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Autore: Cabiria Minerva    28/08/2012    3 recensioni
In un edificio un po' fatiscente è apparso, da qualche tempo, lo studio di un massaggiatore misterioso...
La sala d'attesa del massaggiatore era un luogo piacevole, o almeno così pensava Hermione Granger-Weasley sin da quando lo aveva scoperto, mesi addietro, mentre era alla ricerca di un modo per sciogliere la tensione. Dall'esterno non sembrava niente di speciale: solo un vecchio palazzo di mattoni posto poco lontano dal centro nevralgico di Diagon Alley.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Molly Weasley, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Profumo di pace

 


 

Lunedì, 7.30: Mrs Hermione Granger-Weasley


 

La sala d'attesa del massaggiatore era un luogo piacevole, o almeno così pensava Hermione Granger-Weasley sin da quando lo aveva scoperto, mesi addietro, mentre era alla ricerca di un modo per sciogliere la tensione. Dall'esterno non sembrava niente di speciale: solo un vecchio palazzo di mattoni posto poco lontano dal centro nevralgico di Diagon Alley.

La prima volta che aveva varcato la vecchia porta – un po' cigolante – si era detta che in quell'edificio non avrebbe trovato nulla di buono, ma si era presto ricreduta ed era ritornata. Ogni lunedì mattina, prima di andare al lavoro.

Arrivava sempre un po' in anticipo ed aspettava l'ora del suo appuntamento godendosi il silenzio di quella stanza dalle pareti rosse e dalle pesanti tende nere che sbarravano la strada ai raggi del sole. L'odore delicato e caldo delle candele si fondeva con quello delle spezie, racchiuse in piccoli sacchetti di seta posti sullo scaffale di ebano su cui erano posati anche alcuni bigliettini da visita, le candele e il grande libro su cui i clienti potevano prenotare il loro prossimo appuntamento.

La donna stava per scartare una caramella al limone quando la porta opposta a quella d'entrata si aprì senza rompere il silenzio. Con un mezzo sorriso ripose la caramella nella borsa e scomparve nell'altra stanzetta, anch'essa illuminata solo da alcune candele e impregnata di profumi: spezie, oli ed altri odori che faceva fatica a riconoscere. Come sempre, la stanzetta era vuota. Hermione si svestì, appoggiando con cura i vestiti sull'unica sedia, ed indossò l'accappatoio che, come sempre, profumava di menta piperita e qualcosa che sembrava odore di libri antichi. La lasciava sempre un po' perplessa, il colore di suddetto accappatoio: nero. Ma, d'altronde, tutto in quel luogo scuro e caldo la lasciava leggermente perplessa.

Si sdraiò sul lettino con un sospiro, la faccia incastrata nell'apposito cuscino.

Non appena chiuse gli occhi sentì un'altra porta aprirsi e richiudersi subito dopo.

«Salve.» disse, ben sapendo che il massaggiatore non l'avrebbe salutata di rimando. In compenso, due mani la liberarono dalla parte superiore dell'accappatoio, lasciando scoperta la schiena nuda, e si posarono sulla pelle. Erano mani grandi e calde, cosparse di olio alla melissa, e scivolavano sulla schiena della ragazza premendo e sciogliendo la tensione, i nodi, spazzando via ogni pensiero.

Ben presto la mente di Hermione si svuotò, cullata dai movimenti concentrici sulla sua pelle. «Mmmh...» mormorò al respiro regolare da qualche parte dietro di lei. «Le incanta, le sue mani, per avere effetti così potenti?» Nessuna risposta. «È come se tutto il mondo venisse chiuso fuori da questa porta, lontano, troppo lontano perché si senta ancora il suo frastuono.» Le sembrò quasi di sentire un Umpf soffocato, ma non ne era certa. «Ho troppe cose da fare. Troppe. E voglio farle tutte il meglio possibile, sa, ma a volte è così stancante, soprattutto con i bambini ancora così piccoli, e mio marito che è a sua volta un bambino troppo cresciuto, e il lavoro era già abbastanza stressante anche prima di accettare di tenere una rubrica sulla Gazzetta, e–» Venne zittita da un suono che sembrava un pssst molto basso e roco, accompagnato da una pressione leggermente più forte del normale poco sotto il collo.

Chiuse gli occhi, godendosi in silenzio la restante mezz'ora di massaggio.


 


 

Lunedì, 13.15: Mr Draco Malfoy


 

Se qualcuno avesse mai dovuto scoprire che, una volta a settimana, Draco Malfoy si recava da un massaggiatore per il mero piacere di farsi manipolare i muscoli da quelle mani forti che sembravano risucchiare tutte le sue paure e frustrazioni, la sua già bassa reputazione avrebbe avuto un crollo, e il giovane uomo lo sapeva fin troppo bene. Eppure, da quando era entrato per la prima volta in quell'edificio decrepito – non sapeva perché avesse aperto la porta scheggiata, né perché avesse percorso, un passo dopo l'altro, la stretta scala che portava alla sala d'attesa, ma l'aveva fatto, e non se ne pentiva più di quel tanto – gli era impossibile non ritornarci ogni dannato lunedì.

Prima di entrare nel palazzo si guardava attorno, circospetto, per controllare che non ci fosse nessuno nei paraggi, poi scivolava nell'ombra delle scale e si rintanava nella sala d'attesa, dove era sempre accolto dal fumo delle candele, avvolto da quei nauseabondi odori che, tuttavia, lo facevano sentire un po' meglio, un po' più protetto.

Quella mattina aveva seguito la moglie in una battuta di shopping, porgendo galeoni su galeoni senza mai batter ciglio, guardandola mentre dettava ordini per i nuovi vestiti del figlio, annuendo distrattamente quando gli chiedeva un parere. Poi erano tornati nell'appartamento di Londra che avevano comprato alla nascita di Scorpius perché «gli farà bene crescere un po' anche in città!», e lì aveva dovuto incollarsi sul volto un sorriso di circostanza e ascoltare l'acido sputato dalle amiche di Astoria. Quando erano scoccate le 13 aveva silenziosamente ringraziato Merlino per avergli concesso almeno un po' di tregua, poi si era scusato e si era precipitato in strada.

Ora, sdraiato a faccia in giù sul lettino ed avvolto in quel tetro asciugamano nero – sì, tetro... Ma al contempo quasi piacevole, con quel suo profumo di mela candita e cannella – aspettava con impazienza che la porta si aprisse, segno dell'arrivo del massaggiatore. Uno... due... tre... quattro...

Il massaggiatore non ci metteva mai troppo, questo Draco doveva concederglielo. Erano state poche le volte in cui era riuscito a contare fino a quindici prima di sentire i suoi passi avvicinarsi al lettino, e questa volta non era nemmeno riuscito ad arrivare al cinque, che lui era entrato nella stanza, in un silenzio misterioso, come sempre.

«Oh, finalmente...» sospirò il giovane uomo, il caldo delle mani del massaggiatore già sulla sua pelle pallida. Inspirò l'odore dell'olio; non ne era sicuro – non aveva mai avuto un olfatto fine come quello del suo defunto padrino – ma gli sembrava di sentire l'odore dei limoni e delle arance, un profumo che lo coccolava in un caldo abbraccio, cullandolo verso luoghi lontani, sconosciuti, dove non c'era nessun motivo per cui vergognarsi, nessun passato che lo osservasse da ogni angolo buio.

«Pensavo di non riuscire più ad andarmene da quella casa.» Le grandi mani, che ora stavano massaggiando la zona della cervicale, non smisero un istante di muoversi. «È un incubo. Un vero incubo. Mi sembra di essere in una gabbia da cui ho paura ad uscire perché fuori c'è tutto il mio passato, pronto ad azzannarmi quando meno me lo aspetto.» Il respiro del massaggiatore era così regolare, così pacato. E l'odore degli agrumi era così dolce... Draco chiuse gli occhi. «Vorrei solo andarmene.» Ecco, l'aveva ammesso. Una lacrima gli scivolò sul viso, cadendo silenziosa dalla punta del suo naso sul tappeto scuro. «Vorrei solo andarmene...»


 


 

Martedì, 15.30: Mrs Molly Weasley


 

Molly Weasley non andava spesso a Diagon Alley, soprattutto ora che i suoi figli erano cresciuti e non doveva più recarsi a comprare il loro materiale scolastico, i libri, gli ingredienti per le pozioni. Tuttavia, da quando sua nuora le aveva accennato ad un massaggiatore veramente fantastico, una volta ogni tanto si permetteva una scappatella, un po' di riposo ai suoi pensieri congestionati.

Poco dopo pranzo, quando Arthur si rintanava a giocare con i suoi oggetti Babbani sul retro della casa, prendeva una manciata di Metropolvere e raggiungeva il Paiolo Magico, dove si concedeva un buon bicchiere di Idromele leggendo il giornale. A volte incontrava visi noti e rimaneva a chiacchierare finché non era quasi in ritardo per il suo appuntamento, mentre altre ingannava il tempo girovagando davanti alle vetrine, o andando a trovare George. Ognuno di questi momenti la vedeva sorridente, piena di vita – e chiunque la incontrasse doveva ammettere che i suoi figli avevano decisamente preso da lei la loro energia.

Solo quando il suo piede si posava oltre la soglia dell'edificio in cui si trovava lo studio del massaggiatore il sorriso sbiadiva, rivelando gli occhi un po' più tristi, il volto un po' più segnato. In fondo, chi mai avrebbe potuto vederla, in quella sala d'attesa sempre deserta?

Anche quel giorno, come aveva già fatto in passato, ignorò le sedie e si accostò alle pesanti tende, sfiorandole appena con le dita; malgrado una parte di lei le dicesse che non sarebbe accaduto nulla di male se le avesse aperte, anche solo per un attimo, che la luce non avrebbe rovinato nulla in quella stanza, una vocina le sussurrava che anche solo un raggio di sole avrebbe distrutto la perfezione di quella semi-oscurità, che l'aria fresca avrebbe scacciato il bouquet di profumi che l'avvolgevano. E lei allora continuava a sfiorare le tende con i polpastrelli, un gentile ringraziamento per proteggerla, anche se solo per un'ora, da quello che l'attendeva là fuori.

Accolse con un sospiro l'apertura della porta e, dopo averla varcata, tuffò il volto nella morbida stoffa dell'accappatoio nero che aveva trovato appoggiato ad una sedia. Inspirò a fondo il suo profumo, così simile a quello del sapone che aveva usato, un tempo, per lavare i suoi sette figli. Poteva quasi sentirli ridere, e la cosa le spezzava il cuore perché sapeva – oh, se lo sapeva – che non li avrebbe mai più sentiti ridere tutti quanti assieme.

Si sistemò sul lettino soffocando un singhiozzo, chiudendo forte gli occhi nel vano tentativo di trattenere le sue lacrime silenziose, e nemmeno sentì i felpati passi del massaggiatore avvicinarsi al lettino. Sobbalzò un poco quando le mani si posarono sulla sua pelle, portando con sé l'odore dell'olio alla vaniglia di cui erano ricoperte.

Non aprì bocca – non lo faceva mai: in quelle sporadiche sedute si permetteva il lusso di rimanere in silenzio, di lasciar vagare il pensiero verso ricordi che tentava di escludere durante le sue giornate passate a sorridere e ad abbracciare i nipotini, di piangere quel figlio la cui assenza le ricordava che sei figli non sarebbero mai stati abbastanza, che qualcuno sarebbe sempre mancato.


 


 

Mercoledì, 9.00: Mrs Ginny Weasley-Potter


 

«Stai seduta, tranquilla, e fai la brava.» Ginny Weasley-Potter accarezzò teneramente i lunghi capelli rossi della sua ultimogenita e scomparve dietro la porta che si era appena aperta. Normalmente a quell'ora i bambini erano in uno di quegli asili Babbani – suo marito aveva insistito così tanto affinché ce li mandassero e si facessero qualche amichetto, sottolineando anche il fatto che se i bambini erano all'asilo lei non avrebbe dovuto saltare gli allenamenti, che Ginny non ce l'aveva fatta a dirgli di no, malgrado sapesse che sua madre sarebbe stata più che felice di occuparsi dei suoi nipotini – ma proprio quella mattina la piccola Lily Luna si era svegliata con un po' di febbre. Non avendo modo di annullare l'appuntamento – quel libro incantato posto nella sala d'aspetto era più petulante di una segretaria, e non accettava ritardi o assenze non segnalate con almeno ventiquattro ore d'anticipo – aveva coperto bene la piccola e l'aveva avvolta in un Incantesimo Riscaldante, poi l'aveva stretta a sé e si erano Materializzate proprio davanti al vecchio edificio fatiscente.

Per fortuna, si disse mentre si svestiva, Lily è sempre così calma e silenziosa... E in effetti la piccola aveva a malapena aperto bocca da quando si erano accomodate nella sala d'attesa, ed ora stava giocando, silenziosamente, con una bambola di pezza. Amava tutti i suoi figli, ma doveva ammettere che a volte quella bambina silenziosa, che ti puntava quei suoi occhi smeraldini dritti nell'anima, la inquietava un poco.

Agguantò l'accappatoio – sapeva di erba, proprio come il campo da Quidditch dove si allenava – e si sdraiò sul lettino, ripassando mentalmente i programmi della giornata: massaggio distensivo fino alle 10, poi avrebbe portato Lily Luna da sua madre e sarebbe andata ad allenarsi – sarebbe passato Harry a prendere Albus e James all'asilo e Lily dai nonni. Magari, se le ore non fossero volate come al solito, sarebbe riuscita a tornare a casa per cena. Sì, questa volta si sarebbe impegnata e non si sarebbe limitata a dare un bacio leggero sulle fronti dei suoi figli ormai dormienti.

Inspirò a fondo l'odore che l'avvolgeva, sorridendo un poco nel sentire il rumore dei passi del massaggiatore avvicinarsi.

«Spero non le dia fastidio,» iniziò, mentre le forti dita cominciavano il loro lavoro sulla sua schiena, «ma ho dovuto portare Lily – mia figlia – con me, oggi.» Sentì il massaggiatore irrigidirsi – probabilmente non amava i bambini. Insomma, una persona che viveva reclusa, senza nemmeno un briciolo di sole, e che chiaramente detestava qualsiasi tipo di scambio verbale (non solo non parlava mai, ma era palese che era infastidito anche dalle parole altrui – non che questo l'avesse mai fermata dall'aprir bocca per dar fiato ai suoi pensieri mentre lui le manipolava i muscoli.) non poteva amare i bambini.

«Non deve preoccuparsi.» si affrettò a dire. «Mia figlia è molto calma, non toccherà né romperà nulla, glielo assicuro.» Le mani, profumate di olio alla lavanda, ricominciarono a muoversi su di lei. «Fin troppo calma.» continuò chiudendo gli occhi. «E strana. Ecco, è strana. A volte mi sembra quasi che sia vecchia, sa. Mi guarda con quei suoi occhioni verdi – ha gli occhi di suo padre – e non parla, e io mi sento così a disagio.» Si lasciò scappare un gemito di dolore quando il massaggiatore si concentrò su un nodo proprio sotto la scapola. «Non che non le voglia bene, anzi. Io amo i miei figli. Ma lei... Lei è così strana. È diversa. Troppo seria, persa nel suo mondo.»

Pssst...

«Sì, forse ha ragione...» Il respiro dell'uomo era così rilassante... Ginny si sentì scivolare in un sonno buio e statico, come se le abili dita su di lei avessero inavvertitamente sfiorato il bottone che la spegneva. «Le piacerebbe mia figlia, sa... Non parla mai...» mormorò già in stato di semi-incoscienza, la voce impastata dal sonno.


 


 

Mercoledì, 18.00: Mr Harry Potter


 

Harry Potter, i capelli che nascondevano disordinatamente parte del viso, si lasciò cadere sulla sedia più vicina alla porta d'entrata. Attese che il suo respiro si calmasse, aiutato dal miscuglio di profumi esotici e speziati che aleggiava nell'aria, si tolse gli occhiali e massaggiò un poco gli occhi stanchi. Anche quella era stata una lunga, pesante giornata. Dopo aver lavorato tutto il giorno sul caso di un mago che aveva rapito due Babbani e si era poi nascosto da qualche parte nella foresta Amazzonica, era passato a prendere i figli all'asilo, poi la figlia – la sua piccola Lily Luna, l'unica femmina, così simile a sua madre Lily... – a casa dei nonni, che ci avevano peraltro impiegato un'eternità a salutare i loro nipotini (Come se non li vedessero mai!), ed aveva riportato tutti a Grimmauld Place. Qui li aveva infilati nella vasca di bagno, riempita di acqua calda e schiuma colorata. Aveva ascoltato pazientemente i racconti della giornata dei due bambini, poi tutti e tre gli uomini di casa Potter si erano divertiti a guardare le bolle trasformarsi in minuscole farfalle colorate, regalo di un momento di magia involontaria della piccola Lily – non lo avrebbe mai ammesso, ma lo riempiva d'orgoglio vedere che era così precoce e promettente, e avrebbe tanto voluto che anche Ginny lo vedesse...

Una volta asciugati e vestiti, i bambini erano corsi a giocare in sala sotto l'occhio vigile di Kreacher – incredibile come l'elfo domestico fosse cambiato nel corso degli anni! Aveva un debole per le due pesti e per la piccola bambina silenziosa.

Dopo essersi assicurato che i bambini fossero in buone mani, aveva annunciato a Kreacher che sarebbe ritornato per cena e si era recato nello studio del massaggiatore – era stato fortunato a trovare un buco libero. Più volte aveva cercato di prendere appuntamento, ma il polveroso libro appoggiato sul mobile nella sala d'attesa sembrava essergli ostile dato che, malgrado conoscesse altre persone che andavano spesso dal massaggiatore e che non avevano mai problemi a trovare un orario che andasse bene sia a loro che al libro, ogni volta gli sembrava di compiere un impresa titanica: non appena appoggiava la penna in uno spazio libero, questo si riempiva, oppure la penna non scriveva. Erano talmente rare le volte in cui riusciva effettivamente a scrivere il suo nome – senza contare il fatto che il massaggiatore riceveva solo tre giorni a settimana – che ormai accettava qualsiasi orario pur di poter godere anche lui, seppur solo sporadicamente, dei servigi di quell'uomo misterioso.

Sorrise nel sentire la porta aprirsi, e si precipitò nella stanza contigua per appropriarsi dell'asciugamano nero e del suo profumo di cioccolato e di, di... Era difficile da definire il flebile odore nascosto da quello corposo del cioccolato. Gli ricordava qualcosa – qualcuno, forse – ma non ne era sicuro. Si svestì velocemente e, altrettanto velocemente, si sdraiò sul lettino, aspettando solo di sentire il massaggiatore avvicinarsi; sapeva che non sarebbe apparso finché non fosse stato sicuro che non avrebbe potuto vederlo, sdraiato com'era, e non aveva molto tempo da perdere se voleva tornare in tempo per la cena.

Ancora prima che le mani cominciassero a massaggiarlo con olio di mandorla, Harry sentì i muscoli rilassarsi, complice l'odore di cioccolato che l'avvolgeva e gli riportava alla mente persone e momenti persi in un tempo in cui la sua vita era completamente diversa.

Accolse con un sospiro i movimenti lungo la sua colonna vertebrale, piccole pressioni applicate in punti ben precisi. La sua vita... Era così diversa da come se l'era immaginata, tanti anni prima, quando finalmente gli sembrava possibile sperare in un futuro. Certo, amava sua moglie – l'amava? A volte gli sembrava quasi di condividere il letto e la vita con un'estranea, di andare avanti per abitudine, più che per amore – ed amava i suoi figli, ma la follia di Voldemort gli aveva portato via tanto, e a volte sentiva il peso di quel vuoto. Anche per questo motivo si recava dal massaggiatore: lui, con quelle sue mani magiche, riusciva a trasportarlo – anche solo per un'ora – in uno stato di rilassamento totale (quante volte si era addormentato!) in cui poteva lasciarsi andare, dimenticarsi di tutto quello che era successo .

Magari se Riddle fosse andato a farsi massaggiare da qualcuno di così bravo sarebbe stato un po' meno teso, un po' meno malvagio. Ridacchiò all'immagine di Voldemort che si sdraiava, il corpo latteo coperto solo da un asciugamano, in attesa del suo massaggio settimanale.

«Faccio sempre una fatica enorme a prendere appuntamento da lei» mormorò, gli occhi chiusi e tutti i sensi concentrati sul movimento delle dita sulla sua pelle, «ma ne vale la pena.» Sospirò. «Ne vale veramente la pena.»


 

* * *


 

Non appena l'ultimo cliente della giornata – e della settimana – se ne fu andato, provocandogli un immenso piacere, il massaggiatore sistemò con un colpo di bacchetta la sala d'attesa e la stanza, più piccola, dove lavorava, poi scomparve dietro la porta da cui usciva dopo che i suoi clienti si erano accomodati, il volto incastrato nell'apposito cuscino. I suoi clienti... Se non avesse avuto bisogno di un po' di soldi – secondo i suoi calcoli avrebbe dovuto lavorare ancora solo pochi anni, poi i suoi risparmi sarebbero stati sufficienti per permettergli di ritirarsi in una casetta sperduta da qualche parte dove nessuno avrebbe potuto trovarlo – li avrebbe avvelenati tutti.

Chiamò a sé una bottiglia di Whiskey Incendiario, vagliò per un istante l'idea di bere a canna poi, con una specie di grugnito di disapprovazione, chiamò anche un bicchiere basso e squadrato. Appoggiò il tutto su un tavolino di legno scuro, posto proprio accanto all'unica poltrona della stanza, ed accese il fuoco con un pigro movimento del polso affinché l'aria si riscaldasse, poi si diresse verso un'altra porta, oltre la quale si trovava un bagno lastricato di marmo nero con intarsi verdi. Sussurrò alcune parole e l'acqua iniziò a sgorgare a fiotti da due dei cinque lavandini presenti nella vasca, che si spostarono magicamente a circa due metri d'altezza: normalmente si sarebbe goduto un buon bagno rilassante, ma quella sera voleva solo togliersi di dosso l'odore di tutte quelle persone e raggiungere la bottiglia che aveva appoggiato davanti al camino.

Sbottonò sistematicamente i bottoni della veste che indossava, poi la lasciò scivolare per terra, subito accompagnata dai pantaloni. Si osservò con occhio critico allo specchio: era magro come sempre, ma la sua pelle aveva assunto – se possibile – un colore ancora più malaticcio a causa della sua volontaria clausura. Fece scorrere i polpastrelli su una grande cicatrice sul collo e rabbrividì impercettibilmente. Ho freddo, cercò di convincersi, e si infilò sotto il getto d'acqua calda.

Mentre lavava energicamente i lunghi capelli neri, si permise di ripensare alla sua settimana lavorativa. Sbuffò. Certo, molti dei suoi clienti – malgrado non si potessero mai incontrare grazie ad uno speciale incantesimo che, almeno nelle sue camere, impediva loro di vedersi, i clienti erano decisamente tanti, troppi – si comportavano esattamente nel modo in cui avrebbero dovuto: entravano nella sala d'attesa ed iniziavano a distendersi, grazie anche ad alcuni ingredienti speciali dei suoi sacchettini speziati, poi venivano accolti dal morbido abbraccio dell'accappatoio – sorrise, compiaciuto dell'idea che aveva avuto – e la voglia di dire più di due parole scompariva in una calda sensazione di armonia e rilassamento.

Eppure c'erano sempre – sempre! – quei particolari clienti che non poteva semplicemente rifiutare (ci aveva provato, con uno perlomeno, ma alle continue insistenze aveva dovuto cedere. Almeno ogni tanto) e che ogni volta portavano con sé sensazioni, lacrime e parole che non avrebbe voluto sentire. E, naturalmente, tra queste persone non c'erano semplicemente dei rompiscatole sconosciuti. No. Sarebbe stato troppo facile. Dovevano essere i Weasley – compresa quell'insopportabile so-tutto che aveva acquisito il cognome sposato il più giovane dei ragazzi – e Malfoy. E Potter.

Si sciacquò energeticamente, senza riuscire ad impedirsi una smorfia al pensiero del Salvatore del Mondo magico. Uscì dalla vasca e si avvolse in un accappatoio – nero, naturalmente – e ritornò alla poltrona, sulla quale si sedette dopo essersi riempito il bicchiere di Whiskey.

Parlavano. Ecco qual'era il grande problema con quelle persone: parlavano e piangevano o, nel caso di Molly Weasley, piangevano e basta. Ecco, forse lei non gli dava così fastidio. Almeno se ne stava zitta e non gli riversava addosso le sue frustrazioni e i suoi dannati problemi.

Bevve un lungo sorso, e il liquido ambrato gli scorse lungo la gola, riscaldandola al suo passaggio.

Ma gli altri... Piagnucolavano rumorosamente, gli raccontavano cose di cui non gli importava – rilassarsi non sempre faceva particolarmente bene, si ritrovò a pensare, bevendo un altro sorso di Whiskey Incendiario – e lo disturbavano oltremodo con le loro riflessioni ad alta voce. Soprattutto quella dannata Weasley, la più giovane del branco, che proprio non voleva saperne di chiudere la bocca. E ora che gli aveva portato la figlia, Lily... Tremò di rabbia e bevve un altro sorso, annotandosi di stregare il libro affinché anche la signora Weasley-Potter, come il marito, cominciasse a far fatica a trovare un posto libero tra le sue pagine.

«Non è di un massaggiatore che hanno bisogno.» mormorò alla stanza silenziosa, il bicchiere ormai vuoto. «Di uno di quegli psichiatri Babbani, forse sì, ma di un massaggiatore...» Sospirò e si versò un altro bicchiere di Whiskey.

 



Buonsalve a tutti/e!

In attesa di poter aggiornare Myosotis vi propin... Ehm, vi propongo questa one-shot, ideata mentre mi stavo godendo un bel massaggio.. ;)

Avete capito tutti/e chi è il nostro massaggiatore? E come mai l'accappatoio ha per tutti un odore diverso? Sì? No? Fatemi sapere!


Approfitto della situazione anche per presentarvi un nuovo progetto di cui ho appena iniziato a far parte: Potter Press Italia. Dateci un'occhiata, sono sicura che resterete estasiati!
Naturalmente, vi ricordo anche la mia pagina facebook, qui.

A presto,
Cabiria Minerva
   
 
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