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Autore: frodina178    03/06/2004    6 recensioni
Spesso bisogna fare i conti con la propria stupidità...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: nonostante la banalità del titolo mi sembrava veramente uno spreco di similitudini. Questa piccola storia non ha alcun'inerenza con il poema epico, me ne rendo perfettamente conto, ma per essere furioso lo è anche lui. E' una storia abbastanza insensata e assurda(e scritta velocemente), ma in fondo lo facciamo anche per questo, no?

L'Orlando Furioso

Era la quarta volta che sul display del cellulare appariva "utente sconosciuto"; da quel giorno in cui una fan impazzita aveva minacciato di ucciderlo se non l'avesse amata, Orlando aveva cambiato numero, ripromettendosi di rispondere solamente alle chiamate di cui vedeva l'identità. Quel telefono era solo per amici e parenti, al lavoro delegava sempre quello dell'ufficio. Vista l'assiduità con cui il misterioso scocciatore telefonava Orlando ebbe la tentazione di rispondere, solamente per sentire chi fosse. La curiosità ebbe la meglio.
-Pronto?- disse con tono duro, pronto a cantare per le rime a qualunque importuno.
Dall'altra parte del telefono silenzio.
-Pronto?- ripeté lui cominciando a scocciarsi e a pensare che forse rispondere non era stata una buona idea.
-Parlo con Orlando Bloom?- una voce femminile, bassa e tremolante.
-No, con la regina Elisabetta!- rise lui, rassicurato dal fatto che la sua interlocutrice non sembrava, all'apparenza, una potenziale assassina.
-Ti disturbo?Se vuoi posso chiamare più tardi…- il suo tono era molto abbattuto.
-No, tanto ormai. Dimmi pure, scusami ma proprio non riesco a riconoscere la tua voce…tu sei…?-.
-Michelle-
-Michelle? -Orlando pensò intensamente qualche istante -Michelle Kafhor?-.
-No-
-Allora Michelle Cooper?-.
-Nemmeno, non credo tu sappia il mio cognome…-.
Orlando cominciò ad avere dei dubbi sulle sue rassicurazioni precedenti, e fu tentato di chiudere la telefonata.
-Ci siamo conosciuti… -prese lei -Qualche mese fa, alla presentazione del film…-.
-Quale film?- chiese Orlando.
-Senza pietà.-
Al ragazzo ritornarono immediatamente alla mente le immagini di quella serata, della ragazza di un amico con cui aveva avuto un rapido e spinto rapporto sessuale nei bagni. Non sapeva nemmeno si chiamasse Michelle, ma era l'unica ragazza conosciuta quella sera che potesse avere il suo numero e un motivo per chiamarlo. Pensò che probabilmente lo aveva contattato per chiedergli se si potevano vedere di nuovo, richiesta a cui, cercando di essere educato, avrebbe dovuto rispondere negativamente.
E, in effetti, inizialmente le sue intenzioni sembrarono quelle.
-Senti…avrei bisogno di vederti!-
-Michelle…mi dispiace, veramente, ma vedi sono a Londra e quando torno non credo che avrò molto tempo. Salutami Karl se stati ancora insieme e….-.
-Orlando! -il suo tono questa volta verteva verso l'inflessibile che non ammetteva repliche -Non ho detto che vorrei vederti, ho detto che DEVO vederti!-
Il povero ragazzo si stava veramente scocciando, era uscito per fare shopping in vista del festival di Cannes, e ora stava cercando di parlare al telefono e contemporaneamente portare tutte le borse con i suoi acquisti.
-Non credo sia il caso!Ora per favore…...-.
-Sono incinta- la sua voce gli arrivò come uno schiaffo, lasciò cadere i pacchi e rimase imbambolato nel bel mezzo del marciapiede, intralciando il passaggio.


Sarebbe partito il mattino seguente per la volta di Los Angeles, ad incontrare questa fantomatica ragazza. Il suo avvocato lo avrebbe accompagnato all'incontro, per verificare la veridicità della cosa. Se effettivamente la ragazza fosse stata incinta si sarebbe effettuato un test per accertarsi che il padre fosse veramente lui. Poi, a seconda dei casi, avrebbero agito di conseguenza. C'era la probabilità che lei, completamente infatuata, avesse messo in atto tutta questa messa in scena per ricevere le attenzioni o, forse, i suoi soldi. Oppure si era fatta mettere incinta apposta, o ancora poteva averlo fatto per una specie di perversa vendetta, o invece…...insomma, le possibilità erano parecchie. Fatto sta che bisognava fare in modo che la ragazza mantenesse il silenzio fino a che non si sarebbero presi dei provvedimenti.


La gravidanza era in fase molto avanzata, a guardarla si sarebbe detto essere di almeno sei mesi. Orlando non se la ricordava molto bene dall'unica volta in cui l'aveva vista, ma era riuscito comunque a riconoscerla quasi subito. Era anche riuscito a convincere il suo legale a farlo incontrare con lei da solo, per poter parlare e cercare di cavarle la verità senza burocrazia; in fondo era pure sempre una ragazza.
-Ciao!- lei gli sorrise felice quando lo vide avvicinarsi al tavolino del bar.
-Ciao…-Orlando si guardò intorno, pensando se non fosse meglio andare a fare quel discorso in un luogo più appartato. Ma lei fu più rapida e, quasi di forza, lo fece sedere.
-Allora! -prese lei, contando sulle dita -Ho pensato che lui, o lei, ancora non lo so -sorrise entusiasta -Vivrà con me, ma naturalmente potrà vedere suo padre ogni volta che vorrà!Tu mi pagherai gli alimenti, la….-
-Aspetta aspetta!! -scoppiò in una risata agitatissima Orlando, sperando che lei stesse solamente scherzando -Vorresti prima spiegarmi la situazione, per favore?-
-Ma cosa vuoi che ci sia da spiegare?- la voce della ragazza era molto decisa, per niente somigliante al tono che aveva assunto per telefono -Tu mi hai messa incinta, ed ora TU ti prendi le tue responsabilità!-
-Tralasciando che io non ne sono ancora sicuro e che lo devi provare, io non ti ho violentata. Quello che abbiamo fatto è stata una scelta consapevole da parte di entrambi, ed io ero sicuro che tu, come ogni donna intelligente, prendessi la pillola!-
-Stai insinuando forse che sono stupida?!?-.
Orlando si rese conto che stava cercando d'incastrarlo, di fargli dire cose che poi avrebbero giocato a suo favore in tribunale; si promise perciò di rimanere calmo.
-Non ho detto questo -respirò a fondo -E non dico nemmeno che, se la cosa è effettivamente vera, non mi prenderò le mie responsabilità. Ma certo è che io non ho colpe, e nemmeno meriti, sia chiaro. -.
-Allora sei d'accordo con me!- sorrise lei.
-Cerchiamo di calmarci! Credo che ti stia esagerando e affrettando un po' troppo le cose… -effettivamente non sapeva cosa dire, si maledisse per non aver permesso al suo legale d'accompagnarlo, perché sicuramente lui avrebbe saputo cosa fare.
-Io non ti chiedo di sposarmi o cose simili…. -
"Ci mancherebbe altro…" -pensò Orlando.
-Però voglio che mio figlio abbia un padre, ed è giusto che sia quello biologico. Naturalmente avrò anche bisogno d'aiuti materiali…-.
Ecco, alla fine il punto era sempre quello: i soldi.
-Senti…. -il ragazzo si massaggiò nervosamente il collo -…forse è stata una cattiva idea incontrarci qui, ed è meglio fissare un appuntamento con i nostri legali…-.
-Hai ragione!- sorrise lei alzandosi e porgendogli una mano, ma non lo risparmiò di una frase ricattatrice.
-Spero tu capisca che non vorrei rendere pubblica la cosa… -e se ne andò.
Orlando rimase imbambolato e anche abbastanza terrorizzato. A giudicare dall'espressione di lei non si sarebbe porta tanti problemi a metterlo nella merda. Pensò se non fosse il caso di darle quello che voleva per togliersela al più presto d'intorno, ma poi convenne che era meglio fare le cose ben fatte.


Mark, il suo avvocato, si mostrò molto coinvolto in questa faccenda, tanto che delegò tutti gli altri suoi casi ai colleghi. Orlando era il cliente più importante che il suo studio legale avesse mai avuto, ed era intenzionato a tenerselo stretto.
Dopo aver verificato la veridicità delle accuse della giovane, si presentò a casa del cliente, per fare il punto della situazione.
-I casi sono due Orlando -mise sul tavolo una cartellina sfogliandola -Tu sei a tutti gli effetti il padre di quel bambino, e negarlo non ti servirà a niente se non a farti ritorcere la situazione contro-
-Non ho nessuna intenzione di negare che sia mio!- precisò immediatamente.
-Bene, allora, o tu ti accolli la responsabilità, le paghi gli alimenti e accetti una sua visita ogni tanto, oppure le dai centomila dollari e chi se visto se visto…-
Orlando si fece pensieroso.
-Se vuoi un mio consiglio -sussurrò Mark avvicinandosi al suo orecchio -Dalle i suoi dannati soldi e falla finita qui…ho paura che questa storia potrebbe portarsi avanti troppo a lungo…e quella mi sembra abbia una lingua abbastanza lunga…non so se ci capiamo…-
-Capisco benissimo Mark! E' che questa cosa mi ha preso abbastanza alla sprovvista, non sono preparato. La tentazione di sganciare e di porre fine alla questione è forte, ma non posso negare di aver fatto un'irrimediabile cazzata…Dio! In fondo sarebbe anche figlio mio, no?!?-.
-O mamma mia! Ma fammi il favore! Non venire a dirmi adesso che ti senti pronto ad essere padre! Ma per favore…-
-Non mettermi in bocca parole non mie, cazzo! Puoi capire lo stato in cui mi trovo!-
Veramente Mark non lo capiva, e nemmeno si era preoccupato di farlo. Ciò che a lui interessava era l'integrità del suo cliente e, a seconda della sua riuscita, la parcella che gli avrebbe elargito.

Quando fu finalmente da solo, Orlando ebbe il tempo per pensare e cercare di mettere ordine nelle sue idee. Sembrava tutto così assurdo, e forse ancora non si rendeva conto della gravità della situazione. Era successo così in fretta, senza lasciargli spazio per respirare. Decise di fare una cosa abbastanza azzardata, chiamare Hannah, la sua ragazza, e raccontarle il tutto. Questo avrebbe comportato anche il rischio di perderla, perché il giorno del fattaccio loro due erano, a tutti gli effetti, fidanzati.
-Ciao amore!- Orlando cercò di mostrarsi allegro e sereno.
-Alla buon'ora!! Dove t'eri cacciato? Sono due giorni che non ti fai sentire!!-.
Cominciamo bene….
Il giovane si prolungò in scuse e discorsi un po' assurdi, tentando di arrivare, molto tatticamente, alla questione bollente.
-Cosa?!?!?- la ragazza sembrava fuori di se, Orlando aveva impiegato molto tempo a convincerla della veridicità delle sue parole.
-Calmati amore, ti prego! Lo so che è brutto parlarne per telefono, ma cerca di capire….ho bisogno di vederti per…-.
-Hai bisogno di vedermi? HAI BISOGNO DI VEDERMI?!?!? Lurido verme che non sei altro, hai anche il coraggio di chiedermi di venire lì da te?!?? Credevi che sarei corsa come una cagnolina al suo padrone?!? Bè, caro mio, non hai capito proprio NIENTE!! Io ti ho amato, e sebbene m'imponga di non farlo, ti amo anche adesso! Ma questo non significa proprio niente!! Tu fai schifo, MI FAI SCHIFO!! Provo ribrezzo a pensare a tutte quelle volte che abbiamo fatto l'amore, a tutti quei "ti amo" che mi sussurravi all'insegna dell'ipocrisia!!! Ragazzo mio, ora basta!! Ho accettato mille compromessi per venirti incontro, per non intralciare il tuo lavoro!! Ho anche accettato il fatto che ti facessi vedere in giro con quell'attricetta da quattro soldi per farti pubblicità!! Ma ora basta, caro mio, hai oltrepassato ogni limite!!-.
-Io… -Orlando tentò di intrufolarsi nella sua rabbia, stava per mettersi a piangere, cosa che voleva assolutamente evitare.
-Io niente, Orlando, IO NIENTE!!! Non hai più il diritto di parlarmi, non cercare scuse assurde. Io non mi calmo, IO NON MI CALMO!! Hai capito bene?!? Non ti azzardare mai più, MAI PIU', a telefonarmi o a cercarmi! Dimenticati il mio nome, DIMENTICATI CHE ESISTO BRUTTO PEZZO DI MERDA!!!- gli urlò queste parole con tutta la collera che aveva in corpo, prima di sbattergli con sdegno la cornetta in faccia.
Orlando rimase qualche secondo imbambolato, con ancora il cordless in mano. Quindi scoppiò. Prese ad urlare come un forsennato, scaricando quella rabbia che racchiudeva ben più di quello che si potesse credere. Squarciò il copridivano, poi rovesciò per terra l'argenteria e spaccò con un pugno una porta a vetri. Solamente quando metà salotto fu distrutto si accasciò sul pavimento, con il respiro corto e le lacrime agli occhi.
Una situazione di merda, una vita di merda, dettata dai soldi e dall'immagine. Non la voleva, non così. E tutto per colpa sua, per colpa della sua inarrestabile stupidità, che a volte raggiungeva vette impensabili.
Basta, quella storia era andata avanti anche troppo a lungo: lui non voleva essere padre, non se la sentiva e non aveva questo desiderio, non ancora. Certo, probabilmente era un'egoista ed un insensibile, ma avrebbe dovuto passare una vita a mentire? Decise di prendere in mano le redini della situazione prima di impazzire completamente, chiamò la ragazza pregandola di raggiungerlo a casa sua.
Con gran sorpresa d'Orlando, la prima cosa che lei fece fu quella di scusarsi tra le lacrime. Non aveva mai avuto l'intenzione di metterlo in quella situazione, fosse stato per lei avrebbe risolto tutto molto pacificamente, in privato e senza la minima intenzione di far nascere scandali. Era stata spinta a comportarsi in quel modo dai suoi genitori, che avevano visto l'occasione della propria vita. Gli fece una pena immensa, cercando di capire la situazione in cui lei si trovava, che era sicuramente mille volte peggio della sua.
Parlarono a lungo, e convennero ad una soluzione comune: Orlando si sarebbe limitato a mandarle dei soldi, nessuno sarebbe venuto a conoscenza della cosa, in primis loro figlio stesso. Questo non avrebbe mai saputo l'identità del suo vero padre, e quando avrebbe cominciato a fare domande, la madre gli avrebbe raccontato che era morto quando era ancora piccolo. Sebbene potesse sembrare all'apparenza la soluzione peggiore e individualista, in fondo sottendeva un accordo che veniva incontro a tutte le parti. Il bambino avrebbe avuto un padre che, nella realtà delle cose, non lo avrebbe MAI amato come si dovrebbe amare un figlio, e forse, quando sarebbe stato maturo, avrebbe potuto conoscere la verità, a rischio che avrebbe odiato la madre per la menzogna che aveva tirato avanti per tutta la sua vita.
Orlando non lo avrebbe mai visto, se lei avesse avuto bisogno d'ulteriori soldi per cure mediche o istruzione, non avrebbe dovuto far altro che domandarglieli, senza però rivelargli dove vivesse. Il ragazzo voleva assolutamente rimanere estraneo a questa situazione, sia per non soffrire, sia per non credersi coinvolto in una cosa in cui, in realtà, non si sentiva per niente.

Per un po' di tempo Orlando si sentì veramente una persona meschina e schifosa, suo figlio, secondo i suoi calcoli, doveva essere già nato. Più di una volta aveva avuto il forte impulso di telefonare per avere sue notizie, ma si era sempre trattenuto. Con il passare del tempo, questi pensieri, seppur sempre presenti, si attenuarono gradualmente, limitandosi a diventare dei semplici ricordi.


17 Gennaio 2012

Orlando avrebbe desiderato, almeno una volta, poter vedere suo figlio, anche in fotografia, ma non era mai successo. Michelle gli aveva chiesto soldi solamente i primi tempi, poi era sparita nel nulla, e per otto anni non ebbe più sue notizie.
L'attore era sommerso da flash e dai suo fans. La premiere per il suo ultimo film da protagonista si stava prolungando molto per lunghe. Il suo lavoro era decollato nelle migliori prospettive, ed era uno degli attori più quotati e richiesti. La maggior parte dei suoi ammiratori erano ragazze, e qualche sporadico maschio, almeno fino a quando un bambino, che doveva avere massimo otto anni, lo avvicinò, facendosi timorosamente spazio tra le gambe della gente. Gli porse timidamente un block notes, che Orlando si affrettò a prendere e a firmare. Lo riporse al bambino, che in risposta gli regalò un meraviglioso sorriso sdentato. Il ragazzo sollevò la testa per riprendere ad essere osannato dalle sue fans, ma immediatamente un'immagine gli attraversò fulminea la testa. Riabbassò confuso lo sguardo, cercando il bambino. Ma questo era già sparito nella folla. Aveva capito tutto. Sorrise ringraziando con il pensiero Michelle, che aveva esaudito il suo più grande desiderio. Aveva potuto conoscere, anche solo per un istante, suo figlio. Si ritrovò a pensare che gli assomigliava tantissimo, soprattutto negli occhi.
La gente premeva e urlava per poterlo solo sfiorare, i fotografi quasi si picchiavano. Orlando sorrideva come un automa, e firmava autografi senza sosta, ma senza capire un solo gesto che faceva, la sua mente era proiettata da tutt'altra parte. Pensava che chissà, forse un giorno, magari non troppo lontano, avrebbe potuto anche dare un bacio a quel bambino, i cui occhi facevano intendere che aveva capito più di quello che voleva far credere.


  
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