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Autore: Strega_Mogana    08/03/2007    4 recensioni
Un prigioniero dei Mangiamorte che viene liberato da qualcuno di inaspettato.
Da leggere dopo Oblivion.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Altra Ff scritta di getto tra una scartoffia al lavoro e l’altra.
Consiglio vivamente di leggere anche la one shot prima: Oblivion.
Vi prego commentate in tanti!!!
Grazie e buona lettura
Elena

Prigioniero

Sono sdraiato a terra, sento il puzzo di questo posto: un misto di sangue, carni putride, sudore ed escrementi umani.
Anche se sono qui da parecchio non mi sono ancora abituato al tanfo. Ogni folata che mi arriva in faccia mi fa rivoltare lo stomaco.
Ho già vomitato tre volte.
Ovviamente tutto questo ha fatto ridere i miei carcerieri.
I miei maledetti carcerieri.
Mi metto a sedere sul pavimento sudicio di pietra, un braccio mi cade a penzoloni inerte su un fianco, un occhio è gonfio, pulsa e fa un male cane, ho un labbro grosso come un boccino, probabilmente viola con un fresco taglio nel mezzo, senza contare le varie contusioni e ferite che ho sul resto del corpo.
Ma non importa.
Il rumore di una goccia d’acqua che cade sul pavimento ed è l’unico rumore che sento in questo posto buio.
Mi trascino con il braccio sano verso il mio mantello nero, l’ho messo per terra come giaciglio, è bagnato per via dell’umidità della cella, puzza e sta iniziando a marcire.
Non so da quanto sono qui.
Forse sono qui da poche ore, ma un solo minuto mi sembra una vita intera.
Ma non importa.
Più perdono tempo con me, più lui può allontanarsi e gli altri possono proteggerlo.
Io non sono mai stato bravo come guardia del corpo.
Sento il rumore stridulo della porta che si apre e il rumore sinistro dei passi che echeggiano nella mia direzione. Una debole luce si avvicina ma io non ho paura, posso affrontarli di nuovo. Sputo a terra un grumo di sangue sbiadito e attendo il mio carceriere.
Una figura nera, minuta, avvolta nel mantello dei Mangiamorte si avvicina alle sbarre, non dice una parola e si ferma davanti alla porta. Alza la mano che regge un’antica lampada a olio cercando di illuminare il mio rozzo giaciglio. Non mi muovo, socchiudo l’occhio sano e tento di sembrare ancora forte, combattivo.
- Se sei qui per torturami come i tuoi compagni posso subito dirti che non parlerò. Usa pure tutte le maledizioni che conosci, picchiami a sangue, rompimi anche l’altro braccio ma io non ti dirò nulla.
Ho usato un tono di voce che non credevo neppure di avere, un tono quasi convincente.
Il Mangiamorte non risponde, punta la bacchetta sulla serratura e la fa scattare. Entra con il suo passo lento, dai tacchi alti che intravedo sotto il mantello che l’avvolge deduco che sia una donna. Si avvicina a me, tento di alzarmi ma le forze mi vengono meno e di certo non sembro agguerrito con questa faccia coperta di sangue raggrumato e lividi viola.
- Sei molto coraggioso. – fa il Mangiamorte con una sfumatura mista tra il rispetto e il sarcasmo – Non credi che io sia qui per ucciderti e non per interrogarti?
- Fai quello che devi fare. – dico chiudendo controvoglia le pesanti palpebre – Almeno non morirò da traditore.
Vedo la sua ombra muoversi attraverso gli occhi chiusi, sento che si è accucciata accanto a me, una sua mano fredda come il ghiaccio mi sfiora un livido sul viso.
Colgo le poche forze che mi sono rimaste e le afferro il polso.
Lei sussulta appena e tenta di rialzarsi ma con uno strattone la faccio inginocchiare a terra, apro gli occhi, la vedo in viso e mi sento morire dentro.
- No…- mormoro mentre la mia presa sul suo polso si indebolisce a tal punto che lei può liberarsi – non puoi esser tu…
Mi lancia un’occhiata raggelante e mi porge una fiala che ha tirato fuori da una tasca del mantello. Appena toglie il tappo un odore pungente mi arriva alle narici già dilatate per il tanfo insopportabile della cella.
- Bevi. – mi ordina in malo modo spingendo il verde liquido nauseabondo alle labbra.
Sposto la testa di lato e con la mano sana cerco di spostarla dal mio naso.
Ma lei non demorde, è più forte di me.
Perfino lo scarafaggio che mi ha fatto compagnia fino a questo momento è più forte di me.
- Non bevo nulla da te. – sibilo con tutta la cattiveria che ho in corpo.
- Non è veleno. – continua imperterrita spingendo la fiala sulle mie labbra, entrando fin troppo facilmente nella mia mente.
Dannata Leggimanzia.
- Dovrei crederti?- domando sarcastico.
Un altro attacco ma sposto di nuovo il capo.
- Ronald Weasly, non abbiamo tempo per i tuoi stupidi giochini! – sbotta arrabbiata insistendo con la fiala – Bevi questa pozione!
- Costringimi. – la sfido ben sapendo che ha la bacchetta dalla parte dell’impugnatura.
- Come desideri.
Con due dita mi chiude il naso. Gemo per il dolore e la sorpresa, mentre apro la bocca alla ricerca d’aria. Le mie labbra si socchiudono appena quando lei mi versa la pozione direttamente in gola.
Tossico per qualche minuto, portandomi la mano alla gola, mi ha avvelenato ed ora morirò per mano sua… proprio come nei miei incubi peggiori.
Invece il dolore sembra diminuire, sta scemando fino a quando è più che sopportabile.
- Cosa mi hai dato?- le domando curioso e anche molto scettico.
Ma lei non risponde si alza e mi porge la mano.
- Cosa mi hai dato Hermione? – quasi grido alzandomi da solo aiutato dall’unico braccio funzionate.
- Una pozione rigenerante. – mi spiega uscendo dalla cella – Ti darà abbastanza forze per uscire da qui. Non posso fare altro, fatti curare subito il braccio quando raggiungi gli altri.
Sono confuso… lei… lei mi sta facendo evadere…
- Ma cosa..
- Zitto e seguimi!
La seguo veloce e silenzioso per i corridoi di questo castello. Un cunicolo di labirinti che non avrei mai saputo percorrere da solo. Svoltiamo l’ennesimo angolo e lei mi blocca con il braccio sinistro, la manica scende quel tanto da farmi vedere una parte del serpente che esce dalla bocca del teschio.
Sgrano gli occhi sorpreso.
Non posso credere che sia arrivata a tanto.
Non posso credere che lei si diventata una di loro.
Allora perché mi sta facendo evadere?
Hermione si volta, guarda il suo braccio scoperto e poi me, si copre il Marchio con la manica e torna a guardare in avanti.
- Da quanto?- le chiedo con un sibilo.
- Un anno… forse sono due… non ricordo bene. Il tempo non ha importanza.
- Perché?
- Perché era l’unico modo per salvare mio marito e perché Lui mi trova più utile da viva che da morta.
- Ti sei sposata.
- Già…
- Non ci hai fatto sapere nulla.
- Abbiamo celebrato un rito molto semplice, di notte. La Luna ha suggellato la nostra unione e le stelle ci hanno fatto da testimoni. Non avevamo bisogno di nient’altro.
- Neppure dei tuoi amici?
Si volta di nuovo, il suo sguardo è colmo di tristezza.
- E da quanto ti consideri ancora un mio amico?
Non rispondo e mi appoggio al muro.
- Cosa stiamo aspettando?- le domando cambiando discorso.
- Il momento giusto. – mi dice senza specificare nulla.
- Dov’è Piton?
Esita un attimo, la mano appoggiata al muro trema lievemente.
- Si saranno già accorti della tua assenza, sta confondendo le tracce.
Ora sono ancora più confuso.
Mi stanno aiutando.
Perché?
Per redimersi?
Per avere la coscienza libera?
Non è così semplice.
- Lo so. – risponde lei entrando nuovamente nella mia mente.
- Smettila. – le ordino bruscamente – Non voglio che osservi tutti i miei pensieri.
- Sto solo valutando se sei un pericolo o meno.
- Mi credi un pericolo?
- La rabbia gioca brutti scherzi.
Mi fa un cenno e riprendiamo a camminare veloci fino al portone d’ingresso di questo enorme castello. Usciamo, è una notte calda, umida, senza luna, sento i grilli in lontananza che suonano la loro lenta e struggente melodia, la natura dorme un sonno tranquillo mentre noi camminiamo veloce tra l’erba alta che mi sfiora i polpacci.
Arriviamo ad un salice piangente, i rami nascondono una parte del parco, come una coperta vede che racchiude una piccola oasi di pace. Hermione sposta le fronde che sfiorano il terreno umido ed entra in quel rifugio improvvisato, io faccio altrettanto. Appoggiata al tronco c’è una scopa.
- Prendi quella…- mi dice velocemente – e vola il più veloce possibile al villaggio che c’è a qualche chilometro da qui. Da la potrai smaterializzarti senza problemi.
- E tu?
- Il mio posto è qui ora.
- Cosa devo dire agli altri?

***
Forse potrei dirti che non sono una traditrice, che ho fatto una scelta ma che non ho mai pensato anche solo per un istante di vendervi tutti a Lui.
- Non dirai nulla agli altri Ron. – gli dico semplicemente porgendogli la scopa.
Lo vedo allontanarsi, velocemente verso la salvezza, più la sua figura diventa irriconoscibile più il mio cuore si alleggerisce. Sono rimasta a guardare troppe volte da quando sono qui, molti sono morti sotto i miei occhi ma non potevo lasciar correre anche questa volta.
Il Marchio brucia sulla mia pelle.
Quel Marchio che il Padrone mi ha impresso.
Il segno della mia schiavitù.
Il segno più evidente della mia scelta.
Perché alla fine tutta la vita si basa su delle scelte sbagliate o meno.
Si sceglie l’amore o il rimpianto.
Di vivere o morire.
Di ricordare o dimenticare.
Si servire un Padrone o di tradirlo.
Sento dei passi alle mie spalle, le fronde si spostano e sento il suo sguardo sulla mia schiena. Un attimo dopo sono le sue braccia che mi cingono in vita alle spalle.
- Dimenticherà tutto. – mormoro forse più a me stessa che a mio marito - Quando arriverà al villaggio non saprà nemmeno come c’è arrivato o chi gli ha dato la scopa.
- E’ meglio così. – risponde pacato.
- Sì, è meglio così.
FINE
   
 
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