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Autore: Deirbhile    29/08/2012    1 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo tre: Puntualità inopportuna

 

-Chiara, so che sei lì in camera tua! Come here and clean up this mess!- urlò Margaret dalla cucina, ammiccando ai rimasugli del frullato al cioccolato della figlia sparsi sul bancone in marmo. Sorrise impercettibilmente, parlare inglese a casa le veniva quasi spontaneo.

 

-Che palle, mamma!- La voce di Chiara rimbombò dalla sua piccola stanza al piano di sopra.

Ora che sua sorella Benedetta si era trasferita a Perugia per gli studi universitari, poteva godere a pieno delle sue potenzialità. Ascoltare le canzoni di Cat Stevens,dei Guns n’Roses e altri cantanti che adorava ad alto volume tutto il pomeriggio era la cosa che più le piaceva. Oltre al fatto che poteva mandare sms ai suoi amici fino a notte fonda, e non era costretta a suonare la chitarra nei limiti imposti da sua sorella. Un po’ però le mancava, almeno quando i suoi genitori erano fuori per riunioni impreviste c’era lei a cucinare qualcosa e ad accoglierla a casa dopo una burrascosa giornata al liceo.

 Poco dopo Margaret intravide una massa rossa di capelli scendere le scale e fiondarsi in cucina, con l’orecchio ermeticamente attaccato al cellulare.

 

-Pulisci questa roba e non usare quel tono con me -  sentenziò lanciandole uno scialbo sguardo di rimprovero.

-Come vuoi… Allora che mi stavi dicendo, Riky?- domandò la figlia alla voce maschile che proveniva dal suo cellulare, ignorando volutamente la madre lamentosa. Afferrò uno straccio e ascoltò interessata.

Riccardo e Chiara erano amici da un po’, anche se lui frequentava l’ultimo anno di liceo. Era molto affezionato alla ragazza, come ad una sorella minore ed era sempre stato del parere che fosse adorabile con quei capelli scarlatti e le lentiggini. Non era una sua amica, era la sua migliore amica.

-Ti va di venire al parco? Così parliamo un po’ prima che tu parta… Domani sono impegnato tutto il giorno con gli allenamenti di pallavolo- propose la voce metallica del ragazzo dall’altra parte dell’apparecchio.

-Da soli?- domandò divertita l’altra, assorta nell’osservare il liquido marrone impregnare la stoffa sporca dello strofinaccio. L’amico esitò per qualche secondo.

-No… Posso chiamare anche Sabrina se ti va, giusto oggi mi aveva chiesto se ci andava di uscire tutti insieme.-  rispose debolmente. A Chiara non andava che lui chiamasse anche Sabrina, però. Non che avesse nulla contro la sua amabile compagna di banco, semplicemente le piaceva passare del tempo col suo migliore amico. Da soli. Riccardo era così: riflessivo, sensibile proprio come lei. Solo che a differenza di Chiara era molto più espansivo e spesso le rimproverava il fatto che fosse troppoimpulsiva e acida. “Ma se io sono così, come pretendi di cambiarmi?” le aveva risposto sagacemente la rossa.

-Perfetto, al parco fra cinque minuti.-

Chiara si riprese dalla piega inaspettata che avevano preso i suoi pensieri. Se fossero stati soli, magari Riky avrebbe ripreso quel discorso in sospeso sull’amore che avevano intrapreso la sera prima al telefono. Era stato mollato dalla sua ex da più di due settimane e solo allora aveva ammesso di non esserne più innamorato. “Sai… con Monica non andava perché lei non mi ascoltava. Tu invece mi ascolti ”aveva tossicchiato imbarazzato. La rossa ci aveva pensato tutta la notte, ma era arrivata alla conclusione che quella frase non significasse realmente qualcosa.

 Chiuse velocemente la chiamata e si fiondò di sopra a prendere il suo pesante giubbotto blu. Nonostante fosse Marzo, la settimana prima aveva nevicato per un giorno intero e la neve era ancora ammucchiata ai lati delle strade. Intravide sua madre, bisbigliò qualcosa che suonava tanto comevado al parco con Sabri, ci vediamo stasera” e uscì dal tiepido salotto di casa sua.

-Non dimenticarti che stasera c’è la cena con quel collega di papà- le urlò dietro Margaret.

A Chiara non fregava nulla dei colleghi noiosi di suo padre. Li odiava, a dirla tutta. Li definiva poveri single disperati che a quarant’anni e passa non hanno nient’altro che la carriera e vivono ancora con la madre.  Erano tremendamente seri, come se fra tutti i calcoli aziendali ci vivessero e il reale doverefosse la vita al di fuori dell’ufficio.

Suo padre prima non era così, prima sorrideva più spesso ed era più giocoso. Ora il suo nuovo incarico come direttore dell’azienda di famiglia lo aveva reso un grigio burattino in balia della smania di avere successo.

-E tu ricordati di firmare le autorizzazioni per la gita a Vienna, domani scade la consegna!-

Poi sparì nel vento umido che attanagliava le vie.

 

Anche il parco era ancora coperto dalla neve annerita dallo smog. I pochi fili d’erba giallognoli che erano sopravvissuti all’inverno spuntavano come macabri ciuffi di capelli dal terreno. La figura infreddolita di Chiara fu subito raggiunta da un’altra più alta e robusta, con la pelle stranamente abbronzata e un buffo cappellino di lana azzurro in testa.

-Guarda un po’ chi si vede in giro!- esclamò Riccardo gioviale, abbracciando l’amica.

-Riky! Così mi soffochi!- l’altra quasi non riuscì a parlare, soffocata dal pesante giubbotto del ragazzo.

-Oh scusa… Sabrina ci aspetta vicino al chiosco- riprese, mentre cercava di lisciare l’unica ciocca di capelli biondicci che fuoriusciva dal cappello.

- Conosci oramai la sua strana concezione di puntualità, non arriverà prima di mezz’ora- constatò Chiara, sbuffando mentre guardava l’orologio argentato che le fasciava il sottile polso sinistro.

- Bene, così possiamo parlare un po’ da soli- sorrise l’amico, incamminandosi verso la panchina più vicina. La rossa lo seguì e si sedettero.

- E così parti per Vienna fra due giorni, eh?-

La nota di malinconia nella voce di Riccardo era evidente. Che davvero si dispiacesse del fatto di non poter vedere la sua migliore amica per una settimana?

- Già, sono così eccitata!- esclamò la ragazza  battendo le mani, riscaldate dal un paio di guanti rossi e logori.

- Lo immagino… spero tu ti diverta, davvero-  Questa volta la voce baritonale del ragazzo era sinceramente felice, con le labbra sottili incurvate in un sorriso incerto.

- Tanto so che non vedi l’ora di liberarti di me per una settimana, così il sabato sera potrai uscire con quelli della squadra invece che con me e gli altri- scherzò Chiara, soffiando via dal viso una ciocca ramata. L’amico scoppiò a ridere, disarmato da tanta buffonaggine.

- No sul serio, mi mancherai-

Chiara portò una mano infreddolita a stringergli la spalla. Si sentì calma e rilassata, mentre cercava di rispondergli.

- Mi mancherai anche tu-

Riccardo sorrise di nuovo e l’abbracciò forte, stringendo le mani dietro alla sua schiena. Si separò bruscamente quando sentì un tonfo alla sua sinistra, voltandosi.

- Ragazzi, è mezz’ora che vi cerco! Per una volta che sono in orario- brontolò Sabrina, inarcando un sopracciglio nel vedere i due ragazzi così avvinghiati. Poi sparò la frase più detta in ogni telefilm americano che si rispetti.

- Ho interrotto qualcosa?- Con quell’aria vagamente angelica e innocente sembrava quasi comica.

Chiara si scostò leggermente e increspò le labbra in un sorriso ammiccante.

- A dire il vero si, ci stavamo abbracciando-

La sua sincerità era davvero sconcertante a volte. Riccardo divenne rosso in viso e cercò di balbettare una frase che avesse un vago senso logico.

- Ma fa niente… Ti stavamo aspettando- esclamò poi la rossa in tono mieloso, avvolgendo anche l’amica nell’abbraccio.

 

Dopo che ebbero trangugiato una cioccolata calda al bar nell’angolo fra il parco e il corso principale della città,  Riccardo scappò dicendo di essersi appena ricordato di un appuntamento dal dentista.

- Scusa Chiara, sarei voluto rimanere per un altro po’, ma devo davvero scappare- esordì con aria preoccupata. L’altra gli disse che non importava, si sarebbero rivisti comunque fra una settimana.

- Buon viaggio allora, ti mando un messaggio appena possibile- il biondo le sorrise e l’abbracciò di nuovo, con la stessa intensità che a Chiara parve di non essersi mai separati.

Mentre vedevano la sua imponente figura allontanarsi con una lunga ombra per il vialetto di fronte, Sabrina prese la parola.

- E’ carino Riky, non ci avevo mai fatto caso. Ha due  occhi molto profondi- ammiccò all’amica, facendole l’occhiolino.

- Si è carino…- pigolò l’altra imbarazzata, tirandosi il viso nel collo del giaccone.

- Davvero, ma non è il mio tipo… Starebbe molto meglio con te- ridacchiò Sabrina e le prese un braccio.

La rossa ammutolì, interessandosi al motivo floreale dipinto su una delle vetrine dall’altra parte della strada.

- Andiamo non dirmi che non ti piace- Ancora quello sguardo malizioso negli occhi verdi della ragazza.

- Non ho detto questo… E poi non capisco davvero dove tu voglia andare a parare- sentenziò risoluta Chiara, tirando fuori i soldi per la cioccolata calda e dirigendosi verso il bancone.

- Colpita e affondata ,Torri!- ridacchiò la ragazza dalla ciocca viola, mimando il segno nella vittoria con due dita.

 

  
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