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Autore: manicrank    28/08/2012    11 recensioni
Io non sono un rifiuto, io non sono sbagliato. Chiudo gli occhi e vorrei dispiegare le ali ed andarmene, volare via, essere libero.
Ma sono bloccato qui, nell'oscurità. E solo la luna mi benedice, mi bacia, mi sfiora, come fossi suo figlio.
Mi piace - Penso - Essere un figlio della luna
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Reita, Ruki
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Consiglio vivamente la lettura di: “50 sfumature di bianco. La storia di un raggio di luna” perché questa long è un po' sua “figlia”. Grazie.

Sarà strutturata in tre capitoli, ognuno che racconta di tre momenti differenti nella vita di Takanori.Consiglio vivamente l'ascolto di In the Sound of Silence di Simon&Garfunkel

 

 

 

 

                       Moonchild.

 

 

 

 

                                   00053

 

 

Mi illumino d'immenso.

20 dicembre 1998

 

 

 


Le pareti bianche mi si chiudono addosso. Ne sento il peso opprimente. Che ci faccio io qui?
Il letto in cui sono, sempre bianco, sembra volermi inghiottire quasi fosse la bocca di una bestia famelica. Mi rigiro, dando le spalle alla porta della stanza, e mi rannicchio con le mani davanti al viso. Pessima idea. Penso, perché le rivedo macchiate di rosso. Il cremisi, il colore della vita e della passione, è in realtà il mio peggiore incubo.
Stringo forte i pugni, trattenendo le lacrime. Cosa ho fatto?
Il buio è opprimente, mai il buio è stato così opprimente. Anzi, di notte io scappo, vivo. Ma ora, ora anche la notte, da sorella è divenuta cacciatrice. Mi vuole. Ed io ho paura di lei.
Ho paura dei suoni indistinti che arrivano dalla strada, ho paura del silenzio della mia stanza vuota. Però poi tutto cambia non appena la luce pallida della luna inonda il pavimento. Il suo bianco mi ricorda un lago di latte, e la mia mente lo ricollega a mia madre.
Non so perché lo fa, a volte mi spaventano i collegamenti che compie.
Mi metto seduto, tirando le ginocchia al petto e posando il mento su di esse, mentre osservo lo strano arazzo arabescato che si disegna sul parquet bianco. Ha una forma curiosa.
Inclino la testa per osservare meglio, la piego in modo innaturale, e poi mi distendo sul letto. Allungo un braccio, quasi per afferrare quella luce, e poi porto il pugno chiuso al viso. Ci sbircio dentro. Ma non trovo il bianco latteo della luna. Solo oscurità.
Mi hanno mentito. Penso, rimembrando le parole di mia madre: “Qualsiasi cosa vorrai, dovrai solo desiderarla, e lei arriverà”. Era una bugia.
Storco il naso e scendo piano dal letto, camminando scalzo fino al piccolo sgabello posto davanti alla finestra. Mi ci arrampico, abbarbicandomi su di esso nella strana posizione di prima, con le ginocchia al petto.
Ed osservo. Osservo il buio, ferito dalla luce lunare.
Essa è fredda ma di un freddo diverso. Un freddo quasi caldo. Un freddo capace di colmarmi.
I miei occhi vacui si posano sulle nubi che vagano nel cielo, come vascelli di fumo. Sono belle, sono libere. Mentre io sono in questa prigione quadrata.
Il braccialetto al mio polso tintinna, ricordandomi che sono solo un numero. 00053 è il mio nuovo nome. Sono solo uno dei tanti pazzi chiusi qui dentro. Un codice a barre su un documento.
Mi da fastidio, ma il fastidio svanisce. Dopotutto ormai non ho nemmeno più bisogno di un nome.
Non sono più nessuno.
Da una parte è un sollievo, non essere più un Matsumoto, da un'altra invece è una condanna. Non ho più nessuno. Da quando mio padre mi ha lasciato allo studio psichiatrico, tre anni fa, non ho più nessuno. In effetti, forse, non ho mai avuto nessuno. Sono nato solo per ereditare la compagnia, essere un brillante ragazzo laureato alla Todai, con una bella moglie ed una bella famiglia. Ero destinato a tutto questo, perché mio fratello Hideki era troppo impegnato a diventare avvocato.
Ma io ho detto di no. Mi sono ribellato. E sono diventato sbagliato.
Torna lo strano senso di oppressione, il buio cupo che con i lunghi tentacoli mi afferra, mi artiglia lo sterno e mi trattiene. Ma la luna arriva a salvarmi, fende il nero palpabile e mi libera da quella presa.
Osservo a lungo i suoi raggi contro le pareti, le strane forme che assumono a contatto con il muro. Poi un raggio mi bagna, mi lambisce delicatamente un braccio. Sembro rilucere sotto il suo tocco. Mi illumino, splendo.
Io non sono un rifiuto, io non sono sbagliato. Chiudo gli occhi e vorrei dispiegare le ali ed andarmene, volare via, essere libero.
Ma sono bloccato qui, nell'oscurità. E solo la luna mi benedice, mi bacia, mi sfiora, come fossi suo figlio.
Mi piace. Penso. Essere un figlio della luna.









Grazie per essere arrivati fino a qui. Questo è il primo di nove capitoli che caricherò ogni martedì. È una breve fanfiction nata in questi due giorni. Non so come e non so perché. Ma non preoccupatevi, non ho abbandonato Division. Difatti domani metterò il nuovo capitolo *^* È solo che questa storia mi frullava in testa da un po' e allora ho deciso di svilupparla. Spero vi piaccia. 
A presto, tenete d'occhio il mio facebook il mio twitter ed il mio tumblr per gli aggiornamenti, dato che scrivo praticamente tutto lì sopra e se volete menarmi o parlarmi, allora mi trovate lì u.u Dato il mio classico odio profondo per gli mp. 
Vi lascio anche il mio canale youtube e la mia prima parodia creata con l'aiuto della grande AkaRen, che ha contribuito un sacco anche per la creazione della fanfiction. Quindi ringraziate anche lei o vi tiro un fungo. 
Peace&Love
MANICRANK

 

 

 

   
 
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