Cammina a passo spedito; le
scarpe da tennis, compagne di mille avventure, consumano lentamente il
marciapiede tante volte attraversato. Sotto il sole accecante i suoi capelli
sembrano quasi rossi, le efelidi spuntano sul viso pallido.
Cammina a passo spedito,
senza pensieri, ascoltando il cinguettio dei passerotti e dei merli.
L’atmosfera è primaverile, nonostante sia inverno inoltrato: la sequoia si
staglia nel cielo azzurro, protendendo i rami verso il sole.
Costeggia l’aiuola,
camminando in equilibrio sul muretto di pietra, come faceva da bambina,
evitando le chiocciole che strisciano pigramente sui sassi.
Svoltato l’angolo, si guarda
rapidamente intorno ed entra nelle onoranze funebri “La Pace Eterna”.
Il campanello trilla, mentre
lei chiude fuori dalla porta la luce del sole.
- Sono rientrata!
Senza aspettarsi una
risposta, imbocca la scura scalinata nascosta da un drappo di velluto rosso, in
fondo al negozio. Sale a passi leggeri, veloci e silenziosi. Arrivata in cima,
bussa piano alla porticina in ebano, un po’ scrostata.
- Entra pure.
Le si stringe il cuore a
sentire la flebile voce del vecchio, ogni giorno un po’ più stanca, ogni giorno
un po’ più rassegnata.
Apre piano la porta, ed entra
nella camera avvolta nella penombra. La colpisce l’odore stantio: da quanto non
cambiano l’aria?
Si avvicina alla sedia a
dondolo; tutto tace, solo il crepitio del fuoco che si sta spegnendo.
- Vuoi che aggiunga legna nel
camino?
Il vecchio sorride. La
ragazza riconosce gli occhi chiari, quegli stessi occhi chiari che l’avevano
colpita un giorno d’estate di tanti anni prima.
Era una giornata assolata, di
quelle giornate che non finiscono mai, che ti trascini dietro all’infinito. Una
donna passeggiava per le vie deserte, tenendo per mano una bimba. Era una bella
donna, distinta, elegante: nonostante il caldo soffocante indossava un tailleur
color crema, in tinta con le decolleté classiche. Il garofano tra i capelli
completava la purezza e semplicità degli abiti.
La bimba a prima vista poteva
avere cinque anni. Correva per stare al passo con la madre, e con la manina
libera stringeva un coniglio di peluche. I capelli castani erano raccolti in
due codini alti sulla testa, fermati da due fiocchi azzurro cielo.
Le due camminavano
tranquillamente nell’afa estiva, con la sola compagnia delle falene e delle
lucertole. All’improvviso, dal silenzio che le circondava, emerse un grido: un
grido di dolore.
Seguì un altro urlo, ma
questo era diverso. Questo era un grido di trionfo.
La donna prese in braccio la
bimba, e cominciò a correre, instabile sui tacchi alti. Girato l’angolo
comparve davanti a loro una scena che la bambina non avrebbe più dimenticato:
c’era un uomo, accoccolato sul marciapiede davanti alla chiesa, con le braccia
incrociate a proteggere il viso gonfio e sciupato.
Due teppistelli si stavano
divertendo a sue spese: uno dei due, con un ciuffo di capelli che gli copriva
gli occhi, lo stava prendendo a calci negli stinchi, ridendo; l’altro aveva il
cappuccio alzato, e sembrava preoccupato; continuava a mormorare qualcosa al
compagno tirandolo per un braccio.
La donna non si fermò: mise
la figlia a terra e le disse, con un tono risoluto e severo:
- Non muoverti di qui. Stai
nascosta, e non farti vedere per nulla al mondo.
Poi si incamminò velocemente
verso la chiesa. La piccola si sporse timidamente per guardare: vide la madre
difendere l’uomo; il ragazzo col ciuffo la spinse via, e quando lei cercò di
liberarsi, le tirò uno schiaffo. L’incappucciato urlò di paura, e cercò di
allontanare l’amico, esclamando parole a raffica.
La donna si lasciò cadere a
terra, accanto all’uomo ferito. Nonostante anche lei avesse una guancia gonfia
e rossa, in contrasto con pallore del resto del viso, si fermò ad aiutare
quello che era probabilmente un senzatetto.
La bambina si avvicinò correndo,
e la prima cosa che disse quando la madre sciolse l’abbraccio, indicando l’uomo
riverso a terra, fu:
- Lo teniamo mamma?