Pictures of you, pictures of me, hung upon your wall for the world to see.
Pictures of you, pictures of me, remind us all of what we used to be.
Louis
non è mai
entrato nell'appartamento di Harry, da quando il più piccolo
ha
deciso di andare a vivere da solo; non pensava neppure di farlo, non
dopo tutto ciò che è successo tra di loro, non
dopo che si sono
lasciati in quel modo brusco e con quelle parole colme di astio.
Due anni, sono
trascorsi due anni da quel giorno, e il loro rapporto congelato ha
finito per danneggiare anche la band; gli One Direction non esistono
più, sono diventati solamente l'ennesima meteora nel
panorama
musicale, come qualcuno si aspettava da quando erano stati uniti.
Ed
è passata un'ora da quando Anne, la madre del suo ex
ragazzo, gli ha
telefonato per supplicarlo di andare a vedere come stesse suo figlio;
non
risponde al telefono da giorni,
ha detto come a giustificarsi, la voce rotta dalla preoccupazione e
qualche singhiozzo soffocato a malapena. E Louis, che nonostante si
siano lasciati da tanto ama ancora Harry come il primo giorno, non ha
potuto fare altro che salire in macchina e guidare in direzione del
suo appartamento fuori città, insultando semafori, pedoni e
automobilisti troppo lenti che intralciavano la sua strada.
Appena arrivato
all'indirizzo che Anne gli ha dato in un sussurro, non ha neppure
penato tanto per entrare: il vecchio signore nella hall di quel
complesso residenziale gli ha aperto il portone e l'ha lasciato
entrare senza chiedere nulla, probabilmente leggendogli in faccia
tutta l'ansia e la fretta che aveva dentro; ha frugato ovunque,
davanti alla porta di Harry, sotto gli occhi curiosi e indispettiti
degli altri residenti, e alla fine ha trovato la chiave di riserva
nascosta sull'architrave; avrebbe quasi riso per la
prevedibilità di
Harry, se non fosse stato così impegnato ad infilare
quell'affarino
di metallo nella toppa e girarla ben tre volte prima di vedere
l'uscio aprirsi.
L'ha chiamato un
paio di volte dall'ingresso, quasi urlando, ma non ha ricevuto
risposta e il terrore ha rimpiazzato l'ansia che gli attorcigliava lo
stomaco fino ad un secondo prima, lasciandolo per qualche attimo
paralizzato sulla soglia.
Ha vagato come un
pazzo per tutto l'appartamento, non appena si è ripreso.
Sulla penisola in
marmo della cucina ha trovato il suo vecchio portafoglio in pelle
scura e consumata, il cellulare e un mazzo di chiavi, nel salotto dei
vestiti gettati alla rinfusa sul divano e il pavimento, nel piccolo
studio un'accozzaglia di libri e fogli sparsi un po' ovunque, e non
è
da lui: Harry non è mai stato un tipo ordinato, ma non ha
mai
nemmeno amato vivere nel caos. Ha visto anche delle vecchie
fotografie, appese alle pareti, di loro due con il resto gruppo,
della sua famiglia, di ciò che erano stati prima che tutto
andasse a
rotoli.
Si è accorto
dell'acqua sul pavimento mentre percorreva il corridoio diretto a
quella che presumeva essere la camera da letto, e di nuovo la paura
l'ha inchiodato a terra, insieme ad un orribile presentimento; ha
spalancato la porta del bagno con le lacrime a riempirgli
già gli
occhi e la bocca aperta in un grido strozzato, e l'ha visto.
La
vasca colma, l'acqua che colava dai bordi perché il
rubinetto era
ancora aperto e lui, Harry, il
suo Harry,
completamente immerso, gli occhi chiusi e la chioma riccia e fradicia
che galleggiava intorno al suo viso orribilmente gonfio e violaceo.
In fondo al cuore
sapeva che ormai era tardi, che quello che stava facendo era inutile,
ma Louis si era affrettato verso di lui per chiudere i rubinetti,
l'acqua che produceva un rumore orrendo mentre la calpestava
correndo, e ha tirato fuori il corpo di Harry prendendolo da sotto le
ascelle, come un bambino. Gli abiti zuppi lo rendevano ancora
più
pesante, così pesante che era caduto a terra trascinandoselo
dietro,
e Louis aveva cominciato ad urlare.
Ora
è arrivata la polizia, chiamata da chissà chi,
che si sta occupando
dei rilievi e di tutto il resto, e un agente l'ha allontanato dal
bagno e dal cadavere di Harry con qualche parola di conforto
completamente vuota;
sta tremando e piangendo in silenzio, ha una coperta avvolta intorno
alle spalle, nella camera del ragazzo che amava, ed è seduto
sul suo
letto ad osservare, con un'insopportabile senso di colpa ad
opprimergli il respiro, le fotografie che tappezzano completamente le
pareti della stanza come un puzzle: raffigurano loro, solo loro due,
sempre soli, in quello che un tempo era stato il loro piccolo regno
indiscusso, nei momenti che riuscivano a ritagliarsi tra un tour,
un'intervista ed un'apparizione pubblica. Sono i loro baci, i loro
abbracci, le fotografie che si sono scattati l'un l'altro, senza
pensare a nulla e senza alcun imbarazzo, nei loro momenti
più
intimi.
Sono le fotografie
di ciò che sarebbero potuti essere sempre, non solo tra le
mura
della loro casa, se solo avessero avuto il coraggio di sopportare
ancora un po', se ne avessero avuto la forza, se solo si fossero
ribellati, insieme, una volta per tutte.
Pictures of you, pictures of me, remind us all of what we could have been.
Non
sono mai stata così angst, gente, ho paura.
ç_ç
Quando
ho deciso di scrivere basandomi su questa canzone non volevo essere
così deprimente, giuro; cioè, nell'idea iniziale
c'era ovviamente
un po' di tristezza e blablabla, ma c'era anche il lieto fine e
sicuramente non era previsto il suicidio di nessuno – io sono
fluff, cazzo!
Invece
no, scrivendola sul serio, in questa tarda serata (diciamo pure
notte, è l'una ormai) di fine agosto, ho modificato tutto.
Chiedo
perdono, davvero, non volevo deprimere nessuno, me in primis, ma..
non lo so, cavolo, si è scritta praticamente da sola.
ç_ç
Spero
che vi sia piaciuta, nonostante tutto. E
ho un assurdo bisogno di coccole!