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Autore: ClaryMorgenstern    28/08/2012    4 recensioni
Clary la ignorò e guardò meglio la statua. Non potè che concordare con Jace su quell'obbrobrio. Le ispirava un disgusto immenso, come d'altronde i demoni che voleva rappresentare. Le unghie sembravano scintillare di sangue fresco, e gli occhi erano vacui, scolpiti senza pupilla e..
Si mossero.
[Crossover The mortal instruments   /   The infernal devices]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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He knew she was there
by the joy and fear that overwhelmed his heart.

L. Tolstoy



Capitolo IX
By the joy and the fear.

 
Isabelle Lightwood si gettò sul letto. «Un immenso buco nell'acqua.»
Jace con una pezza di cotone intanto si frizionava i capelli umidi, camminando nervosamente avanti e indietro. «Lo so che rendo molto bene bagnato, ma non ci tenevo così tanto a dare spettacolo.»
Clary, in piedi accanto alla finestra della sua stanza, faticava parecchio a non scoppiare a ridere come un'idiota. Era stato un reale buco nell'acqua. Dopo aver applicato la runa sulle vie acciottolate di Londra, la runa si era illuminata creando una sottile luce che aveva cominciato a correre verso est. Seguendola, i ragazzi erano arrivati alle sponde del Tamigi e, non essendosi accorti dell'interruzione brusca della strada, dei viaggiatori li avevano quasi investiti con una carrozza facendo finire Isabelle, che aveva tentato di scansarsi, nel fiume. I ragazzi si erano precipitati nelle acque torbide per aiutare la sorella, che da quando erano usciti dall'acqua, sporchi e con il vago odore di una discarica, non aveva smesso un attimo di inveire contro Clary e la sua runa. La quale non avevano neanche potuto rifare: Avevano perso l'unico stilo che avevano con sé nelle acque sporche del fiume.
Jace si passò una mano tra i capelli e, quando la tolse, qualcosa vi era rimasto impigliato. Sembrava un alga, ma era nera e aveva anche un pessimo odore. Il ragazzo inorridì e, con uno scossone, se la tolse dalla mano. Clary non resistette più e scoppiò a ridere come una cretina, rotolandosi sul pavimento.
Jace le puntò un dito contro. «Si, ridi!» disse. «Ora vediamo se ridi!»
Fu così veloce che Clary non lo vide neanche. Arrivò davanti a lei e la prese di peso, caricandosela sulla spalla. Clary, che continuava a ridere come un'ossessa, intanto batteva fiocamente i pugni sulle sue spalle, senza successo. «Jace» disse, con la voce rotta dalle risate. «Lasciami andare!»  Lui, ovviamente, la ignorò. La portò di peso nella stanzetta adiacente, in cui era stato posta vasca piena di acqua, quindi la gettò nella vasca senza tanti complimenti. Clary rinvenne in superficie prendendo una grande boccata d'aria. Era freddissima. Di certo, pensò, non potevano svegliare Sophie per chiederle un bagno caldo. Jace chinato in ginocchio accanto alla vasca che incombeva sopra di lei, sorridente con le maniche fradice fino ai gomiti. «Ora siamo pari.» sentenziò.
Per tutta risposta, Clary gli sputò dell'acqua sul viso. «Ora siamo pari.» L'acqua gocciolò fredda sul viso di Jace, fermandosi sulle sue ciglia dorate prima che Clary lo prendesse per il bavero della giacca e attirasse le labbra sulle sue, in un bacio ghiacciato e caldo al tempo stesso. Le labbra di Jace erano calde e morbide contro le sue. Le sue mani penetrarono l'acqua fredda per posarsi sulla sua schiena, mandandole brividi di calore su per la sua spina dorsale gelata. Le passò una mano tra i capelli, scostandoglieli indietro e fermando una mano sul suo collo, per stringerla a sé e amplificare quel contatto pieno di calore e gelo.
Nonostante il calore di quei baci, Clary ebbe presto freddo. Jace la fece uscire dalla vasca e l'avvolse con una grande coperta.  L'acqua le gocciolava ancora dai capelli rossi che, Clary ne era sicura, avrebbe dovuto sanguinare per pettinarli il giorno successivo. Vide una gocciolina d'acqua cadere dalla chioma bionda di Jace. A differenza di Clary, che sapeva di avere l'aria di un pulcino dalle piume rosse bagnato, Jace, con i capelli incollati alla tempia, la sporcizia del fiume sulla pelle e l'odore acre di acqua stagnante, era sempre il suo bellissimo Jace.
E ora la stava stringendo in quell'asciugamano improvvisato, togliendole l'acqua dai capelli, senza distogliere nemmeno per un secondo lo sguardo dal suo. Si chinò lentamente e raccolse con le labbra una goccia d'acqua sulla sua guancia. Un contatto così fioco, rispetto ai baci di prima. Ma una gradevole sensazione di calore era già nata all'altezza del suo petto, come un nuovo cuore di cioccolato fuso.
 
Dopo essersi asciugati erano tornati nella camera da letto di Clary, dove Isabelle e Alec stavano discutendo sulla sua runa localizzatore. Clary notò che, sul comodino vicino al letto, c'era un vassoio d'argento con sopra due tazze bianche di thè fumante. «Chi ha fatto il thè?» si sedette sul letto ne prese una. Il calore le passò per le mani facendole tornare la sensibilità alle dita.
«Io» rispose Izzy, prendendo un sorso dalla sua tazza che teneva in mano.
Jace, che si stava portando la sua alle labbra, si fermò a qualche millimetro dal bordo. «Non mi avvelenerà, vero?»
Izzy lo guardò accigliata. «Divertente, davvero»
Clary prese un sorso di thè. Era delizioso, alla faccia di Jace. Caldo al punto giusto, con qualche goccia di limone e zucchero.
Jace prese un biscotto al miele dal piattino che Alec teneva in bilico sulle gambe. «Come avete fatto a entrare in cucina?» chiese masticando. «Per l'angelo, questa roba è fantastica!» e prese altri tre biscotti, ficcandoseli in bocca con molta poca grazia.
Isabelle assunse un'espressione disgustata. Si volse verso Clary. «E tu hai davvero il coraggio di baciare quella bocca?»
Clary arrossì di colpo.  «Già» mormorò.
Jace  si voltò verso di loro, ingoiando i biscotti. «Disse colei che ha baciato Simon-il-vampiro»
Al nome di Simon, Clary fu presa da una morsa di preoccupazione. Chissà che stava facendo, nel suo tempo. Se si era accorto che loro erano spariti. Se si fosse chiesto come stava, o se l'avrebbe mai rivista: Così come Clary stava facendo da più di una settimana, da quando era arrivata nel XIX secolo.
Portò le ginocchia al petto e le strinse, con le piccole braccia sottili. Avrebbe così tanto voluto il suo migliore amico con sé, in quel momento. Sapere come avrebbe fatto Simon ad uscire da lì in uno dei suoi giochi di ruolo. Probabilmente con qualche drago del tempo situato nella torre più alta del castello più remoto del paese più lontano.
Poi si accorse che si era di nuovo persa tra i suoi pensieri, notando lo sguardo di Jace su di sé.  «Quindi, che facciamo adesso?» chiese, cambiando argomento.
«Domani sera ci riproviamo» sentenziò Izzy, alzandosi in piedi e stiracchiandosi come un enorme gatto dalla pelliccia nera. «Evitando di cadere nuovamente nel Tamigi.» prese il fratello per la collottola, facendolo alzare in piedi. «Muovi il sedere, Alexander.» disse, ignorando i lamenti del fratello. «Dobbiamo riportare le tazze in cucina prima che Agatha si accorga che le ho rubato le chiavi.»
«Povera donna.» mormorò Jace. «Speriamo non debba mai assaggiare come cucini tu.»
Clary scoppiò a ridere, mentre Isabelle fulminava Jace con lo sguardo e Alec usciva dalla stanza ridendo. Jace si voltò verso di lei. I capelli ancora umidi gli si arricciavano sulla nuca, dopo la doccia fredda. Aveva le guancie arrossate e gli occhi lucidi. «Dov'eravamo rimasti?» chiese, avvicinandosi. «Ah, ora ricordo» le labbra di Jace erano a qualche centimetro dalle sue.
Clary gli sorrise con dolcezza. «Sciacquati il viso» gli sussurrò, picchiettando sulle sue labbra. «Hai un po' di briciole qui.»
 
Jace lasciò la sua camera all'alba. Alle prime luci del mattino, Clary si era lasciata andare ad un dolce risveglio, come tutte le notti in cui Jace dormiva al suo fianco. Ma, rendendosi conto che Jace era ancora al suo fianco l'isteria prese il sopravvento. Strillò, e Jace, svegliandosi di soprassalto, scattò all'inpiedi ed, essendo ancora mezzo addormentato, inciampò sui suoi stessi passi.  Quando finalmente si rese conto di non potersi fare trovare nella stanza della ragazza, si dileguò ancora nella tenuta che aveva la sera prima, quando era tornato e con gli stivali incrostati di fango e sporcizia. Clary trattenne a stento le risate e si lasciò cadere sul letto, sentendo di meritare qualche altra ora di sonno.
Jessamine, chiaramente, non era dello stesso avviso quando mandò Sophie a svegliarla alle otto del mattino. Clary mugugnò, con solo qualche ora di sonno sulle spalle, e si sciacquò il viso con l'acqua fredda, senza un gran risultato. In quel momento avrebbe dato un rene per un caffè.
Arrivando in sala da pranzo, si rese conto che neanche i Lightwood erano troppo attivi quella mattina. Izzy era seduta in silenzio, con le labbra arricciate in una smorfia e le braccia incrociate. Un thè fumava nella tazza di fronte a lei senza che la ragazza lo degnasse di uno sguardo. Jace non era ancora arrivato, e Alec aveva i capelli sparati da tutte le parti e con gli occhi socchiusi girava il cucchiaino nel thè come per riflesso catatonico. Non pareva nemmeno troppo vivo.  Jessamine abbassò la tazza di porcellana nella quale il suo thè fumava bollente e gettò uno sguardo pieno di dolcezza ad Alec. «Alec stai bene?»
Alec mugugnò un sì di risposta.
«Alec è solo un po' stanco.» disse Isabelle, riscuotendosi un po' dal suo torpore. «Questa situazione è stressante»
Jessamine guardo Alec con un aria premurosa da infermierina «Basta, oggi niente ricerche» sentenziò seria. «Oggi andremo al parco»
Alec, mentre continuava a girare convulsamente il cucchiaino nel thè, si girò verso Jessamine. «Okey» mugugnò. «Sono troppo stanco pure per controbattere.»
Tessa si unì a loro, insieme a Jem e a Jace, quando si degnò di arrivare in sala da pranzo. Hyde Park splendeva alla luce di un tenue sole quel pomeriggio.  Chissà perché, si unì a loro anche Will, quando lo incontrarono all'ingresso dell'istituto.
Clary stentava a capire il perché: Sembrava che detestasse la maggior parte di loro.  Stesero una grande coperta ricamata sulle sponde di un piccolo laghetto dove le rane saltavano e gracidavano con allegria.
«Che meraviglioso sole!» esclamò Jessamine. «rarissimo in questo periodo.»
Clary alzò lo sguardo. Non era proprio sole. Era piuttosto una fiammella fioca quasi oscurata dalla cortina delle nuvole, o poco ci mancava.
Jem si sedette stendendo le gambe. «E' il sole migliore che si possa ottenere a Londra» disse.
Isabelle si stese sulla coperta e scostò la treccia nera da sotto la testa. «Non mi prenderò mai una tintarella decente così.»
«Una che cosa
«Niente» sospirò Izzy.
Clary, con il carboncino in mano, intanto si dedicava a Jessamine. Si rese conto che era come disegnare una bambolina di porcellana nella stessa  identica posizione: Le gambe piegate elegantemente sotto  il corpo con le gonne che si aprivano a campana sopra  di esse,  le mani intrecciate sul ventre e un sorriso mesto sulle labbra mentre parlava con Isabelle. Passò il carboncino con leggerezza per rappresentare i riccioli delicati della ragazza.
Jace poggiò il mento sulla sua spalla, guardando il suo disegno, accarezzandole la spalla con movimenti circolari e delicati. «Se glielo fai vedere si monterà la testa» sussurrò con delicatezza nel suo orecchio. Clary alzò lo sguardo sulla ragazza. Jessamine sembrava piuttosto occupata con Alec. Di certo, pensò trattenendo una risata, non era lei che le interessava in quel  momento.
Anche Jem le si avvicinò. «Posso?» chiese, indicando i fogli accatastati in disordine sulle sue gambe. Clary sorrise e, nonostante fosse sempre restia a mostrare i suoi disegni considerandoli qualcosa di troppo personale, li passò a Jem perché, in fondo, era merito suo se poteva farli. «Certo»
Jem sfiorò i fogli con estrema delicatezza, sfogliandoli uno ad uno. «Sono davvero bellissimi, Clary» commentò il ragazzo. Anche Will era rivolto verso i suoi disegni da sopra la spalla dell'amico. Arrivato ai disegni della sera prima, quelli che la ragazza aveva fatto guidata dalla voce di Will, Jem alzò lo sguardo su di lei. «Il Galles?»
Cavolo. Non era mai stata brava ad inventare balle al volo. «Ho trovato delle immagini in un libro, nella biblioteca» disse, evitando cautamente lo sguardo di Will che sentiva bruciare sulla pelle del viso. Scrollò le spalle, liquidando la questione. «Mi piacevano le foreste, tutto qui»
Jem la guardò per qualche altro secondo prima di sorridere serafico e cambiare disegno. Will stava ancora guardando lei, Jace guardava Will. Clary si lasciò cadere sull'erba. «Avete finito?» chiese seccata.
Jace sorrise e si lasciò cadere al suo fianco. Clary spostò le braccia e vide Alec soffocato dalle chiacchiere di Jessamine che guardava loro con un'aria di disperazione. Clary si domandò quanto mancasse ancora prima che Alec scoppiasse.
Jem si soffermò su un disegno. Era uno dei primi che aveva fatto, quella mattina. Raffigurava lui, Tessa e Will, in uno schizzo frettoloso, neanche finito. Mancavano buona parte delle gambe dei ragazzi e il vestito e i tratti del viso di Tessa erano solo abbozzati. Il ragazzo passò un dito sui capelli di Tessa con leggerezza, prima di continuare a scorrere. «Sei davvero brava» disse Will, quasi sovrappensiero. «A tratti davvero notevole»
«Oh, non sono d'accordo» disse Jem cambiando foglio. «Ha un talento straordinario con la carta»
Clary arrossì. «Grazie» balbettò riprendendosi i disegni prima che arrivassero al ritratto di Jace spaparanzato sul suo letto, quella mattina.
Tessa, che fino a quel momento era stata silenziosa seduta in disparte, con un grande volume poggiato sulle gambe, alzò il capo, voltando il capo verso il cielo. «E' il tramonto» disse.
Anche Clary alzò lo sguardo. Il cielo si era tinto di arancione, segno che si era fatto tardi e che dovevano tornare all'istituto per incontrare l'informatore di Charlotte. Le dispiacque parecchio quando lasciarono il parco alle spalle.
Hyde Park era di gran lunga differente dal tanto amato Central Park, a casa. Ma la memoria le aveva richiamato alla mente quei pomeriggi passati con Jace ad allenarsi al parco che sfociavano quasi sempre in pick-nic con il take-away di Taki. Aveva album interi di disegni riempiti da quelle immagini. Ricordi dolcissimi nella sua memoria di pace e tranquillità.
Era già buio quando il cocchiere fermò la carrozza davanti all'istituto. Charlotte era lì, in piedi e attenta. Un lume acceso nella mano e un'espressione tremendamente seria sul viso giovane
Will e Jem erano già scesi dalla carrozza, posizionandosi di fronte a lei. «Sono qui?» chiese Jem
Charlotte annuì, in silenzio. A Clary non piacque quel silenzio. Non presagiva nulla di buono.
Si avviarono per i meandri dell'istituto. In una delle scalinate immense che portavano in basso, Jace si voltò verso Jem e Will. Avevano perso Isabelle e Jessamine all'ingresso, ormai già dell'idea della loro inutilità. «Non avete niente di meglio da fare?» chiese, seccato.
«Non proprio» disse Jem.
«Londra è abbastanza noiosa in questa stagione.» Aggiunse Will.
Jace guardò Jem. «Ci sono delle cose che vorrei tenere segrete» disse, tentando di rimanere cordiale.
Jem resse il suo sguardo, accennando un sorriso. «Charlotte ha garantito sulla nostra riservatezza. Di certo non vorremmo farle rimangiare la parola data.»
I due ragazzi si osservarono per un lungo momento. Poi, Jace scrollò le spalle. «Va bene» disse. «Ma se tu fai casini» e puntò un lungo dito sottile verso Will. «E' la volta buona che ti prendo a calci.»
Will sogghignò. «E se fossi tu, a combinare guai?»
Anche Jace sorrise.  Le ricordò la smorfia che può fare un bambino con una confezione di bombette. «Si vede che non mi conosci. Io non combino guai. Faccio le cose poco bene, al massimo»
Clary si voltò di scatto, fermando la coda in mezzo al corridoio. «Adesso basta»  Il sangue le ribolliva nelle orecchie per la rabbia che provava. Adesso era arrivata al limite. «Tu» e si voltò verso Will. «Sei così irritante che mi viene voglia di strapparti la lingua. Magari potrei donarla alla scienza per scoprire nuovi tipi di veleno micidiale.» Will aprì di scatto gli occhi, apparentemente troppo sorpreso per dire qualcosa. Jace scoppiò a ridere e Clary si voltò inviperita verso di lui. «E tu sei così immaturo e insicuro che mi ricordi un bambino di cinque anni. E mi tratti come una palla con cui vuole giocare un altro bambino.  Io ti amo, ricordi? Se la smettessi di fare l'idiota ogni tanto te ne accorgeresti.» e detto questo non aspettò una risposta e, voltando le spalle a quegli idioti, se ne andò al fianco di Tessa, che si stava sforzando per mantenere un'espressione seria. «Li hai lasciati senza fiato»
«Magari un po' d'aria sarà uscita dalla loro testa.»
Tessa si voltò verso i ragazzi rimasti indietro. «Sono ancora lì fermi che ti fissano»
«Amen» sospirò Clary «Sono stufa di quegli idioti.» Le mancava così tanto Simon. Anche lui aveva avuto le sue scenate di gelosia, al tempo in cui credeva di essere innamorato di lei. Ma Simon la faceva sentire importante, perché, anche se sembrava brutto dirlo così, Simon era troppo checca per fare l'uomo strafatto di testosterone.  Tra Simon e Clary, era lei che portava i pantaloni. Beh, soprattutto perché Simon indossava prevalentemente i Jeans.
Arrivarono ad un'immensa porta di metallo a due battenti. Charlotte infilò una chiave angelica nella serratura, che si aprì con un sonoro Click. Prima si spalancare la porta, l'istitutrice si voltò verso di loro. «Will, Jem confido nella vostra capacità di chiudere la bocca e l'essere affascinanti.» si rivolse a Jace ed Alec. «Dovrete essere educati e per nulla scontrosi. Ai nostri ospiti non piace essere contraddetti. E, in caso contrario immagino che Will frema dalla voglia di mostrarvi l'uscita.» e poi sorrise con dolcezza a Clary, come se non avesse bisogno di raccomandare anche lei. «Sta tranquilla» le disse, guardando le mani che Clary si stava tormentando. «Anche se di solito mordono, non lo faranno» La porta si aprì su un grande spazio che le fece mancare l'aria nei polmoni. Sembrava un'antichissima camera blindata di pietra grezza, con degli enormi pilastri di pietra a sostenere il pesante soffitto adornato di candelabri scintillanti. Qualcuno doveva averla addobbata per farla sembrare più confortevole. Le pareti erano cosparse da arazzi che richiamavano le forme delle rune, alti almeno il doppio di Clary. Sulla parete di faccia all'entrata era posizionato un'enorme specchio dalla cornice dorata nel cui centro vi era una fontana alta più o meno un metro e mezzo, di base circolare sul cui centro era posizionata una statua di Raziel, dai cui occhi sgorgavano le lacrime che davano l'acqua alla fontana. Sicuramente voleva essere accogliente, ma senza né porte, né finestre, né qualsiasi altra cosa potesse portare aria all'interno della stanza Clary si sentiva più in trappola che accolta.
Non che le persone al suo interno avessero bisogno d'aria, comunque. Erano in due: su una delle sedie di velluto nero posizionate in un angolo della stanza c'era una donna. Alta anche da seduta, bellissima e bionda, con i riccioli composti alla perfezione sulla nuca. Clary cominciò a chiedersi se le donne nel XIX secolo londinese fossero tutte così. Indossava un elegantissimo vestito nero e rosso tutto frange e merletti e un cappello dall'enorme visiera su cui erano legati, con un nastro rosa, diverse rose rosse. Il suo viso era uno splendore: le labbra piene, la pelle candida e perfetta con le gote leggermente rosse e i lucenti occhi verde mare.
Ma nessuno dei ragazzi del ventunesimo secolo guardava la donna, ma il suo compagno. Clary ci aveva messo qualche secondo a focalizzare perché quel viso le fosse tanto familiare. I capelli neri erano completamente privi di glitter, lisci e tirati indietro in un codino. Il vestito sempre e comunque eccentrico, di un viola scuro con redingote nera e tanto di monocolo, dietro i quali i suoi occhi verdi da gatto brillavano di divertimento. Clary e Jace  si voltarono verso Alec. Il ragazzo aveva la bocca spalancata in un'ironica caricatura dei cartoni animati, così come gli occhi azzurri. Non era come se avesse visto un fantasma, ma come se stesse osservando uno dei suoi peggiori incubi diventare realtà. Era sbiancato completamente e dovette aprire la bocca più volte, prima che potesse uscirne un suono coerente.
«Magnus»
  
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