Nickname: Shizue Asahi
Titolo: Wimpish
Personaggi: Alice Paciock, Rodolphus Lestrange;
Generi: Sentimentale, Nonsense (per l’ultima doubledrabble)
Raiting: verde
Avvertimenti: Drabble, Raccolta, What if?
Prompt: 1, 2, 3;
NdA: Sono due drabble e una double. L’ultima non ha
esattamente senso, è vista dal punto di vista Alice, che non
è proprio in sé. Il
titolo può essere inteso in vari modi, non
è detto che sia rivolto solo ad Alice, anche Rodolphus ha
fatto la sua parte
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Wimpish
Londra, 12 settembre
1978
Si stiracchio, allungando le braccia sopra la testa, andando
a toccare la testiera del letto. Poi si girò a pancia in
giù e il piccolo seno
si premette contro il torace ampio e massiccio del suo compagno.
Rodolphus sbuffò infastidito, del tutto svuotato
dell’eccitazione
e del desiderio che l’aveva pervaso durante la notte. Quando Alice
tentò di baciarlo, si scostò
bruscamente.
Cercò di trattenerlo per la barba ispida, stringendolo a
sé,
ma fu tutto inutile.
Lo osservò rivestirsi in silenzio, stringendo tra le dita
una manciata di peli scuri. Fu allora che realizzò.
Lei era solo l’amante
da amare senza amore. Seguì i suoi movimenti. Non ne
dimenticò nessuno.
Strinse la bacchetta con forza, reprimendo il bisogno di
digrignare i denti. Si fece spazio a fatica, tra i resti dei mobili e
dei
suppellettili, rabbrividendo per ogni macchia di sangue o brandello di
carne. Nell’unico
quadro ancora attaccato alla parete, una decina di sagome tremanti la
osservava
con gli occhi sbarrati.
Quando lo vide, non lo riconobbe subito, con la barba più
lunga del solito e il cappuccio calato sugli occhi.
Alice agitò la bacchetta, ma Rodolphus fu più
rapido e la
disarmò. Le concesse un sorriso stanco e si
smaterializzò.
E la nausea saliva. Si
faceva liquido sotto le palpebre. Diventava lacrime che rapprese
perché non
scendessero a riaccenderle il cuore.
Londra, San Mungo, 13
dicembre 1991
Si tirò una ciocca di
capelli con forza, tentando di
strapparla via, mentre si osservava nel piccolo specchietto che sua
suocera le
aveva lasciato per sbaglio.
Le pareti del San Mungo erano di un bianco spettrale e le
finestre davano sul piccolo giardino riservato ai pazienti. Era tutto
di una
monotonia mortale.
Le tende del suo letto erano tirate e le lenzuola le
coprivano le gambe. Avrebbe voluto scalciarle via, ma non ricordava
esattamente
come fare.
Osservò il proprio riflesso con curiosità, come
se stesse
facendo la conoscenza con uno sconosciuto. Il viso scavato, pallido, le
fece
paura; le labbra erano del tutto sparite, talmente sottili da essere
irriconoscibili.
Toccò il naso sottile, grattandolo con forza alla ricerca di
un guizzo di sangue, di un po’ di pelle, ma poi si diede
della stupida: gli scheletri non hanno la
pelle.
Boccheggiò alla ricerca improvvisa d’aria e
scalciò via le
lenzuola, ricordandosi come fare.
Avvicinò talmente il viso allo specchietto che il naso ci si
scontrò dolorosamente.
Riconobbe gli occhi grigi, furenti, sotto le sopraccigli
scure. Rodolphus è nello specchio
pensò, carezzandolo e inclinando di lato la testa.
Frank emise un basso lamento. Lui sapeva,
si disse e si affrettò a nascondere Rodolphus sotto al
cuscino.
Non lo avrebbero avuto mai.