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Autore: BlueWhatsername    28/08/2012    12 recensioni
"And it always seems that I'm following you, girl... "
**
Credete nelle emozioni? Ebbene, seguitele.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“… And I can’t fight this feeling anymore,
I’ve forgotten what I started fighting for… “
 
 

Accese la sigaretta con molta più cura di quanta fosse necessaria.
Vide il tabacco prendere fuoco lentamente, consumare la carta bianca, incendiarsi, bruciare.
Proprio come i pezzi della sua anima, quelli che aveva deciso di buttare al cesso nel momento stesso in cui era entrato in quello schifo di locale.
Locale che poi si era rivelato essere un night club.
Night club con stanze.
Spazi appartati dove fare e disfare i propri sentimenti come trame di un ricamo, un paesaggio devastato e desertico, nel suo caso.
Non ricordava di aver mai fumato, di aver mai assaporato il sapore della nicotina, di essersi lasciato avvelenare il cuore come in quel momento.
Volse lo sguardo verso il letto, dove la donna con cui aveva passato le ultime due ore della sua vita di merda giaceva addormentata e scomposta.
Doveva avere sui quarant’anni, culo sodo e una quarta ben piazzata. Niente di cui lamentarsi, dopotutto.
Lui? Venticinque anni, visino pulito e cuore di zucchero filato.
Aspirò forte dalla sigaretta, che aveva trovato in un pacchetto consunto di Whinston Blue abbandonate in uno dei cassetti del comodino vicino al letto, e si perse ad osservare il fumo.
Bel cazzo di lavoro.
 
 
<< Credi di essere divertente? >> gli chiede, scompigliandogli i capelli.
Lui la guarda e sorride.
Quel sorriso asciutto e semplice che sa, la fa impazzire.
La manda in visibilio, le fa raggiungere le vette dell’Olimpo senza bisogno di spintarelle aggiunte, le fa inclinare il viso da una parte, in cerca di chissà che risposta.
Sue ricambia il sorriso, per poi avvicinarsi a lui e stampargli un bacio sulla guancia.
Uno di quei suoi baci umidi e fruttati, per colpa del lucidalabbra che si ostina a mettere sulle sue labbra carnose e invitanti.
<< Te lo ripeto, sei un idiota. Sbirciare nella scollatura del mio vestito come se niente fosse… >>
Arrossisce, e questo lo manda in estasi.
Letteralmente, lo manda a far compagnia ai cervelli ambulanti nell’universo.
<< Non stavo sbirciando da nessuna parte… >> ribatte, sicuro << Eri sporca… Prima di ti sei mezza rovesciata il cocktail addosso! >>
Sue lo scruta, sospettosa.
Forse gli crede, forse no.
Fatto sta che gli si avvicina di nuovo, ma stavolta per sussurrargli qualcosa all’orecchio.
<< Attento a te… >>
<< Cioè? >> domanda lui, stando al gioco.
<< L’ultima volta che hai cercato di ripulirmi da una macchia, ti sei accidentalmente imbattuto nelle mie labbra… >> Sue si ferma, prendendo fiato << … E mio padre non gradirebbe di nuovo una scena simile nel suo giardino! >> e ridacchia, felice.
Il braccio di lui corre alle sue spalle, sfiorandole la pelle fresca e liscia, la sua pelle profumata di noce di cocco, per colpa del bagno schiuma che usa.
<< Ma ora tuo padre non c’è… >>
Sue trema un momento quando lui cambia posizione, solo per avere il suo viso di fronte, i nasi che si sfiorano.
Quando con un movimento lento e preciso, lui fa combaciare le loro bocche.
E tutto, la festa del liceo, la musica, il dj nella sala, i festoni, tutto perde senso.
Come quando sono insieme, d’altronde.
 
 
Sentiva la nicotina scorrergli nelle vene come veleno, ma non intendeva smettere.
Preferiva di gran lunga quel sapore amaro, ma anestetizzante al bruciore reale che lo tormentava dentro.
Si alzò, spegnendo quel poco che era rimasto, per poi sdraiarsi sul letto, sfiorando piano la schiena di quella donna sconosciuta, eppure così vera.
La voltò lentamente su un fianco, poggiando poi la bocca sulla sua.
Senza grazia, senza decenza, senza sentimento alcuno se non quello impellente di spegnere quell’urgenza che sentiva nel cuore.
Lei mugugnò qualcosa, poi ricambiò il bacio, aggrappandosi alla sua schiena.
E da lì, discesa libera…
… Sì, ma verso l’Inferno.
 
 
<< Non possiamo! >> bisbiglia lei, concitata, lasciando comunque che lui la spinga sul divano.
<< Perché? >>
Che domanda idiota.
<< Perché i miei potrebbero rientrare e… >> Sue si blocca, per un bacio troppo pressante sulla sua bocca << … E… Beh, noi… >> si interrompe nuovamente quando sente che lui è ora impegnato a torturarle il collo.
Non ragiona.
Lui non ragiona.
<< Ma se hai detto che sono fuori per tre settimane… Chi vuoi che arrivi a controllare? Tuo fratello?! >>
<< Sono figlia unica, lo sai… >> bisbiglia lei, passandogli le mani nei capelli, quando lo sente spostarsi verso il basso, slacciandole la camicia e percorrendo ogni centimetro di pelle guadagnata con uno sfioramento o una carezza umida.
<< Appunto… >> le sorride, mandandole il sangue al cervello e contemporaneamente una spia dolorosa al basso ventre << … Di che hai paura? >>
Si fissano in silenzio, come se quel momento potesse durare in eterno.
E potessero rimanere seriamente per tutta la vita su quel divano, semi-nudi e con i respiri corti, ad attendere una risposta che non verrà.
Una risposta che entrambi conoscono, probabilmente.
<< Io, beh… >>
Lui la blocca con un bacio.
È dolce, rassicurante, tenero.
Più del solito, e lei si meraviglia: non credeva che quel miracolo che il cielo le aveva donato poteva essere sempre più bello, sempre più perfetto, sempre più lui.
<< Lo so… >> sussurra lui sul suo collo, sfiorandole la pelle con il naso << … E… >>
<< Sai anche che ti amo, allora? >>
Quella domanda lo fredda, lo blocca, gli fa incrociare gli occhi chiari di lei, troppo sicuri ora, troppo meravigliosi.
Sono davvero solo suoi?
<< Ti amo. >> ripete Sue senza timore, agganciandogli i fianchi con le gambe << Ti amo da una vita. Anche quando non me lo dici apertamente ma me lo fai capire con gli occhi… >> e si sporge in su, come a lasciargli intendere che sì, lo ama davvero tanto.
Lui sorride, lasciandosi cadere, lasciandosi trasportare.
La salita verso il Paradiso non è mai sembrata così facile, dopotutto.
 
 
Si rivestì in fretta, senza guardarsi indietro.
Il sapore della nicotina e di quella donna ancora gli invadeva le vene.
Sospirò, entrando in macchina e mettendo in moto.
Le città era pallida, il cielo grigio macchiato di nuvole aspre e sottili, come fili di una gigantesca ragnatela.
Un po’ come la sua anima, contorta e pronta a spaccarsi in definitiva.
Al primo segnale, al primo allarme di pericolo, era sicuro si sarebbe rotta riversando ogni male e dolore, ogni insicurezza, ogni bacio dato fino a quel momento, ogni carezza sospirata e desiderata, ogni sussurro divenuto urlo, ogni drastico momento di felicità collassata in pianto.
Si accorse delle lacrime che gli rigavano il volto quando fu costretto a portarsi una mano agli occhi.
Quando aveva pianto l’ultima volta?
Quando aveva permesso ai suoi sentimenti di sovrastarlo così?
Quando mai era successo che perdesse di vista il motivo per cui lottare?
 
 
<< ‘Giorno amore… >> dice Sue quando lo vede scendere le scale.
<< ‘Giorno! >> saltella lui, afferrando al volo un croissant. Lo morde con gusto, facendole una linguaccia.
Le piace quando è appena sveglia, che sbadiglia contro la tazza del caffè, soffoca dei mugugni e liscia il pigiama ancora incollato alla sua pelle.
Pelle bianca che lui ha avuto il consenso di assaggiare durante la notte, esplorare, annusare.
<< Vai a lavoro, oggi? >> chiese Sue, poggiando la sua tazza nel lavandino e squadrandolo con interesse.
<< Credo di sì… Ti rendi conto, siamo sposati da solo tre mesi e già mi chiedi cosa farò durante la giornata! >> scherza lui, dandole un buffetto sulla guancia << Tu invece? Shopping sfrenato? >>
<< No… >> risponde lei, svogliata << … Pensavo a… Ti andrebbe di andare a cena fuori stasera? >>
E quella domanda già gli suona male.
Gli suona di brutti ricordi e litigate, di lividi sulla pelle di lei e lacrime sul suo viso immacolato.
<< Dove… Dove?! >>
<< Mi hanno invitata a cena… >> Sue tossicchia mentre si volta, per lavare le tazze nel lavandino << … Stasera è il compleanno di mio pad… >>
 << Scordatelo. >> ribatte secco lui, lasciando scivolare a terra la tazza che ha in mano.
Silenzio, la schiena di lei trema mentre muove le mani sull’acqua ed il sapone.
<< Posso sapere che cazzo ti ha detto il cervello di rispondergli al telefono?! >>
Ancora nessuna parola, solo un lieve ronzio che invade le orecchie di lui quando lei ancora tace.
<< Sue?! >> la voce di lui si incrina, agitata.
<< Calmati. >> ribatte lei, placida, senza però voltarsi.
<< Non hai risposto alla mia domanda. >> scatta lui, nervoso, cercando di non cedere alla tentazione di sferrare un calcio al mobile della cucina.
Sì, perché lui ricorda ancora quando il padre la riempiva di botte.
Quando le faceva quei maledetti lividi sulle braccia. Lividi che, puntualmente, lui si apprestava a curare con soffici carezze e baci leggeri.
Quando le lasciava quelle abrasioni sulla schiena, o sui fianchi, quando la obbligava ad andare in giro con gli occhiali da sole in inverno, o con le maglie a maniche lunghe in estate.
Quando li aveva visti baciarsi, nel suo giardino, ed era uscito, minacciandolo di morte.
<< Non mi pare che questa conversazione possa continuare. >> sbotta Sue, tentando di allontanarsi, ma è bloccata prontamente per un braccio.
Sente che le braccia di lui la stringono piano, in un abbraccio comprensivo e carico di parole non dette.
<< Ti amo, lo sai. >> sussurra contro l’orecchio di lei.
Sue sospira, angosciata, tentando di non piangere.
Pure se non ci riesce, pure se stritola la maglietta di lui tra i palmi, ansimando piano al suono dei ricordi.
Degli incubi.
<< E ti amo anche quando non me lo dici apertamente ma me lo fai capire con i singhiozzi… >>
Sue si stringe a lui, finalmente libera di lasciar andare la sua anima.
Finalmente incapace di nascondere quel turbinio di sentimenti che l’aveva sempre posseduta.
 
 
Il silenzio di quei luoghi era surreale senza di lei.
La camera da letto, troppo grande e vuota.
Qualche bottiglia vuota, qua e là, a mostrare i segno del suo cedimento.
Della sua rabbia, del suo dolore, della sua confusione.
Come se seriamente tutto quel gioco – perché quello era – potesse servigli a riaverla indietro.
Ad averla con sé di mattina, quando si stiracchiava nel letto con lui, e lo svegliava strusciandosi contro la sua schiena.
Nel pomeriggio, quando si abbandonava sul divano e guardare qualche soap strappalacrime e lui la spiava, avido, singhiozzare davanti a qualche scena romantica un po’ troppo melensa.
Di sera, quando lo sorprendeva, baciandolo e facendogli capire che no, non era mai troppo tardi per scaldarsi a vicenda e stare uniti, inseparabili e storditi dalla passione.
Si accasciò sul letto, singhiozzando come un bambino.
Un mese.
Un maledetto mese senza di lei.
Lei, testarda, che aveva deciso comunque di andare da suo padre.
Lei, che lo aveva ingannato, dicendogli che stava andando a trovare la sua amica Maggie.
Alle nove di sera, e con quegli occhi traballanti, insicuri, eppure fermi?
No, avrebbe dovuto capirlo.
Lei, che ora era inchiodata ad un letto di ospedale, aspettando la sentenza di Dio, troppo impegnato a fare ordine nell’universo per occuparsi di loro due.
Un gemito più forte gli uscì dalle labbra, ripensando al padre di lei, a quello che le aveva fatto per ridurla al coma, per essersi avventato su di lei, piccola e fragile, bellissima e sensibile.
Ora stava dentro, o almeno così avevano detto i giornali.
Tentò di alzarsi, ma il cellulare vibrante nella tasca lo trattenne.
Sospirò pesantemente prima di rispondere.
<< Pronto? >>
<< Come stai? >>
La voce di sua madre gli giunse ovattata, eppure tagliente.
<< Come sta? >>
Silenzio.
Il suo cuore perse un battito, ricominciando poi a correre a ritmo folle.
Il respiro gli si stoppò in gola, provocandogli una spiacevolissima fitta allo stomaco.
Conati di vomito, eccoli, li sentivo sopraggiungere.
Poi un sospiro, dall’altra parte del telefono.
<< Dovresti chiederlo a lei… Si è svegliata, Louis. >>
 
 
Spazio autrice.
Saaaaalve C: sì, lo so.
Sono consapevole di avere una Fan Fiction (“Green Eyes.” si intitola *-* PUBBLICITÀ PROGRESSO. UAHAHAHAHAH no vabbeh, io ve lo dico non si sa mai! C: AH AH AH ) da portare avanti, ma mi andava di scrivere qualcosa ed ecco qui! u.u
Spero la apprezziate C: davvero, davvero, davvero.
Poverooooooooooooooooo Louis :( aww. Giuro che mi sarei voluta martellare da sola per la stronzaggine (?) nel volerlo far soffrire così.
Ma avete visto, no? Tutto si è risolto! *-*
Beh, ok. LA SMETTO.
Sciaoooo :) e grazie a chiunque si impegnerà a leggerla e recensirla, se ne avete voglia! Byee XXX 
 
 
 
 
 
 
  
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