Una nuova
vita, per custodirne altre.
Una nuova
vita, andata persa.
Una nuova
vita, che forse ora non è più viva.
Il male
che prende chi perde un figlio è tale che dura per sempre.
O forse
dura solo dieci anni.
Abel Byng
era distrutto.
Non
vedeva l'ora di raggiungere casa.
Ma prima
doveva passare da Tortuga, e mettersi d'accordo per il prezzo adatto.
Ora sarebbe
finalmente divenuto ricco, e con le sue nuove ricchezze avrebbe finalmente
vissuto come un re.
Camminava
per raggiungere la fregata.
Il suo
zaino, prima vuoto, ora era pieno, e pesava anche molto.
Camminava
lentamente, a causa della fatica per il carico.
Ma non
solo per quello, probabilmente già lo cercavano, e non solo lui.
Camminava
silenziosamente, non voleva fare alcun rumore per condurre il nemico ove si
trovava.
Tentava
di schivare ogni rametto, ogni foglia, ogni cosa potesse fare il minimo rumore.
La
foresta che lo circondava era talmente fitta da non essere illuminata dal sole
di mezzogiorno.
Gli
alberi erano enormi, la loro circonferenza era tale da sembrare quella di un
palazzo, o più adeguatamente del Colosseo.
Anche se
a dir la verità lui non lo aveva mai visto.
Erano
distanziati di parecchi metri tra di loro, ma il fogliame era tale da creare
tenebre perenni lì sotto.
Si vedeva
quel che bastava per muovere dieci passi avanti.
Ora
neanche quello.
Una
leggera nebbia stava accerchiando l'uomo, che più che ritenersi sfortunato non
poteva fare nient'altro.
Fece per
muoversi di qualche passo, passi che, nonostante la loro leggiadria, erano
insicuri e diffidenti ad avanzare.
I suoi
vestiti erano inzuppati di sudore.
La
camicia bianca, il gilet, i pantaloni neri, tutti bagnati, a causa
dell'umidità, della situazione, e... anche dalla paura.
Le uniche
a salvarsi erano le scarpe, quelle scarpe che sembravano essere così costose ma
anche così vecchie e consumate.
Si fermò,
sentiva il respiro pesante, a fatica l'aria entrava nei polmoni.
Fece in
tempo a voltarsi.
Si
nascose dietro uno di quegli alberi giganteschi.
Una
leggera scossa del terreno fece cadere a terra l'uomo, che stringeva fra le
braccia lo zaino e piangeva dalla disperazione.
Nella sua
mente, l'unica cosa che riuciva a formulare il suo piccolo cervello era un
possibile modo per farla pagare al capitano.
Quando la
leggera scossa finì, l'uomo si riazò, più sudato di prima.
La nebbia
era ancora più ftta di prima, l'umidità più alta.
Fece un
chilometro camminando, finchè non vide la luce del sole che lo avvertiva della
fine di quella foresta e l'inizio della sua nuova vita.
Il suo
passo si fece inconsciamente più veloce.
Pochi
metri pù in là qualcosa si mosse.
Abel Byng
si fermò di colpo.
Troppo
vicino alla sua morte, troppo lontano dalla sua nuova vita.
Impossibile
nascondersi.
L'unica
possibilità che aveva era...
...
Maledetto bastardo dove sei? Vieni fuori... ridammi ciò che è mio!!!
L'oscura
presenza che poco prima lo opprimeva scomparve, e non l'avvertì più.
Ora
avrebbe camminato con più attenzione.
Un passo.
Due
passi.
Tre
passi.
Crac.
Aveva
pestato un ramo.
Sentì
dietro di lui un soffio di vento caldo.
Ci volle
un secondo per realizzare qual'era la situazione.
Non provò
neppure a voltarsi.
E'
davanti a me, l'ho in pugno.
Lo
ucciderò più violentemente degli altri.
Bastardo
umano.
I piedi
di Abel si mossero da soli.
Il suo
volto era rigato dalle lacrime mentre correva e sperava che quell'incubo
finisse.
Il sole
gli invadeva il volto.
In
lontanaza scorgeva due suoi compagni di viaggio.
Quegli
amici che, troppo attaccati alla vita, si erano rifiutati del compito più
arduo, ma anche quello con più profitto.
Il
compito che aveva maledettamente accettato lui.
Ora non
gli importava più nulla il rumore che faceva, era completamente allo scoperto,
non serviva più a nulla nascondersi.
Trenta
metri dalla salvezza.
Ancora
poco.
Quel
bastardo se ne sta fuggendo con il mio tesoro, ma non scapperai...
Un'albero
venne urtato da qualcosa che stava dietro di lui, e cadde, provocando un
terribile tonfo.
Aveva
sfiorato di poco Abel, che continuava a correre nonostante ciò.
Sapeva
che quello non era l'unico pericolo che correva, che doveva essere ancora più
veloce, terribilmente veloce.
Correva a
fatica, e vacillava quasi in continazione a causa di scosse di terremoto, non
tanto distruttive ma importanti per segnare il suo destino.
Quindici
metri.
La
stanchezza era tale che non riusciva più a sentirsi nel proprio corpo, pensava,
o forse sperava, di averlo già abbandonato, di essere già morto, e di non
avrebbe voluto soffrire.
Il
respiro affannoso ora era insopportabile.
Dieci
metri.
I suoi
compagni si erano avvicinati, lo vedevano correre con un volto spaventato in
faccia, e dietro di lui le tenebre del bosco.
Cadeva in
continuazione, come se non possedesse più il dono dell'equilibrio... ma perchè?
Poi,
improvvisamente, così come lo vedevano correre e cadere, lo videro fermarsi in
mezzo alla boscaglia, e notarono che il volto del loro amico era rigato di
lacrime.
Le
possibilità erano due: o era impazzito a causa dell'arduo compito e delle
leggende riguardati coloro che già avevano tentato nell'impresa, oppure
veramente stava per succedergli qualcosa di veramente pericoloso.
E se
doveva succedere qualcosa di pericoloso a lui, forse anche loro rischiavano...
Fecero
pochi passi indietro, ma non distolsero lo sguardo dal loro amico, che
nonostante fosse in difficoltà, non riceveva alcun aiuto
Abel
sapeva che non avrebbe mai più rivisto il suo mondo.
Ma poteva
dare del buono ai suoi amici, che per anni lo avevano sostenuto ed aiutato
nelle precedenti avventure....
Era a
cinque metri dalla salvezza, troppo pochi per il tempo che gli rimaneva.
Abbastanza
per arricchire i suoi amici, che non potevano essere biasimati per la loro
codardia nel non voler avvicinarsi più di molto a lui.
Lanciò lo
zaino.
I suoi
compagni e amici videro lo zaino che cadeva ai loro piedi.
Abel si
voltò.
Vide in
faccia ciò che lo stava giustiziando definitivamente.
Ho
perso il mio tesoro.... lurido bastardo ti rendi conto di quello che hai
fatto?!
Abel non
rispose.
Guardò in
faccia la sua mietitrice.
Gli amici
presero lo zaino, poi si voltarono verso Abel.
Videro il
suo corpo spezzarsi inprovvisamente a metà.
Poi le
fiamme lo invasero, e fecero di lui cenere e ricordo.
Rimasero
immobili per qualche minuto, ciò che avevano appena visto era stato talmente
improvviso e inquietante da aver mosso le loro menti.
Poi un
terremoto molto potente li fece cadere a terra.
Romperò
questa maledetta barriera, e allora verrò ad uccidervi tutti, uno ad uno!!!
Dopo
altri minuti interminabili il terremoto improvvisò sparì così come era
improvvisamente comparso.
Gli
uomini si rialzarono, e si diressero verso la barca, sconfortati dalla perdita
dell'amico.
Guardarono
dentro lo zaino.
Aveva
portato a termine la missione con successo, nonostante avesse perso la vita.
Abel si
svegliò, guardandosi attorno si accorse che quel posto lo aveva visto pochi
minuti prima.
E loro
erano lì, davanti a lui.
Umano,
ora verrai esaminato e poi finirai dove meglio ti meriti di finire.
Tra
quelle presenza mancava quella che lo aveva ucciso.
Dopo
pochi minuti di silenzio loro ritornarono a rivolgersi ad Abel.
Hai
rubato uno dei nostri più inestimabili tesori, e, nonostante tu fossi un
pirata, devo proprio dirti che ti potevi beccare i piani alti... mi dispiace,
ma quello che hai fatto invece ti condanna...
Inferno...