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Autore: ClaireBlahblah    27/08/2012    4 recensioni
«Mi dispiace» ansimò l’angelo, tra un bacio e l’altro. «Mi dispiace».
«Mi dispiace» Ripetette Dean, quando il fiato glielo permetteva. «Mi dispiace».
Piangevano, i due uomini, chiusi in quella doccia di un metro per un metro, mentre l’acqua scorreva nello scarico, e il sapone lavava via il dolore, e gli slip cadevano, e un amore soffocato, finalmente, sbocciava.
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Introduzione modificata il 27-08-12 tratta dall'ottavo capitolo.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Settima stagione
Capitoli:
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I'm sorry.


«Fa male » continuò l'angelo.
L’effetto dell’incantesimo enochiano, quello usato per inibire i poteri del moro, sarebbe dovuto scomparire già da qualche ora.
Quel figlio di puttana! L’avrebbe ucciso!
«È come... È come avere le ali incatenate alla schiena con del filo spinato. È...» si fermò per respirare. «... Passerà. Ma per adesso... » lasciò la mano livida di Dean. « ...Non posso». Alzò gli occhi verso di lui, affranto.
Il cacciatore lo guardò con apprensione e, prima che l'angelo potesse ritrarsi ancora, lo afferrò per un braccio e lo attirò a sé. Se lo strinse al petto, senza una parola, e se lo dondolò contro. Castiel non ricambiò l'abbraccio - troppo era il male ai muscoli e al petto - ma si abbandonò nella stretta calda e rassicurante dell'umano, sprofondando il viso nella sua giacca scura e profumata.
«Mi dispiace, Dean» gemette, proprio come aveva fatto mesi e mesi prima.
Non parlava della mano. Proprio no.
«Lo so». Mormorò il cacciatore, con le labbra premute sulla fronte dell'angelo «Lo so. Mi dispiace tanto». Tratteneva a stento le lacrime.
Strinse appena l'abbraccio e Castiel non si lamentò per la fitta che la cosa gli provocò.
Cas chiuse gli occhi e si raggomitolò fra le sue braccia, infreddolito.
Dean, allora, sempre in silenzio, si sfilò il giubbotto, e glielo posò sulle spalle.
L'angelo si addormentò con il cacciatore che gli carezzava i capelli.
 Non aveva senso. Avrebbe dovuto scacciarlo, spingerlo via e restare solo con tutto il suo dolore – dolore, tra l’altro, causato dal tradimento dell’umano - ma non ce la fece. Si lasciò cullare e sfiorare fino a perdere conoscenza.
No, non aveva senso. Niente aveva senso, ma ne aveva bisogno.
 
Quando Cas aprì gli occhi, era ancora tra le braccia di Dean, coperto dalla sua giacca.
Non aprì bocca, ma si limitò a fissare il cacciatore svegliarsi lentamente.
Prima che fosse realmente vigile, l’angelo scivolò via dalla sua presa e andò a rannicchiarsi il più lontano possibile dall’uomo – fin dove la catena con la quale era legato glielo permise.
«Cas?» Chiamò l’umano, con la voce impastata dal sonno.
Scattò in piedi, rimase a guardarlo per qualche secondo tremare, mezzo nudo e terrorizzato, poi uscì dalla stanza, senza aggiungere altro.
 
Una volta solo, l’angelo gattonò fino a recuperare la busta con l’acqua, e, dopo aver perso parecchio tempo per svitare il tappo – era talmente debole che anche quello gli costò una fatica enorme – ne prese un gran sorso.
Certo, non era più fresca come la sera precedente, ma la sete era troppa.
Continuò a bere fino a finire la bottiglia, ignorando le gocce che gli colavano sul mento e sul collo.
 
Non aveva fame, satollo com’era dell’acqua che aveva appena trangugiato, quindi lasciò cadere di nuovo la borsa e si trascino fino a toccare, con la schiena nuda, la parete.
Probabilmente avrebbe macchiato il muro bianco con il suo sangue ma non gli importava.

 
***
 
Dean se ne stava sul balcone, a contemplare il nulla nel quale si era rifugiato. Stava fumando la penultima sigaretta che gli era rimasta, dal pacchetto che la bionda gli aveva regalato qualche sera prima – quanto tempo era passato?
Strinse il cellulare tra le mani ancora un po’, poi, tossendo, inviò la chiamata.
«S-Sammy?» Chiamò, con la voce rotta, quando, dall’altro capo, rispose il fratellino.
«Sam, stai bene?» domandò, preoccupato.
«Ne sei sicuro? Hai ricominciato a dormire?» Una pausa.
«No, io sono tranquillo. Sì, noi stiamo bene. Tornerò presto. Tra.. tra un paio di giorni, credo». Altra pausa.
«No, non so se verrà con me»
«Che cosa vuol dire “tu vuoi che venga?”, Sam? Non lo so. Dopo tutto quello che è successo… non so cosa sia meglio. Per noi… e per lui».
«Sam, vuoi starmi a sentire? Lui non è ‘nostro amico’. Tutti i nostri amici sono morti. Adesso basta, fine della discussione. Torno presto. Ti voglio bene» e, prima che il fratello riuscisse a ribattere, attaccò.
Respirò l’ultimo tiro, poi, gettando la cicca a terra, la calpestò e rientrò.
 
Si diresse immediatamente verso l’angelo e gli si inginocchiò davanti rendendogli impossibile di ritrarsi.
Frugandosi in tasca, recuperò una chiave, e si chinò su Castiel, per prendergli la mano incatenata. Fece scattare la serratura, liberandogli così il braccio e, ancora in silenzio si tirò su. Aveva uno sguardo duro, nervoso.
«Ce la fai ad alzarti?» Chiese al ragazzo, che lo fissava dal basso.
L’angelo, allora, abbassò lo sguardo, afflitto. Non era stato in grado di stappare una bottiglia di plastica, figuriamoci alzarsi in piedi.
Scosse la testa.
Dean, allora, corse verso il letto, e Castiel lo sentì imprecare, mentre rovistava nel suo borsone. Ne tirò fuori due buste d’ovatta, qualche benda, dell’alcool, del filo interdentale e una bottiglia di bourbon, poi tornò a sedersi al suo fianco.
Sforzò un sorriso confortante e gli passò la bottiglia.
«Potrebbe fare male». Si giustificò, mentre imbeveva un batuffolo nel liquido rosso, ma Cas non seguì il consiglio.
Dean iniziò a disinfettare le ferite, con delicatezza, poi con ago e filo, suturò le più profonde.
 Cercò anche di lavare via il sangue incrostato sulla pelle, ma dopo poco rinunciò, con uno sbuffo.
Anche i capelli erano sporchi e sfibrati e, decisamente, doveva radersi –constatò, passando la mano sul suo viso stanco.
L’umano si alzò in piedi e, cingendo l’angelo per la vita, lo aiutò ad alzarsi.
Castiel lo guardò, imbarazzato.
«Ehi, tranquillo. Va tutto bene». Lo rassicurò, sorreggendolo fino al bagno.
Una volta lì, Dean fece sedere l’angelo sul bordo della vasca, chiuse la porta e aprì l’acqua della doccia. Quasi subito una leggera nebbia profumata invase la stanza.
L’umano iniziò a spogliarsi ma notò che Castiel era rimasto fermo a guardarlo.
«Vuoi una mano?» Chiese, premuroso, indicando i pantaloni sdruciti e strappati che, in realtà, erano l’unico indumento che ancora aveva indosso.
Il moro, confuso, scosse la testa, arrossendo, e cercò di slacciare il bottone. ‘Dio, non aveva più forze.
Dean si lasciò scappare un sorriso spontaneo, poi gli si avvicinò, inchinandoglisi davanti per aiutarlo. Fece alzare l’amico, cingendolo con un braccio, mentre con l’altro faceva scivolare via i jeans.
Rimasero a fissarsi per qualche istante, così abbracciati e mezzi nudi.
«Dean..» Ansimò l’angelo, a disagio.
«Smettila di fare il ragazzino, okay? Hai bisogno di aiuto. Non credere che io sia così felice di farti da badante».
Quelle parole ferirono Castiel nel profondo. Non aveva di certo chiesto lui il suo aiuto. Non gli aveva chiesto niente, a dire il vero, anzi, gli aveva dato tutto. E, comunque, era in quelle condizioni per causa sua.
«Ehi, no, non.. non volevo dire..» Balbettò per giustificarsi, ma Cas fece per divincolarsi dalla sua stretta.
Dean lo trascinò fino alla doccia, continuando a reggerlo in piedi con un braccio, mentre con l’altro controllava la temperatura dell’acqua.
«Perfetta» disse, in tono di nuovo serio «Andiamo».
E così, attirando a sé l’angelo, lo fece sprofondare sotto il getto caldo.
L’acqua lo investì e, insieme al sangue, al sudore e alla polvere, lavò via anche il dolore, la stanchezza e l’umiliazione.
Il biondo strofinò il corpo scarno e sciupato di Castiel con forza e delicatezza, senza mai sciogliere l’abbraccio. Aveva ancora la camicia addosso, quindi cercava di bagnarsi il meno possibile.
Iniziò ad insaponargli i capelli, tirandogli leggermente indietro la testa, proprio come faceva la madre con lui per non farli andare il sapone negli occhi, e si ritrovò ad accarezzargli la nuca, prima, il collo, poi.
Era bellissimo. Pallido, smunto, ma bellissimo.
Con i pollici seguì il profilo della mandibola del moro, risalendo fino alle labbra spaccate.
La doccia si stava tingendo di rosso ma tutto quello che Dean riusciva a vedere era il blu intenso ed infinito degli occhi del contenitore che Castiel aveva scelto.
Era talmente perso che non si accorse neanche di quando Castiel, con le braccia poggiate sulle sue spalle, gli prese la testa fra le mani e lo attrasse a sé, premendo le lebbra sulle sue e facendolo finire proprio sotto il getto d’acqua.
Umano, umano, umano.
Castiel, in quel momento, era dannatamente umano.
Le emozioni lo travolsero come una valanga. Con una mano tremante cercò il petto del cacciatore, sotto la camicia bagnata ed appicciata alla pelle, mentre con l’altra stringeva i capelli corti e biondi dell’umano, aggrappandovisi, per non rovinare a terra, mentre continuava a baciarlo con passione e dolcezza.
Dean, di rimando, lo trascinò contro la parete, staccando le sue labbra per scendere poi, a baciargli il petto, lo sterno, il ventre.
Il sangue continuava a colare, insieme all’acqua e al sapone e il dolore che Castiel stava sopportando era sovrumano, ma lui non fiatò. Continuò ad ansimare, pregando Dio che non finisse mai, baciando ogni centimetro del corpo perfetto che si trovava davanti.
Piangendo – per la gioia? Per il dolore? Non lo sapeva neanche lui – provò a sbottonare la camicia del cacciatore il quale, però, impaziente, se la strappò di dosso.
«Mi dispiace» ansimò l’angelo, tra un bacio e l’altro. «Mi dispiace».
«Mi dispiace» Ripetette Dean, quando il fiato glielo permetteva. «Mi dispiace».
Piangevano, i due uomini, chiusi in quella doccia di un metro per un metro, mentre l’acqua scorreva nello scarico, e il sapone lavava via il dolore, e gli slip cadevano, e un amore soffocato, finalmente, sbocciava.

****SPAZIO AUTRICE****
Okay, sono viva. Non picchiatemi, okay? C:
Scriverò delle note un po' più intelligenti, appena avrò del tempo, per adesso accontentatevi del capitolo.
E delle mie scuse - I'M SSSSSSOOOOOORRY!! - e della canzone che l'ha ispirato (Non c'enta molto, in effetti, ma bho C: ) che è I'm sorry degli Evergrey. <3
A presto, e ASDFGHJKL ALI I LOVE YOU SO MUCH!

P.S.: Questo capitolo non è stato betato, chiedo umilmente perdono per ogni errore che troverete ç_ç
  
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