Introduzione.
“Perchè,
se mi abbandoni ora, allora, sul serio, non ce la farò. E
non avrò
mai il lieto fine e questa sarà solo...”
“La
vita.”
-Grey's
Anatomy.
Molte
storie iniziano con un 'ciao', altre con uno scontro e altre ancora
con un timido sorriso. La mia è diversa, la mia è
iniziata con un
'delayed' scritto accanto al nome del mio volo su uno dei tanti
schermi dell'aeroporto JFK di New York. È iniziata con una
decisione
poco convenzionale, con un progetto che diventa realtà, con
lo
sguardo della mia migliore amica puntato su di me mentre cerca di
strappare dalle mie labbra un sì.
Abbiamo
sempre avuto grandi progetti e questo viaggio non era da meno.
Con
questo avevo rinunciato a tutto a soli diciannove anni, avevo
rinunciato all'appoggio della mia famiglia, che non approvava questo
nostro vagabondare per il mondo senza una meta precisa, che odiava
questo mio 'sperperare i soldi per l'università in questi
viaggi',
odiava il fatto che avevo mostrato di sapere cavarmela senza di loro,
di non avere bisogno di loro, probabilmente odiano quello che sono
diventata: libera.
Ho
girato il mondo con l'unica persona che mi ha sempre appoggiato, lei,
dalla quale tutto era partito, la mia migliore amica, Gemma. Le
esperienze che avevamo fatto erano solo nostre, avevamo preso ogni
aereo assieme, per Barcellona, Mosca, Porto, Tokyo, Los Angeles, Rio,
Sidney, Londra, Pechino, Buenos Aires, Lisbona, in ogni fottuto volo,
in ogni fottuto viaggio lei c'era, per questi cinque mesi
c'è sempre
stata; ma la vita, l'amore, le circostanze, come uniscono, sono anche
capaci di dividere, sono capaci di conferire felicità senza
limiti
allo stesso modo in cui ti mettono nei casini,
Ogni
cosa è destinata a finire in qualche modo, l'elemento che fa
la
differenza è, però, il finale; quello lo devi
scrivere tu.
Così
sono qui, seduta ad un tavolino rotondo di ferro battuto, color
panna, mentre bevo un thé caldo al limone, mentre aspetto di
vederlo
camminare per quella via di Barcellona baciata dai raggi del sole,
mentre aspetto di poter incrociare il mio sguardo col suo, di essere
trafitta da quegli occhi color cioccolato, mentre aspetto una
reazione, bella o brutta che sia, mentre aspetto qualcosa che smuova
la situazione, qualsiasi cosa che non sia indifferenza,
perchè
quella non smuove niente, quella ti uccide.
Ripenso
a tutto quello che è successo negli ultimi cinque mesi,
ripenso a
Gemma e alla ritrovata felicità che si sta godendo in questo
momento, ripenso alle persone che sono entrate nella mia vita e a
quelle che se ne sono andate, ai posti visitati, alle fotografie,
alle canzoni, ai profumi, alle notti passate in bianco per amore, per
le lacrime, anche a quelle passate ballando, bevendo, fumando, a
quelle passate in aeroporto in attesa del volo successivo, poi i
ricordi tornano tutti a quella maledetta notte di Rio. Mi sembra di
sentire di nuovo il rumore sordo di quello sparo, sento ancora il
senso di colpa che mi sta divorando da dentro. Poi, quasi fosse
venuto a salvarmi, lo vedo, cammina lento, le mani in tasca,
è
Dicembre, ma un clima tiepido avvolge Barcellona, lo conosco, lui ha
sempre caldo, infatti è in maniche corte, appena cammina
davanti al
tavolino dove mi stavo facendo pugnalare dai ricordi la vedo, vedo la
cicatrice sul suo braccio, la cicatrice di quello sparo.
Dentro
di me si apre una voragine.
Sei
stata una codarda, mi ripeto.
Lo
fisso: è stupendo, come sempre, ha i capelli neri e lucidi
scompigliati, gli occhi sono leggermente addormentati e
l'abbronzatura che aveva d'estate, quando l'ho conosciuto, è
sparita, lasciando posto alla sua carnagione chiara.
Sono
completamente persa nel miei pensieri, è come se il tempo so
fosse
fermato in quell'istante, mentre lo guardo non sento più i
rumori
della gente intorno a me, siamo solo io, lui e il silenzio, quel
silenzio che ci è sempre appartenuto, quel silenzio che
entrambi
amiamo.
Quel
silenzio che viene interrotto dal suono della sua voce che pronuncia
il mio nome con quell'accento catalano che mi uccide:
“Rebecca.”.
Prendo
un respiro profondo, sono venuta qui per scrivere il mio
finale, sono qui perchè nel mio finale voglio che ci sia
pure lui,
Marc, perchè ho bisogno che lui mi perdoni, che mi perdoni
per il
mio essere codarda, per il mio non saper amare, per le mie
insicurezze, perchè ho bisogno di lui.
So
che devo almeno provarci prima di arrendermi, è una delle
tante cose
che ho imparato in questi cinque mesi.
Ci
sono un po' di cose che dovete sapere su questo arco di tempo, ma
forse è meglio partire da quando è iniziato
tutto, quel tredici
luglio, a New York City.
La
storia nasce da tante idee malsane che mi vengono quando mi annoio,
questa è solo l'introduzione, ho deciso di partire dalla
fine (?)
per poi tornare indietro nel tempo, spero vi piaccia e sarei
taaaaanto grata se lasciaste un commento, mi piacerebbe sapere se
valga la pena continuare o se la cosa fa proprio schifo, lol.
Grazie
anche solo a chi leggerà il capitolo :3