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Autore: Andrewthelord    11/03/2007    10 recensioni
Fanfiction sconsigliata ai pensatori deboli. Roba forte per forti idee. Quello che sarà. Quello che avverrà. Mi aspetto flames e tutto quello che volete, forse anche accuse di attacchi a minoranze o robe del genere. Ma la verità va detta. Sempre.
Genere: Drammatico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Carlo salì le scale e si diresse verso la strada sovrastante. Una macchina quasi lo investì quando mise il piede nella superstrada, dove sfrecciavano a centocinquanta chilometri orari automobili, scooters ad idrogeno e tram magnetici. Lanciò un’occhiata alla nuova pubblicità animata che troneggiava su un cartellone… Forse anche lui aveva bisogno di un nuovo lettore sinaptico a 20 tetrabyte. O forse no, non gli interessava al momento. Aveva appena commesso qualcosa di pericoloso, qualcosa di illegale. Infatti la legge parlava chiaro: nulla che può ferire gli altri poteva essere tollerato. Non sapeva se andarne fiero o vergognarsi. Del resto quello che faceva lo faceva per il suo bene, e non solo il suo, ma per il bene di tutti. Ma il suo carattere legalista gliel’aveva impedito per tanto tempo che quasi non pensava prima o poi l’avrebbe fatto. Camminò, senza utilizzare alcun mezzo pubblico, verso la sua università, in via della tolleranza 12. Entrò e salutò i suoi amici, Giovanni e Xavier, che svogliatamente sfogliavano le pagine di un notebook cartaceo, di quelli capaci di aggiornarsi a seconda delle notizie. Domandò se ci fosse qualcosa di nuovo, ma quelli rimasero zitti, rapiti da immagini video del nuovo porno educativo. In quei giorni la minoranza degli zoofili voleva ribadire la legge sulla legittimità e sugli incentivi a questa forma di sessualità, con dei programmi di educazione fin dalla scuola elementare. Rimaneva una forte opzione da parte di una frangia di animalisti estremisti, che era però destinata al fallimento. Del resto, quelli che un tempo erano chiamati turisti sessuali, pedofili e stupratori ora non avevano alcun problema a dichiararsi tali di fronte a tutti. Era ovvio, ormai. La legge deve perseguire la felicità di ciascuno, e se questo deve essere fatto con manovre non condivise, al momento, da singole persone, lo stato deve occuparsi di controbilanciare questo. Del resto vari psicologi e dottori sottolineavano la positività di essere iniziati al sesso fin dall’infanzia, e l’adrenalina che la donna secerne nell’atto di venire amata senza previo consenso aiuta il sistema cardiocircolatorio. Le uniche cose che venivano ricordate erano la protezione, l’evitare la diffusione di malattie, e danni permanenti contro i cittadini dell’Unione Europea.

Carlo ormai era abituato a questo, questa era la cultura dominante. Guai a impedire la felicità di nessuno. Ognuno poteva fare quello che voleva, bastava non impedire il corso dell’economia, del profitto e della sana crescita dei diritti di ciascuno. Eppure quello che aveva fatto era contrario a tutta la legislazione vigente. Cominciava a chiedersi se aveva fatto veramente qualcosa di buono o se era incorso in un errore tremendo. Cercava di non pensarci, mentre una stanca professoressa rispolverava vecchie nozioni di linguistica. L’ora di lezione volò e, completamente assorto nei suoi pensieri, si ritrovò in mensa con Giovanni e Xavier. I due parlavano di cinema, delle nuove uscite e dei premi oscar. Carlo mangiucchiava svogliatamente fino a che la sua attenzione fu catturata da una persona che si stava avvicinando. Era una ragazza giovane, bionda, con due occhi azzurri come fari, sorridente e con una minigonna mozzafiato. Si avvicinava, si avvicinava a loro. Un’amica di Giovanni? Sicuramente non la sorella di Xavier… No, no, guardava proprio lui. Una sua vecchissima ex? No… Anche se erano state moltissime, almeno se le ricordava, più o meno. In pochi secondi se la ritrovò davanti. Giovanni e Xavier erano ammutoliti. Carlo li guardò, e vide che non stavano zitti per la bellezza della ragazza, no, no, erano proprio spaventati a morte. Da cosa? La ragazza aprì bocca, e domandò a Carlo se poteva uscire con lei per rispondere a qualche domanda. Il sangue di Carlo si raggelò. Vide il distintivo all’altezza del seno. Ufficio diritti minoranze. Carlo addusse qualche scusa, ma la ragazza passò dalla cordialità alla secca ufficialità, motivando che aveva comunque un mandato, che doveva fare il suo lavoro, che era questione di un attimo. Eppure Carlo sapeva che cercavano lui. Cosa fare? Fuggire? Una mensa universitaria piena di studenti da far piombare nel panico sarebbe stata un ottimo diversivo, eppure conosceva le uscite, poche, e sicuramente controllate, se si erano permessi di mandare un agente fino al loro obbiettivo. E poi, anche in caso di fuga, dove andare? I circuiti su cellulare, computer, carte di credito, soldi, documenti avrebbero fatto di lui un bersaglio mobile. Anche se se ne fosse disfatto, a costo di vivere da clochard, le telecamere poste ovunque lo avrebbero rintracciato. Doveva solamente seguire la ragazza, sperare in bene, e magari, con calma, emigrare all’estero. Sapeva che i rifugiati del suo tipo trovavano buona accoglienza in certi posti in america latina, qualche paese africano ed asiatico. Si calmò, fece un grande respiro, e dopo aver tranquillizzato i suoi compagni, seguì la ragazza. Usciti dall’edificio della mensa, la ragazza lo fece salire in un furgoncino, dove all’interno vi era un vero e proprio piccolo ufficio di polizia. Alcuni uomini con gli occhiali da sole rimanevano fermi e osservavano la scena. Sicuramente erano armati. La ragazza doveva essere un pezzo grosso, dato che era lei a condurre l’interrogatorio. Gli domandarono cosa avesse fatto la mattina. Lui rispose che si era recato in una vicina fumetteria. La ragazza non ci cascò. Gli mostrò alcune foto di persone che conosceva. Erano stati tutti arrestati poche ore prima. Su uno schermo vide il video della retata. Tutti i suoi nuovi amici erano stati arrestati. La ragazza disse che tutti ormai avevano una grossa condanna alle spalle, chi ergastolo e chi, invece, fra i più recuperabili, poteva sperare in trattamenti di allineamento con le direttive ministeriali. Gli ricordò che la sua posizione era grave, ma poteva essere risolta solo con una piena confessione ed una proposta di collaborazione per scovare rifugiati all’estero. Poteva scegliere se essere condannato oppure fare la spia. Non poteva essere vero. Non per quello. Ma la legge era chiara. Nessuno può diffondere o ricevere idee o ideologie che potrebbero anche potenzialmente limitare la libertà e la felicità degli altri. La funzionaria gli ricordò che gente come lui, un tempo così potente, era stata cancellata dalla democrazia e dalla libertà, che insomma le regole e le imposizioni morali della Chiesa Cattolica non erano compatibili con l’idea del nuovo mondo. Carlo respirò profondamente. Si rivide bambino, quando sua nonna lo portava in cantina ed insieme recitavano il rosario. Rivide le scene nelle quali domandava alle maestre di scuola elementare perché certi edifici sembravano così vecchi, cosa fossero quei personaggi in certi vecchi libri, perché tanta gente va a vivere in Argentina e nelle Filippine. E poi rivide lui stesso poche ore prima, mentre faceva la comunione presso una chiesetta seminterrata clandestina, le parole del Vangelo: “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. I racconti della grande persecuzione sui libri di scuola, con impronte di trionfalismi liberatori ma che comprendeva essere stata un’ingiustizia. Un mondo dove ognuno poteva fare quello che voleva e la gente era sempre più sola. I deboli sempre più emarginati e perseguitati. No. Non poteva tradire. Si mise in ginocchio e forse per la prima volta veramente si rivolse al Signore. Lo ringraziò per avergli dato la Verità, in questo mondo dove essa era stata cancellata. Lo ringraziò perché lo amava, e perché da lui era amato. Fu preso quindi con forza dagli uomini, legato, mentre il camioncino correva chissà dove.

 

Carlo tornò a casa qualche settimana dopo. I suoi genitori si domandarono cosa gli era successo, ma dentro di loro conoscevano bene ciò che era avvenuto. Aveva problemi di mobilità, dormiva quasi tutte le ore del giorno e le sue facoltà intellettive erano crollate al punto che non riusciva quasi più a scrivere al pc. Dovette lasciare l’università, e si ritrovò a lavorare in una falegnameria assieme ad immigrati clandestini per uno stipendio da fame. La lobotomia aveva funzionato. Vecchi ma efficaci metodi. Eppure, ogni sera, prima di andare a dormire, un segno della croce ed un ave maria pronunciata con la sua bocca ormai bavosa lo facevano addormentare con un enorme sorriso sulle labbra, in questo nuovo mondo che non dormiva mai.

 

 

 

 

   
 
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