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Autore: __Snow    26/08/2012    0 recensioni
E' il desiderio di viaggiare che ci ha spinto a farlo, è la voglia di sentirsi liberi, di rompere legami che stanno stretti e di crearne altri. Il bisogno di avventura e di amore, di provare cose nuove. Mentre ero seduta sul pavimento del JFK di New York ho dovuto prendere una decisione istintiva, ma non la rimpiango; ho ben altre cose da rimpiangere, ho ben altri rimorsi che mi divorano mentre mi lascio vivere dalla vita. Ma, prima o poi, tutti devono fare i conti con i propri 'conti in sospeso' e cercare di scrivere il proprio finale; forse, però, è meglio che i conti li faccia poi.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                         Introduzione.



Perchè, se mi abbandoni ora, allora, sul serio, non ce la farò. E non avrò mai il lieto fine e questa sarà solo...”
La vita.”
-Grey's Anatomy.



Molte storie iniziano con un 'ciao', altre con uno scontro e altre ancora con un timido sorriso. La mia è diversa, la mia è iniziata con un 'delayed' scritto accanto al nome del mio volo su uno dei tanti schermi dell'aeroporto JFK di New York. È iniziata con una decisione poco convenzionale, con un progetto che diventa realtà, con lo sguardo della mia migliore amica puntato su di me mentre cerca di strappare dalle mie labbra un .
Abbiamo sempre avuto grandi progetti e questo viaggio non era da meno.
Con questo avevo rinunciato a tutto a soli diciannove anni, avevo rinunciato all'appoggio della mia famiglia, che non approvava questo nostro vagabondare per il mondo senza una meta precisa, che odiava questo mio 'sperperare i soldi per l'università in questi viaggi', odiava il fatto che avevo mostrato di sapere cavarmela senza di loro, di non avere bisogno di loro, probabilmente odiano quello che sono diventata: libera.
Ho girato il mondo con l'unica persona che mi ha sempre appoggiato, lei, dalla quale tutto era partito, la mia migliore amica, Gemma. Le esperienze che avevamo fatto erano solo nostre, avevamo preso ogni aereo assieme, per Barcellona, Mosca, Porto, Tokyo, Los Angeles, Rio, Sidney, Londra, Pechino, Buenos Aires, Lisbona, in ogni fottuto volo, in ogni fottuto viaggio lei c'era, per questi cinque mesi c'è sempre stata; ma la vita, l'amore, le circostanze, come uniscono, sono anche capaci di dividere, sono capaci di conferire felicità senza limiti allo stesso modo in cui ti mettono nei casini,
Ogni cosa è destinata a finire in qualche modo, l'elemento che fa la differenza è, però, il finale; quello lo devi scrivere tu.
Così sono qui, seduta ad un tavolino rotondo di ferro battuto, color panna, mentre bevo un thé caldo al limone, mentre aspetto di vederlo camminare per quella via di Barcellona baciata dai raggi del sole, mentre aspetto di poter incrociare il mio sguardo col suo, di essere trafitta da quegli occhi color cioccolato, mentre aspetto una reazione, bella o brutta che sia, mentre aspetto qualcosa che smuova la situazione, qualsiasi cosa che non sia indifferenza, perchè quella non smuove niente, quella ti uccide.
Ripenso a tutto quello che è successo negli ultimi cinque mesi, ripenso a Gemma e alla ritrovata felicità che si sta godendo in questo momento, ripenso alle persone che sono entrate nella mia vita e a quelle che se ne sono andate, ai posti visitati, alle fotografie, alle canzoni, ai profumi, alle notti passate in bianco per amore, per le lacrime, anche a quelle passate ballando, bevendo, fumando, a quelle passate in aeroporto in attesa del volo successivo, poi i ricordi tornano tutti a quella maledetta notte di Rio. Mi sembra di sentire di nuovo il rumore sordo di quello sparo, sento ancora il senso di colpa che mi sta divorando da dentro. Poi, quasi fosse venuto a salvarmi, lo vedo, cammina lento, le mani in tasca, è Dicembre, ma un clima tiepido avvolge Barcellona, lo conosco, lui ha sempre caldo, infatti è in maniche corte, appena cammina davanti al tavolino dove mi stavo facendo pugnalare dai ricordi la vedo, vedo la cicatrice sul suo braccio, la cicatrice di quello sparo.
Dentro di me si apre una voragine.
Sei stata una codarda, mi ripeto.
Lo fisso: è stupendo, come sempre, ha i capelli neri e lucidi scompigliati, gli occhi sono leggermente addormentati e l'abbronzatura che aveva d'estate, quando l'ho conosciuto, è sparita, lasciando posto alla sua carnagione chiara.
Sono completamente persa nel miei pensieri, è come se il tempo so fosse fermato in quell'istante, mentre lo guardo non sento più i rumori della gente intorno a me, siamo solo io, lui e il silenzio, quel silenzio che ci è sempre appartenuto, quel silenzio che entrambi amiamo.
Quel silenzio che viene interrotto dal suono della sua voce che pronuncia il mio nome con quell'accento catalano che mi uccide: “Rebecca.”.
Prendo un respiro profondo, sono venuta qui per scrivere il mio finale, sono qui perchè nel mio finale voglio che ci sia pure lui, Marc, perchè ho bisogno che lui mi perdoni, che mi perdoni per il mio essere codarda, per il mio non saper amare, per le mie insicurezze, perchè ho bisogno di lui.
So che devo almeno provarci prima di arrendermi, è una delle tante cose che ho imparato in questi cinque mesi.
Ci sono un po' di cose che dovete sapere su questo arco di tempo, ma forse è meglio partire da quando è iniziato tutto, quel tredici luglio, a New York City.




La storia nasce da tante idee malsane che mi vengono quando mi annoio, questa è solo l'introduzione, ho deciso di partire dalla fine (?) per poi tornare indietro nel tempo, spero vi piaccia e sarei taaaaanto grata se lasciaste un commento, mi piacerebbe sapere se valga la pena continuare o se la cosa fa proprio schifo, lol.
Grazie anche solo a chi leggerà il capitolo :3

  
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