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Autore: EleRigoletto    28/08/2012    2 recensioni
Avril è una ragazza di vent'anni, odia il mare per via del divorzio dei suoi genitori e non ci và da quando aveva cinque anni.
Suo fratello, decide di invitarla in California per passare un mese con degli amici; all'inizio non è tanto convinta, poi, decide di dimenticare il passato e di fare un piacere a Marc ( il fratello) .
Arrivati lì, cambierà idea sul tanto odio per il mare, grazie ad una nuova persona che le farà aprire gli occhi.
Il resto è da scoprire ...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: David Desrosiers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Restammo in silenzio per un po’, fin che non mi decisi a lasciarlo andare a riposare.
Quando uscì da quella porta, mi venne istintivo andare sotto le coperte e addormentarmi, come se  presto,la giornata avrebbe preso una piega diversa.
Il mattino seguente mi svegliarono le urla di mio fratello e degli altri scimmioni che mi pregavano di raggiungerli in sala.
Scesi con il pigiama ed i capelli ancora un po’ arruffati.
“Alla buon’ora, ma sai che sono quasi le dieci?” Mi rimproverò David.
“Non posso neanche dormire un po’? Che scocciatori.” Scherzai io.
“Bene, adesso ti faremo vedere la sorpresa del piccolo genietto.”
Prese parola il mio caro e stupido fratellino.
“Ok. Chissà cosa sarà … un giocattolo … un libro … una cavolata, sì, una cavolata!”
“ … E qua ti sbagli, sono sicuro che ti piacerà.”
Si mise a ridere e quando i nostri occhi si incrociarono, lui distolse subito lo sguardo da un’altra parte.
“Me la fate vedere o devo aspettare ancora?”
Dissi io, ormai esausta dell’attesa.
“Ecco!”
Dave tirò fuori dal suo borsello una carta luccicante e ricoperta da un solido strato di polistirolo, me lo porse delicatamente.
Restai immobile, senza dire niente, con questo pacchetto tra le mani.
“Aprilo, avanti … i ragazzi hanno già aperto i loro.”
Mi incitò, lui, sorridendomi radiosamente.
Iniziai a scartare tutta la carta e rimasi stupefatta da quello che avevo trovato,l’oggetto tanto desiderato e sperato, ora era nelle mie flebili mani.
Quella piccola sfera colorata con dentro onde ed onde che si infrangono sugli scogli lisci e levigati, era tutta mia.
“Grazie … Mi ricorda quando da piccola cercavo in tutti i modi di prenderlo, ma era impossibile trovarlo in giro.
Come facevi a sapere che mi piaceva?”
“ Marc mi ha dato qualche spunto per il tuo regalo.”
Lo ringraziai di nuovo e lo portai in camera, sul comodino.
“Ora vado a farmi una bella passeggiata, chi viene con me?”
Mike si guardò in giro, in cerca di compagnia.
“Vorrei, ma io vado al mare perché devo incontrare il mio capo redattore e resterò con lui fino a sera.”
“Marc che lavora in vacanza, da quando?”
Lo prese in giro Dave.
“Sei un coglione.”
Si misero a ridere tutti.
Io, che fin ora ero stata zitta, presi parola alzando la mano.
“Vengo io, non ti lascio solo, mio amore.”
Corsi verso di lui, ridendo come una cretina.
David in quel momento, ci guardò e fece una smorfia.
“Ah. I due piccioncini”
“Sì, almeno non siamo soli e disperati come te!” Disse il mio compagno, andando a tirare dei pugni sul torace del ragazzo.
“Forza, vieni dobbiamo andare … dobbiamo passare a fare la spesa.”
Lo rimproverai, mentre giocava con gli altri alla lotta.
“Ok. Ci vediamo dopo ragazzi.
Tu non lavorare troppo, eh?”
Indicò mio fratello, prima di uscire e correre per la strada.
“Aspettami! Sei peggio di un bambino.”
Lo presi per il collo della maglietta, andando dentro al supermercato.
“Dobbiamo decidere che prendere per pranzo e per cena.”
“Prendiamo le crocchette di topolino.”
Mi indicò il frigo pieno di quelle confezioni per i bambini.
Io dico, ‘Cosa ti sei bevuto per chiedermi una cosa del genere?
È proprio vero che i ragazzi non maturano neanche un po’.’
Pensai tra me e me.
“No, piuttosto prendiamo le spinacine.”
Misi dentro il cestello le porzioni e andai avanti.
Quando arrivammo alla cassa, pagammo il conto ed uscimmo.
Mi squillò il cellulare, era mio padre, non mi andava di rispondergli, così di istinto  lanciai il cellulare a Mike.
Fortunatamente lo prese e decise di rispondergli.
“Salve signor Lee come sta? Ah mi fa piacere …  EMH. Avril?”
Si fermò per chiedermi cosa dire.
“Digli che sono impegnata.”
“Dice che è impegnata e al momento non può rispondere.
Ok senz’altro, glielo dirò … Arrivederci, a presto.”
Riattaccò e mi porse il cellulare.
“Ma sei impazzita? Cosa credi di fare ignorandolo?”
Abbassai lo sguardo, me ne andai avanti,senza degnarlo di una risposta.
“Fermati, non volevo essere duro, solo che non è giusto nei confronti di tuo padre … andiamo a casa.”
Per tutto il tragitto di ritorno, restammo zitti.
Mi dispiaceva non parlare con Mike, ma ero troppo pensierosa.
Arrivati all’abitazione, aprimmo la porta, io posai le buste sul tavolo in cucina e me ne andai in camera.
‘ Possibile che ogni disgrazia capiti sempre e solo a me?’
Mi affacciai alla finestra, tentando di prendere vento, ma di vento non ce n’era.
Cominciai a chiudermi in un guscio di pensieri, quando sentii delle braccia stringermi i fianchi.
Mi girai e vidi David che mi sorrideva con la sua solita dolcezza.
“Che ti succede?” Mi chiese, allentando la presa e sedendosi sul letto.
Lo raggiunsi dopo poco e cominciai a dirgli tutto.
“Non riesco più a chiamarlo, a guardarlo o solo a sentire la sua voce.” Urlai, non rendendomi conto di quello che stavo dicendo.
Lui mi accarezzò le guance e mi toccò i capelli, facendomi andare a fuoco le gote.
“Non dire così, lui ha bisogno di te, per parlare e per chiederti consigli.
Non chiuderti in quella bolla come sempre ti capita di fare, perché presto diventerà un’abitudine.”
“Non riesco a dimenticare, solamente il pensiero mi crea preoccupazioni.” Dissi, rilassando i muscoli delle braccia.
“Provare non costa nulla, vedrai che ci riuscirai.”
Mi strinsi nelle braccia e fissai il comodino dove era appoggiato il suo regalo.
“Ti piace?” Cambiò argomento e mi indicò lo stesso punto.
“Sì, ma non dovevi disturbarti.”
“Per te questo ed altro …”
Si alzò e andò verso la porta, portando con sé il mio stupore.
“Che vorresti dire?” Restai sul letto immobile come una statua.
Si grattò la testa e sghignazzò.
“Lo scoprirai presto.”
Aprì la porta e andò via, chiudendosela alle spalle.
‘Perché mi deve sempre tenere in sospeso?
Forse è uno dei compiti dei mangiatori di suschi.’
Mi alzai e andai a raggiungere i ragazzi di sotto.
Tutto era pronto, la tavola era apparecchiata e i ragazzi erano a tavola.
Mancava qualcuno …
Mi sedetti al mio solito posto e scrutai tutti con lo sguardo.
“Che c’è?” Mi chiese mio fratello.
“Mike?”
“Mike è di là, è stato male per via di qualcosa.”
Divorò l’intera cotoletta in un secondo, lasciandomi allibita da quanto spazio potesse entrare in quel corpo.
“Ah. Ok.”
Continuai a mangiare senza parlare con nessuno.
Finito il pranzo, aiutai a  sparecchiare e andai di corsa in camera di Mike.
Bussai ed una voce calma mi disse di entrare.
Quando aprii piano la porta, mi ritrovai il ragazzo appoggiato al letto, con le cuffie nelle orecchie e senza maglietta.
Appena notò la mia presenza, si rimise la maglietta e si tolse la cuffiette.
“Che ci fai qui?” Cercò di essere spiritoso, ma nel suo tono non ce n’era neanche una briciola.
“Marc mi ha detto che stai male per qualcosa.”
“No, lo sai che è il solito esagerato.”
Improvvisamente, si strinse il braccio sinistro e fece una smorfia.
Forse era quello che causava il suo dolore.
“Fammi vedere il braccio.”
Gli ordinai.
“Perché? Non ho niente.”
“Fammi vedere quel braccio, quello che ti stringi.”
“No.”
Alla sua risposta, presi il suo braccio con la forza e tolsi via la mano.
Aveva un incisione, un po’ di sangue scendeva dal braccio, trattenuto da un piccolo polsino nero.
“I ragazzi lo sanno?” Dissi io, alludendo alla ferita.
“No e non devono saperlo.”
Mi alzai e scalciai sul suo letto.
“Ma sai che quella che hai fatto è una grande cavolata? Perché ti sei fatto male da solo, eh?”
“Sono stufo dei miei problemi.”
“Anche io, ma mica per questo mi incido il braccio.
Tu sei un ragazzo intelligente e pieno di qualità, non fare queste cose da ragazzino depresso.
Vali molto di più.”
Lui mi guardò e si alzò, andandomi vicino.
“Lo pensi davvero?”
Sussultai un po’ e risposi un ‘sì’ con il capo.
Chinai la testa e gli strinsi la mano.
“Ricordatelo.”
Andai verso la porta e lo salutai, per poi ritrovarmi giù in salone a guardare la tv con gli altri tre.
“Allora, che ha Mike?” Mio fratello si buttò vicino a me.
“Niente di che, deve solo riposare.”
Cambiai canale.
“Meglio per lui.”
Suonò il cellulare di Marc, tutti lo guardammo zitti abbassando il volume della “Scatola magica.”
“Chi è?”
Dissi io, notando la sua faccia preoccupata.
Lui mi passò il telefono e mi fece segno di stare calma.
Presi il telefono, feci un respiro profondo e mi decisi a rispondere.
“Pronto?”
“Avril, è da giorni che ti chiamo e te non ci sei mai.”
Eccolo che ricomincia.
“Ero sempre impegnata.”
Si, impegnata a scappare dalle tue chiamate.
“Senti, io e tua mamma ne abbiamo discusso e andremo in tribunale per gli Assistenti Sociali.”
Cosa? Allora era una situazione seria.
“In che senso, perché dovete chiamare gli Assistenti Sociali?”
Marc mi guardò preoccupato, anche David.
“Ci servono perché dobbiamo confrontare le carte, le spedizioni e le altre cose di cui ci siamo occupati per voi.”
“Il giudice per la tua proposta che ha detto?”
Stranamente non ero arrabbiata, anzi, parlavo con tutta tranquillità.
Le parole di David mi avevano aiutato a non chiudermi più in me stessa.
Ho capito che devo affrontare le mie paure.
“Il giudice deve ancora decidere.”
“Ok. Qualunque sia la sua scelta, ormai tu hai deciso e la mamma è d’accordo con te.”
“Veramente è un po’ contraria, ma io credo in questo progetto e vorrei farlo fruttare nel migliore dei modi.”
Certo, per poi farmi affezionare a te e restare delusa dal tuo comportamento.
“Come dici tu …”
Risposi, senza aggiungere altro.
“Ora devo andare, ci sentiamo e ti farò sapere.
Vedrai che sarà tutto a posto.
Ciao piccola.”
“Ciao.”
Attaccai e diedi l’aggeggio al suo proprietario.
Non mi sentivo per niente tranquilla, però non dovevo farlo vedere agli altri.
Mi sdraiai sul divano ed iniziai a fare zapping per i canali.
“Come ti senti?” Mi venne vicino Darker.
Sfoderai un bel sorriso e cercai di essere più convincente che mai.
“Bene, quello che accadrà, accadrà!”
Non riuscii nel mio intento, ma lasciai perdere.
“Se lo dici tu …
Se hai bisogno io ci sono.”
Se ne andò in camera, lasciando me e David vicini.
“Sicura che ti senti bene?” Il suo sguardo mi trapassò come una lama.
“Si.” Dissi, infine.
 
Ciaooo, finalmente ho finito questo capitolo!
Non riuscivo più ad andare avanti, ma poi ci sono riuscita.
Ringrazio come sempre tutti quelli che hanno messo la storia tra le Preferite/Seguite/Ricordate e a chi legge e recensisce.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Un bacio Ele! ;)
 
  
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