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Autore: Lilyth    27/08/2012    0 recensioni
Quella fu una notte senza sogni.
Mi sentii strana al mio risveglio, per settimane avevo pensato a quel giorno, fatto incubi terribili e la notte prima del giorno più importante della mia vita era stata nulla, priva di qualsiasi pensiero.
Mi alzai cautamente e rimasi in piedi davanti allo specchio.
Tra qualche ora, solo qualche ora avrei disputato la gara più importante della mia vita ed ero quasi tranquilla, quasi immune alle mille emozioni che cercavano di martellare il mio animo.
Bussarono alla porta.
< avanti >
Mia madre entrò con quella tranquillità e quel sorriso che la caratterizzavano, era la mia spalla, era la mia preparatrice estetica, era la mia più grande fan.
< sei pronta? Se non ci sbrighiamo non riuscirò mai a sistemare tutti questi capelli. >
Annuii prendendo la sedia vicino al letto
< sono pronta, possiamo cominciare. >
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uscii dalla piscina per l’ultima volta e strizzai i capelli che ormai andavano per conto loro.
< bene ragazzi, per oggi abbiamo finito qui. Andatevi a cambiare e raggiungetemi di fuori per la preparazione atletica >
Appena tutti i ragazzi sparirono si voltò verso di me sorridendo
< o tesoro, scusa se ti ho messa in mezzo, ma era per il loro bene. >
Annuii
< sì, ok ma ora vorrei andarmi a cambiare. Mi sento incollata a questi abiti, si saranno ristretti >
Presi le chiavi dell’auto e uscii fuori.
Per fortuna non faceva freddo e la macchina era vicina, non sarei riuscita a rimanere così piena d’acqua per altro tempo.
< ehy, pattinatrice >
Mi voltai di scatto e inquadrai il tipo che era riuscito a farmi saltare i nervi.
Tornai a guardare davanti a me
< dai, scusa se prima ho maltrattato il tuo sport, non pensavo che te la saresti presa tanto >
< va bene, ok. Non c’è alcun problema, dimenticherò >
Aprii lo sportello e tirai giù la valigia
< beh, non mi sembra che tu abbia dimenticato il tutto, mi stai ignorando >
Rimasi immobile dandogli le spalle
< senti, io non ti conosco, tu non conosci me e devo dire che a pelle non mi sei stato molto simpatico. Quindi direi di evitare di parlarne ancora >
< ok, allora ciao >
Sentii i suoi passi allontanarsi e potei tirare un sospiro di sollievo.
Aveva cominciato male, anzi, malissimo; mi aveva dichiarato guerra mettendo in mezzo il mio sport e di certo non avrei chiuso un occhio, non come avevo detto.
Trascinai la valigia fino alla piscina dove ancora mi stava aspettando zia
< che voleva David? >
La guardai
< chi sarebbe David? >
< il ragazzo che ti è venuto a parlare prima, che voleva? >
Scossi la testa
< o, niente. Diciamo che voleva scusarsi per aver fatto il cretino prima,ma devo dire che le sue scuse non hanno funzionato >
Zia annuii e mi fece strada verso il suo ufficio dove mi sarei potuta cambiare.
 
Passai l’intera preparazione atletica sdraiata su un angolo di prato ad osservare i cadetti farsi il mazzo.
Iniziavo ad avere fame e, dal momento che era quasi l’una, pensai che da li a poco saremmo andati tutti a mangiare.
< tesoro tra qualche secondo andiamo a mangiare, poi ti faccio vedere dov’è casa >
Annuii soddisfatta per  l’informazione avuta e mi distesi nuovamente sull’erba.
Qualche minuto dopo sentii un gran trambusto, aprii piano gli occhi e notai che il campo da allenamento si era svuotato.
< ehi, bella addormentata >
Mi voltai di scatto, era sicuramente un cadetto di zia
< dici a me? >
Quello si avvicinò sorridente
< vedi altre ragazze distese nell’erba? >
Alzai le spalle tirandomi su
< comunque, sono andati tutti in mensa, tua zia mi ha detto di farti strada >
Annuii avvicinandomi a lui.
Iniziammo a camminare verso un palazzo basso, verdino, che quasi si confondeva con lo sfondo naturale.
< piacere, Michael >
Lo guardai bene
< tu sei uno dei primi che ha fatto la prova di salvamento, o sbaglio? >
Lui annuii
<  beh si >
Gli strinsi la mano
< piacere, Mia >
Entrammo in mensa, avvistai zia
< eh Mia, noi siamo tutti li giù...vuoi venire anche tu? >
Ecco, ora ero in grossi guai; dire di no sarebbe stato un gran rifiuto, ma se avessi detto di sì sarei rimasta fianco a fianco di non so quanti grossi sommozzatori alle prese con il cibo, il che non mi allettava.
Mi sentii spingere da dietro
< dire che verrò anch’io al tavolo dei miei ragazzi, dopo ciò che hanno fatto oggi in allenamento me lo devono. >
Salvataggio di zia, la adoravo, questo era certo.
Ci sedemmo entrambe a quel tavolo prettamente maschile ed iniziammo a mangiare ciò che la mensa passava.
< allora Mia, tu cosa fai di preciso? >
Finii di masticare
< sono al liceo, finisco il prossimo anno >
< quindi quanti anni hai? >
< diciassette >
< dimostri di più >
Guardai Michael
< cosa intendi dire? >
La tavolata scoppiò a ridere
< niente, niente.  Scherzavo >
A fine pranzo zia mi portò a casa.
In realtà viveva a pochi passi dal campo, anzi, addirittura all’interno del campo.
Lasciai la mia valigia in casa ed iniziai a sistemare quella che sarebbe stata la mia camera, era una gran bella stanza.
Zia mi aveva dato la libertà di fare ciò che volevo, il bello era che in quel momento non mi andava di fare assolutamente niente.
Mi lanciai sul letto ed inizia a pensare; erano passati diciotto giorni da quando avevo gareggiato, da quando avevo collezionato il mio quarto posto nazionale con l’Inghilterra.
Avevo l’età per entrare in nazionale, per partecipare ad un Europeo, ma ormai i quindici giorni base erano passati e Simòn non si era ancora fatto sentire.
Sospirai, avrei dovuto immaginarlo.
 
< Mia, sei di sopra? >
Mi affacciai sulle scale
< o, eccoti. Senti, mi dovresti dare una mano a fare una cosa >
< che tipo di cosa? >
Zia sospirò, la vedevo strana
< senti, ho appena scoperto che tra solo quattro giorni verranno a controllare il mio lavoro con i ragazzi della marina; devo allenarli in modo diverso e vorrei che tu mi dessi una mano >
Annuii e la seguii verso la piscina, questa volta però misi il costume e un paio di pantaloncini, di nuovo i jeans bagnati neanche per sogno.
La piscina era meno piena di prima
< perché ci sono meno ragazzi? >
< solo alcuni verranno analizzati, mi devo concentrare su di loro. >
Tra quelli c’erano Michael e David, gli unici due con cui avevo parlato più approfonditamente.
< mi devo lanciare di nuovo in acqua? >
Zia annuì
< sì, ma dopo. Ora devi darmi una mano a fare un’altra cosa >
La guardai
< sarebbe? >
< devi montare a cavalcioni su di ognuno di loro e fargli fare tre vasche in stile libero; devono sopportare la pressione dell’acqua e il peso dell’attrezzatura; mentre tu fai questo io parlerò con gli altri delle cose tecniche e così via, hai capito Mia?! >
Mentre i ragazzi si preparavano mi affiancai a zia
< senti, io non sono sicura di poterlo fare. Peso troppo, rischio di farli affogare >
Zia non mi guardò neanche
< Mia, se te l’ho chiesto vuol dire che si può fare.  Fidati, non metterei mai in pericolo né i miei ragazzi né tantomeno te >
Mi arresi all’evidenza che li quella che non sapeva nulla ero io; mi dovevo solo fidare, fidare e tacere.
I ragazzi erano solo cinque, il primo di cui mi sarei dovuta occupare si chiama Lucas.
< scusa se peso e se non so assolutamente cosa fare >
Scosse la testa sorridendo
< tranquilla, ci penso io. Ora entriamo e dopodiché ti aggrappi alla mia schiena >
La prima vasca fu incredibile, feci quello che mi diceva lui e rimasi così stupita da quanta forza muscolare avesse che quasi mi divertii.
Era tutto muscoli, trasportava i miei sessantatre chili come se nulla fosse, e nuotava a tempi da record.
Continuai a svolgere il mio lavoro fino a che non arrivò il turno dell’ultimo ragazzo, David.
< bene, dovrebbe toccare a me ora >
Non sapevo se era contrario quanto lo ero io a quella cosa, ma non si tirò indietro.
Svolse tre vasche in modo impeccabile, fu bravo ma non glielo dissi.
 
Quando io e David finimmo zia stava ancora spiegando come si eseguiva un’azione di salvataggio in alto mare, erano tutti molto presi.
Mi diressi verso la scrivania e presi in mano il cellulare, c’era un messaggio di Simòn.
“ appena puoi chiama ”
Non me lo feci ripetere due volte, composi il numero e mi accoccolai in un angolo a telefonare
< Simòn, sono io >
< Mia! Finalmente riesco a sentirti! >
Aveva una voce acutissima dall’altro capo del telefono
< devi dirmi qualcosa di importante? >
Rise


Rimase qualche secondo in silenzio, poi si schiarì la voce
< beh pupetta, pare che tu ce l’abbia fatta. Ti hanno convocata. >
Rimasi di stucco a quell’affermazione
< cioè, intendi dire proprio che la nazionale mi ha convocata per gli Europei? >
< e sì, proprio così >
Mi tremavano le mani, e credei di essere sul punto di svenire.
< e ora? Che facciamo? >
< Mia, l’unica cosa che possiamo fare è prepararti. Devo venire li da te, non posso lasciarti due mesi ferma >
Ecco un’altra sorpresa
< verrai qui? >
< sì, ho già parlato con i tuoi. Partirò domani pomeriggio e sarò li da te il mattino dopo alle 5:30. I pattini te li porto io e ho già trovato una struttura che ci ospiterà >
< ma dove dormirai? >

Attaccò ed io rimasi seduta per terra a pensare a ciò che mi aveva detto.
Mi rialzai con calma e cercai di raggiungere zia in modo quasi normale, non mi riuscì molto bene
< Mia...che hai? >
La guardai colpita
< chi io? O, nulla...veramente >
Rimanemmo tutte e due a fissarci senza parlare, poi lei esordì
< devi dirmi qualcosa? >
Iniziai a zampettare sulle punte dei piedi cercando di calmarmi
< beh, ecco. Mi ha chiamata Simòn e...sta venendo qui, ci dobbiamo allenare, sai non posso rimanere due mesi ferma dal momento che... >
Mi guardò ansiosa
< dal momento che... >
< che sono stata convocata dalla nazionale per gli Europei >
Da quel momento in poi fu tutto un delirio.
Zia si alzò in piedi ed iniziò a saltellare come fosse un’adolescente ad un concerto rock.
Io non sapevo più che fare, ridevo e piangevo allo stesso tempo e i ragazzi un po’ sorridevano un po’ erano super imbarazzati alla vista della loro coach che si scomponeva in pubblico.
 
Quella sera avevamo idea di festeggiare al campo.
Zia aveva messo sotto sopra tutto il campo militare per mettere su una festa e, stranamente, tutti e dico tutti le stavano dando una mano.
Non sapevo come era riuscita a corrompere il “grande capo”, ma ora anche lui spostava tavoli e sistemava sedie nella mensa come per il ballo di fine anno di un liceo.
Mentre ci stavamo preparando per la serata, che per me consisteva al massimo nel truccarmi un po’ di più, zia mi fece una domanda che mi fece diventare bordeaux
< com’è questo Simòn >
Rimasi in silenzio qualche secondo con il rimmel in mano
< dai, dimmelo. Non me lo hai mai descritto alla perfezione >
Continuai a truccarmi come se niente fosse mentre cercavo di rendere giustizia e allo stesso tempo do non far sembrare un modello il mio allenatore
< beh, è alto, castano chiaro sul biondo, occhi...penso siano azzurri e niente. Tutto qua >
Zia mi guardò perplessa ma sorridente
< tutto qua? Beh, non si direbbe dalla tua faccia >
Mi voltai ad occhi sgranati
< cosa stai insinuando? >
Scosse la testa alzando la mano
< o niente, solo che quando parli di lui hai un viso diverso >
Abbassai lo sguardo
< per me è un grande punto di riferimento, quasi un amico, niente di più e ciò vuol dire che con lui hai campo libero >
Scoppiò a ridere
< ma è un bambino Mia >
< veramente ha ventuno anni, solo cinque meno di te, sarebbe più che fattibile >
Non rispose, ma forse mi pentii di averle detto una cosa del genere.
Per quanto ero sicura di non essermi invaghita del mio giovanissimo allenatore, non volevo assolutamente che entrasse a far parte della mia famiglia come vice zio.
Alle nove di quella sera iniziò la festa.
Diciamo che fu divertente il fatto che la maggior parte delle persone non sapevano neanche cosa si stesse festeggiando, ma infondo era meglio così, non volevo mettermi troppo in evidenza.
Mi avvicinai al tavolo dove erano posizionate le bibite e mi servii una birra al malto rosso.
< allora, mi sa che devo delle scuse al tuo sport >
Mi voltai di colpo facendo traballare la birra al bordo del bicchiere
< dici? >
< dico che mi devi scusare un’altra volta. A quanto pare il tuo sport è ad un livello importante e tu sei brava, ti avevo sottovalutata >
Annuii

Sorrise
< di niente >
Mi poggiai al tavolo ed iniziai a fissare le persone che festeggiavano me senza saperlo
< potremmo ricominciare, non credi? >
Lo guardai
< sì, potremmo >
Mi allungò la mano
< piacere, David >
< piacere, Mia >
< ci vedremo anche domani Mia? >
Alzai le spalle
< domani e per i prossimi due mesi. Non vi libererete presto di me >
Non fece in tempo a dirmi nient’altro che zia mi tirò da una parte
< vieni, balla un po’ tesoro. È la tua festa >
Mi tirò in mezzo alla stanza, non avevo nessuna intenzione di ballare, odiavo farlo ma la accontentai per quanto potessi.
Tornai a casa distrutta e mi addormentai di sasso.
 
 
   
 
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