Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
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Autore: itsthefantasy    26/08/2012    0 recensioni
La verità è che non lo so più. È quasi spaventoso quanto tu riesca a mandarmi in crisi e confondermi le idee: ecco un altro dei motivi per cui non posso tornare indietro. Mi distruggerei.
Allora, presa da uno strano impulso, premo sul pedale e scappo, consapevole del fatto che ormai è troppo tardi per farlo, perché mi hai posato un mattone sul cuore, che mi tiene legata a te come la gravità tiene legata ogni cosa alla terra.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I can't tell you


Vanessa

Non ci ha mai raccontato davvero com’è successo l’incidente, né dove stava andando prima che accadesse. Dice che non se lo ricorda e nessuno di noi se l’è sentita di insistere. Non sembra fargli molto piacere parlarne. Qualche giorno fa ci hanno riferito di aver preso l’uomo che l’ha causato, che a quanto pare aveva molto più alcol in corpo di quanto ne avesse Jared. Non so che fine ha fatto. Forse è in carcere, forse agli arresti domiciliari oppure può darsi anche che sia libero. In ogni caso, non è che mi importi granché. L’unica cosa che mi importa davvero è che Jared si è ripreso e tutto sommato sta bene. Tra non molto si rimetterà al lavoro sul nuovo album, dice che ha un sacco di idee in mente e io credo che potrebbe esplodere se non le tira fuori al più presto. E’ diventato di un’iperattività spaventosa.
Shannon ha scritto un’altra canzone e stavolta “il cane non gli ha mangiato il testo”, ma non me l’ha voluta far sentire nonostante io lo implorassi. Dice che è una sorpresa e mi sa tanto che dovrò aspettare un po’.
Tomo mi fa rispolverare le mie conoscenze sulla chitarra acustica, o meglio, mi insegna le cose che non so su questo strumento, che a quanto pare sono tante, e sistema pazientemente le mie dita arrugginite. Passiamo ore così. Tutto questo mentre anche lui si dà da fare per il nuovo album. Ed è in momenti come questo che capisco veramente il motivo per cui lo chiamiamo Santo Tomo. Quella che suono sotto la sua attenta supervisione è la stessa chitarra blu che avevo quando ero piccola. L’unica che abbia mai avuto, tra l’altro. Una volta, mentre stavo mettendo a posto la mia stanza e l’ho ritrovata, avevo deciso di darla via, ma all’ultimo momento non me la sono sentita. Pensavo fosse troppo vecchia o trascurata per poterla ancora suonare, ma Tomo ha detto che è ancora in buone condizioni e siccome lui è sicuramente molto più esperto di me, non posso che fidarmi. Sono felice di non averla buttata via. Anche se si porta con se troppi ricordi.
Quanto a me e Jared, la situazione è migliorata o diciamo si è calmata quando ci siamo finalmente parlati il giorno in cui l’hanno dimesso dall’ospedale. Abbiamo avuto una lunga discussione – che però almeno stavolta pare aver fruttato qualcosa – sul fatto che dovevamo comportarci da adulti,  che le cose dovevano cambiare se io fossi rimasta, che noi dovevamo rimanere amici e cercare di recuperare quel rapporto limpido e sincero che avevamo un po’ di tempo fa, per quanto possibile. Una grossa parte di me – probabilmente non la più intelligente – spera davvero che le cose si possano sistemare e tornare come prima e noi potremo di nuovo avere quello che abbiamo perso. Ma ce n’è un’altra, che per quanto piccola si riesce comunque a tormentarmi. Quella che sa che tutto questo non accadrà mai. Ma tra le soluzioni possibili, questa mi è sembrata la meno dolorosa. E questa la giustificazione più ridicola del mondo. Comunque sia, provare non mi costa niente, no? No, solo un’infinità di emozioni che credo non facciano molto bene alla mia mente, e neanche al corpo, a dirla tutta. Sì, quel pugno di emozioni che mi colpiscono dritte alla pancia – altro che farfalle - ogni volta che i nostri sguardi s’incontrano e io riesco solo a pensare a quanto… No! No, no, no, no, no. Amici, è così che devono andare le cose. Anche se spesso mi ritrovo a pensare a come sarebbe se… Ah! Okay adesso basta, devo distrarmi, scendo e vado a preparare la colazione per tutti che forse è meglio. Almeno mi terrà occupata per un po’.
La prima a comparire in cucina è Emma ovviamente.
“Ci siamo alzate presto, eh?”
“Sì, non ce la facevo più a rimanere nel letto. Ultimamente faccio sogni strani…”
“Mhmm ne vuoi parlare?”
“No, preferisco non pensarci, ma grazie comunque.” Le sorrido.
“Di niente. Quando vuoi, io sono qui.”
“Ah ma se non ci fossi tu in questa casa io come farei?” Scoppia in una risata dolce mentre io le verso il caffè.
“Per affrontare oggi me ne serviranno almeno tre tazze…” La ragazza seduta di fronte a me sospira.
“Giornata impegnativa?”
“Altroché! Anzi fammi andare che prima mi metto al lavoro e meglio è.”
“Okay, ci vediamo dopo allora.”
“D’accordo.” Si alza e mi da un bacio sulla guancia come saluto. All’improvviso mi torna in mente una cosa.
“Emma, aspetta!” Lei si ferma sulla soglia della cucina. “Non è che per caso sai come si chiamano quei cosi che scacciano gli incubi, quelli che si mettono sul letto…”
“Gli acchiappa sogni?”
“Esatto!” Ma aspetta, non è stata Emma a parlare. E infatti no. E’ Jared che fa capolino in cucina da dietro la ragazza.
“Buongiorno.”
“’Giorno.” Io ed Emma rispondiamo quasi in coro e ci scambiamo un sorriso, dopodichè lei aggiunge “Io devo proprio andare. Buona colazione!” E scompare.
“Perché ti interessano gli acchiappa sogni adesso? Non dormi bene?”
“Per niente” Dico, passandomi una mano sul viso. “Tu come stai?”
“Come stavo ieri, il giorno prima, tra cinque minuti, tra dieci e tra quindici, non c’è bisogno che me lo chiedi così spesso.”
“Okay, calmati! In fondo è solo la prima volta della giornata…” Cerco di usare un tono innocente, ma proprio non mi viene e finisco per scoppiare a ridere. “Pensavo che sclerassi solo alla sera.”
Vedo che lotti per non far uscire quel sorriso dalle labbra. “No comunque dicevo seriamente, sto bene, non ti devi preoccupare” Ma poi cedi e  te lo lasci scappare. “Va bene, proverò a trattenermi.” Lo assecondo, perché in fondo ha ragione. “Anche se sappi che non è facile, ti ho visto su un letto di ospedale, sai com’è…” “Sì, ma adesso sono qui”. Ti alzi e mi abbracci. Forte. Troppo forte. Ti sono così vicina che riesco a sentire il battito del tuo cuore. E all’improvviso la paura che tu possa sentire il mio m’invade. Perché non ci stacchiamo? Perché non riesco a staccarmi? Questo va ben oltre un abbraccio in amicizia. E quando mi scopro a pensare che non voglio affatto allontanarmi mi tiro indietro, quasi di scatto. Mi fissi perplesso. Scuoto la testa, come a voler cancellare quello che è appena successo.
“Cos’è adesso non ci possiamo più neanche abbracciare?”
“No, non è questo…”
“E allora cos’è?”
La verità è che non lo so, non lo so cos’è. Se solo potessi dirti tutto quello che mi passa per la testa. Ma non posso. Non posso dirti che ogni volta che ti tocco ogni singola particella del mio corpo mi urla di non farlo perché porterà solo dolore. Non posso dirti che forse sono in grado di metterle a tacere tutte perché c’è qualcosa che urla più forte, qualcosa che non riesco a controllare. Non posso spiegarti la mia paura. Non posso dirti che mi manchi e che vorrei tanto ritornare tra le tue braccia. Proprio non posso.  

 

  
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