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Autore: Andrewthelord    10/03/2007    4 recensioni
Della serie a volte ritornano. Eccomi qui. Una sorta di favoletta su cose che ci succedono a tutti.
Genere: Malinconico, Sportivo, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A volte le cose sono assurde nella vita.

C’era un tennista, tempo fa, che giocava piuttosto bene. Non da vincere Wimbledon, ovviamente, ma vinceva comodamente le regionali e qualche volta si piazzava anche nei campionati italiani. Ma a lui non importavano le sconfitte, nemmeno le difficoltà. Anzi, giocava per il gusto di giocare, il rumore delle scarpe sul terriccio, il tonfo della palla nel servizio, la brezza nelle guance durante i movimenti fulminei, il dolce torpore ai muscoli dopo cinque set. Un pomeriggio capitò qualcosa che non poteva prevedere. In un campetto, durante un torneo amichevole, stava giocando non propriamente da campione, ma a lui non gli importava. Eppure un uomo sulla sessantina, vistosamente sovrappeso, calvo e con gli occhiali da sole, seduto sugli spalti semideserti continuava a parlocchiare, bofonchiando ridendo da solo. Ogni palla presa male, ogni servizio troppo facile, ogni errore veniva sottolineato con sufficienza. Ad un certo punto il nostro tennista cominciò a risentirsi, lanciando occhiatacce al personaggio, che però continuava a ridere, quasi più forte e con tono di sfida. Lo stava prendendo in giro. Da quel momento il tennista teneva un occhio sulla palla ed un occhio sullo strano signore. Cominciò a mettercela tutta, con scatti, servizi, volè. Eppure l’avversario non era un senior al passo dal ritiro, ma un campioncino con un futuro davanti. Persino il campione dei dilettanti avrebbe sfigurato al confronto. Ma il signore rideva, rideva, e dalle risate passava ai gesti, e dai gesti passava agli sfottò gridati nel silenzio degli spalti quasi sacri del tennis. Il nostro atleta ormai aveva perso la testa. Fallo, doppio fallo. 0 a 40. 40 a 0. La testa era andata. L’allenatore lo richiamò, sbigottito. L’avversario quasi calò di livello, come per fargli un piacere e far tornare il nostro in partita. Ma non c’era nulla da fare. Quel signore continuava, continuava. Allora il tennista si accorse che quel signore aveva forse anche ragione. Forse lui non meritava di giocare a tennis. Forse lui non aveva più il fisico, l’età, che serviva sempre peggio dopo l’ultimo infortunio e che il tempo è implacabile con tutti. Ma forse nemmeno queste scuse erano sufficienti. Forse era proprio colpa sua. Forse era lui lo sbagliato. C’era qualcosa in lui che gli impediva di giocare a tennis. Si sentì precipitare. Un ometto con la pancia distante cento metri lo aveva fatto cedere. Nello stupore generale posò a terra la racchetta e se ne andò via come se niente fosse, ignorando lo sgomento degli amici sugli spalti e la preoccupazione del suo allenatore. Senza nemmeno passare per gli spogliatoi andò verso la macchina e se ne tornò a casa.

 

Per settimane, mesi ed anni seppellì il pensiero del tennis. Non guardava nemmeno le partite in tv. I vecchi compagni della racchetta erano scomparsi. Nel suo giro di amici tutti sapevano che la serata più bella poteva essere rovinata semplicemente menzionandogli la parola racchetta, o palla.

 

Quando credi di essere finito sei finito. Quando credi di guarire guarisci. Quando credi di poter perdere peso dimagrisci. Quando credi in qualcosa questa diviene reale, e viceversa. Un tarlo nella testa è un tumore terribile. E’ capace di atrofizzare tutto o gran parte del tuo entusiasmo, della tua voglia, della tua passione.

 

Eppure, dopo tanti anni, si impara a convivere con l’ometto che ti prende in giro ed è così sicuro che tu incarni il fallimento da divenire parte del tuo cervello. Lo si ignora. A costo di divenire più cinici, più cattivi, più anestetizzati. Ma quando si deve respirare, bisogna farlo. Anche a costo di dare una gomitata a qualcuno od alzare la voce. Ed arriverà il momento nel quale, anche il nostro tennista, dopo aver riaperto il cassetto e ripreso la racchetta, sul far del tramonto tornerà sul campetto e riprenderà la partita dal punto nel quale l’aveva interrotta. Ritroverà il suo avversario che gli sorriderà e gli tirerà la prima palla per il riscaldamento prima del set, ritroverà lo stesso arbitro e lo stesso allenatore, ma ritroverà lo stesso omino sorridente e sprezzante, che guarderà all’inizio con timore ma che subito smetterà di vedere, fino a dimenticarsi della sua presenza.

 

   
 
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