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Autore: Bianca Wolfe    29/08/2012    1 recensioni
Logan Lerman
All I've known, all I've done, all I've felt was leading to this.
Madeline Hofstadter è piena di complessi e paure, eppure vuol diventare un'attrice. Ma la strada è più ardua del previsto, soprattutto quando la passione ci si mette di mezzo.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 5
It’s probably the best for you

 

 

 

 

 

 

 

Avevo la vista offuscata, quindi non capii in pieno cosa accadde dopo che ebbi dato il pugno a Catherine. Sentivo le gambe molli, non mi reggevo in piedi. Pensavo che sarei svenuta di lì a poco, ma per fortuna Valerie venne in mio soccorso e mi sorresse. Tutto quello che continuava a ripetere era: “Ma dove hai trovato la forza?”, “Oddio!” e “Hai fatto proprio bene a darle quel pugno, se lo meritava!”.
            Intanto, attorno a noi, lo staff si operava per vedere se Catherine stesse bene. Non vedevo Logan, un po’ per la calca che si era venuta a formare attorno a lei e un po’ anche perché – come ho già detto – ero come febbricitante. Non capivo più nulla. Mossi le labbra, ma non percepii alcun suono uscire dalla mia bocca. Mi voltai verso Valerie. « Che ho fatto? » mormorai dopo essermi un po’ ripresa. Adesso la vista si era messa a fuoco e le gambe avevano ripreso forza.
            « Hai dato un pugno in faccia a quella smorfiosa! » esclamò lei e la sentii chiaramente in mezzo a tutto quel caos.
            Soltanto in quel momento mi resi conto del casino che avevo combinato. Seppure credessi fermamente che tutto quel trambusto per un semplice pugno fosse esagerato, sapevo anche che mi ero ficcata in un enorme guaio. Rischiavo di essere licenziata al mio primo incarico come attrice… E chissà se fossi stata ingaggiata di nuovo.
            Presi respiri profondi e regolari, tentando di calmarmi del tutto, ma non accadde nulla. Scappai via, in preda al panico, e mi nascosi dietro una roulotte. Scivolai lungo la parete di metallo e qualche lacrima mi scappò dagli occhi. Non mi ero mai comportata in quel modo, come sono potuta impazzire in tale maniera? Stavo forse diventando una di quelle psicopatiche con tre miliardi di gatti in un minuscolo appartamento e che adescano i bambini per squartarli e farci i brodi? Ok, stavo esagerando, ma mi sembrava tutto così orribile. Ero sempre stata una ragazza pacifica, eppure avevo appena dato un pugno – anche bello forte – in faccia a qualcuno perché… Perché? Perché ero gelosa, ecco perché.
            Udii dei passi che si avvicinavano, ma non me ne importò molto: prima o poi mi avrebbero trovata e l’unica cosa che potevo fare era accettare qualsiasi sorte avessero predisposto per me. Sapevo di aver sbagliato. Non guardai il volto di chi era venuto a cercarmi, ma aspettai che parlasse.
            « Quanto è stato soddisfacente? » dopo qualche momento di silenzio, la voce di Logan arrivò alle mie orecchie, e il mio cuore iniziò a martellare nel mio petto per la paura. Sì, la paura di una sua reazione negativa.
            Non risposi. Anzi, raggomitolai le gambe, tenendole ben strette tra le mie braccia, e affondai il viso in quel cuscino improvvisato. Avrei voluto urlare. Logan si chinò alla mia altezza, proprio davanti a me, perché sentii il suo respiro sulle mie mani quando riprese a parlare: « Ehi, guardami » la sua voce era dolce, rassicurante. Che non volesse “strigliarmi”?
            Alzai lentamente lo sguardo rosso di lacrime e lui mi sorrideva. « Devo ammettere che è stato un bel gancio. E se lo meritava ».
            Tentai anch’io un sorriso, ma ne uscì una smorfia piuttosto goffa. Dovevo sembrare un mostro!
            « Dai, alzati » mi porse la mano, e insieme ci alzammo da terra. Un ultimo singhiozzo uscì dalla mia bocca. « Se avessi un fazzoletto, ti asciugherei le lacrime… Torniamo dagli altri, il regista vuole parlarti ».
            « No! » esclamai, forse un po’ troppo forte « Non voglio tornare da loro… ».
            « Raccogli il tuo coraggio. So che ne hai tanto, nascosto lì dentro ».
            Chissà con quale di quel coraggio di cui stava parlando, in un momento come quello, quando la mia carriera appena iniziata era già sull’orlo del baratro, riuscii soltanto a pensare che quel ragazzo ci sapeva fare col gentil sesso. Scossi la testa, cercando di rimuovere anche fisicamente quell’idiozia dalla testa, deglutii sonoramente un altro malloppo di lacrime e cercai di darmi un contegno, asciugandomi il volto con le maniche larghe della felpa che indossavo (ebbene sì, al mio personaggio piacevano le felpe, a quanto pare).
            Seguii Logan ancora titubante, ma con la consapevolezza che, qualunque cosa fosse accaduto, me la meritavo – a parte morire, ovvio. Cavolo, sono ancora giovane! Zitta, voce petulante che abita la mia testa!
            Non c’era più alcuna traccia di Catherine. Probabilmente, aveva trovato una bustina di ketchup e se l’era versata addosso per simulare una bella perdita di sangue. Fintona. Il regista mi aspettava a braccia incrociate con un espressione che, dapprima, doveva essere seria, ma che poi si addolcì appena mi vide. Ripeto: dovevo sembrare davvero orribile…
            « Maddie, Maddie, Maddie… » anche la sua voce tradiva la sua non-durezza « Sai che ti sei cacciata in guai grossi. Vero? ».
            Annuii, sostenendo come meglio potevo il suo sguardo. Sospirò e sentii un braccio che mi strinse a sé. Era Valerie, che non era molto in vena di battute come al suo solito; anzi, era anche piuttosto seria. La situazione era grave. Il regista continuò: « E sai anche che non posso permettere che tu rimanga sul set, dopo quello che è appena accaduto ». Annuii di nuovo. Abbassai lo sguardo. Dopodiché sentii un respiro che emanava odore di sigarette misto a chewing gum alla menta proprio accanto al mio orecchio. « Ma sappi che lascerò la tua scena nel film, perché è stata davvero buona e per far rosicare la Fleble ».
            Voi direte: ma come? Sei stata appena licenziata e cosa fai? Sorrido. Sorrido perché, seppure il mio comportamento non sia stato uno dei più corretti, qualcuno ha capito le mie ragioni. E non si trattava solo di Valerie, o del regista. Accanto a me, anche Logan sorrideva, ed era questo l’importante.
            « Bene, direi che si riprende domani, visto che Catherine “non se la sente di continuare, per oggi” » quando citò la frase, il regista accompagnò il tutto con il gesto universale delle virgolette.
            Io e Valerie iniziammo già a incamminarci verso il parcheggio, quando entrambe udimmo un “Hey!” in lontananza. Era Logan. Ancora. Ci voltammo e l’osservammo mentre ci raggiungeva: di nuovo il cuore iniziò a martellare. Tu-tum, tum. Tu-tum, tum. Ritmico e inesorabile, avevo paura che potesse essere chiaramente udibile all’esterno così come lo era dentro di me.
            « Maddie… » aveva il fiatone, eppure il mio nome non era mai stato pronunciato così bene. « Vorrei accompagnarti a casa ».
            Valerie mi diede una gomitata, come per dirmi di andare. La guardai. « Ma Valerie…? ».
            Non mi diede nemmeno il tempo di concludere la frase. « Valerie starà bene. Valerie prenderà la tua auto in prestito! » e mi scippò le chiavi dalla mano e corse via, in modo che ogni tentativo di discussione andasse vano. Restammo soli e lui sorrise, di nuovo. Non chiedetemi come ho fatto a restare calma.
            In silenzio, mi prese per mano e mi condusse alla sua auto, ormai diventata alquanto familiare ai miei occhi. Salimmo e Logan mise in moto e partì. Non parlammo, ma quella quiete non era imbarazzante, era invece normale, intima. Perfetta. Come quando guardate il vostro lui, o la vostra lei, e non servono le parole. Come faceva quella canzone? Ah sì, more than words. Non c’azzecca nulla, ma mi era venuta in mente.
            Sostò proprio di fronte casa mia, ma non diede accenno di volermi salutare. Non che io lo volessi: mi sentivo in pace col mondo, in quell’abitacolo. Ma la quiete venne interrotta. « C’era qualcosa di più, dietro quel pugno, non è così? » chiese all’improvviso. « Non era solo per quello che Catherine aveva detto, giusto? ».
            Possibile che la gente riesca a leggere perfettamente me, ma che io non riesca a leggere perfettamente la gente? A quel punto, tanto valeva essere sincera… O perlomeno un po’. « Non volevo che ti baciasse ».
            « Ma in quella scena non c’era alcun bacio » rispose prontamente. Bene, era anche sveglio!
            « Lo so » replicai, quindi, con il mio tono più imbarazzato. Ti prego, fa che non sia diventata rossa!, questo mi dicevo intanto.
            Seguì un ennesimo, lungo silenzio.
            « Vorresti che baciassi te? ».
            Sì. « No », se non ero diventata un peperone proprio in quel momento, mi chiedo quando…
            « Sicura? ».
            No. « Sì ».
            Protese il volto oltre la leva del cambio manuale. « E se ti dicessi che io vorrei baciarti? ». Non avrei mai immaginato quanto serio potesse risultare mentre mi poneva quella domanda. Logan non era uno di quei playboy da strapazzo, tutti “dammela, ma domani non ci rivedremo più”. I suoi occhi trasmettevano timore, timore di un rifiuto. Proprio come mi ero sentita io poco prima.
            « A- adesso? » balbettai. Che idiota sono…
            Annuì leggermente e si protese ancor di più. Rimasi immobile, di ghiaccio. Durante il tragitto non avevo più pianto, il volto era tornato a un colorito piuttosto normale, mentre gli occhi erano ancora un po’ rossi. Eppure eravamo lì, lui voleva baciarmi seppure stessi di… Di… Lasciatemelo dire: di merda! Ma tutto passò. Al diavolo!, pensai e mi buttai. Durò quanto? Tre secondi? Appoggiai soltanto le labbra, ma le ritrassi subito – se ve lo state chiedendo, sì: era l’isteria.
            Logan mi guardò stranito. Io mi strinsi nelle spalle con un sorrisetto poco convinto. « Mi dispiace » dissi.
            « Possiamo riprovare, se vuoi ». Il suo sorriso gli illuminò di nuovo il volto.
            Il secondo bacio fu decisamente migliore. Non ero avvezza a certa pratica, ma con Logan sembrò tutto così facile. Intanto mi dicevo che era solo un bacio, ma non era così: non era un bacio come gli altri. Era un bacio che mi stava dando uno dei ragazzi più dolci che abbia mai conosciuto in vita mia… Il più dolce, a dire il vero. Era una magia, e il mio stomaco ne risentiva gli effetti. Sembra stupido dirlo, ma le farfalle che svolazzano esistono davvero. Purtroppo, nel mio caso particolare, non ne erano solo cinque o sei, ma un intero stormo che avrebbe potuto forarmi il corpo da un momento all’altro. Non fu proprio uno dei più romantici, visto quanto fosse scomoda la sua auto, ma fu lo stesso un bacio che non avrei mai dimenticato.






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Lo so, è passato più di un mese. Lo so, è corto. Lo so, non è bello come i precedenti. Però! Cioè, avete visto che è capitato, alla fine del capitolo? No, ok, non era un tentativo di "corruzione" nei vostri confronti, il capitolo mi è uscito semplicemente in questo modo perché... Perché volevo che accadesse.
In questo periodo sono successe un sacco di cose e sono sabato sono tornata a casa ispirata. Così.
Questo discorso non ha senso (infatti è solo un flusso di coscienza che dovrebbe servire a farvi capire in che stato si trova il mio cervello bacato). E comunque, se non avete capito, meglio così.
Spero di riuscire a postare il seguito il più presto possibile!
Un bacio,
Sara.

   
 
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