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Autore: Vany93    29/08/2012    6 recensioni
Questa è la prima storia che pubblico quindi siate sinceri e perdonate qualche eventuale errore di battitura che gradirei mi segnalaste per ovviare a tale abominio.
Spero che vada bene. Sono sia emozionata che ansiosa *-*.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La terra gridò il suo dolore ma io non riuscivo a sentirla:avevo le orecchie otturate dall'angoscia che il brutto tempo non allenti mai la sua morsa.
 


Atto secondo:

Primo sguardo

Stavo facendo le valigie nella mia sontuosa camera nella torre est del castello del Barone Price mio padre.
Il mio letto a baldacchino, dalle morbide e lucide lenzuola di seta rossa , nella sua perfezione ,dalla piega del lenzuolo ai guanciali ben battuti, sembrava volesse comunicarmi la desolazione che lasciavo al mio passaggio; come se aver spezzato il cuore la ragazzo più buono del mondo no bastasse.
Almeno è vivo ma soprattutto è libero di scegliere e di potersi fare una vita…, arrotolai una maglia in malo modo e stizzita la lancia dentro la valigia aperta sul letto, io no!!!
-Lucinda!!!=sentii gridare e subito dopo come una forsennata la mia migliore amica fece irruzione nella stanza. Il vestito turchese e dai disegni floreali elaborati svolazzava di qua e di là mentre lei si aggirava per la stanza come una trottola.
Sbuffai irritata dalla sua felicità. L’unica felice della mia partenza sembrava lei dato che ,in quanto mia dama di compagnia, mi avrebbe accompagnata. La ignorai categoricamente decisa a farla implodere nella sua stessa ciarleria continuando il mio lavoro con ostentata serietà .Anche quando si arrampicò, vedendo la mia indifferenza al suo arrivo, sul baldacchino come una scimmietta e iniziò a farmi le boccacce resistetti all’impulso di sbellicarmi dalle risate.
«Perché mi ignori…» mise il broncio.
Non risposi.
«Ah» disse poi alzando un dito come colta da un improvvisa illuminazione « glielo hai detto!»
Mi rabbuiai. Aveva una lingua lunga, era pazza ma non stupida.
«Oh Lucy» fece il visini triste e gli occhi grandi di apprensione.
«Puoi smettere con questa scenata!» chiusi di botto la valigia facendola sobbalzare «risparmiacela…
«Ma Lucy!» si impuntò indignata «perché credi che io meriti tutto ciò?»
«Hai diffuso come una stella dei venti la notizia in tutto il castello, quando io invece ti avevo semplicemente chiesto di non dirlo ad anima viva!!!» sbraitai «e lui già lo sapeva» mi strinsi nelle spalle sconsolata.
«O da te o da altri prima o poi l’avrebbe saputo» sbuffo «sei così permalosa e perfettina!».
«Non è vero!!!» scandii arrabbiatissima poi mi intristii «sai quanto ci tenevo che lo sapesse da me…».
Mi prese per mano e mi fece sedere sul grande letto e mi fisso coi suoi grandi occhi verdi. Davvero buffi dato che il viso era alquanto minuto…
«Lucinda» era seria «dimmi , e sii sincera amica mia, che possibilità avresti avuto qui con lui?».
Non riuscii a fissarla.
«Guardami» prese il mento e mi costrinse a fissarla «rispondimi…
Chinai il capo socchiudendo gli occhi «nessuna.
«Esatto!!» batte il pugno sul palmo della mano «se non fosse stato il principe sarebbe venuto al suo posto un bel nobiluomo e ti avrebbe sposata, starne certa!» mi sbatte in faccia la realtà «massimo il tuo amichetto si sarebbe accontentato di fare lo stalliera alla giumenta del tuo signore…» aggiunse poi dimostrando la sua mancanza di tatto.
«Ehi!!» gli assesta un pizzicotto.
«Ahi!!!» ribatte lei guardandomi come un cane bastonato «sai che è così!!, quindi scordati quella nullità e concentrati nella tua eterna felicità!!!».
Aveva fatto anche rima…
La guardai sconvolta ma aveva ragione. La storia fra me e Trevor avrebbe avuto vita breve comunque, era inutile crogiolarsi nei rimpianti perché non avrei mai potuto cambiare niente.
«E va bene Arry» accennai un sorriso alla bene e meglio «ci proverò…
Per il mio bene aggiunsi fra me e me.
Poi una servetta dai folti capelli dorati intrecciati e nascosti in un fazzoletto di seta e dai profondi occhi fece la sua comparsa alla soglia della mia stanza socchiudendo la porta. Sembrava imbarazzata e lo notammo non solo dal suo viso arrossato ma anche dal suo tono di voce.
«La carrozza vi attende Misses…».
«Arriviamo!».
Presi una grande boccata d’aria, l’ultima del mio paese natio e mi imbarcai in questa nuova avventura.
La carrozza turchese dai pregiati ghirigori in argento aspettava ai piedi della scalinata principale della tenuta Price. Mi veniva solo il mal di mare a guardarla dato che io odiavo i viaggi in carrozza ma a causa dei banditi che costellavano le strade mi era stato ovviamente proibito di andare a cavallo tutta sola fino alla reggia del principe.
Bene pensa positivo ci sarà Arriane a distrarti in ogni singolo minuto di questo stramaledetto viaggio.
«Cara…».
Mi voltai di scatto rapita dai mei pensieri.
«Madre…» dissi stupita.
I mei stessi occhi mi fissarono preoccupati e una cascata di perle d’apprensione incorniciò il viso della donna davanti a me.
«Sei sicuro che è quello che voi?».
Cos’era un modo per farmi dire di no?.
Perché tutti ci tenevano a sapere la verità?.

Avrei voluto gridarle che si non volevo che amavo Trevor alla follia ma mia madre mi avrebbe preso per pazza sapendo bene di chi parlavo. Cosi percossi il mio labbro cercando di trattenere quello scorrere di parole che altezzose premevano alla porta del mio cuore e gli risposi con un distaccato sorriso.
Prima che mia madre continuasse mio padre ci raggiunse
«Oh la mia Bambina!!!» mi strinse nella sua presa da orso.
«Papà…» dissi con voce strozzata «mi soffochi!!!»
Mi lascio in evidente imbarazzo ma il sorriso non abbandonò il suo viso dai tratti marcati e severi e dalla folta barba brizzolata chiaro segno che padre tempo reclamava il suo scorrere sulla pelle dell’uomo più eroico di tutto il reame che vantava dii aver sconfitto draghi, guerrieri-alati e ingannato anche una chimera.
Amavo mio padre e non gli davo la colpa di ciò che mi stava affibbiando. Lui riteneva che era una fortuna ardita aver avuto la richiesta di diventare la futura regina e che quindi non c’era nessun partito in tutto il regno conosciuto meglio del principe così senza consultarmi , convinto della mia risposta dato che pensava di conoscermi e che ignorava la mia storia con Trevor ,aveva accettato ed ora mi trovavo lì in partenza per al corte.
Sapevo che, destinata alla nascita o meno a questo principe, mio padre a un mio no avrebbe mandato tutto a monti. Lui mi voleva felice…
Ma non avrebbe mai accettato Trevor.
Quindi fra i due mali scelgo il minore anzi dargli una cocente delusione della sua unica figlia prediletta.
«Non dovrei dire più la mia bambina» ammise poi osservandomi da capo a piedi facendomi arrossire per l’intensità del suo sguardo «ma la mia donna…».
Mia madre tossi tre volte rompendo l’imbarazzante tensione che si era pocanzi creata «caro dovremo lasciarla andare…ora.».
Lui fisso la sua amata e poi annuii greve «Ricordati Lucinda la dea della fortuna ha posto sul tuo capo un’opportunità che molte avrebbero dato la propria anima per avere» si chinò su di me «non sprecarla…».
Lo guardai non capendo. Stavo partendo come avrei potuto sprecarla?.
Poi mi sfiorò con affetto la fronte con uno dei suoi ruvidi baci e si allontano. Mia madre mi abbracciò facendomi promettere che avrei scritto una volta giunta a palazzo e dilungandosi in raccomandazioni fino a quando la carrozza non partì mi salutò a suo modo agitando il fazzoletto di pizzo e gridandomi ancora le sue più liete felicitazioni mentre fra la polvere la carrozza spariva al suo sguardo ed io con essa per sempre…

 




«Credi che a palazzo troveremo prelibatezze come le gallette di cioccolato?».
Guardai la mia amica con gli occhi spalancati. Come faceva a mangiare anzi ad ingozzarsi mentre viaggiavamo come in una nave in tempesta?. Mi sentivo cosi male che più volte il cocchiere era stato costretto a fermarsi e con grande dispiacere mi aveva vista vomitare quel poco che ancora le mie viscere riuscivano a trattenere. Ed ora pallida con le mani al ventre fissava la mia amica intenta in una abbuffata di dolci mentre faceva le previsioni del nostro roseo futuro ‘’nel mondo incantato’’ come soprannominava lei al corte.
«Non lo so» la mia voce era un rivolo di vento «e sinceramente non mi interessa» appoggia la fronte al freddo finestrino. Chiusi gli occhi godendomi quel breve momento di sollievo.
«Non hai proprio una bella cera, sai?».
Il viso ricoperto di cioccolato e la mano a mezzaria con l’ennesimo dolce preso dalla scatola che teneva i grembo non aiutava la mia instabile condizione…
«Soffro il mal di carrozza» e poi supplice chiesi «potresti smettere?» indicai i dolci e poi lei «mi fai venire ancora di più il voltastomaco!!!».
«Mia nonna diceva» disse con tono importante come quelli che si usano per dire le perle di saggezza che usavano i saltimbanchi «che per curare il mal di carrozza bisogna ingozzarsi senza sosta» mi porse i dolci «provaci!» il suo sguardo maniacale mi fece paura.
«Passo» mi buttai di lato rannicchiandomi in posizione fetale sul sedile bordeaux.
La ragazza scosse le spalle «bhe, più per me allora!!» disse allegramente tornando al suo affare.
Mugolai disperata.
Tutto d’un colpo la carrozza si fermo con un sonoro clak clak delle ruote in ferro battuto che scemò nel silenzio più inquietante che mai avessi sentito.
Subito balzai a sedere e fissai allarmata fuori dal finestrino. Poi guardai Arriane alquanto impallidita. Sembrava pietrificata.
«L..luce» la sorpresi a balbettare.
La guardai con finto coraggio sorridendole come se tutto ciò fosse di ordinaria normalità.
«Ci sarà stato un guasto e Leonard ha fermato la vettura per sistemare il tutto» dissi con tanta ovvietà che Arianne si calmò un pochettino ma in vero il mio cuore batteva a mille all’ora. Era come se percepissi una strana sensazione no di pericolo ma di eccitazione.
Perché?.
Stavo per rispondermi quando il nostro cuore salto in gola a causa di un forte scossone che partendo da sopra il tettuccio della vettura si era espanso in tutta la struttura causando un terremoto. Molte delle nostre scatole adorne di nastri di seta caddero a terra.
«Ok» ansimai sedendomi accanto alla mia damigella. Lei mi prese le mani avvolgendole nelle sue, fredde. Cercavo una plausibile scusa che spiegasse il tutto«forse…
Ma fui interrotta bruscamente.
Un ragazzo dall’aspetto trascurato, i capelli ricci e rossi sporchi di fuliggine e vestito di stracci luridi, si affaccio dentro la carrozza e ci sorrise con aria furbetta.
I suoi occhi da volpe passarono da me a Arianne con un’intensità calcolata.
Come se non fosse la prima volta che si trovassero davanti a rispettabile signore. No ne sembrava sorpreso.
«Buongiorno Damigelle indifese» ci saluto con un falso in chino «questa sosta, obbligatoria per tutte le carrozze che transitano da queste parti, donerà al vostro viaggio quel pizzico di brio che in caso mancherebbe…» scatto a ridere sboccatamente.
«Chi siete?»chiesi guardandolo truce.
Arriane sembrava essere diventata muta. Non lasciava la presa sul mio braccio e guardava quel tizio con crescente orrore come se ancora non avesse assimilato la gravità della situazione: eravamo state attaccate.
«Siamo angeli di strada» mi rispose con vanità sistemandosi la sdrucciolevole camicia « al vostro servizio »mi schiaccio l’occhiolino «ed ora» riapri il portellino della vettura «Madames scendete e se farete le brave non vi sarà tolto nemmeno uno chignon…»
Lo guardai con sfida ma lo accontentai.
Tenne la porta aperta con la mano e nel fra tempo con noncuranza si osservava le luride unghia della mano mentre noi esitanti ci lanciammo un ultimo sguardo. Io e Arriane, infine, scendemmo e lo spettacolo che ci si parò alla vista fu sconvolgente. Sopra e attorno alla nostra vettura c’era un’orda di ragazzi luridi e pezzenti che aprivano e saccheggiavano le nostre cose. Leonard era disteso, legato e bendato sul sedile del cocchiere. Il più piccolo dei mocciosi accanto a  lui danzava sezza sosta eccitato per il suo nuovo cappellino, prima del fidato cocchiere.
Sussurrai a fior di labbra il suo nome incontrando il suo timoroso sguardo che, alla nostra vista,  si apri spaventato osservando noi due fuori dalla abitacolo circondati da un branco di malviventi.
Si, da spettatore esterno anche io avrei concordato che non era un bel quadretto…
Il punto però era che facevo parte di quel pittoresco quadro e  quindi no ne potevo ne ridere ne gioie e nemmeno piangere non volevo essere debole.

«Luce che facciamo» sussurrò Arriane mentre seguivamo il rosso.
«Giochiamo» risposi io con determinazione e vidi la ragazza scuotere il capo mestamente. Credeva che non ce la saremmo cavata io , incredibile ma vero , credevo il contrario.
Perché avvertivo ancora quella strana sensazione di esuberanza. Mi guardai attorno come in attesa di qualcosa o di qualcuno che ancora si faceva attendere.
Chiusi gli occhi ti prego non deludermi anche ora…
«Legate queste due» ordinò il rosso gridando a due garzoni poco distanti già intenti a raccattare tutto ciò di prezioso e commestibile. Poi indicandomi aggiunse «specialmente ben curate i nodi di quella.».
Lanciai uno sguardo rassicurante ad Arriane mentre ci legavano. Vidi la mia migliore amica in lacrime che, silenziose e gelide, percorrevano i suoi lineamenti da bambina sperduta. Mi tormentai il labbro fino a farlo sanguinare. Non avrei tollerato oltre. Mi guardai attorno mentre conducevano Arriane ai piedi di una delle grandi ruote e la bendavano e me al lato opposto adagiata su un tronco d’acero senza legarmi il bavaglio, e subito mi domandai il perché.
Volevo trovare un rimedio, un modo per scappare e poi pensai: il mio pettine!. Mentre si allontanavano baldanzosi e ricominciavano la loro trafugazione inizia a segare le corde con il pettine facendole strusciare sue e giù sui rubini e sul metallo affilato con una perizia degna di una ladra in catene. Cercai di trattenere le risate perché nessuno di quegli incompetenti si era accorto di nulla intenti com’erano alla rapina e a portare il tutto il più in fretta possibile via dal luogo del misfatto.
«Gran bottino amico mio!!!».
Sentii gridare d’un tratto il rosso e fermai il mio lavoro attratta dal punto alle mie spalle dove le sue parole erano rivolte. Voltai, per quanto mi permettevano i legacci, il busto e osservai il fitto del bosco da dove sempre più vicina una figura si stagliava fra la penombra dei cipressi.
Prima i capelli neri come la pece e unti dalla sporcizia ma lucidi sotto i raggi del sole, poi gli occhi ,due splendidi smeraldi, malinconici e sognanti che trasudavano una determinazione spietate  e infine il suo corpo agile e scattante ,coperto da cenciosi abiti sulla tonalità del verde e marrone per mimetizzarsi fra  la vegetazione, a piedi scalzi balzo fuori dalla boscaglia.
Non mi degnò di un solo sguardo.
La sua attenzione era tutta per ‘’ i suoi uomini’’ e per il bottino.
«Lo vedo» disse con evidente stanchezza. Mi sorprese perché sembrava stanco e sconsolato?
Avevano appena svaligiato una delle carrozze più riccamente equipaggiate, di gioielli e cibi prelibati per il viaggio, di tutto il reame e nonostante ciò lui era sconsolato. Lo guardai con un sopracciglio alzato, irritata dal suo comportamento anomalo.
Il compagno di sicuro se ne accorse ma fece finta di niente e da ciò capiii che era una quotidianità.
«Lupo» lo affianco buttandogli fraternamente il braccio al collo e indicando i ragazzi con la mano libera asserì «siamo ricchi!!!.»
Come se la scena non fosse ovvia…
Lupo abbozzo un sorriso.
«E’ il colpo del secolo» gridò e poi con un sogghigno indicò me e la mia amica «e il contorno e anche meglio!.»
Ci sfioro con quel verde carico di pioggia niente di più.
«Cosa facciamo con il cocchiere?!».
Arrivo la domanda del piccoletto sopra Leonard.
«Uccidetelo» sentenziò Lupo con una piatta noncuranza.
Lupo aveva sentenziato la condanna.
Vidi Arriane chiudere gli occhi e sapevo desiderare di non sentire il tutto. I mie occhi sgranati fissarono impotente la scena senza la forza di emettere nessun grido sconvolta da quello che stava accadendo.
Il piccoletto estrasse uno stiletto d’argento tempestato di rubine e zaffiri ,bottino di chi sa quale razzia , e con movimenti fluidi tagliò la gola a Leonardi.
L’uomo apri la bocca in un muto appello di pietà; poi strabuzzo gli occhi, li ruotò fino a quando il bianco non prevalse, e si accasciò per sempre sul suo sedile di morte.
Non un grido, sola sangue scarlatto che affluiva sul sedile del cocchieri e  si faceva strada, come un torrente vischioso , verso la fine di esso oltre e giù verso l’erba tingendo il tutto di amaranto.
La freddezza di Lupo mi riempi di orrore. Non è umano pensai, troppo insensibile… non è umano!!!.
E poi mi chiesi come può un ragazzino tagliare la gola di un uomo con cotanta facilità?.
Ma la risposta la conoscevo già… la vita di strada fa crescere un bimbo e annienta la pietà e il rimorso dal suo animo rendendo il cuore freddo al pari delle gemme trafugate...
Chiusi gli occhi e voltai il viso per non osservare un minuto di più quel macabro spettacolo.
Fu allora che senti dei passi verso di me e un ombra che mi sovrastava oscurando il sole. Alzai timorosa lo sguardo sul tizio davanti a me e la collera aumentò…
Lupo!!!
Mi guardava privo d’espressione con il capo lievemente inclinato in attesa di qualche mia reazione.
Io impavida ressi il suo sguardo fino a che non parlò prima lui.
«Curioso» esclamò «non piangi?».
Lo guardai incredula e poi riacquistando il mio contegno risposi impettita
«Lascio le mie lacrime solo a chi è degno di pietà» indicai con un cenno del capo il corpo di Leonard «e no a chi sa soltanto spargere il seme del dolore e della disonestà!!!».
«Abbiamo una moralizzatrice tra noi!!» cantilenò il rosso spuntando da dietro la spalla del Lupo.
Lui mi fissava freddo poi si inchinò di fronte a me ignorando il commento del compagno. Mi prese per il mento e mi fece voltare il viso a destra e a sinistra nel mentre contemplava i mei lineamenti.
Poi come se avesse preso una scossa lascio la presa e si alzo scattante dandomi le spalle.
«Volpe…
«Si?.
«Prendete tutto ciò che si può vendere e magiare.»
«Lo stiamo facendo» gli fece notare con garbo misto a indignazione dato che sembrava non aver notato il gran via vai che regna attorno a lui.
«Dopodiché» aggiunse come se nulla fosse «condurrete le ragazze alle porte del castello del principe».
Volpe strabuzzo gli occhi e  sbotto incredulo «Cosa!?».
«Mi hai sentito bene» estrasse l’arco che aveva sulle spalle, ornamento che prima non avevo notato.
Mi accorsi anche che la strana sensazione di euforia era sparita al suo arrivo…
«Là saranno più utili che a noi» furono le sue ultime parole prima di correre nella vegetazione perdendosi nel fitto del bosco.
Volpe sospirò stancamente e guardò me con disappunto «dovevo bendare anche te occhi dolci…»
Gli feci una smorfia e lui si allontanò borbottando bestemmie.


Angolo Autrice:

Sono tornata!!! :)
Nonostante oggi non sia il giorno più felice della mia vita, mia nonna materna è morta, ho pensato che correggere, e pubblicare il secondo atto potesse essere una buna fonte  di distrazione e poi avrei reso felice i tre angeli che seguono la mia storia.
Questo capitolo lo dedico a mia nonna con affetto :ovunque tu sia sappi che sarai sempre nel mio cuore.
 Questo Capitolo:
Finalmente Cam
sicuramente no nelle vesti di principe azzurro ma è arrivato.
Devo ammetterlo quando l'ho scritto mi sono sorpresa io stessa dell'entrata di scena ma vi posso ben dire che tutto con il tempo sarà spiegato.
Voi che ne pensate? sorprese come penso?.
Nel Prossimo Capitolo:
Scritto anche lui nottetempo XDDD
Posso solo dirvi che vedremo Roland ùù.
Angolo Musica:
Biaggio Antonacci.
Ringraziamenti:
Ringrazio Anto,Giulia e Barbara di seguire la mia storia e di incoraggirami nel proseguirla.
Saluti:
Un grosso saluto a chi leggerà, commenterà e aggiungerà fra i suoi preferiti la mia storia
Bisou.


 



 
  
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