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Autore: None to Blame    27/08/2012    1 recensioni
Ogni giorno sceglieva un certo colore e si impegnava ad avere non solo indumenti e biancheria, ma ogni accessorio di quello stesso colore. Era una delle sue manie, come quella di avere sempre delle margherite fresche nell’atrio di lucidare con maniacale costanza maniglie e pomelli in tutta la casa.
Quelle sue fissazioni avevano iniziato a manifestarsi circa due anni prima, ma lei ci conviveva così pacificamente che credeva di esser sempre stata così.

La vita di Kimberly sembrava delle più rosee.
A cinquant'anni era avvenente come una ventenne, viveva in una splendida casa, aveva un ottimo impiego, un marito delizioso ed una simpatica figliastra.
Ma c'era una crepa che la logorava dall'interno.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Lusingata dagli sguardi del cameriere, Kimberly Brennesh accostò la tazza alle labbra, sorseggiando lentamente il tè, gli occhi che ora si posavano attenti sul cellulare, ora languidamente seguivano i movimenti del giovane che serviva un gelato al tavolo adiacente.
Con una mano, si lisciò qualche invisibile piega della gonna aderente, assicurandosi che non salisse sopra il ginocchio.

Il sottile telefono che reggeva fra le mani prese a vibrare.
Con un gesto veloce delle dita, pigiò il pulsante verde e se lo portò all’orecchio.

« Kim, papà è con te? »

« No, tesoro. Patrick è con Andrew e gli altri al Circolo. È il giorno di golf. »

« Oh, giusto. Me n’ero scordata. Senti, dopo esco con Jessica e Maya. Torno tardi, non mi aspettare. »

« A dopo, allora »

Kimberly riagganciò e, palesemente sollevata dalla scomparsa del “problema cena”, ripose il cellulare nella piccola borsa.
Quel giorno, aveva scelto il verde.
Lei era fatta così.

Ogni giorno sceglieva un certo colore e si impegnava ad avere non solo indumenti e biancheria, ma ogni accessorio di quello stesso colore.
Era una delle sue manie, come quella di avere sempre delle margherite fresche nell’ atrio o di lucidare con maniacale costanza maniglie e pomelli in tutta la casa.

Quelle sue fissazioni avevano iniziato a manifestarsi circa due anni prima, ma lei ci conviveva così pacificamente che credeva di esser sempre stata così.

« Le porto il conto, signorina? »

Alzò lo sguardo e vide il bel cameriere che le sorrideva, chinato in avanti.

« Signora »

Lui alzò il sopracciglio.

« Mi perdoni, il suo aspetto mi aveva tratto in inganno. »

« La ringrazio, giovanotto. Sì, mi può portare il conto. »
 
 
 
 
 

« Signora, ha scelto? »

« Sono ancora alquanto indecisa.. »

La commessa della boutique in cui la signora Brennesh aveva messo piede più di due ore prima fissava la cliente con aria stanca e spazientita.
Kimberly, invece, teneva due abiti dalle fantasie sgargianti  – uno più tendente al rosso e l’altro al viola – e li osservava perplessa.

« È che devo fare un regalo. Mi può dare una mano? »

La commessa annuì sbuffando, mettendosi una mano tra i riccioli scuri.

« Per chi è? »

« Una ragazza di quasi diciannove anni. È per il suo compleanno. La mia figliastra. »

Appoggiò il vestito viola su un ripiano.

« Ha gli occhi azzurri, perciò credo che questo »  indicò l’indumento appena riposto  « sia più indicato, ma è anche olivastra di carnagione.. »

« Signora, perché non viene qui con la ragazza e lascia decidere lei? O le può fare un buono da spendere come vuole. »

Kimberly fissò la commessa.

« Potrebbe essere un’idea valida. »

E la ragazza della boutique sospirò sollevata.
 
 
 
 



« Cara, sono  io. »

« Patrick! Avete già finito la partita? »

Kimberly si sfilò via dalle labbra il cucchiaino coperto di crema.

« Da un paio di minuti. Senti, mi sa che farò tardi. Ho promesso a Andy e Bob che ci saremmo fatti un paio di birre al pub. »

« Oh, va benissimo! Meno male, non avevo voglia di cucinare.. »

« Hannah è a casa? »

« È fuori con le amiche. »

« Jessica e Sarah? »

« No, Maya, credo. »

Patrick emise un verso di disappunto.

« Quella là non mi piace. Spero che non facciano cose strane. »

« Sta’ tranquillo! Ha il coprifuoco alle undici. »

« Sei un piccolo diavolo, tesoro. Non aspettarmi in piedi! »

« Ciao, amore. Salutami Bob e Andy! »

Kimberly abbassò la cornetta e recuperò il tappo del barattolo di crema, riponendo il tutto nella dispensa.
Lasciò cadere il cucchiaino nel lavabo, insieme ad alcuni piatti impilati.

Dalla credenza, afferrò una pezzuola e si inginocchiò davanti alla porta del salone.
 


Quando Hannah rientrò – l’una e venticinque – trovò la matrigna nella stessa posizione, a pulire con foga la maniglia.

« Kim! Ma che.. »

« Non si pulisce, non si pulisce! »

La ragazza le si avvicinò.

« A me pare splendente. »

Kimberly sbatté lo straccio a terra.
Aveva il viso infiammato, i capelli neri appiccicati alla fronte, lo sguardo appannato per le lacrime che non versava.
Fissò il volto ignaro e un po’ spaventato della ragazza e non poté evitare di esplodere.

« Tu non capisci! È sporca! Questa maniglia è lurida! Non si pulisce, non si pulisce.. »

Portò una mano al petto per calmare il respiro accelerato ed il battito impazzito.
Chiuse gli occhi, si appoggiò con le spalle alla parete e scivolò lentamente sul parquet.

« Kim, ti senti bene? Kim! Cazzo.. Kim!»

« Non urlare. E non dire parolacce. »

Con le palpebre serrate, inspirava ed espirava lentamente, riacquistando il controllo.
Aprì gli occhi e guardò la ragazza.

« È successo qualcosa con papà? »

E quante volte, davanti allo specchio della sua bella toletta, si era promessa di non dire nulla ad Hannah.
Di non dire nulla a se stessa.

« Niente, cara. I giorni liberi non fanno per me. Va’ a dormire. »
 
 
 




« Complimenti. »

« Per cosa? »

« Questo motel fa schifo. »

« È il più economico che ho trovato. »

Patrick Brennesh, steso supino su un logoro letto di uno squallido motel, fece scivolare una mano sul cuscino accanto al proprio, accarezzando il profilo della persona accanto a sé. Si voltò su un fianco, rigirandosi fra le dita le soffici ciocche rosse, disegnando coi polpastrelli la curva delle orecchie.

« Patrick »

« Sei bellissimo, Andy. »

Il volto di Andrew Lester si deformò in una smorfia, gli occhi piantati in quelli del suo compagno.

« Ricominciamo? »

Patrick sospirò, stampando un bacio sul naso dell’altro.

« Devo tornare a casa. Ma giovedì.. »

Il sussurro soffiato sulla guancia si materializzò in un brivido di anticipazione che percorse la pelle di Andy.

« Non vedo l’ora. »
 
 
 
 
 


 Dopo l’exploit della sera, Kimberly sapeva che non poteva ricorrere al solito metodo della crema alla nocciola per risollevarsi il morale.
Optò, quindi, per la seconda scelta: Douglas Adams.

Sfilò dalla libreria “La vita, l’universo e tutto quanto” e si rintanò sotto le coperte, inforcando gli occhiali da lettura.

Mentre centinaia e centinaia di persone simultaneamente urlavano Woop!, lo scatto di una serratura la fece sobbalzare.
La porta della camera si aprì mentre lei riponeva il libro sul comodino.

Patrick entrò nella stanza e sorrise caldamente alla moglie.

« Tesoro, non dovevi aspettarmi.. »

« Oh, mi sono messa a leggere.. Com’è andata al pub? »

« Bene. Robert ha problemi col figlio. Teme che si droghi. »

L’uomo si tolse la camicia, slacciandosi la cintura.

« A che ora è tornata Hannah? »

« Non più tardi delle undici e mezza. »

Lui la guardò sorpreso.

« Ci sei riuscita, quindi. »

Kimberly rise, stendendosi sul fianco.

« Posso spegnere la luce? »

Patrick si sfilò i calzini, buttandoli sulla sedia più vicina.

« Certo, certo. »

Si sporse sul letto e le baciò la guancia.

« Buonanotte, cara. »

« ‘Notte, tesoro. »

Kimberly aveva dimenticato quanto fosse sgradevole dormire su un cuscino inzuppato di lacrime.





































NdA

Non so perché ho scritto una cosa così. Non è nel mio genere, per niente. Bah, certo che le mani combinano cose strane quando sono lasciate libere su una tastiera..

Spero vi sia gradita!

Accetto critiche costruttive e distruttive!


 
 
   
 
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