▫▪□■PARIGI■□▪▫
Le grosse valigie scure
riempivano la stanza d’albergo n. 161. Quello che era stato
preso d’assalto dai paparazzi, fino a qualche giorno prima. Quello che era stato occupato dalla famosa attrice Sanachan Kurata, ormai
quindicenne e già protagonista di molti rinomati film. La ragazza si
stese sul letto e si mise le mani fra i capelli.
Le riprese del suo ultimo
lungometraggio erano finite da poco e a distanza di qualche giorno sarebbe dovuta tornare a Tokio; per l’inizio del liceo.
Tutti dipingevano la sua vita
in modo perfetto. E allora perché stava così male?
Non vedeva i suoi compagni da
quando se n’era andata, in prima media per girare un film.
Ma lo sapeva che non era questo il motivo.
Alcuni giornalisti spesso le
avevano chiesto perché non era tornata a casa. A quello domanda la sua reazione era da copione, come
l’avevano definita alcuni critici; Naozumi le
stringeva la mano lei sorrideva e il suo manager elencava alcune proposte che
l’avevano tenuta lontano da casa.
Rey lo sapeva, Naozumi non voleva
pensarci, lei voleva semplicemente dimenticare, che, aveva
deciso di non tornarci solo dopo una delusione d’amore. Profonda di una bambina
ferita. Era come se le si fosse sbucciato il
ginocchio, ma la pelle non si rimarginava.
Akito Hayama.
Una delusione
che sarebbe rimasta con lei, per sempre.
****
- ciao Akito
come stai? Qui ho quasi finito le riprese! Che cosa
dovevi dirmi prima che io partissi?- gli chiese con voce allegra.
- io… - la voce gli
tremava, era insicuro - io… sono innamorato di Fuka.
–
Tremava. Questa scena era
successa troppi anni prima, tutti e due non sapevano
nemmeno più con esattezza quanti, comunque sicuri che quegli anni non erano
bastati a rimarginare un dolore provocato da un’arma a doppio taglio.
Solo l’idea
del ricordo di quella telefonata le faceva salire uno strano senso di
nausea nello stomaco. Gli occhi di Sana si erano gonfiati e si riempiti
nuovamente di lacrime amare. Troppo amare perché
fossero versate da una ragazza di appena 15 anni.
Ogni giorno sperava che la
sua vita cambiasse, prendesse una svolta diversa. Come
scrivevano abitualmente i quotidiani, da più di due anni la ragazza aveva
trovato un presunto amore tra la braccia di Naozumi Kamura. Ovviamente
nessuno si chiedeva se il sentimento che li legava era vero o era una subdola
trovata pubblicitaria.
Questo Sana non se lo era mai
domanda, ma se glielo avessero chiesto era sicura che
la risposta fosse stata – io a Kamura ci tengo
veramente molto –
Le lacrime scendevano lente
sulle guance rosee della ragazza, ormai le si era
appannata la vista, e per chissà quale strano motivo tutto stava vorticando
intorno a lei, insicura dell’operazione che stava compiendo si accovacciò alla
spalliera del letto lei e si prese la testa tra le mani.
Come se fosse stato calcolato
nei minimi dettagli, la porta si aprì. Sana avrebbe voluto essere tanto veloce
da poter arrivare in bagno e nascondersi li dentro
prima che lui la vedesse, ma non era in suo potere fare ciò. Naozumi represse quel sorriso con cui era entrato e, prima,
che lei potesse solamente pensare ad una scusa attendibile a quel suo sfogo lui
disse quel nome tanto odiato da lui, quanto,
inconsciamente amato da lei - Akito. - le lacrime
della ragazza si placarono.
Come una bambina che piange e
tira le pieghe della gonna della madre per farsi prendere in braccio, e quando
l’accontentano, il suo pianto si trasforma in deboli singhiozzi.
Kamura aveva detto quel nome con un’insolita rabbia furiosa.
Almeno una volta a settimana da quando gli avevano avvertiti del loro ritorno
in Giappone, Sana piangeva, lasciando che lo strazio accumulato si dissipasse. Naozumi Kamura prese una
decisione: non ce la faceva più e, si sa, se si tira una bomba questa scoppia,
ed è quello che fece lui.
- BASTA non ce la faccio più. - gridò
- almeno una volta al giorno piangi per lui. - continuò imperterrito
Sana spalancò gli occhi - ma… - provò a difendersi lei. Era più che
spaventata. La parola giusta probabilmente era: terrorizzata. Kamura non si era mai comportato così con nessuno tanto
meno con lei.
Lui la fulminò e la riprese -
niente ma! - non l’aveva detto con dolcezza come faceva solitamente
quando la rimproverava. Ora la sua voce era insolitamente dura. – me
l’avevi promesso… - non riuscì a proseguire, inghiottì
il vuoto; la guardò con insolito disprezzo e uscì dalla stanza.
Si la sua vita quel giorno era cambiata, aveva preso
un’inclinazione diversa, ma non nel modo in cui avrebbe desiderato lei.
Il nuovo cortometraggio di
Sana e Naozumi era quasi finito. Da quando avevano
recitato come protagonisti nel film “la villa d’acqua”, le proposte di lavoro erano aumentate a dismisura. Il panorama del luogo era fantastico, e si poteva
vedere meglio da un piccolo dirupo. Prima di partire per Siviglia, dove
dovevano girare uno spot pubblicitario, Sana voleva dare un’ultima
occhiata al paesaggio, dopotutto la natura delle alpi svizzere non era uno
spettacolo da poter ammirare tutti i giorni; e senza volerlo si sporse troppo mentre stava per cadere una mano la trattenne, e la
riportò su era Naozumi che dopo il brutto incidente
la abbracciò possessivamente, senza aver detto una parola; tra le sue braccia,
la ragazza si sentiva sicura e quando alzò lo sguardo per ringraziarlo si
accorse che le sue labbra si erano involontariamente appoggiate su quelle del
ragazzo. Il casto bacio, si trasformò lentamente in qualcosa di più, di inaspettato. Quando si staccarono la ragazza appoggiò la
testa sul suo petto, calò il silenzio, non era un silenzio imbarazzante, era
per scegliere le parole adatte, infatti, Sana disse:
- sono decisa a
dimenticare Akito se tu sei al mio fianco; lui è il mio passato ora se vuoi tu puoi essere il mio presente e
futuro. - era imbarazzata come non lo era mai stata in vita sua; sicuramente,
si disse, non l’avrei mai fatto se non sapessi dell’ovvia risposta di Nao.
- lo voglio – le rispose
abbassandosi fino a sfiorarle nuovamente le labbra; Sana ammiccò ad un sorriso
sulle labbra del ragazzo. Lui la guardò interrogativamente,
lei si staccò quel poco per poter parlare – sembra una
risposta da matrimonio – anche Naozumi accennò ad un
sorriso, poi la baciò nuovamente.
Naozumi si chiuse la porta alle spalle lasciando la ragazza a
piangere. Questa volta, per qualcosa di concreto.
La sera arrivò prima di
quanto Sana sperasse, e con se portò il tanto atteso
momento della partenza.
In aeroporto i giornalisti
sbucavano come funghi sotto gli alberi, il rumore era quasi insostenibile,
ma Sana sentiva un silenzio fastidioso attorno a lei.
Troppo. Così
tanto da farle tappare le orecchie.
Il suo manager cercava di
farla parlare, di distrarla, in tutti i modi, ma lei con voce ferma lo fece
tacere - Rey per favore, ho
mal di testa – e si massaggiava leggermente la testa
Non sapeva cosa stava
succedendo.
Sull’aereo la ragazza si
sedette, silenziosamente, di fianco a Kamura.
Verso la metà del viaggio, si
girò a fissarlo, ma lui continuò a guardare al di fuori del piccolo finestrino
alla sua destra – è davvero finita? – Naozumi si mise
le mani nei capelli sospirò poi si girò e la fissò – no, lo sai
che non ci riuscirei – fece vagare sul viso sorridente della ragazza
soffermandosi sulle labbra che si stava mordicchiando sensualmente, continuò a
fissarle fino a che non riuscì a sentirle sulle proprie.
- non vedo l’ora di tornare a
Tokio, finalmente arriveremo fra poche ore –
Il ragazzo arrossì
leggermente e cominciò a balbettare – Sana, vedi… in realtà, è stato previsto
uno scalo –
La ragazza si alzò in piedi –
cosa? Kamura che diamine stai dicendo? – il ragazzo
la tirò a sedere per un braccio – stai seduta, tranquilla arriveremo a Tokio tra due giorni, dobbiamo solo
fare un piccolo scalo a Dublino. Dobbiamo passare a prendere un possibile nuovo
copione –
Sana sorrise.
Il viaggio in aereo passò tra
risate e resoconto del film appena concluso. L’aereo atterrò all’aeroporto di
Dublino, e furono accolti da fotografi e guardie del corpo.
Mentre Naozumi
parlava con il direttore dello studio cinematografico Sanachan sedeva a gambe accavallate e braccia conserte di
fianco al suo manager che stava gustando un caffè.
- c’è qualcosa che devi dirmi
Sana? – chiese distrattamente Rey.
- non parteciperò a questo
film -
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