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Autore: Keiko    29/08/2012    1 recensioni
Quando hai quindici anni credi che tutto sia bianco o nero, ti senti vulnerabile ma ti ostini a sfidare il mondo a petto nudo, senza nasconderti dietro le maschere. Quelle, te le crei dopo, quando sei adulto e ti accorgi di essere divenuto il prodotto delle menzogne che hai raccontato a te stesso quando eri un ragazzino. Per perdonarti l'errore di troppo. Per alleviare il dolore. Per poter amare ancora senza ricordare l'amarezza dell'abbandono. Per poter vivere ancora devi scendere a compromessi e raccontarti mille bugie per stemperare il nero di un passato fatto di piccoli e grandi errori. Crescendo diventi più indulgente verso te stesso, ma quando hai quindici anni sei il tuo peggior nemico.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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A Sweet Revenge © 2012 (14 luglio 2012)
Disclaimer. Tutti i personaggi di Harry Potter appartengono a J. K. Rowling, agli editori inglesi e ai distributori internazionali che detengono i diritti sull'opera. Questa storia è stata redatta per mero diletto personale e per quello di chi vorrà leggerla, ma non ha alcun fine lucrativo, né tenta di stravolgere in alcun modo il profilo dei caratteri noti.
Nessun copyright si ritiene leso.



“She's the tear that hangs inside my soul forever”
(“Lover, you should've come over”, Jeff Buckley)


Al ballo di Yule dovevi portare la ragazza più bella. Lily Evans, capelli di fuoco e occhi verde bosco, era la meta irraggiungibile di Severus Piton. La più bella, anche, per la quale le altre nemmeno valevano la pena di essere tenute in considerazione. La guardava volteggiare tra le braccia di quello spavaldo di Potter, ma non c'era traccia di felicità sul suo viso. Sembrava la rassegnazione di chi ha subito un'imposizione, non di chi ha seguito il cuore. Anche a Lily piaceva Potter, come a tutte le ragazze di Grifondoro? Severus si era rassegnato all'idea che, oltre alla dignità, Potter gli avesse rubato anche l'amore. Aveva quattordici anni, dunque, quando la vita gli aveva ricordato che la codardia è il peggiore dei veleni e che la fedeltà è il paradosso con cui ti accingi ad affrontare il resto della tua vita. James Potter, occhiali a nascondere lo sguardo attento e capelli sempre arruffati, Cercatore dalla lingua tagliente - sufficiente, almeno, a porre in ridicolo Severus davanti all'intera scuola- si era coalizzato con gli altri sbruffoni della sua Casa. L'onta peggiore, tuttavia, l'aveva subita quando aveva preso le sue difese Lily Evans, con una spiccata avversione nei confronti dei gradassi e delle ingiustizie.
Severus era suo amico, questo si ripeteva convinta che non sarebbe stata la rivalità delle Case a cambiarne i sentimenti. Lily non aveva fatto i conti con il mondo degli adulti, con la meschinità che si celava dietro l’orgoglio del sangue, con la crudeltà spietata con cui anche i bambini sono destinati a crescere e abbandonare il calore di casa. Per lei, a cui la vita babbana aveva riservato l’odio di sua sorella e l'orgoglio dei genitori, essere ammessa ad Hogwarts era stato un sogno. Sentirsi normale tra quelli strani, sentirsi protetta in un mondo che le voleva, in qualche modo, bene. Dall’altra parte aveva avuto Severus e pomeriggi passati a raccontarsi storie di stregonerie e magie così assurde che le sembravano solo fiabe. Le andava però bene così, con Severus e Hogwarts come cornice.
Si avvicinò a lui trovandolo seduto sulle gradinate che conducevano alle aule e poi ai dormitori, annoiato dalla musica alta e dal marasma di idiozia che permeava l'aria. Gli sembrava che tutti gli studenti di Hogwarts fossero riusciti a tirare fuori il proprio lato più frivolo, come se una stupida festa potesse dare alla testa persino più di una pozione Felix Felicis. E pensare che non era nemmeno San Valentino ancora. Sospirò a quel pensiero, già proiettato in un clima dove persino Lily riusciva ad amalgamarsi alla mediocrità del mondo che la circondava. A volte dimenticava che era una ragazza, che era cresciuta e non era solo la ragazzina che sognava avventure di draghi e fate sulle rive imbrecciate del ruscello che fendeva in due Spinner’s End con il suo fedele compagno, ma un’adolescente che viveva i sentimenti stordendosi di ciò che la sfiorava.
“Hai l'aria scura, cos'è quella faccia Sev?” gli chiese lei facendo capolino dall'angolo cieco creato dalla colonna che segnava l'inizio della scalinata, la lunga gonna dell'abito rialzata agli angoli per non incespicare nelle balze.
“Non mi piace danzare.”
“O non sai farlo?” lo pungolò lei sorridendo. Non era una battuta al veleno, la sua, perché celava la totale conoscenza dell'altro, quella che le permetteva di da sapere che era tagliato per stare chino su libri e pozioni, piuttosto che per dimenarsi su una pista da ballo.
“Lily, ti prego...”
“Si si, conosco il seguito: non iniziare con le tue storie assurde” concluse lei gesticolando in modo convulso sedendosi accanto a lui, passandosi le mani sotto le ginocchia rendendo i metri di stoffa in eccesso una morbida nube color smeraldo entro cui affondare il viso.
“Non ti stai divertendo, vero?”
“Secondo te?”
“Me l'ero immaginato diverso, lo sai?”
“Avevi aspettative troppo alte su Potter?” le chiese con una punta di risentimento nella voce. A quelle parole Lily alzò il mento dalle ginocchia, fissandolo con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa in un'espressione di stupore.
“Tu credi... si, avevo aspettative troppo alte, per questo mi sono accontentata di Potter.”
Non era di certo la risposta che si era aspettato, né quella che avrebbe mai contemplato nel ventaglio di tutte quelle possibili.
“Perché non mi hai invitata tu?”
Lily Evans aveva il temperamento sanguigno di cui i lunghi capelli erano lo specchio, lo sguardo sempre diretto che non si abbassava mai per paura ma che riusciva a infastidirti per la sua insistenza. O ad ammaliarti per la sua bellezza. Ti inchiodava sul tuo posto, con quelle iridi del colore dei prati d'Irlanda, cristalline e mai adombrate da pensieri.
“Non so ballare, non mi piacciono le feste e gli agglomerati di stupidi che fanno confusione. Ti avrei rovinato la festa.”
“Ci saremmo divertiti stando semplicemente insieme. È da quando siamo qui dentro che tu non fai altro che evitarmi. Cos'ho fatto di sbagliato?”
“Nulla” si difese il ragazzo distogliendo lo sguardo dall'amica.
“È perché sono una Grifondoro?
“No...”
Si.
“Mi stai mentendo.”
“Non è vero.”
“Detesto quando ti comporti così. Tu sei Severus anche se sei un Serpeverde. Il colore del tuo sangue e del tuo cuore non sono cambiati.”
Ma la mia bandiera si, sta mutando velocemente, a grandi falcate in direzione di un esercito che si fa sempre più possente e maestoso. Voglio la mia rivincita, il mio riscatto.
“Cambiano i pensieri e le persone, fa parte della crescita di ogni essere umano.”
“Dunque... è un addio?”
La sua voce fu solo un sussurro, ma la domanda sembrò rimbombare per l'intero castello. Non attese la sua risposta, si sollevò dal proprio posto e lo guardò per un'ultima volta, ferita.
“Avrei voluto che il nostro Natale fosse diverso Severus, lo sai?”


La primavera giungeva sempre senza preavviso, a Hogwarts. Quando meno te l'aspettavi il sole faceva capolino oltre le nubi diradando le nebbie e sciogliendo la neve sino a far intravedere zolle di terra brulla destinate a vestirsi di primule e bucaneve. Era la stagione preferita da Lily, un po' perché preannunciava l'avvicinarsi delle vacanze estive e un po' perché poteva uscire all'aperto a studiare. Amava il possente salice che si ergeva sulla riva opposta del lago, una cupola naturale dove l'accesso era piuttosto difficoltoso. Il motivo per cui Lily lo trovava così confortante, era che le ricordava il vecchio Severus, quell'amico che l'aveva fatta sognare con favole magnifiche che si erano rivelate una realtà oltre le pieghe dell'ovvio. Severus, anno dopo anno e scelta dopo scelta, si stava allontanando da lei. Lo vedeva in quello sfuggirle lungo i corridoi quando si incrociavano, nel limitarsi a saluti a capo chino come se provasse vergogna nel conoscerla. Al quarto anno, quando i balli di Yule si erano susseguiti senza cambiare i connotati di coppie che, di volta in volta, sembravano destinate a restare immutate nel tempo, Lilly Evans aveva deciso che quel salice piangente avrebbe dovuto cancellare i ricordi di Severus e dell'austera tunica nera che aveva mostrato a un buon numero di studenti le sue mutande. Era il giorno del verdetto, quello, il passaggio inesorabile all'età adulta. Quando hai quindici anni credi che tutto sia bianco o nero, ti senti vulnerabile ma ti ostini a sfidare il mondo a petto nudo, senza nasconderti dietro le maschere. Quelle, te le crei dopo, quando sei adulto e ti accorgi di essere divenuto il prodotto delle menzogne che hai raccontato a te stesso quando eri un ragazzino. Per perdonarti l'errore di troppo. Per alleviare il dolore. Per poter amare ancora senza ricordare l'amarezza dell'abbandono. Per poter vivere ancora devi scendere a compromessi e raccontarti mille bugie per stemperare il nero di un passato fatto di piccoli e grandi errori. Crescendo diventi più indulgente verso te stesso, ma quando hai quindici anni sei il tuo peggior nemico.
“Oh Sev! Allora sei venuto!”
“Si ma... dovrebbe essere l'ultima volta.”
Lo guardò sorpresa, inclinando di lato la testa come un cucciolo di volpe. Come una cerva dagli occhi color muschio incorniciati da lunghe e sottili ciglia che parevano filamenti d'oro.
“Cosa c'è che non va?”
“Dimmelo tu Lily.”
“Sei cambiato, sei... insofferente. Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
In quel momento la odiava. Anzi, a ben vedere la odiava sempre quando si addossava colpe che non aveva.
“Perché ti metti sempre in discussione?”
“Cosa... lo sai che non voglio litigare con te.”
“Sono solo molto preso dagli studi.”
“Vuoi passare i G.U.F.O. con il massimo dei voti?”
“Lo farò.”
Severus, per la prima volta da quando ne aveva memoria, aveva ostentato la sicurezza tipica del pozionista che sarebbe stato nel suo prossimo futuro, egregio conoscitore di sé stesso e dell'animo umano. A quel tempo aveva solo coscienza di sé, perché la vita non gli aveva ancora strappato tutto e l'amore non gli aveva macchiato le mani di sangue innocente. Riuscì a rubare una risata a Lily, cristallina e pulita. Non era mai nervosa, nemmeno quando le cose erano davvero a un punto critico.
“Quindi è solo quello?”
“Si Lily.”
Imparare a mentire stava diventando un'arte, un alibi nei confronti del suo cuore. Implacabile, pesante, il sipario di velluto nero come un drappo funereo si stava frapponendo tra loro, sino ad arrivare a imbrigliarli in un due mondi differenti, dove la vita dell'uno sarebbe stata la menzogna della vita dell'altra.


L'estate era una vittoria e una condanna. La prigionia di una casa di stupidi babbani e la vita con Lily che scorreva lenta all'ombra dei salici che costeggiavano il fiume che tagliava in due parti nette Spinner’s End. Come una metafora dal profumo di satira, Lily viveva sul versante opposto a quello di Severus, dalla parte dei giusti, di quelli che avevano giardini curati con l'erba perfettamente tagliata, le aiuole definite in modo così perfetto da sembrare dipinte, e i bassi steccati di vernice bianca. Dove viveva lui, invece, crescevano erbacce nei giardini incolti che si trasformavano in sterpaglie secche in quel periodo dell'anno, dove solo una cassetta delle lettere dismessa riusciva a essere il segnale che ancora qualcuno viveva in quelle abitazioni dall'intonaco scrostato, arse dal sole e battute dalle intemperie, le persiane lasciate a pendere dai propri cardini come bandiere alzate a mezz'asta. A volte Severus si domandava se, in un’ipotetica vita, scambiare il proprio posto con quello di Lily avrebbe significato essere migliore di ciò che non era in realtà. Poi si ricordava che la sua vita, a Lily, non avrebbe voluto mostrarla mai, men che meno farle vivere l'inferno di un padre che ti batteva con la scopa quando chinavi il capo e bisbigliavi parole a mezza voce, mentre in cucina la caffetteria esplodeva per il calore sulla fiamma e non alzavi mai lo sguardo in gesto di sfida. Un uomo vero avrebbe dovuto reagire, perché invece suo figlio pregava déi senza significato? La scopa calava su di lui con inesorabile freddezza, e prima o poi Severus avrebbe messo la parola fine alla vita di quello stupido uomo. Un giorno, forse, sarebbe riuscito persino a rendere felice Lily. L'estate porta sogni grandi quanto nubi di temporale, grevi di pensieri che riportano in modo brutale a una vita che non desideriamo, da cui continuiamo a fuggire senza avere possibilità di cambiarla. Severus Piton, però, ce l'avrebbe fatta. Prima o poi, i sogni della sua estate si sarebbero trasformati in realtà.


Di nuovo l'autunno grigio e spaccato da temporali e tuoni fragorosi a fare capolino oltre le prime settimane di sole di un placido settembre. L'Espesso per Hogwarts fendeva in due parti la Scozia, come una ferita che tagliava un territorio dilaniato da una guerra imminente di cui pochi erano a conoscenza, di cui Severus era divenuto già pedina. Il viaggio che, sino all'anno prima, avevano fatto insieme, per la prima volta divenne l'emblema di una cicatrice decisa, la stessa con cui i binari sembravano incidere la terra. Si salutarono sui primi gradini, poi Lily venne inghiottita dal vociare fastidioso di comari e galline, lui da un inconsolabile silenzio e dalla consapevolezza di essere scivolato nell'ombra. Non che il ruolo di eroe o di primo della classe gli fosse mai calzato, di certo era avvezzo a ore chiuso in laboratorio a sublimare pozioni e rendere perfette quelle che, persino i libri, riuscivano a sbagliare. Era un dono quell'abilità di pozionista che il Signore Oscuro aveva mirato riflettendosi negli occhi liquidi di un ragazzino timido, cui l'ambizione più grande era riprendersi sulla sua misera vita un riscatto che ammetteva solo vittorie e nessuna traccia di fallimento. Severus, solo nella propria carrozza, ripensava a quell'uomo distinto, i capelli bianchi come fili di luna e lo sguardo sottile del predatore notturno, all’offerta che gli aveva marchiato la pelle e scandito l'esistenza dall'istante in cui aveva accettato la corte del Signore Oscuro. Lucius Malfoy era un rapace, un abile giocoliere e il riflesso di una classe politica che riferiva nel proprio sangue il posto che gli spettava tra chi aveva in mano il destino del mondo. Lucius l'aveva avvicinato al limitare dell'estate, una sera in cui si era trattenuto dopo che Lily aveva fatto ritorno a casa, pero a rincorrere i propri pensieri mentre osservava le lucciole volteggiare pigramente sulle acque stagnanti del fiume. C'era stata quella confessione, da parte di Lily, quell'innocenza che all'improvviso era stata spazzata via da un nome: James Potter. Severus aveva dovuto trattenere la rabbia, per l'ennesima volta preso in giro dalla vita e dai suoi nemici, mentre quell'idiota si prendeva ciò che avrebbe dovuto essere suo soltanto. Il Male ti entra dentro quando sei più debole, quando la vendetta e la rivalsa diventano un demone che ti divora dall'interno trasformandoti in un mostro. Lucius attese il momento adatto, l'istante perfetto in cui ogni barriera viene meno e tu sei vulnerabile dinnanzi al mondo. Lo aiutò a scrollarsi di dosso quelle lacrime di donnicciola e gli sorrise, puntellato con eleganza al proprio bastone da passeggio.
“L'Oscuro Signore si aspetta grandi cose da te, Severus. Sei l'orgoglio di noi Serpeverde, quale stupido Albus Silente potrebbe mai offrirti ciò che Lord Voldemort ti sta concedendo? È l'opportunità di vittoria che aspettavi, Severus. Basta solo un pensiero, e saremo da te per renderti uno di noi.”
“Come...”
Lucius si sollevò la manica della camicia, lasciandogli vedere il Marchio Nero che, baciato dai raggi del sole morente, sembrava muoversi sinuoso sotto pelle, là dove il serpente scivolava fuori dalla bocca di un teschio ghignante.
“Dovrei...”
“Non sprecare quest'opportunità. La prossima volta che ci incontreremo saprai darmi la tua risposta. Nessuno rifiuterà mai l'invito dell'Oscuro. Hai tutto da perdere nel restare nella tua misera ombra, Severus. Tutto da perdere.”
Il pozionista rabbrividì, la testa premuta contro il vetro gelido del treno che sfrecciava veloce per portarli rapidamente verso Hogwarts. D'istinto sollevò la manica della propria tunica, fissando la pelle candida sotto cui le vene verdognole risplendevano in modo sinistro.
Un vociare provocatorio passò vicino alla sua cabina, prima di superarla senza curarsi del suo silenzioso ospite. Vide qualcuno arrestarsi, una sagoma oltre la tenda scura, poi la chioma fulva di Lily si protese in avanti, allungandosi al suo interno attraverso la fessura aperta.
“Sapevo che ti avrei trovato qui. Stai bene?”
“Cos'era tutta quella confusione?”
“James e Sirius hanno trasmutato Minus in un rospo, ed ora stanno tentando di recuperarlo prima che salti fuori dall'Espresso.”
“Sei con loro?”
“Gli sto dando una mano o ci toglieranno punti per il Torneo delle Case senza nemmeno aver messo piede a scuola.”
La vide stornare lo sguardo e tirarsi con stizza una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
“Ehi Lily ti muovi?”
“Arrivo!”
James Potter. Ancora lui. L'avrebbe riconosciuto tra milioni d'echi, quale fosse il suo. Vide Lily voltarsi verso un'ombra che le caracollò addosso, allungandosi per vedere cosa l'avesse trattenuta.
“Oh. Mocciosus. Il tuo solitario viaggio non è abbastanza decadente, qui, nell'ombra?”
“Smettila James” incalzò la ragazza dandogli una leggera gomitata per scansarlo.
“Appena trovo Minus passo da te” proseguì la ragazza ignorando volutamente il compagno.
“Puoi restare con i tuo amici, sporca Mezzosangue.”
Vide gli occhi di Lily ridursi a due fessure e curvare le spalle in modo stanco, come se tutto il peso degli anni le fosse caduto addosso all'improvviso.
“Non vi sopporto quando vi comportate così. E tu Minus cercalo da solo.”
La vide allontanarsi dal lato opposto a quello di Potter, tornando a guardare le Highlands mutare forma nella notte. In quel momento l'aveva perduta. E quando ti strappano anche l'ultima delle più importanti cose della tua vita, sei disposto a tutto per riprendertelo. Anche scendere a patti con i demoni.
La rabbia e il rancore giocano tiri mancini, ti fanno affondare la lama di un coltello avvelenato sino a sfiorare e spaccare in due il cuore del tuo nemico. Vuoi vederlo sanguinare, là dove fa più male e goderne.
Sporca Mezzosangue. Come gli era venuto in mente? Vide Potter inseguire Lily lungo il corridoio e ritornare sui propri passi pochi istanti più tardi. Era lui la causa di tutto. Strinse le palpebre tra loro, implorando di vederle sanguinare: cessare di vedere per non soffrire mai più. Eppure, l’eco lontana della voce di Lily gli risuonò di nuovo nelle orecchie, come una condanna dalla quale non si sarebbe mai potuto sottrarre.
“Credo di essermi innamorata di James.”
Silenzio, il capo chino a fissarsi l'orlo della tunica nera.
“Sai, non so come accadono certe cose. Forse capitano e basta.”
Prevedibile che il migliore dei Grifondoro si prendesse tutto ciò che desiderava, no? Accadeva sempre così, anche nelle favole babbane.
“Mi ha chiesto di andare con lui al ballo di Yule e... stai bene Sev?”
“Ho solo un po' di mal di testa.”
Sono disgustato.
“Sarai felice per me? So che tra te e James non corre buon sangue ma vorrei che facessi questo sforzo.”
Vorresti lavarti la coscienza, almeno un poco? Un pensiero troppo crudele, che sapeva essere l'intrusione melliflua di un'insinuazione piovuta dal basso.
“Lo farò. Mi basta che tu sia felice.”
“Non mi lascerai vero?”
“No.”
Bugie. Solo bugie sapeva raccontare ormai. Era divenuto così bravo che lentamente l'amore stava fingendo di essere odio. Puoi mentire alla ragione, ma prima o poi il cuore esplode e ti costringe a fare i conti con i rimpianti e il rimorso.
E poi accadde: la chiamò sporca Mezzosangue.


L'ultima estate della sua adolescenza fu dipinta da striature vermiglie e cavalcate di diavoli tra le nubi del cielo londinese. Ricorda il vento caldo, le nuvole gelide e il marchio che brucia contro la pelle sino a stordirti. Grattarlo non servirà a cancellarne le tracce, questo lo sa bene. Severus Piton ha imparato il significato del rigore di una toga monacale, del silenzio di uno studio in cui la vita sublima in morte e poi torna in vita. In un processo infinito, dove l'Opera al Nero non è altro che la purificazione ultima: indossarne i colori anche in vita lo mette in pace con quella che sarà la sua fine. Di quella notte di agosto sa che porterà con sé il viso sorridente di Lily e l'eco lontana delle grida di James Potter. Non si è curato del ragazzo, non subito almeno. Ogni attenzione, ogni muscolo e lacrima è stata offerta in suffragio all'amica di una vita. All'amore di sempre. In quell'istante lo stesso desiderio di tanti anni prima lo assale con violenza, facendolo cadere in ginocchio, svuotato di ogni energia. Scambiare la propria esistenza con quella di Lily, offrirle ancora una vita da spendere con le persone che ama. Una vita da schiava, con la pelle deturpata da un orrido marchio. Probabilmente quello non potrà essere un dettaglio da omettere, il pacchetto dovrebbe contenere in egual misura pregi e difetti. Vale la pena viverla, ora, questa vita? In catene per espiare una colpa d'amore, privato di quella sbiadita rassicurazione in cui la sua Lily è finalmente felice. Una lacrima solitaria sfugge al suo controllo mentre stringe tra le braccia il suo corpo privo di vita, fragile contenitore dell’animo di una leonessa. Lily sarà per sempre quella lacrima solitaria che fende in due parti la sua anima. Sino alla fine.


Primavera. Estate. Autunno. Inverno. Poi ancora primavera.
Le stagioni della vita di Severus Piton si sono susseguite a ritmi serrati, tinte dai colori della guerra e del sangue. Tratteggiate dalle linee nere di un marchio indelebile quanto l'infamia. Di quell'amicizia, negli anni, è rimasto ben poco. Di Severus Piton solo il nomignolo disgustoso di Mocciosus; del Principe Mezzosangue solo un libro usato come memento del su genio per i posteri. Inconsapevolmente destinato al mausoleo vivente a Lily Evans, il giovane e stupido Prescelto: tronfio come il padre, con lo stesso sguardo di sua madre. Severus vanta la condanna più crudele: quella dei ricordi. Fissa quel ragazzino dal cipiglio arrogante, lo stesso sguardo della madre celato da occhiali spessi che sono un alibi dietro cui nascondersi. Non riesce a soffermarsi troppo a lungo su di lui, la sola vista di quella tonalità di verde unica al mondo riapre vecchie ferite. Ha promesso. Ha giurato nascondendosi nella tenebra sulla tomba di Godrick's Hallow, dovendo fare i conti ancora una volta con l'amore di qualcun altro. Per qualcun altro. Un eterno secondo, messo costantemente nel luogo dove si celano gli invisibili.
“Allora, signor Potter, vogliamo iniziare la sua lezione di Occlumanzia?”
“Non ne ho bisogno!”
“Stupido Potter” gli sputa contro l'uomo con quel suo tono di voce sempre troppo basso, più simile a stoccata piuttosto che a un insulto. Cela sempre un doppio significato, mostra l'ambiguità di una vita vissuta tra due mondi, sulla linea di confine tra Bene e Male. Dove vive quell'insipido grigio di cui Harry Potter non comprenderà mai la bellezza.
“Io non ci resto qui dentro!”
“Il Signore Oscuro ti troverà e ti farà a pezzi.”
Sottolinea l'ultima parola sputacchiando e sibilando sulle doppie, annullando la distanza tra sé e il ragazzo con veloci falcate.
“Cosa ti fa credere che il Fato ti arriderà sempre? Stupido e impertinente moccioso. Il Signore Oscuro non ha risparmiato la tua famiglia, credi che cesserà di darti la caccia solo perché gli sei venuto a noia? Non siete un gatto e il topo, lui non vorrà mai giocare con te.”
“Lo conosce bene, non è così?”
Un azzardo che gli costerebbe uno schiaffo, e poi un altro e un altro ancora, sino a spaccargli il labbro e il naso. La stessa insolenza di suo padre, lo stesso sguardo di Lily che lo sta colpevolizzando per l'ennesima volta, nella sua testa.
“La lezione è finita. Per sempre.”
“Sono....”
“Libero, Potter. E in balia del più grande e temuto mago che il Mondo Magico abbia mai conosciuto. Esattamente.”
Si fronteggiano ancora per un istante, dopodiché Harry esce lasciando Severus solo nel proprio studio, mentre oltre le vetrate a ogiva della scuola un pigro sole stempera in un tramonto di un caldo arancio per fare spazio alla sera. Le giornate si stanno accorciando in fretta, e presto sarà di nuovo inverno. Avverte il profumo della prima neve fendere l'aria mentre i lupi lanciano i primi ululati alla luna crescente. Lo sguardo si posa là, sull'ultima bava di nubi vermiglie, mentre la mano va a sfiorare l'avambraccio che brucia al richiamo insistente di Lord Voldemort. Prima o poi dovrà tornare da lui e presentargli il conto delle proprie azioni, ancora una volta pronto a mentire, vivendo sul ciglio di una dualità che, forse, ha ereditato da Silente.
E' una scia di fuoco che gli brucia la retina e cauterizza le cicatrici del cuore, Lily Evans. La più profonda e insanabile, però, porta ancora il suo nome.



Note dell'autrice (1).
Il titolo (così come la narrazione) è ispirato al film "Primavera. Estate. Autunno. Inverno. E ancora primavera." un film (bellissimo) di Kim Ki-duk. La citazione iniziale fa parte della tabella "50 Musical Impression" dato che, a quanto pare, ogni tanto ricordo ancora che esiste.

Note dell'autrice (2).
Questo ritratto di Severus Piton è nato grazie alla lettura de “L'ossimoro del biancospino” di Sara. Indubbiamente il meglio caratterizzato che io abbia mai avuto il piacere di scoprire. Per questo non mi resta che ringraziarla per aver dato vita a una storia che continua a strapparmi un giubilo di gioia ad ogni nuovo aggiornamento <3
   
 
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