Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: 1rebeccam    27/08/2012    13 recensioni
"Sarebbe tutto così semplice. Non ci vuole niente. Un secondo, un secondo soltanto per perdermi nei tuoi occhi e dirti che ti amo... Vorrei avere la forza di aprire la porta e stringerti tra le braccia, perché lo so che sei ancora qui. Ti sento, sento il tuo dolore e anche la tua rabbia."
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ha sempre immaginato che, risolto l’omicidio di sua madre, conosciuto il nome di chi ha commissionato la sua morte,
si sarebbe sentita più leggera, come libera da un peso enorme, sollevata dalla sensazione di vendetta e giustizia che l’avrebbe inebriata.
Invece quello che prova al momento è esattamente… niente!
Si sente completamente svuotata.
Sente solo un’infinita stanchezza, per il resto è orfana di ogni sentimento possibile.
Ha solo voglia di stringersi a Rick e ricambiare quello che lui è stato per lei negli ultimi quattro anni.
Vuole solo proteggerlo, curarlo nelle ferite dell’anima, scaldarlo con il suo sorriso e addormentarsi tra le sue braccia… per un tempo infinito.


 

La Resa Dei Conti


*
Lo Scrigno dei Sentimenti

*
34° Capitolo 


 

Image and video hosting by TinyPic

 

‘Non ci sono vittorie, ma solo battaglie…’
 
Aveva appena pronunciato questa frase, quando Castle le si era gettato addosso per salvarla dall’attentato al cimitero, le stesse parole che il suo capitano le aveva rivolto, qualche giorno prima di essere ucciso, per farle capire che il suo lavoro era rendere giustizia ai morti. Il suo dovere era parlare per Johanna, trovare una risposta concreta alla sua morte, non morire per lei. 
Erano passate pressappoco 52 ore dallo sparo al cimitero, ma il susseguirsi degli eventi e la stanchezza che sentiva addosso, le davano la sensazione che fossero passati anni, gli stessi dalla morte di sua madre. 
Aveva citato le parole del capitano al suo funerale, perché, dopo avere scoperto il tradimento da parte sua e dopo che lui era morto per salvarle la vita, non poteva fare altro che accettarle. Impotente! 
Alle 3 del mattino, dopo 52, lunghissime ore, accovacciata sul pavimento di una doccia non sua, si era resa conto che quella di Montgomery, era, purtroppo, una verità cruda, reale e inalienabile.
 
Non ci sono vittorie…
 
Quando Rick le aveva sussurrato sul collo ‘abbiamo sconfitto il drago’, non lo aveva fatto con un grido di vittoria, perché non c’era nessuna vittoria tra le lacrime che lui non voleva mostrarle, non c’era nessuna vittoria nel vedere morire l’uomo che lei ha odiato per anni, quando questo, avrebbe continuato ad essere uno spettro nella sua vita e soprattutto nella vita di Rick.
 
Non ci sono vittorie…
 
Era dentro la doccia da un tempo infinito, come in trans. Lasciava che l’acqua calda le bagnasse la pelle, sentiva scivolare piano la tensione, il sudore, la polvere, la sporcizia che le mani di Jordan avevano lasciato sulle sue braccia, ed ad un tratto aveva visto scivolare via anche il suo ‘niente’. 
Quel niente che sentiva in auto, mentre tornavano a casa.
Quel niente che avrebbe dovuto farla sentire leggera, invece era come un macigno che le impediva di respirare. 
Quel niente che non la faceva sentire vittoriosa. 
Quel niente che aveva svuotato la sua anima di qualunque certezza, tranne la consapevolezza di respirare ancora… 
Quando lo aveva visto, letteralmente, scivolare via, assieme all’acqua, al sudore e alla sporcizia, si era sentita improvvisamente nuda e un freddo gelido le aveva riempito le vene. Tremava, non riusciva a smettere di tremare, nonostante il calore dell’acqua. Aveva attorcigliato le braccia attorno al suo corpo, incurante del dolore che i lividi le provocavano, perchè quella stretta, le dava la sensazione di potersi proteggere dall'angoscia improvvisa che l'aveva aggredita e si era lasciata andare sulle ginocchia, strisciando lentamente contro la parete della doccia, mischiando le lacrime all’acqua. Aveva pianto e pianto, tanto, fino a sentire la testa esplodere, e il pulsare del cervello aveva permesso al sangue di scaldarsi, trasformando il tremore in uno stato di resa totale.
L’acqua aveva lavato via quel niente che pesava nel suo cuore e questo, aveva ridato sensibilità alla parte di lei rimasta intontita fino a quel momento: l’interno dell’anima. 
Lo scrigno dei sentimenti si era riaperto. 
Sentiva di nuovo la rabbia, forte più che mai, mentre davanti agli occhi, in un flashback, Lucas colpiva ripetutamente Rick. 
Sentiva di nuovo la vendetta bruciargli il cervello, mentre il drago rideva di lei, del suo dolore, della morte di sua madre, dei suoi sentimenti. 
Sentiva di nuovo la sete di giustizia, sedata in parte, dalla morte dell’assassino di sua madre.
Sentiva di nuovo il sollievo, tornando a guardare con la mente, gli occhi sbarrati e senza vita di Lucas. 
Provava ancora felicità, nel ricordo dell’abbraccio di suo padre e del calore della sua carezza sul viso. 
Provava ancora gioia, nel rivedere l’azzurro limpido degli occhi sorridenti di Ryan. 
Sentiva soprattutto, l’amore infinito per un uomo che, se fosse finita male, quella notte, sarebbe morto con lei, senza nessun ripensamento. 
Lo scrigno della sua anima era di nuovo pieno, i sentimenti erano tutti lì, concentrati, in attesa che lei ci mettesse un po’ d’ordine, per potere ritornare a vivere.
 
Dopo un tempo infinito, quando i singhiozzi si placano, lascia che l’acqua l’accarezzi ancora per un po’ ed esce dal box doccia, indossa l’accappatoio che Alexis ha lasciato per lei e si sofferma a guardarsi allo specchio, passandoci una mano sopra, per liberarlo dal vapore.
Labbro gonfio e violaceo fino al mento, un taglio sul lato destro e oltre i lividi alle braccia e al collo, può affermare di stare bene. Si pettina i capelli, non curandosi di asciugarli, li tira su con un paio di forcine, mentre lo specchio piano piano si opacizza ancora a causa del vapore.
 
Quando erano arrivati al loft, circa un’ora prima, evitando giornalisti e curiosi, grazie all’entrata segreta del locale lavanderia, aiutati dal fedele Sal, vigile come sempre, Esposito, Ryan e Stan, si erano mostrati restii a lasciarli da soli, preoccupati per la salute di Rick, ma le tre donne erano riuscite a convincerli che se la sarebbero cavate e che anche loro avevano diritto a qualche ora di riposo. 
Prima di andare via, avevano aiutato Castle ad arrivare in camera, rinfrescarsi alla meglio e mettersi finalmente a letto, dopo aver preso un altro antidolorifico. Lui si era addormentato immediatamente, appena toccato il letto. Era stanco, stava male e il calmante che gli avevano fatto prendere lo avrebbe fatto dormire, speravano,  fino al mattino dopo. 
Beckett li aveva accompagnati alla porta, i ragazzi si erano di nuovo raccomandati e lei, istintivamente, aveva preso loro la mano e li aveva abbracciati, li aveva stretti forte tutti e due assieme e loro erano rimasti un po’ basiti, ma avevano ricambiato l’abbraccio immediatamente, senza bisogno di parole, poi si era rivolta al suo avvocato.
-Grazie Stan, ho messo nei guai anche lei e anche lei ha rischiato di essere ucciso!-
Lui le aveva sorriso. Un sorriso sincero che le aveva allargato il cuore.
-Devi darmi del tu Kate. Ryan ed Esposito ormai mi hanno dato la promozione, pare che dopo le botte, mi sia meritato di entrare a far parte della squadra.-
Non avevano potuto fare a meno di ridere, sospirando di sollievo.
Quando erano usciti, lasciandola sola, il ‘nulla’ era ancora dentro di lei. Aveva appoggiato la testa alla porta e, sospirando, aveva rivolto lo sguardo alle scale. Continuava a scrutarle come se avesse dovuto fare una scalata, ma alla fine si era decisa a salire, soffermandosi davanti alla camera, dove pochi minuti prima Rick si era addormentato, ed era rimasta immobile e in silenzio a guardare Martha, seduta sul letto, accanto al figlio. Gli teneva la mano e aveva la fronte corrucciata. Era preoccupata. Lo guardava con apprensione. La donna si era accorta improvvisamente di lei e le aveva sorriso.
-Gli ha salvato la vita Martha!-
Non era riuscita a trattenersi dal dirlo. 
Martha stava lì a guardare suo figlio. Riusciva solo ad immaginare cosa fosse successo in quella casa, le ferite di Rick non lasciavano dubbi: volevano ucciderli, Victor Jordan voleva ucciderli, il padre di suo figlio voleva ucciderli e questo la faceva soffrire come se quelle ferite le avesse lei sul suo corpo, una sofferenza accentuata dopo aver visto Victor dentro un sacco nero, con l’inquietudine di non essere riuscita a chiedere apertamente, chi di loro lo avesse privato della vita, con l’angoscia che potesse essere stato suo figlio a premere il grilletto.
Doveva dirglielo, doveva sapere che, nonostante tutto, quell’uomo alla fine, aveva agito d’impulso come avrebbe fatto qualsiasi padre e che non era stato Rick a ucciderlo. Le si era seduta vicino e le aveva raccontato tutto, fino al momento in cui Rick aveva cominciato a parlare della loro storia e la rabbia con cui gli aveva detto la verità sul loro passato.
-E lui… come ha reagito?-
Le aveva chiesto Martha, dopo avere ascoltato nel più assoluto silenzio.
-All’inizio era arrabbiato con te per averglielo nascosto e portato via, ma poi ha realizzato tutto, ed è sembrato improvvisamente stanco e… quando Lucas ha puntato la pistola contro Rick, lo ha protetto.-
Martha aveva gli occhi pieni di lacrime, Kate le stringeva le mani e in quel momento non aveva potuto fare a meno di sentire un affetto smisurato per lei, che senza alzare la testa, aveva sussurrato qualcosa, così piano, da far pensare che parlasse a se stessa.
-Quando era con me, lontano da tutti, quando era solo Victor, senza un cognome sulle spalle, era un uomo meraviglioso; sarebbe stato un buon padre, se avessi avuto il coraggio di allontanare dalla spazzatura anche lui… se solo gli avessi parlato quella sera…-
Kate l’aveva abbracciata, per proteggerla da quel rimpianto che le attanagliava l’anima; così le aveva sorprese Alexis, entrando in camera con un cambio per lei. La ragazza si era sentita a disagio, come se si fosse intromessa in qualcosa che non le apparteneva, ma la nonna le aveva teso la mano e l’aveva stretta nel loro abbraccio.
-Ti ho portato un accappatoio e una mia tuta, i pantaloni ti andranno sicuramente corti, ma la felpa andrà benissimo.-
-Grazie infinite Alexis.-
Le aveva sussurrato Kate. Era arrossita, sentendosi sollevata per l’affetto e l’attenzione che la ragazza le dimostrava e dopo avere preso gli abiti e l’accappatoio, si era diretta verso il corridoio.
-Dove stai andando?-
Le aveva chiesto Martha con sincera curiosità.
-A darmi una rinfrescata e buttarmi sul divano, sono stanchissima anch’io.-
-Sul divano?-
Aveva ripetuto la donna e quando lei aveva annuito, Martha aveva sbuffato.
-Vuoi lasciarlo solo nella sofferenza?-
Riferendosi al povero Castle ferito nel letto. Kate era arrossita di nuovo.
-Credevo… volessi restare tu… con lui.-
-Io? Per stare sveglia e sentire i suoi lamenti? Mia cara, io ho bisogno di riposare o mi verranno le rughe!-
Aveva esclamato con fare teatrale, mentre le lacrime scendevano ancora sul suo viso.
-E poi puoi stare tranquilla, per stanotte è innocuo.-
Le aveva lasciato un bacio sulla guancia ed era uscita di scena. Kate era rimasta immobile, un piccolo sorriso disegnava le sue labbra, uguale a quello di Alexis, che nel frattempo si era avvicinata al padre, per dargli un bacio sulla fronte.
-Tua nonna è una gran donna!-
-Lo so! Le aveva risposto la ragazza abbracciandola. Se ti serve qualcosa ci troverai entrambe in camera mia, sono sicura che la convincerò a dormire con me, come quando ero piccola, con la scusa che non voglio rimanere da sola… Qui sei a casa tua Kate, lo sai…-
Erano rimaste strette l’una all’altra, per un po’, fino a quando Alexis era uscita, chiudendosi la porta alle spalle e lei, sotto uno scroscio di acqua calda, aveva ripreso possesso della sua anima.

 
Torna al presente, scuotendo la testa e passando ancora la mano sullo specchio, finisce di sistemarsi i capelli e avvolta nel morbido accappatoio, rientra in camera e si siede sul letto ad osservare Rick addormentato. Il viso tumefatto sotto la benda bianca, il torace scoperto, che evidenzia il bendaggio stretto fatto dal medico e un’espressione stanchissima e sofferente sul viso. Quando sente la pelle rabbrividire, si rende conto che è arrivato il momento di vestirsi e mettersi sotto le coperte. Indossa la tuta di Alexis e si distende accanto a lui. Appoggia la testa sulla sua spalla cercando di non fargli male, attorciglia le dita alla sua mano e spera davvero di trovare la forza per proteggerlo, curarlo nelle ferite dell’anima e scaldarlo con il suo sorriso; adesso, però, vuole solo spegnere il cervello, vuole solo addormentarsi tra le sue braccia… per un tempo infinito.
 

Si sveglia dopo qualche ora, ad un movimento di Rick, lo controlla con apprensione pensando che senta dolore, lui mugugna qualcosa, forse per delle fitte, ma continua a dormire e spostando di poco la testa verso di lei, torna calmo. Non sono ancora le 6.00, dopo l’avventura trascorsa, credeva che non avrebbe chiuso occhio, invece ha dormito per qualche ora. Dalle persiane socchiuse penetra pochissima luce, si distende di nuovo e resta a guardarlo, ascoltando in silenzio il suo respiro profondo e ritmato, che le soffia calore sul viso. Non riesce a staccare gli occhi da lui. 
‘Non ci sono vittorie… ma solo battaglie… e il massimo che puoi fare, è sperare di trovare un posto in cui prendere posizione… e quando lo avrai trovato, se sei fortunata, ci sarà qualcuno disposto a stare al tuo fianco…’ La voce di Roy continua ad echeggiare nel suo cuore e, mentre guarda Rick, sente una strana pace, perchè si rende conto che loro due, si sono ritrovati a prendere posizione insieme e insieme si sono sorretti, all’interno di una verità sconvolgente per entrambi.
Sospira, perché si rende conto che una volta uscita da quel letto, da quel calore, da quel contatto che le infonde sicurezza, tutto svanirà come l’esplosione di una bolla di sapone, si rende conto che la realtà la investirà appena metterà piede a terra, solo che al momento, l’immediato futuro, le sembra così poco importante. Non fa caso al tempo che scorre, ma la penombra diventa piano piano una luce più intensa, che si allunga verso i loro visi in tante linee sottili che penetrano dalle fessure delle persiane, ed è a questo punto che si sveglia anche lui. Stropiccia gli occhi confuso e quando li apre del tutto, corruccia la fronte guardando il soffitto. Dalla sua espressione, Kate capisce che sta cercando di fare mente locale e ricordare cosa sia successo. Dopo un attimo, distende i tratti del viso e si rende conto di essere in camera sua, abbassa lo sguardo e incontra due occhi dolcissimi che lo guardano.
-E tu… chi sei?-
Chiede con un filo di voce. Lei sta per aprire bocca, ma lui, raddrizzando leggermente la testa, tronca la risposta sul nascere.
-No, non dirmelo, non è importante. Sei abbastanza carina, perciò puoi rimanere.-
-Solo… abbastanza carina?-
Sottolinea lei, senza battere ciglio.
-Beh, chiunque tu sia, sicuramente non ti sei guardata allo specchio ultimamente, con la faccia mezza viola… che vuoi che ti dica? Che sei bellissima!-
Lei si solleva su un braccio.
-Oh! Allora sarà meglio che nemmeno tu ti guardi allo specchio.-
Lui  si tocca la benda sul viso, non riesce a vedersi, ma sente un bel bozzo.-
-Sono tanto brutto?-
Chiede facendo la faccia sconsolata.
-Inguardabile Castle… Letteralmente!-
Risponde lei sussurrando al suo orecchio.
Lui l’attira a sé, costringendola ad attaccare il viso al suo e sospira.
-Come stai?-
-Io? Io sto bene, sei tu quello che ha mormorato tutta la notte, lamentandosi.-
-Se non mi muovo e non respiro, non mi fa male niente... giuro.-
-Allora stai bene!-
Lui annuisce e lei gli posa un bacio leggero sul collo.
-Dico davvero Kate, come stai qui?-
Le poggia la mano all’altezza del cuore e lei la ricopre con la sua, stringendosela ancora di più sul petto.
-Hai risolto l’omicidio di tua madre dopo 13 lunghi anni…  e l’unica cosa che hai fatto fino ad ora è piangere…-
Lei solleva di poco la testa per poterlo guardare.
-Non ti sfugge niente, vero scrittore!?-
-Hai gli occhi così cerchiati che sembri un panda!-
Lei lo guarda male e lui le accarezza il viso.
-Sei carina lo stesso, però!-
Kate sorride e abbassa lo sguardo, stringendosi di più a lui.
-Fino a poco fa, non sapevo nemmeno io come mi sentissi. Non provavo niente. Completamente niente… davvero! Mi sentivo come se avessi guardato tutto dall’esterno, come se avessi assistito ad un film e non fosse successo tutto realmente a me.-
Solleva di nuovo lo sguardo su di lui, che l’ascolta in silenzio, con gli occhi lucidi.
-Poi però… è vero, ho pianto! Non avevo intenzione di farlo, ma le lacrime venivano giù, assieme all’acqua della doccia. Quando mi sono guardata allo specchio, mi sono sentita di nuovo viva. Le lacrime, le tue braccia, il tuo respiro… ho sentito improvvisamente sollievo e serenità… nient’altro! Sono felice di essere viva e sono felice che tu sei qui con me!-
Gli sorride, anche lei con gli occhi lucidi e lui sospira ancora.
-Sai che potrei anche abituarmi, mia cara sconosciuta?-
-A cosa?-
-A svegliarmi abbracciato a te tutte le mattine.-
Lei continua a sorridere e non potendolo stringere per non fargli male, attorciglia le dita alla sua mano.
-Io invece, potrei abituarmi ad addormentarmi abbracciata a te tutte le notti, è la seconda volta che lo faccio e nonostante tutto quello che è successo, ho dormito tranquilla.-
-Allora va a prendere la tua roba e trasferisciti qui, così tu ti addormenterai tutte le notti abbracciata a me, ed io mi sveglierò tutte le mattine abbracciato a te.-
Lei scuote la testa,facendo una smorfia con le labbra.
-Però Castle! Non fa una piega… anche se c’è una pecca nella tua idea.-
-Mmhh… e sarebbe?-
Chiede lui guardandola.
Restano a fissarsi per un paio di secondi, il discorso che stanno facendo non ha senso, non in quel momento, stanno solo fingendo che la sera precedente non sia successo niente, perché ricordare tutto subito, appena aperto gli occhi su una nuova giornata, che si preannuncia lunga e stancante, li avrebbe sfiniti prima del tempo. Mentre si guardano pensano la stessa cosa: ci sarà tempo per parlare, per capire cosa sarà la loro vita dopo, per capire quale reale strascico si porteranno dietro per molto tempo. Adesso hanno bisogno di sdrammatizzare un po’, di chiudersi per un attimo in una campana di vetro fatta solo di Castle e Beckett e dei loro teneri battibecchi.
Sorridono entrambi, distogliendo lo sguardo e lei si allontana di poco e gli punta il dito contro il naso.
-Tu, vorresti che io venissi a vivere con te così, dall’oggi al domani, come se niente fosse? Solo perché hai detto di amarmi, oltretutto con un messaggio subliminale e tra le righe!? E il corteggiamento, le frasi sdolcinate, il primo appuntamento, il romanticismo… dove li metti?-
Lui la guarda divertito e sta al gioco.
-Il romanticismo? Il detective Beckett mi sparerebbe se facessi il romantico con lei!-
-Mmm… il detective Beckett forse… ma Kate?-
Si avvicina pericolosamente alle sue labbra e lui maledice i punti sullo zigomo, che non gli permettono di muoversi liberamente e finge di essere spiazzato.
-M… ma… K… Kate?!-
Lei si corica supina lontano da lui, guarda il soffitto, solleva le braccia sopra la testa e comincia a parlare a raffica.
-Kate vuole essere corteggiata. Vuole uscire a cena con Richard Castle, lo scrittore affermato, l’uomo affascinante e raffinato, il play boy elegante e megalomane. Vuole un ristorante di lusso con una vista mozzafiato sulla città, cibo raffinato, musica per ballare e perché no, anche un fascio di meravigliose e costosissime rose rosse.-
Mentre parla, le brillano gli occhi e sorride, Rick non è più sicuro che stia scherzando.
-Come la mettiamo con ‘non voglio gli occhi del modo puntati su di me’? Se non mi sbaglio, sei allergica a questo!-
Lei sbuffa.
-Oh! Ieri sera per l’ennesima volta ho rischiato di morire… perciò al diavolo gli occhi del mondo, che mi guardino pure, che mi chiamino musa e mi girino intorno, non me ne importa niente! Pretendo un primo appuntamento schifosamente tradizionale.-
Si ferma improvvisamente, rendendosi conto anche lei, che forse non sta scherzando, che quello che ha detto, inconsciamente lo desidera davvero, magari non così in grande, ma qualcosa che si avvicini. Guarda Rick e nota quello sguardo malizioso che fino a qualche giorno prima avrebbe odiato, perché colta in fallo, ma in quel momento, con mezza faccia gonfia e viola, con quel sorriso sghembo per via dei punti, non può fare a meno di avvicinarsi e sfiorare con le labbra la parte non dolorante del suo viso.
Si sofferma a guardarlo ancora un attimo e torna seria.
-Diciamo che, prima io torno libera, tu torni in forma e poi mi chiedi di nuovo di impacchettare la mia roba e venire a vivere con te, e io ti dico cosa ne penso… d’accordo?-
-D’accordo!-
Sussurra lui sorridendo, mentre lei si alza velocemente e si chiude in bagno.
Il gioco è finito, la giornata vera sta per cominciare; sarebbe bastato guardare fuori dalla finestra per scoprire la città cambiata. L’intera popolazione di New York sarebbe stata incollata ai TG tutto il giorno, cercando di capire come, cosa, perché.
Sicuramente, durante la notte, i federali si sono mossi con perquisizioni e arresti. Quei documenti avrebbero cambiato e rovinato tanta gente, i nomi eccellenti segnati su quei fogli, avrebbero avuto per i Newyorkesi l’effetto di una bomba.
Lui, Kate e il resto della squadra sarebbero stati interrogati ancora e ancora e, cosa più importante, avrebbero dovuto aspettare la decisione del giudice Hemerson, nei confronti della presunta assassina Katherine Beckett.
Rick guarda verso il bagno. Dietro la porta c’è la donna straordinaria che gli ha rubato il cuore… viva. Sorride tra sé e sospira. Rivede improvvisamente Jordan che la colpisce al viso, lei che cade mostrando il labbro sanguinante: stringe il pugno e ricorda la rabbia provata e, subito dopo, Jordan in un lago di sangue, che gli tende la mano. Chiude gli occhi, deglutisce e distoglie lo sguardo dalla porta. Ha tante cose da sistemare dentro il suo cuore, di certo non subito e soprattutto non da solo. Deve parlare con sua madre di quella orribile notte, deve capire cosa prova Alexis, deve capire come eliminare la catena che lo ha imprigionato subito dopo la morte di suo…
Sospira ancora, tenendosi le costole, il dolore ricomincia a farsi sentire, guarda di nuovo verso la porta chiusa e si sente schiacciato dall’evidenza: ha bisogno di lei, adesso più che mai, lui che voleva proteggerla, starle accanto e aiutarla sempre, adesso, ha estremamente bisogno di lei. 



Continua...


Angolo di Rebecca:

Beckett è riuscita a metabolizzare, per quanto possibile, 
quello che è successo, è riuscita a liberarsi del peso di quel 'niente' invisibile
che le opprimeva l'anima!
Lei e Rick, per un attimo, s'inventano un momento tutto loro,
un momento di serenità, in cui la rigida detective, si ritrova a desiderare "la felicità".
Dura un attimo, perchè la realtà piomba subito su di loro, specie su Castle, 
che ancora, invece, non ha metabolizzato niente...

Vi piace il banner del capitolo?
Sono doverosi 2 GRAZIE!
A Emily27: la foto l'ha creata lei e mi ha concesso di usarla e modificarla per il mio capitolo *-* Grazie Cri!
A Vulpix: mi ha aiutata nella modifica *-* Grazie Vale!
<3

  
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: 1rebeccam