niente!», il cuore inizia ad accelerare. No, no, no, fermati, ti prego, non ora.. non ora.
«Stavi piangendo e non vuoi dirmi il perché!», non voglio che alzi la voce con me, odio le urla, le odio, le odio, le odio, le odio.
«Dopo...» sussurro, mi sento a malapena io stessa.
«Cosa?».
«D..dopo.. ne.. ne parliamo dopo.. o..okay? Dopo, non ora», provo a sembrare decisa ma io il mio assomiglia più a un lamento che a un ordine.
«Va bene.. dopo» acconsente.
«Grazie...».

Pov Robert

Per il resto della cena, Kristen resta in silenzio, guarda dritta davanti a sé e sembra sempre sull'orlo di una crisi di pianto. Tutti se ne sono accorti, tutti tranne Lizzie, che continua a parlare come se niente fosse, o forse fa' semplicemente finta di non notare l'umore cupo che c'è a tavola, come ogni sera a casa nostra. Parla in continuazione, specialmente con Dana, che sembra felice di risponderle con frecciatine e battute davvero poco consone a due ragazzini della loro età. Ma per stasera, non mi interessa se la mia sorellina ci prova con il fratello minore della mia ragazza, perché tutta la mia attenzione va' a Kris, a ogni suo comportamento o gesto, a come mi guarda al modo in cui solleva la forchetta per mangiare. E' seduta accanto a me e non posso fare a meno di sfiorarla ogni secondo, fingendo di far cadere casualmente il fazzoletto per poter accarezzarle le gambe, porgerle il bicchiere pieno d'acqua per stringerle le dita, avvicinarmi con la sedia per far scontrare le nostre braccia. Lei non rifiuta quei gesti, li incoraggia persino. E' triste, ma bisognosa d'affetto.
«Dove dormiremo stanotte, Rob?» mi chiede Lizzie.
«Potete stare qui, naturalmente» risponde Kristen al posto mio, prendendomi la mano sotto il tavolo. Mi aggrappo alla sua mano, la stringo forte, le accarezzo il palmo, e vorrei che in quel gesto lei riuscisse a scorgere il mio "mi dispiace per prima, ti amo".
«Grazie!».
«Può dormire in camera mia..», guardò Kristen e lei capisce la mia domanda, anche senza che io l'abbia detta a voce alta, «Noi due potremo dormire in camera dei miei genitori, no? A mia madre non dispiacerebbe, ne sono sicura».
«Per me va bene!» accetta Lizzie, tutta un sorriso.
«Si..», stringo più forte la mano di Kristen, «anche per me».

«Chiudi la porta».
«Come vuoi.. dobbiamo parlare Kristen» le dico, chiudendo la porta della camera dei suoi genitori.
«Posso almeno andare a cambiarmi in bagno?» chiede, acida. Non ci casco, è solo un modo per ritardare il nostro discorso, vuole litigare così da avere più tempo per inventarsi qualche scappatoia.
«Certo, amore» le dico.
«Oh.. grazie», si chiude in bagno, portandosi dietro il cambio.
Mi siedo sul letto e mi sfilo le scarpe.
La camera dei genitori di Kristen è molto bella, con un grande letto a due piazze e mezzo, un armadio in mogano, due comodini ai lati del letto, un piccolo lampadario appeso al soffitto che illumina la stanza e le dà quell'aria romantica e un po' magica. Mi sfilo la giacca, poi ci penso e mi tolgo anche la maglietta, restando a torso nudo. Quando sento la porta del bagno aprirsi mi giro subito per vederla; Kristen indossa solo un paio di pantaloncini, una maglietta a maniche corte che le lascia scoperta un po' di pancia e ha un sorriso timido sulle labbra, che la renda ancora più bella. All'improvviso, tutta la rabbia che provo verso il mondo, per mio padre, per tutto quello che mi sta succedendo, mi è già successo o mi succederà domani, sparisce, perché ho la cosa più bella proprio davanti ai miei occhi e non voglio sprecare neanche un secondo della mia vita litigando con lei.
«Mi dispiace se ti ho messo pressione» dico.
«Avrei dovuto spiegarti perché stavo piangendo.. ma è complicato, e mi vergogno...», resta sulla porta, dondolandosi sul posto.
«A me puoi dire qualunque cosa, lo sai» la rassicuro.
«Mi guarderai con occhi diversi...».
«Non ti potrei mai guardare in modo diverso da come sto facendo ora.. ti guardo, perché sei bellissima, e ti amo», arrossisce, facendomi sorridere.
«Ti amo anche io, Rob.. ma non è così semplice».
«E'.. cioè..», deglutisco e prendo fiato, «è grave?».
«G..grave? Chi ti ha detto che è grave?», inizia ad agitarsi, ormai sta quasi saltellando sul posto.
«Nessuno», mi affretto a dire, «vorrei solo sapere cosa c'è che ti tormenta, Kristen.. perché piangevi?».
«Io.. non.. lo so», dice, abbassando il capo, e una lacrima cade sul pavimento della camera. E' possibile sentire il rumore di una lacrima che cade più forte di quello di un tuono? A me sembrava di si.
«Come sarebbe a dire che non lo sai? Ci sarà stato un motivo, no?».
«No..».
«No, cosa?».
«No...no», scosse la testa, mentre i capelli le ricadevano sul viso come un sipario che si chiude.
«Kristen.. piccola, parla con me.. e per favore, non startene là sulla porta, odio quando mi stai lontano, vieni qui..», lei fa' qualche passo verso di me, ma dopo un po' si ferma in mezza alla stanza.
Solleva lentamente la stanza, prende un bel respiro e si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Soffro di attacchi di panico».
Uno schiaffo in piena faccia.
O forse anche più di uno.
Per un attimo, mi mancano le parole.
La gola è secca e ogni volta che provo a parlare mi limito soltanto ad aprire la bocca.
«Perché.. perché non me l'hai detto?» riesco a dire alla fine.
«Perché ogni volta che lo dico, le persone iniziano a guardarmi in un modo strano.. che non mi piace, e non mi sono ancora abituata».
«Da quanto ne soffri..?», finalmente Kristen riprende a camminare e si lascia ricadere vicino a me sul letto.
«Due anni, più o meno..».
«Cosa è successo..?», lei appoggia la testa sulla mia spalla, le circondo la vita con un braccio, abbracciandola.
«Avevo quattordici anni, eravamo in vacanza a New York con i miei genitori.. mio padre doveva andare a comprare le sigarette e mamma lo ha accompagnato, raccomandando a me, Cameron, Dana e Taylor di restare in macchina, perché ci eravamo dovuti fermare in un quartiere non molto raccomandabile.. ma io avevo sete, stavo morendo di sete e c'era un supermercato proprio davanti alla macchina... ho chiesto a Cameron se potevo scendere, ma lui non voleva, ma alla fine ho rotto le palle così tanto che mi ha accompagnato, dimenticandosi di portare con sé le chiave della macchina, che sono rimaste attaccate al cruscotto.. Al supermercato ho preso la mia bottiglietta d'acqua, ed ero in fila per pagare insieme a Cameron quando...», la voce le si spezza e io mi affretto stringerla fra le mie braccia, asciugandole le lacrime. La porto dentro il letto, sistemandola sopra le mie ginocchia e coprendoci entrambi con la coperta. Aspetto con pazienza - una pazienza di cui non pensavo di essere capace - che riprenda a parlare, e alla fine lei lo fa', anche se la sua voce è quasi un sussurro adesso. «Un uomo è entrato, aveva il passamontagna e impugnava una pistola... ci ha urlato di abbassarci, di gettarci a terra e non dire niente... Cameron mi ha afferrato il polso e mi ha spinto a terra prima che potessi anche solo capire bene cosa stesse succedendo. L'uomo continuava a urlare.. urlava così forte che a volte sento ancora la sua voce nei miei sogni.. o meglio, incubi. Non so neanche quanto durò... forse una mezz'ora.. ma potrebbe anche essere stato un minuto, ero troppo spaventata per capirlo.. so solo che a un certo punto ha puntato il dito verso di me e ha detto qualcosa.. che non ho capito, ma per fortuna c'era Cameron con me. Mi ha aiutato ad alzarmi e mi ha spinto verso la porta, tenendomi stretta e lontana dall'uomo, che era dietro di noi.. solo dopo un po' ho capito che l'uomo voleva la nostra macchina... e come una scema ho provato a urlare, chiamavo mia madre talmente forte che l'uomo ha colpito prima me e poi Cameron.. ancora oggi ringrazio il cielo che non ci abbia sparato».
«E.. poi.. cosa è successo?» chiedo, mentre lei si rannicchia contro il mio petto.
«Quando mi sono svegliata la macchina non c'era più, mamma e papà erano appena tornati e Taylor e Dana erano sul ciglio della strada di fronte a me.. Taylor aveva un leggere taglio sulla gamba per come il rapinatore l'aveva spinto giù dalla macchina e Dana aveva un polso slogato, ma stavano bene... io invece non riuscivo a smettere di piangere e il cuore batteva come mai in vita mia.. e poi quella sensazione.. era tutto oscuro, nella mia testa, tutto quello a cui riuscivo a pensare era "è finita, è finita", ma non in senso positivo... anche se le persone a cui volevo stavano bene, io ero entrata in una specie di abisso e ci sto ancora oggi».
La stringo a me.
Non posso a fare altro.
Non sono un medico, uno psicologo, non ho soluzione.
Non me ne intendo di queste cose.
Ha paura?
Ansia?
Cosa la rende così fragile?
La sua storia è davvero terribile e io stesso non so proprio come mi sarei comportato in una situazione del genere, sicuramente avrei agito precitosamente, d'istinto e mettendo in pericolo tutti i presenti. Ringrazio il cielo che c'era Cameron con lei, o chissà cosa sarebbe successo.
Cameron.
Ancora una volta è lui a salvare la situazione.
Ora capisco come mai è così protettivo nei confronti di Kristen: ha visto nascere la sua paura, era lì, e sa il motivo, vuole semplicemente bene  a sua sorella.
«Da quel giorno non sono riuscita a dormire bene per mesi..» continua Kristen.
«Hai iniziato a prendere medicine..», la mia non è una domanda.
«Hai.. hai visto.. tu hai..», annuisco. «Mio padre mi ha.. portata da un medico quasi subito.. aveva paura che peggiorasse, così mi hanno dato quelle medicine.. sono dei calmanti.. il valium non lo prendo spesso, è pesante.. e mi rende debole e mi fa' venire sonno... abbiamo iniziato a trasferirci sempre più spesso, alla ricerca di un posto dove.. potessi stare tranquilla. Mi è sempre piaciuta Londra», finalmente un sorriso vero le solleva gli angoli delle labbra, «Amo il rumore della pioggia.. mi rilassa, ecco perché mia madre ha pensato che sarebbe stato carino venire a vivere qua, piove ogni santo giorno!».
«E.. sei contenta? Ti piace vivere qui?», avevo quasi paura della risposta.
Kristen si strofinò gli occhi e il suo sorriso si fece ancora più grande.
«No, fa' schifo.. ci sono un sacco di brutti ragazzi qui».
«Ah, si?».
«Si, si.. tutti brutti, con orrendi occhi azzurri» mi prende in giro.
«Io invece penso di essermi preso una cotta per le ragazze americane», Kristen si sdraia completamente sul letto, e io mi metto accanto a lei, puntellandomi sul gomito per non finirle addosso. «Mmh?» fa' lei, mentre io finisco di toglierle tutte le traccie di lacrime che ha sul viso. «Oh, si.. amo l'accento americano».
«E io amo l'accento inglese».
«Io amo te..», le carezzo il viso, chinandomi per baciarla.
«Rob..», mi fermo a pochi centimetri dalle sue labbra.
«Si, piccola?».
«Non.. non mi guarderai con occhi diversi da stasera, vero? Non sono malata, ho solo qualche problema.. con la gestione delle emozioni forti».
«Te l'ho già detto.. io ti guarderò sempre e solo in un unico modo: con amore..».
I suoi occhi sembrano illuminarsi mentre mi prende il viso fra le mani e unisce le nostre labbra.
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«Rob.. amore.. amore mio..» mormora, mentre ci baciamo.
«Ti amo, Kris.. ti amo..», la stringo fra le mie braccia, infilando le mani sotto la sua maglietta.
«Non.. non trattenerti...» dice, timidamente, mentre guida la mia mano lungo il suo corpo.
«Non voglio spingermi oltre, Kristen..».
«Ti prego.. ho bisogno di sapere che mi vuoi ancora.. per favore, Rob».
«Certo che ti voglio ancora, amore..».
«Dimostramelo, allora... ti prego, amore».
«Va bene.. va bene», mi lascio guidare dalla sua mano.
Avevo ragione: la sua pelle è morbida, calda, come avevo immaginato.
Trovo la coppa del reggiseno e stavolta non ho paura a giocarci.
La sento sorridere contro le mie labbra.
«Sono felice che ci sia tu, qui con me, stanotte» mi dice.
«Non vorrei essere da nessun altra parte» rispondo; l'aiuto a sfilarsi la maglietta.
Arrossisce, e prova a coprirsi con le mani ma io le tolgo delicatamente, scendendo con la bocca prima sul suo collo e poi sulla spalla, sulla clavicola.. scendo nell'incavo fra i seni e la sento irrigidirsi.
«Vuoi che mi fermi, amore..?», lei scuote la testa e inizia a giocare con i miei capelli, cosa che la fa' subito rilassare mentre io le ricopro ogni centimetro di pelle scoperta di baci. Quanto ho sognato questo momento? Ma devo darmi una calmata. Non voglio andare oltre, non stasera. E' ancora scossa e non voglio approffitarmi di lei. Scendo con la bocca, lasciando caldi baci su tutto il suo stomaco, mordendo piano la pelle bianca, lasciando qualche segno rosso qua e là. Ritorno sulla sua bocca ripercorrendo il percorso al contrario, mordendo un po' più forte. «Tutto okay?» le chiedo, quando ci ritroviamo di nuovo faccia a faccia.
Lei sorride.
«Sei bellissimo..».
La bacio di nuovo, sulla bocca, con la lingua, mordendole il labbro talmente forte da farle uscire un po' di sangue mentre lei mi accarezza il petto.
«Ti amo».
Torniamo a baciarci, le sue mani mi guidano dove vuole essere toccata.
Continuiamo così finché non mi ritrovo perfettamente sopra di lei, con le sue braccia intorno al mio collo, i nostri baci che si fanno sempre più intensi.
Senza pensarci, percorro con le dita le curve del suo corpo: il seno, la pancia, finché non arrivo al bordo dei suoi pantaloncini.
Ci gioco un po', finché non trovo un po' di coraggio.
«Mmh..», abbasso un po' il bordo dei suoi slip e accarezzo il basso ventre.
«Kristen.. piccola..», continuo a massaggiarla per un po', prima di spingermi qualche centimetro più in basso.
«Rob..», affonda le unghie nella mia schiena e inarca leggermente la schiena.
Ho una paura tremenda di farle male.
Cerco di essere gentile, di non affondare troppo, ma lei continua a gemere piano, a pronunciare il mio nome e questo mi fa' impazzire e non riesco a trattenermi più di tanto. Faccio piano, la sfioro, l'accarezzo, il quel punto così delicato per una donna, cercando di trasmetterle amore, solo amore, non voglio che pensi male di male, voglia che capisca che lo sto facendo per noi, non per me.
«Rob.. ah..», merda ho spinto troppo affondo, è vergine, cazzo.
«S..scusa.. scusa, scusa», con la mano libera la sorreggo tenendola per la schiena, avvicinandola ancora di più a me.
«Mmh.. va.. va tutto bene.. ah..», continuo, più piano, delicato. Il suo corpo non è preparato a quello che viene poco dopo e Kristen cerca in tutti i modi di nasconderlo, ma è davvero bella mentre è scossa dai tremiti e sorride mordendosi le labbra per poi lasciarsi andare fra le mie braccia. Sfilo la mano dai suoi pantaloncini e l'abbraccio, baciandola sulla fronte.
«Scusa se ho esagerato..
».
«Rob è stato.. wow! E' stato wow, okay? Non devi scusarti di niente».
«Non.. non avevo previsto.. questo. Non ne avevamo parlato prima, non ti ho chiesto se..», lei mi zittisce con un bacio.
«Non devi chiedermi il permesso, non sono una camera in cui devi entrare. Sono la tua ragazza e se vuoi fare certe cose devi solo... creare il momento giusto, e adesso lo era.. neanche io pensavo.. be', non ho mai.. ma è okay, perché è andata bene, ne avevamo bisogno.. avevo bisogno di sapere che tu mi volevi ancora anche dopo quello che ti ho detto. Ti ho chiesto di dimostrarmelo e tu l'hai fatto, grazie, ti amo».
«Ti amo anche io..».
«Mmh..», appoggia la testa sul mio petto, mentre io le accarezzo la schiena nuda.
«Buonanotte, cucciola».
«Sogni d'oro, amore».
«Kris..?».
«Mmh?».
«Sei bellissima».

___________________

ooookay, forse verso la fine avrei dovuto avvertirvi che c'era un piccolo pezzettino a rating rosso, ma nessuno di voi è restato sconvolto, no? non ho scritto niente di che! se vi scoccia, avvisatemi e metto il rating rosso.
comunque, tornando al capitolo: mi piace.
Mi sono emozionata a scriverlo, ed è uscito anche più lungo di quanto sperassi, è grandioso.
Ah, dovete dirmi anche quale parte avete preferito! L'altra volta mi sono dimenticata di chiederlo, quindi facciamo che da ora in poi è una cosa fissa anche se mi dimentico di scriverlo.
fatemi sapere, okay?
ah, e se vi sembra che le cose siano un po' affrettate fra robert e kristen è perché la vera storia comincia più avanti e non vedo l'ora di iniziare, ci saranno un po' di cambiamenti e roba del genere, ma non vi annuncio niente ahaha.
alla prossima, vi voglio bene, cià :3






































   
 
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