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Autore: EvelineG    28/08/2012    1 recensioni
Temi affrontati: bulimia.
Piccola finestra sulla vita di Camille
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il treno andava veloce e i paesaggi sfrecciavano al di fuori del finestrino. Camille appoggiò il mento sul palmo della mano e si mise a guardare fuori, se cercava di fissare un punto le girava la testa e le veniva la nausea, spostò lo sguardo cercando di non mettere a fuoco nulla.
Non l'aveva costretta nessuno a prendere quel treno, era stata una sua decisone, ma appena salita sul vagone se ne era pentita. C'era un tanfo indescrivibile, questo è quello che succede quando non si hanno abbastanza soldi per permettersi nemmeno la seconda classe. Il suo borsone, in pieno stile british, scozzese verde con il fondo in cuoio marrone, oramai consumato dal tempo e dall'usura, stava sopra la sua testa abbandonato sulla grata.
La reazione di suo padre non l'aveva sorpresa più di tanto, all'inizio aveva borbottato qualcosa di incomprensibile, tipo un "guarda che stronzate dice mia figlia" poi si era reso conto di quello che Camille gli aveva detto e allora aveva cominciato ad urlarle contro. La reazione di su madre invece, era stata diversa. All'inizio anche lei era contraria, però credeva che sua figlia dovesse fare esperienze, anche se aveva solo 16 anni. Con un padre che non le dimostrava praticamente mai un po' di amore e una madre appiccicosa e a volte invadente, Camille era diventata una ragazza timida, che se ne stava per i fatti suoi, ma bisognosa, molto bisognosa, di attenzione altrui, con la paura perenne di poter essere abbandonata da tutti. Per questo è una di quelle ragazze che ridono sempre e si mostrano perennemente allegre, ma quando raggiungono il limite scoppiano e se la prendono con chiunque.
Si potrebbe definire una ragazza complessata, ma il termine complessata non è molto carino. Bhè piena di problemi e di paranoie di sicuro, come quella del cibo e del peso. Se la si vedesse per strada non verrebbe mai da pensare che sia bulimica, proprio per niente. Anni addietro era una ragazza normale, giusta, con un bel fisico, non perfetto ma atletico e tonico, adesso si ficca uno spazzolino in gola. Non lo sa nemmeno lei perchè lo fa, forse un po' per la paura di essere troppo grassa, per paura di essere giudicata dagli altri, ma il problema del cibo, o meglio la parte dell'abbuffamento riguarda più che altro la noia e la voglia di non far niente, perchè il cibo diventa la scusa perfetta per non studiare e per non uscire.
Il problema c'era e continuava ad esserci.
C'erano momenti in cui non ci pensava proprio, altri in cui il suo unico pensiero era il cibo, di qualsiasi genere, da un piatto di spaghetti ad una creme brulèe, da una bistecca ai ferri a uno sneakers. Le venivano delle voglie pazzesche e incontrollabili, che doveva per forza soddisfare. Sentire il sapore del cibo nella bocca non le importava più di tanto,assaporava giusto una frazione di secondo le fragranza di quello che aveva messo in bocca e poi tutta la sua attenzione e la sua soddisfazione si concentravano sulla sensazione di sentire il cibo sotto i denti e quel maledetto boccone scenderle giù per la gola.
Quella meravigliosa sensazione che si ripeteva quando vomitava, riassaporava così i sapori ma era molto più sollevata, per non dire contenta, perchè era consapevole che quel cibo non stava entrando dentro di lei ma stava uscendo. Se ne liberava, ed era una sensazione bellissima, si sentiva subito più leggera, ma sapeva che rimettere solo una volta non l'avrebbe fatta sentire bene, quindi doveva vomitare tutto, ogni singola cosa che aveva ingurgitato. Quando però non c'era più niente da buttare fuori la sensazione di libertà se ne andava e tornava ad essere schiava del cibo, perchè ne voleva ancora, ancora di più! Camille avrebbe voluto guarire, ci aveva anche provato e per un po' le cose erano andate bene, ma poi ci era ricaduta, e la cosa non le era dispiaciuta,perchè in fondo, anche se non voleva ammetterlo, lei non voleva davvero guarire.
E' da pazzi pensare che un malato non voglia tornare sano, ma lei non ce la faceva, aveva provato e riprovato, ma questo era il suo unico modo per dimagrire e restare magra, aveva sperimentato diete su diete, ma non avevano funzionato, mai! Allora se ne stava a digiuno fino alla sera per qualche giorno, poi però scoppiava e si abbuffava con tutto quello che si trovava davanti, anche se erano le tre del pomeriggio mangiava la pasta avanzata, il pollo, i salumi, i formaggi, pane e merendine varie, tutto ovviamente accompagnato con grandi sorsate d'acqua, perchè era quello l'ingrediente segreto che le avrebbe permesso di liberarsi di tutto quello che aveva ingerito. Che poi liberazione non era, era un circolo vizioso, incredibile assimilare il fatto che c'era gente che era morta a causa della bulimia. I suoi capelli era ancora per così dire belli, non le erano mai piaciuti, anche se ne perdeva un sacco, ma le capitava da sempre,i suoi denti erano bianchi, il suo ciclo era irregolare come sempre e tranne per l'aria un po' provata lei non si riusciva a considerarsi malata.
Magari quando sarà magrissima, quasi anoressica si definirà, forse,"malata".
Camille si riscosse dai suoi pensieri, la prossima era la sua fermata, già aveva voglia di tornare a casa, pentendosi dell'enorme cazzata che aveva fatto. Ma ormai non poteva, era giunta destinazione, se di destinazione si poteva parlare. Prese la valigia e scese dal treno,saltò giù,letteralmente. Prese fiato e si guardò intorno. Si diresse verso l'uscita della stazione ed entrò nella prima pensione che trovò, affittò una camera. Appena ci entrò vi si chiuse dentro e si accasciò sul letto, era inspiegabilmente stanca,avrebbe dormito un paio d'ore e poi sarebbe andata in giro a fare foto con la sua nuova Canon. Dopo ben tre settimane mise piede, di nuovo, nella stazione della sua città, si diresse velocemente a casa impaziente di andare in camera sua e di tornare alla sua vecchia vita. Illusa, si sentiva un'illusa e una perfetta idiota. Aveva sperato davvero che tutto fosse rimasto uguale, ma era stata sciocca. Loro, i suoi "amici", la sua "compagnia" o almeno quella che credeva che fosse la sua compagnia, era cambiata. E se invece ad essere cambiata fosse lei? Domande senza risposta.
Si sentiva vuota, inutile, un pesce fuor d'acqua. Era una vita che si sentiva così, si illudeva di aver trovato delle persone che le sarebbero state vicine, sempre e poi bum! Loro sparivano. E lei? Lei soffriva, come un cane. Ma non poteva darlo a vedere, o gli altri avrebbero detto che lei faceva la vittima per attirare l'attenzione, perchè lei era egocentrica e voleva essere il centro del mondo. A chi, davvero, importava di lei? Semplice. A nessuno. Non aveva mai avuto una amica del cuore, si era illusa di poterla avere, ma no. Aveva delle amiche, compagne di scuola o di uscite, ma non Vere Amiche. E allora perchè starsene li a soffrire? Perchè la vita ce l'aveva con lei? Cosa aveva fatto di così male per meritarsi tutta questa sofferenza? Lacrime e ancora lacrime, l'accompagnavano sempre. E per sempre l'avrebbero accompagnata. Di questo, ne era certa.






Nda: Mi farebbe molto piacere leggere i vostri pensieri in merito :) Grazie.
  
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