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Autore: Alpheratz    26/08/2012    3 recensioni
Matteo ha 17 anni, 206 ossa, 175 cm di altezza e 45 chili di peso. I suoi sogni di adolescente, sfrattati e massacrati da parte di una morbosa ricerca dell'approvazione altrui. Anoressia che progressivamente sfocia in un vero e proprio sacrificio umano.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi chiamano Tenebra.
Tenebra lo Scheletro.
Sapete, come quello del cartone animato.
Faccio una smorfia, rivolto alla mia immagine nello specchio: tanto lo so, lo so che la loro è tutta invidia.
Mi osservo di profilo, da dietro, di fronte. Stringo fra pollice e indice un lembo di pelle, proprio vicino all’ombelico: eh no, mormoro fra me e me, devo impegnarmi per eliminare questi ultimi residui di pancia. Sono ancora troppo grasso.
E io devo essere magro, se voglio piacere.
Devo essere magro, se voglio piacermi.
 
Controllo rapidamente il mio peso sulla bilancia e, mio malgrado, scopro di essere aumentato di due etti. Maledetta, penso, maledetta insalata. Ho comprato quella imbustata, lo sapevo che era una fregatura. Chissà che razza di schifosi prodotti ci hanno messo dentro, chissà quali veleni. Conservanti, fertilizzanti chimici, tutta roba che fa male. Ecco perché sono ingrassato.
Mi getto sul divano, sfoglio distrattamente una rivista tentando di ingannare il tempo e di scacciare quell’odiosa sensazione di vuoto nello stomaco. Eh no, stomaco, mi dispiace: stasera a letto senza cena. Non voglio rischiare di ingrassare ancora.
Il mio pancino però non ha intenzione di ascoltarmi: emette lunghi lamenti soffocati, alternati a brontolii di disapprovazione. Lo so, amico mio stomaco, è dura, ma dobbiamo stringere i denti e aspettare almeno fino a domattina.
La mia lingua nel frattempo si dibatte nella mia bocca come un pesciolino arenato. Lo so di cos’ha voglia, quella briccona: lei vuole una torta al cioccolato, come quelle che la mamma mi preparava da piccolo. Una torta bella soffice, con i rivoletti di panna in superficie. Una torta realizzata a regola d’arte, come non ne ho più mangiate da quando la mamma se ne è andata.
Tiro su con il naso e ricaccio indietro le lacrime: no, non devo piangere, i ragazzi non piangono. Anche se la mamma mi manca, mi manca da morire.
Lei mi diceva sempre che ero bellissimo.
Lei mi ripeteva continuamente: “sei il bambino più bello del mondo”.
E io le rispondevo: “è una bugia. I miei amici mi dicono che sono grasso”.
E lei replicava, fingendosi offesa: “cos’è, non ti fidi della tua mamma?”.
E io cercavo di rimediare: “ma si che mi fido, mamma!”
E a quel punto la abbracciavo.
 
A posteriori, posso affermare di aver commesso un grave errore fidandomi di mia madre.
Io non ero bellissimo. Ero solo un grasso, insignificante moccioso.
Ed era tutta colpa tua e delle tue torte ipercaloriche.
Dovresti vedermi ora, mamma. Ora si che avresti ragione, se mi lodassi per il mio aspetto.
 
Ora sono bellissimo, mamma.
No, non proprio bellissimo, ho ancora qualche chilo di troppo, ma so che a te piacerei lo stesso.
Eri l’unica a cui piacevo, mamma.
Perché te ne sei andata via?
 
Abbandono a fatica queste riflessioni e lancio un’occhiata all’orologio. Sarebbe ora di fare un po’ di addominali, giusto per mantenermi in forma, ma sono troppo stanco e non riesco nemmeno a sollevarmi per mettermi a sedere.
Lucia, la mia migliore amica, è preoccupata perché secondo lei sto diventando ogni giorno più debole.
Io però sono totalmente indifferente a tutto questo.
In fondo, debole lo sono sempre stato.
  
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