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Autore: xlouisjuliet    28/08/2012    0 recensioni
«Io sono il miglior stalker di Doncaster. Vuoi sapere com’è?»
No per favore, lasciami andare a casa a piangere le mie lacrime sul cuscino ascoltando canzoni deprimenti. «Certo, sono tutta orecchi»
«Beh, è bellissima. Non è alta, è dieci centimetri buoni più bassa di me, un fisico esile ma ben proporzionato ed i capelli castani. Il suo viso, è il viso più bello che abbia mai visto, sembra un angelo. Ha le labbra rosse, i denti perfetti, le fossette, un nasino all’insù così carino. E gli occhi, i suoi occhi. Sono azzurri, ma non un azzurro che si trova ovunque. Sono color del cielo notturno illuminato dalla luna incrociato al colore del mare. E’ veramente bellissima, anche se lei non sa di esserlo.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Ti do il mio wurstel" "Si, però io ti do la mia patatina"


 


Louis Tomlinson non aveva mai avuto problemi con le amicizie. A Doncaster tutti lo conoscevano anche prima che diventasse un cantante famoso. Non c’era luogo in cui non andasse senza essere salutato. Tra gli amici di scuola ed i compagni della squadra di calcio non era mai capitato che si sentisse escluso. Non passava attimo senza che pensasse a quanto fosse fortunato ad avere degli amici come i suoi. Spesso si chiedeva come mai tutti gli volevano così bene.
«Semplice. Sei un ragazzo dal cuore d’oro Louis. Fai di tutto per aiutare gli altri, ripudi l’odio. Non fai mai sentire esclusa la gente, parli con tutti indipendentemente da razza, colore, abitudini o religione. Come si fa a non amare un ragazzo come te?»
Così gli avevano risposto quando aveva esposto la sua domanda. Era rimasto spiazzato da questa frase, lui si considerava un ragazzo normale. Era vero, ripudiava l’odio. Avrebbe voluto cancellare tutto il male presente sulla terra. Forse era veramente questa la ragione dei suoi numerosi amici.
Poi era arrivato x-factor che gli aveva portato via tempo che avrebbe potuto passare con i suoi amici, ma gli aveva in compenso regalato quattro magnifici fratelli. Dopo c’era stato l’Up all night tour che l’aveva tenuto lontano da casa. Fu in questa circostanza che riconobbe i veri amici da quelli falsi dovendo constatare che erano veramente pochi. Oltra la sua famiglia le persone che più aveva sentito in quei due anni erano principalmente due: Stan e la sua migliore amica d’infanzia, Jennyfer.

Era tornato a casa, dopo tanto tempo. Tutto era rimasto come lo ricordava: la casa, la scuola, le strade, il panificio, tutto era rimasto invariato. Solo guardando le persone si poteva vedere che il tempo, invece, era passato anche là. Le sue sorelle erano cresciute, diventando tra l’altro sempre più belle, e alla madre era spuntata una piccola ruga sulla fronte che ben copriva quando doveva uscire.
Quand’era arrivato non aveva perso tempo, aveva recuperato subito il tempo perso con la sua famiglia, facendosi raccontare tutte le novità e i nuovi gossip sulla gente di Doncaster. A quanto pareva Isabel, sua vecchia compagna di classe, era rimasta in cinta per errore e Lucas, un ragazzo di due anni più grande di lui, si era preso tutte le responsabilità. Ancora quattro mesi ed il bambino sarebbe venuto alla luce.
Poi era uscito con Stan, per quanto bene si trovasse con gli altri ragazzi della band gli mancavano le cazzate che faceva con lui sin da quand’erano piccoli. Non ci misero molto a ritrovare la loro solita sintonia. Non erano un cantante famoso ed uno sfaticato, erano semplicemente due vecchi amici.

«.. e allora lei si è incazzata no? E’ ritornata sui propri passi fino ad arrivare a pochi centimetri da lui e indovina cos’ha fatto?» Lottie, i capelli biondi ad incorniciarle il bel viso, era seduta sulla poltrona davanti a lui gesticolando immedesimata nel discorso, quasi fosse lei stessa la protagonista. Gli erano mancati i suoi piccoli scleri e le sue paranoie da quattordicenne.
«Gli ha tirato uno schiaffo?» chiese il ragazzo stando al gioco. Si era sempre divertito in compagnia di sua sorella nonostante avessero ben sette anni di differenza. Con lei si trovava bene, oltre ad aver sviluppato un senso di protezione nei suoi confronti quasi morboso.
«Esatto! Cioè, penso che io avrei fatto la stessa cosa se..» smise di ascoltarla nell’esatto istante in cui il suo sguardo vagò al di fuori dalla finestra scorgendo il giardino dei vicini.
«Scusa Lottie, finisci di raccontarmi dopo» si alzò scompigliando i capelli ad una Lottie decisamente meravigliata dal cambio repentino del fratello.
Quasi si mise a correre, Louis, per uscire da quella casa che gli sembrava improvvisamente troppo grande. Finalmente fuori focalizzò la sua attenzione sulla macchina dei vicini, il bagagliaio aperto, e le persone che chiacchierando la svuotavano dalle valigie. Se lui, una settimana dal suo ritorno, non aveva ancora visto Jennyfer non dipendeva da nessuno dei due. Semplicemente la sua famiglia e lei erano partiti per le vacanze esattamente la sera prima del suo arrivo.
S’incamminò tranquillamente, senza lasciar trasparire la sua gioia, verso la famiglia.
«Louis!» era stato un bambino con i capelli castani e gli occhi azzurri a gridare il suo nome, un bambino che sin dal primo istante in cui l’aveva visto gli aveva ricordato se stesso da piccolo.
«Piccolo Jason!» prese in braccio il bambino che gli era corso incontro lasciando a terra la piccola borsa che stava tentando di portare dentro casa. Lo fece girare due, tre, quattro volte finché non ne ebbero entrambi abbastanza cadendo sull’erba morbida mentre le risate si facevano largo tra di loro.
Lo aiutò ad alzarsi prendendolo per mano e si diressero entrambi verso la macchina dove il resto della famiglia si era riunita ad osservare la scena.
«Bentornato Louis» sentì dire il padre e mormorò qualcosa in risposta. Nel suo campo visivo però c’era solo Jennyfer. I suoi occhi azzurri ed il suo sorriso sincero riempivano la sua mente senza lasciare spazio ad altro.
«Andiamo a fare un giro?» le porse una mano che lei accettò di buon grado cercando il consenso dei suoi genitori con lo sguardo. Tutto ciò che trovò furono sorrisi e sguardi traboccanti di gioia.
Camminarono per quelle che a loro parvero ore senza mai staccare le loro mani unite, incuranti degli sguardi intorno a loro, delle macchine fotografiche, delle chiacchiere. In quel momento ciò che importava era che, finalmente, erano di nuovo insieme come lo erano due anni prima.
«Jenny» i loro piedi li avevano portati al bosco poco fuori Doncaster, il loro bosco. Non era di loro proprietà, non l’avevano comprato con soldi –idea che era venuta in mente a Louis- ma sin da quando l’avevano scoperto all’età di dieci e otto anni era diventata la meta delle loro passeggiate. Era un luogo in cui poter parlare senza rischiare che orecchie indiscrete sentissero, solo chi lo conosceva poteva addentrarvisi senza perdersi. Loro erano partiti in esplorazione non appena l’avevano trovato e per non perdersi avevano usato la stessa strategia di Hansel e Gretel, con l’unica differenza che le briciole di pane le avevano sostituite alle caramelle che avevano portato con loro. Quindi dopo undici anni non aveva più segreti per loro, lo conoscevano in tutti i suoi misteri.
«Dimmi Louis» erano distesi sulla vecchia coperta che avevano nascosto qualche mese dopo la scoperta del bosco. Avevano trovato una piccola conca tra due grosse radici nascosta dietro un cespuglio di bacche selvatiche e subito era diventato il loro piccolo ripostiglio. Man mano che gli anni erano passati si era riempito sempre di più. Una coperta, un libro, un coltellino da montagna, una corda, una fionda, due impermeabili azzurri, una torcia,.. Tutto ciò di cui avevano bisogno era là dentro. Anche l’ambiente circostante si era trasformato con loro. Se all’inizio era selvatico ed indomato, pian piano era si era trasformato in una piccola radura accogliente nascosta da occhi indiscreti dai cespugli e gli alberi.
«Stavo pensando..»
«Tu che pensi?» lo prese in giro la ragazza girandosi su un fianco per guardarlo con sguardo sbarazzino. In quei due anni era cambiata molto, il corpo diciasettenne se n’era andato per lasciar spazio a quello nuovo, quello della donna che stava pian piano diventando. I capelli castani erano più lunghi e le cadevano in morbide onde sulla schiena sottile. Gli occhi erano diventati, se possibile, ancora più azzurri e sembravano risplendere di luce propria. Però se c’era una cosa che non era cambiata era il riflesso vivace e malandrino in essi.
«Dai cretina, sono intelligente io –osservò la ragazza che lo guardava con un sopracciglio alzato, poi scoppiarono entrambi a ridere- Ti ricordi la scena “wurstel e patatina”?»

Avevano lui otto e lei sei anni ed entrambi, forse più lei che lui, erano due bambini innocenti. Lui giocava con le macchinine e pensava che le femmine fossero delle frignone, tranne Jennyfer. Lei giocava a prendere il the con le bambole e pensava che tutti i maschi fossero maleducati ed irritanti, tranne Louis. Loro erano forse l’unica coppia formata da un bambino ed una bambina ad andare d’accordo in tutta Doncaster. E i loro genitori non potevano che appoggiare questa cosa.
Era una calda serata d’estate e la famiglia di Jennyfer era stata invitata a casa Tomlinson per festeggiare con una grigliata il primo compleanno della piccola Lottie.
«Mamma! Non ci sono più wurstel?» si era lamentata lei con le lacrime agli occhi dopo aver visto che il vassoio dove poco prima c’era la pietanza era vuoto.
«Ne vuoi uno?» gli aveva chiesto lui, seduto accanto a lei.
«Si, ma sono finiti.» aveva risposto allora lei, guardandolo con i suoi occhioni azzurri e la bocca sottile ricurvata all’ingiù mettendo in risalto la fossetta sul mento.
«Ti do il mio wurstel!» aveva spalancato le braccia e gli si erano illuminati gli occhi mentre dall’altra parte del tavolo il padre lo guardava con orgoglio.
«Oh, grazie Louis. Però non è giusto che solo tu mi dai qualcosa, quindi ti regalo la mia patatina.» aveva quindi detto lei indicando il suo piatto in cui spiccava un'unica strisciolina gialla.
«Affare fatto»


Jennyfer annuì, sospettosa.
«Rifacciamo lo scambio?»
«Cretino!» esclamò lei cogliendo il doppio senso e tirandogli un calcio leggero sulla pancia. Si guardarono e scoppiarono a ridere entrambi ripensando a quanto ingenui fossero da bambini.

«Jenny!» la ragazza si voltò di scatto quando sentì la sua voce chiamarla.
«Jenny, perché non mi hai risposto al cellullare?» chiese lui con voce preoccupata una volta che l’ebbe raggiunta. La prese per un polso, costringendola a girarsi verso di lui, ritrovandosi petto contro petto.
Era passata l’intera estate, erano tornati i due ragazzi di sempre. Ma il tempo era scappato, il giorno della partenza di Louis per il nuovo tour era ormai alle porte. Ciò avrebbe significato stare lontani, di nuovo, per tanto tempo. Se i due anni precedenti erano stati difficile per lei, il tempo che li avrebbe separati dal loro successivo incontro sarebbe stato ancora più difficile. Perché se quando l’aveva lasciato erano solo amici, durante il corso dell’estate aveva capito si essere innamorata di lui.
Lo guardò negli occhi, vedendolo veramente preoccupato. Non poteva permettere che partisse avendo come ultima immagine di lei una ragazza triste e scontrosa. Doveva farlo per lui, per l’amore che provava per lui.
«Ero da un’amica -mentì prontamente accennando un sorriso con tanto di fossette- scusa, non volevo farti preoccupare»
«Tranquilla, devo dirti una cosa però. -rispose lui facendola sedere su un muretto e mettendosi davanti a lei con un sorriso di quelli che le scaldavano il cuore- Penso di essermi innamorato» improvvisamente il buonumore, così come le era tornato, scomparve lasciandola affogare in un mare di tristezza ed amarezza. Le era crollato il mondo addosso, sapeva ovviamente di non avere alcuna possibilità con Louis che la considerava praticamente una sorella, ma se c’era una cosa che non si aspettava era che lui le dicesse così di essersi innamorato.
«Oh, chi è la sfortunata?» nonostante ciò cercò però di mantenere lo stesso tono scherzoso, sfottendolo come era solita fare. Tentò anche di accennare un sorriso, ma sembrava che i muscoli del viso le si fossero congelati.
«Eddai scema –le diede un buffetto affettuoso sulla guancia- vorrai dire la fortunata.»
«Fortunata ad avere uno stalker come te?» tentò di nuovo con un sorriso, ma al suo posto ne uscì una smorfia orripilante.
«Io sono il miglior stalker di Doncaster. Vuoi sapere com’è?»
No per favore, lasciami andare a casa a piangere le mie lacrime sul cuscino ascoltando canzoni deprimenti. «Certo, sono tutta orecchi»
«Beh, è bellissima. Non è alta, è dieci centimetri buoni più bassa di me, un fisico esile ma ben proporzionato ed i capelli castani. Il suo viso, è il viso più bello che abbia mai visto, sembra un angelo. Ha le labbra rosse, i denti perfetti, le fossette, un nasino all’insù così carino. E gli occhi, i suoi occhi. Sono azzurri, ma non un azzurro che si trova ovunque. Sono color del cielo notturno illuminato dalla luna incrociato al colore del mare. E’ veramente bellissima, anche se lei non sa di esserlo.»
«Beh, lei ti conosce?»
«Eccome se mi conosce, sa tutto di me. Ci sono cresciuto insieme»
«E.. come si chiama?» chiese lei, il cuore che sembrava volesse uscirle dal petto, il respiro affannato.
«E’ un nome bellissimo, l’ho sempre adorato. Jennyfer.» sussurrò a pochi centimetri dal viso della ragazza, le gambe sulle sue ginocchia, i respiri che si confondevano, gli occhi incatenati l’uno all’altro.
Fu questione di pochi attimi e le loro bocche si unirono in un bacio all’inizio dolce, titubante ma che si trasformò presto in un bacio pieno di passione repressa. Le loro lingue si scontrarono iniziando una lotta giocosa, la più antica delle danze: quella dell’amore.
Si baciarono per quelle che parvero ore, fu Louis ad interrompere il contatto. «Sai, penso di essermi innamorato di te.»
«Quanto sono sfortunata» replicò la ragazza, questa volta con un sorriso sincero sul viso, dandogli un altro bacio, dolce, pieno dell’amore che provava per lui.
«Adesso me la dai la patatina?» chiese lui sulle sue labbra beccandosi uno schiaffo leggero sulla guancia.
«Cretino»
«Ti amo»



YUPPI YAMMI!

Ok, mi sono scioccata da sola. Giuro non so da dove mi sia uscito questo D:
Ok comunque eccomi qua con questa sottospecie di OS. Lo so fa cagare i morti ma mi hanno costretto a metterla ._.
Giuro, io non volevo metterla! Quindi prendetevela con chi mi ha costretto, non con me. Anche se forse dovreste prendervela con me dato che sono io ad aver scritto un obrobrio simile.
OKAY LA SMETTO. Coooomunque, grazie a chi ha visitato/recensito e combricola bella l'altra OS che trovate ovviamente nel mio profilo. Ovviamente.
Quindi se lasciaste un commentino anche a questa ve ne sarei grata, anzi vi amerei e vi darei tanti biscottini.
Altro? Su twitter mi trovate come @xperfectboobeat
Bene vado, HALOAAAA

P.s. Esiste la parola haloa? '-
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