La corsa delle sardine.
Corsa delle due e trenta.
La corsa delle sardine, così l’avete rinominata. Poco spazio, poca aria, poco respiro.
Quando sali tu non ci sono più posti liberi: resti in
piedi, a metà strada fra il sedile dell’autista e le porte.
Non che ti dispiaccia più di tanto da quando lui si è unito alle sardine.
Ti ha colpito subito: con quella zazzera rossa così
particolare, gli occhioni verdi e l’espressione sbruffoncella. Lo vedi
ogni giorno e ti senti meglio.
Lo guardi incantato mentre se ne sta appoggiato di schiena alle porte e dimentichi la stanchezza. Cuffie nelle orecchie, fischietta sottovoce: sembra essere in tutt’altro luogo.
Te lo mangi con gli occhi.
Poi vedi lei. All’inizio non capisci, speri di starti sbagliando: gli si avvicina, sfiorandogli la mano. Gli sorride, sussurrando qualcosa. E lui ride, piegandosi su di lei.
La bacia e a te parte una coronaria.
Imprechi fra i denti, la nausea che cresce mentre si esplorano i palati.
Una frenata improvvisa rischia di farli cadere: si separano ridendo e lui torna a poggiare la schiena contro le porte. Non smettono di guardarsi.
Sbuffi e borbotti un’ultima imprecazione.
Quindi premi il bottone che apre le porte.
Un etero in meno.
Conteggio parole di word: 200
Breve.
Che più breve era difficile.
Allora. Che è una scemenza avete avuto modo di capirlo tutti, ma detto
ciò… si è capito che lui lo ha fatto cadere dal bus, non è vero?
Ditemi che si capisce, vi scongiuro. In tre. Dico tre a cui l’ho fatta
leggere, non lo hanno capito.
Perciò lo specifico: il ragazzo si appoggia alle porte, lui apre le porte, il
ragazzo cade dall’autobus. Conseguenza diretta, no?
Mi hanno fatto venire gli scrupoli, giuro. E dire che io l’avevo capita ;)
Scemenze a parte, dopo queste note più insane della storia (e pure più lunghe),
passo e chiudo.
Sara