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Autore: Sakura00    29/08/2012    5 recensioni
*RATING PROVVISORIO*
*TITOLO PROVVISORIO*
"A Sasuke piaceva la sua vita, ma... il suo migliore amico si era sporto e lo aveva baciato sulle labbra. Invece. A Naruto piaceva vivere, ma... aveva la netta sensazione che di lì a poco il suo migliore amico lo avrebbe ucciso."
[SasuNaruSasu: pairing principale] Per gli altri pairing secondari, beh, chiedetemeli se vi interessano, io non rovino la sorpresa a chi la vuole ;)
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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narusasu



Ero un ragazzo come tanti. Nella media, per capirci. Alto. Magro... C'è davvero bisogno che mi descriva? Ero io, semplicemente.

Ovvero me. Sasuke Uchiha. Moi.

Ma ognuno a modo suo è unico, giusto?... Allora potrei giusto appuntare che a differenza dei miei coetanei non ho aspettato la mia pubertà con ansia quasi isterica, alla ricerca di una maturità che, naturalmente, era solo in apparenza. Avevo visto mio fratello maggiore commettere questo fatidico errore e dire che di conseguenza mi ero munito di scolapasta come elmo, padella come scudo e mestolo come arma pronto all'attacco, è un eufemismo. Fatto sta che lo sviluppo arrivò, ne uscii vivo e vegeto, pronto alle nuove avventure che speravo prospettarmi.

La verità fu che non c'erano tutte queste cosiddette "avventure" ad aspettarmi proprio dietro l'angolo, decisamente no. Invece, quasi a farmi dispetto, la vera avventura della mia vita sbucava da sola da dietro quello, di certo non mi aspettava lei. Come avrebbe potuto se non era mai puntuale?

Ogni mattino, Naruto cominciava a sbracciarsi sin dall'inizio della via, cercando di farmi capire che stava arrivando, in ritardo, ma che comunque arrivava. Ma di certo non finiva là. Come avrebbe potuto essere così semplice? Evidentemente pensava che fossi scemo quanto lui e che quindi non mi accorgessi della sua presenza così "facilmente".

Indi per cui iniziava a starnazzare il mio nome per tutta la via, e stai pur certo che sarebbe stato udito anche in quelle circostanti, se non per tutto il quartiere. Confermando così che ero io il povero pazzo del suo “amico”.

Erano ormai anni che avevo smesso di nascondere il viso dietro una mano, nel vano tentativo di risultare anonimo e non essere riconosciuto. Altrettanti erano gli anni in cui avevo cercato di spiegargli che non era necessaria quell'umiliazione pubblica...Ah-ehm, scusate, quell'allegro modo di salutarsi ogni santa mattina.

È necessario che io specifichi che il tutto sia stato disperatamente vano?

Trovo invece necessario specificare che nonostante tutte le volte che, arrabbiato, mettevo il broncio, lo sgridavo o provavo inutilmente a farlo ragionare, avrei continuato ad aspettarlo lì. In fondo alla via, mandando occhiate continue al punto da cui lui sarebbe sbucato. Non potevo sottrarmi a quella specie di rito. O meglio, non volevo.

Iniziavano tutte così le giornate. Regolarmente, se non rigorosamente, insieme.

Andavamo a scuola, seguivamo le lezioni, o meglio io le seguivo. Ogni tanto andavamo al parco con gli amici, o al cinema, o in centro. Insomma, sapevo cosa aspettarmi dal domani.

Mi piaceva. Non la routine e tutta quella roba ripetitiva. Semplicemente, mi piaceva la mia vita. Non avrei mai chiesto né di meglio, né tanto meno di peggio.

Tornavo a casa, con la soddisfazione palpabile nell'aria che mi circondava. Mia madre mi dava sempre il bentornato a casa con uno di quei sorrisi che solo la mamma può dare e mio fratello maggiore... beh, faceva il fratello maggiore. Itachi mi scherniva, mi prendeva in giro, mi punzecchiava, mi metteva in imbarazzo e mi voleva bene.

Quando mio padre ritornava a casa, mischiando in strani borbottii saluti e lamentele sul lavoro, non andavo a dargli il bentornato. Lui non veniva ad accarezzarmi la testa e a tessere lodi di amore per me. Semplicemente abbracciava tutti con lo sguardo, e se tu eri un Uchiha stai pur certo che ti saresti sentito il figlio più amato del mondo per aver ricevuto quella non apparentemente dolce occhiata. E avresti risposto altrettanto eloquentemente.

Studiavo, sempre alla stessa ora. Inizio e fine dello studio li avevo sincronizzati in modo di avere tempo libero e ottimi voti a scuola.

In alcuni giorni subito dopo lo studio capitava che Naruto mi chiamasse a casa.

«Pronto?»

«Ciao, Sasuke! Sei a casa?»

«Idiota, mi hai appena chiamato lì.»

«Oh, giusto, giusto. Come stai?»

«Bene.»

«Che fai?»

«Niente.»

«Senti non è che...»

E lì la frase poteva cambiare da giorno a giorno. Se il giorno dopo avessimo avuto compito in classe avrebbe chiesto disperatamente il mio aiuto. Se il giorno dopo fosse stato uno normale mi avrebbe chiesto se mi andava di passare il pomeriggio tra amici, al parco, di provare qualche videogioco o altre cose così. Se infine il giorno dopo fosse cominciato il week-end o qualche tipo di vacanza (il termine vacanza rappresentava ogni periodo più lungo di due giorni con la scuola chiusa, cit.: Naruto Uzumaki) mi avrebbe chiesto di uscire la sera, per andare in qualche locale, o anche fare una semplice passeggiata. Altri non era che un modo per dimostrare che potevamo permetterci di non andare a letto presto perché non dovevamo andare a scuola.

La sera prima di andare a dormire non disdegnavo un bel film, anche se finiva tardi. A eccezione delle sere sopracitate in cui uscivamo, lì potevo essere certo di fare nei casi più rosei le tre del mattino. In ogni caso Naruto capiva che per me era l'ora di dormire quando cominciavo ad avere la schiuma alla bocca dalla stanchezza. Non riuscivo ad afferrare come faceva quel ragazzo a essere costantemente pimpante anche nelle ore meno consone.

Usavo la bicicletta, per andare quasi dappertutto quando ero da solo. Avevo provato ad introdurre l'argomento “motorino” in casa, ma l'occhiata gelida di mia madre lo aveva rispedito dritto in strada spiaccicato sotto un tir. Tanto per essere sicuri che non ritorni, e queste sono parole sue.

Avevo una vita semplice, normale. Magari non invidiabile, ma di sicuro non l'avrei scambiata per nulla al mondo.

Inoltre non credo di essere stato “cattivo” o simili nella mia piccola esistenza. Più o meno seguivo la religione, qualche sgarro lo fa chiunque, ma comunque non credo di essere stato tanto disgraziato da incorrere nelle ire di un dio.

Ma allora perché...

Conosco Naruto da che ho memoria. Grazie ad anni di frequentazione da parte dei nostri genitori.

Non ho mai visto grandi cambiamenti da parte sua, a parte la fatidica pubertà e la morte di Kushina, sua madre.

Nella pubertà aveva innanzitutto cambiato il timbro vocale, per la gioia di nessuno. Ora invece di un acuto chiacchiericcio c'era un cupo ronzio a farmi sanguinare le orecchie.

Ed era leggermente cambiato il nostro modo di apportarci, perse le dolcezze dell'infanzia avevamo cominciato a stuzzicarci a vicenda con frecciatine e insulti, nei quali entrambi non vedevamo altro che strani gesti d'affetto.

Dopo la morte della madre non era propriamente cambiato.

Era sprofondato nella depressione per tutto il primo mese e la metà del secondo conseguente il decesso. Non mangiava, non sorrideva e non parlava. Non piangeva.

Non viveva.

Naturalmente mi preoccupai molto ed interpretai i suoi sintomi come segni dell'apocalisse. Mi chiamò addirittura suo padre, Minato, in cerca di un aiuto che non potevo dargli. Passavamo tempo insieme come al solito, ma c'era una parete invisibile a dividerci. Lo sentivo così lontano nella sua tristezza, era come se dentro quel corpo fosse morta l'anima, e per i primi tempi temetti che fosse successo veramente quello.

Poi ci fu una specie di “ritorno alla normalità”.

Successe di sera. Mi sarebbe piaciuto dire che pioveva, renderebbe il tutto molto più drammatico. Ma non fu così.

Lo pongo a metà del secondo mese perché non ricordo il giorno preciso.

Ero ubriaco e tanto stanco.

Eravamo soli io e lui al parco. Con sei bottiglie di birra vuote tra i piedi, doppio malto.

Io di solito ne reggevo tre a stento.

Lui non aveva, ovviamente, toccato niente.

Mi ricordo solo che glielo feci notare, con sarcasmo mal celato. Con la bocca impastata dall'amarezza e dall'alcol.

Lui, semplicemente, aveva spostato lo sguardo su di me, non una parola. Sempre chiuso nel suo mutismo, sempre chiuso nella sua fottuta malinconia. Questo gli avevo detto. Ripensandoci ora, penso di essere stato veramente stronzo quella sera, continuando a infierire. Forse avrei dovuto dargli più tempo. Probabilmente aveva ragione da vendere quando aveva cominciato a urlare che non capivo un cazzo. Che io avevo la mia fottutissima famigliola felice. Che non avrei mai capito il dolore che lo continuava a trafiggere ogni giorno.

Fatto sta, che ne presi tante quella sera e, naturalmente, anche lui non fu risparmiato.

Naruto, infine, pianse tanto, aggrappato alla mia felpa, tentando di assestare qualche debole pugno. Urlò e piansi anch'io per il dolore che fu capace di trasmettermi.

Ora, non so se, tornato a casa, avesse continuato a parlarne col padre. Ma il giorno dopo, quando andammo a scuola insieme, capii che mi avevano restituito il mio migliore amico, che non andavo più in giro con uno zombie come ombra.

Ci volle ancora un po', ma Naruto lentamente tornò del tutto e in cambio andò via l'ombra che aveva attraversato le nostre vite.

Ogni tanto mi sembra ancora di scorgere quella nuvola scura sul suo volto o che un sorriso troppo stentato o amaro mi insospettisca, ma suppongo sia normale che gli siano rimaste alcune cicatrici.

Eppure, ancora mi stupisco ogni volta che mostra un lato della sua persona che non conosco. Perché nonostante gli anni di conoscenza riesce comunque a sorprendermi ogni tanto. Che sia arrivare puntuale. Che sia saper ballare. Che sia non saper cantare. Riesce sempre a stupirmi e a dimostrarmi che quando affermo di conoscere perfettamente Naruto Uzumaki sbaglio. Perché conoscere profondamente Naruto Uzumaki è dato solo a Naruto Uzumaki, a quanto pare.

Forse ho spinto troppo nel voler conoscere questo ragazzo. Probabilmente è colpa della mia assurda convinzione di poter saper tutto su tutto e tutti.

Forse è per questo, ma...

Già, c'è sempre un ma. Una piccola monosillabica parola, pronta a far ritorcere su se stesso un intero discorso. Pronta a mettersi nella mia vita e a capovolgerla.

A Sasuke piaceva la sua vita, ma...

Ma quel giorno eravamo solo io e Naruto. Ma stavamo giocando a pallone. Ma ci eravamo divertiti. Ma eravamo sudati, stanchi e ridenti del divertimento appena subito. Ma non avevo una bottiglietta d'acqua. Ma avevo molta sete. Ma avevo provato a prendere quella di Naruto. Ma mi ero avvicinato troppo a lui.

A Sasuke piaceva la sua vita, ma... il suo migliore amico si era sporto e lo aveva baciato sulle labbra.


----------------------------------------------Invece.----------------------------------------------


A Naruto piaceva vivere, ma... aveva la netta sensazione che di lì a poco il suo migliore amico lo avrebbe ucciso.

Per un attimo, mi chiesi se avrei visto la mia vita scorrere davanti ai miei occhi come un piccolo cortometraggio. Ma non avevo tempo per pensare. Non ne avevo neanche per respirare.

Quasi sentivo le imprecazioni urlate con disprezzo nella sua testa "Naruto! Cosa cazzo fai?!". Ah, no. Quella era la mia di testa che mi urlava contro.

Il presagio di morte fioriva insieme all'eccitazione dal punto in cui le nostre labbra si erano scontrate e dove ora giacevano unite e silenziose. Era una scossa elettrica che lasciava calore e bruciore sul punto in cui eravamo uniti, ma che poi si propagava attraverso il cervello come una stilettata e che infine scendeva giù, gelida sulla spina dorsale, nauseante nello stomaco e vibrante giù al ventre.

Non che sapessi poi tanto di baci. Lo avevo semplicemente sentito così maledettamente vicino. Avevo sentito il suo respiro sulla guancia e avevo visto il suo braccio sfilare oltre il mio torace.

Non avevo pensato. Come al solito avevo fatto e basta. Agire.

Più semplicemente vivere, senza soffermarmi troppo sulla mia vita stessa. Mi godevo i miei attimi, senza guardare a tutti quelli che sommati componevano la mia esistenza.

Mi piaceva. Respirare e sentire l'aria che mi abbandonava per poi riabbracciarmi. Per me non aveva senso definire come "mia" la vita. Perché era intrecciata a milioni di altre e trovavo inutile distinguerla da quelle, poiché senza l'avrei trovata vuota. Oppure era semplicemente la paura di non riuscire ad amarla a fermarmi dal farlo. Forse avevo il terrore di essere insoddisfatto e amareggiato se mi fossi fermato a riflettere.

Anche se probabilmente riflettere sarebbe stato meglio quel pomeriggio.

Non era stato come nei film. Non lo era stato affatto.

Avevamo entrambi gli occhi sgranati dalla sorpresa, cercando di fissarci l'un l'altro senza riuscirci, colpevole la vicinanza. Le labbra erano semplicemente accostate, quasi avessimo semplicemente un'espressione seria e ci fossimo poggiati l'uno all'altro. Ero a malapena consapevole del braccio che Sasuke aveva sporto verso la mia bottiglietta d'acqua -le pigliasse un accidente!- mentre realizzavo la cazzata che stavo facendo. Mi staccai da lui dello spazio necessario per poterlo guardare negli occhi sgranati. Inspirai rumorosamente e mi strozzai con la stessa aria che stavo respirando. L'attacco di tosse che mi prese sembrò sciogliere il ghiaccio che lo aveva colto. Sbatté le palpebre forse per la prima volta e mi fissò a sua volta.

Assunse un'aria confusa e fece per dire qualcosa. Correte ai ripari! Intonò il panico nel mio cervello, ma fortunatamente l'istinto lo surclassò facendomi parlare prima che Sasuke potesse farlo.

«N-non... Io devo... No, scusami non era... ehm, dimenticalo... ciao.» Forse non troppo brillantemente, ma proprio non volevo ascoltare cosa aveva da dire.

Scattai in piedi come un soldatino e uscii dal campetto da calcio a grandi falcate, rallentai solo quando sentii il fiato bruciare nei polmoni. Continuai camminando verso casa.

Cosa. Cosa “cosa”? Cosa diavolo avevo in mente, cosa?

Mi fermai studiando la locandina di un film romantico accanto a me. Accidenti.«Stupido!»

La colpii con pugno, ma me ne pentii subito. Come diavolo faceva la gente a essere tanto arrabbiata da non sentire dolore quando lo faceva?

Ripresi a camminare massaggiandomi le nocche, con lacrime agli occhi.

Dovevo smetterla di leggere fumetti, vedere film e quant'altro. Sì! Perché era tutta colpa loro se avevo... avevo... Cazzo, avevo baciato Sasuke! Dio, no! Ma perché?!

Mi misi le mani tra i capelli per la disperazione. Mi sembrava una mezza specie di strana soap-opera, una di quelle sudamericane con il doppiaggio scadente, non chiedetemi perché. Magari ora sarebbe arrivato un regista a... a dire che cambiava...

Ok, è ufficiale, sto uscendo fuori di testa.

Alzai stancamente lo sguardo sulla porta di casa. Ero già arrivato, eppure non ricordavo la strada che avevo fatto... Bah, dettagli.

Non mi andava di tirare fuori le chiavi dalla tasca, così suonai il campanello sperando che mio padre non fosse uscito a perdere tempo come suo solito.

Aspettai un minuto buono, ma mi arresi infine di fronte l'evidenza.

Pescai il mazzo di chiavi tra tutte le altre cianfrusaglie che avevo in tasca e le infilai nella toppa. Una volta dentro le buttai nel cestino di vimini insieme alle altre e poi mi andai a rifugiare in camera mia, con la testa sotto il piumone. Giusto per simulare lo sprofondare negli inferi.

Ero in piena crisi. Avevo male alla pancia, la nausea, il mal di testa e avevo i nervi talmente a fior di pelle che sobbalzavo a ogni rumore che sentivo. Che mi stesse arrivando la sindrome premestruale? Beh, i sintomi c'erano, poi aggiungici che avevo baciato un ragazzo... Ah! Ma che andavo a pensare!

Mi infilai ancor di più sotto le coperte, borbottando frasi sconnesse o biascicando cose come: «Voglio sparire...»

Già, in quel momento mi sembrava la cosa più adatta e più semplice da fare. Infondo lo stare sotto tutte quelle coperte senza nemmeno uno spiffero d'aria, mi stava inevitabilmente e piacevolmente (non troppo, in realtà) soffocando. Presi un respiro più profondo per testare se l'ossigeno si fosse realmente rarefatto, ma non capii se avessi difficoltà a respirare per quello o per l'agitazione.

Di colpo presi a immaginare veramente se fossi morto così. Mi apparve un flash di mio padre piangente al telegiornale. “Era un bravo ragazzo. Certo, un po' dormiglione, come tutti i ragazzi di oggi d'altronde, ma chi poteva immaginare che... che per quello... che per dormire in quel modo sarebbe... andato via!”

Sbuffai una risata. Che fine ridicola: il riposino andato male. Forse avrebbero messo quello come titolo sui giornali. Anche se più probabilmente non avrebbe fatto tutto questo scalpore la mia dipartita. Magari avrebbero fatto un bel festino, a casa di Sasuke, s'intende.

Scossi la testa, strusciando il naso sul materasso, per allontanare Sasuke e quelle che avrei potuto chiamare “allegre riflessioni” dalla mia mente.

Ricominciai a prendere seriamente in considerazione il fatto che l'aria sotto quel piumone non passava. Ma qualunque progetto lontanamente suicida avessi in mente crollò, quando sentii papà rientrare. «Sono tornato!»

Probabilmente aveva capito che ero in casa perché la porta non era chiusa a chiave. Purtroppo per lui, non avevo alcuna intenzione di salutarlo, parlarci o altre cose inutili. In quel momento l'unica cosa di cui non avevo bisogno era il contatto umano.

«Ma come, Naru-chan! Non vieni a salutare il tuo papino? Sei qui?»

Alzai gli occhi al cielo, esasperato. «Hmm...» Quell'uomo sembrava avere una sottospecie di contorta sindrome di Peter Pan.

Sentii i suoi passi sulla soglia della mia stanza e capii di non avere scampo. «Eccoti!»

Prima che potessi fare alcunché sentii il suo peso far sprofondare e cigolare il letto. Altri due molleggiamenti e infine con tuffo, da sadico potrei aggiungere, si buttò senza pietà sulla mia schiena.

Espirai di botto tutta l'aria che avevo nei polmoni e strabuzzai gli occhi. Corressi i miei pensieri precedenti. Sarei morto per omicidio colposo.

«Papà! Papà...! Spostati!» L'aria che necessitavo di inspirare non era abbastanza lì sotto e per un attimo mi salì realmente il panico. Cercai di strapparmi quella zavorra di dosso con le mani e i piedi, ma ero a pancia in giù quindi ottenni solo una discreta contorsione.

«No! Figliolo! Non morire! Non mi lasciare!» Lo sentii trafficare con le coperte, riuscendo così ad avvilupparmi ancora di più in esse. Sentii il tessuto stringere sempre di più intorno alla mia testa, fino a che, con un forte colpo di reni, riuscii a mettermi carponi e ad uscire di lì.

Fu talmente piacevole la sensazione di frescura sul volto e l'aria pulita, e non ristagnante, nei polmoni, che, per un attimo, mi dimenticai del mio potenziale assassino. Solo per un attimo.

Appena mi si abituarono gli occhi mi girai di scatto. «Ma che sei matto?!»

Lui incrociò le braccia al petto e si imbronciò. «Ma tu non eri venuto a salutarmi! Quando eri piccolo mi correvi sempre incontro gridando “papà! papà!”. Che fine ha fatto il mio dolce bambino?!»

Sospirai e lo abbracciai. «Bentornato a casa, papà.»

Di solito il bentornato si dava a quelle persone che, almeno presumibilmente, quel giorno avevano lavorato fino a tardi, ed entrambi sapevamo che nel suo caso non era così.

Ma avevo deciso... che quel giorno avevo rischiato abbastanza la vita.






Allora? Cosa ne pensa il pubblico a casa? Wow, l'ho scritto un sacco di tempo fa questo capitolo, ma lo sto postando solo ora. Lo so, lo so, sono una fifona... una come può essere agitata e impaurita nel postare una semplice fic? Beh, forse perché alla fine mi ci sono affezionata a questo capitolo, sì è una cosa un po' scema, ma cosa ci volete fare?... no io non sono scema... forse un po', ma poco ok?

Allora potrei dire che probabilmente più avanti si trasformerà a rating rosso, per ora metto un tenue ed apprezzato arancione perché comunque nel mio archivio (che archivio non è) non ho ancora scritto scene rosse per la fic... lo ammetto sarebbe la prima volta, ma 'sti due... ispirano sesso, ergo lo faranno! Che ci volete fare? Io niente, è un po' perverso, ma è bello così.

Un'altra cosa è che in qualche capitolo citerò qualche verso di qualche canzone, uno perché molte volte mi ispirano i capitoli, due perché... cado sempre nella trappola della song-fic U_U

Poi... vediamo... Ecco, questo capitolo ha il sigillo di approvazione kyuukai, la quale ha gentilmente elargito un parere sul primo capitolo, attenuando la mia ansia cronica. Grazie, kyu!! (xkyu: ti rendi conto?! L'ho pubblicata davvero!)

A questo punto spero gradireste dirmi anche voi cosa ne pensate (ok, la devo smettere di parlare così, anche perché nella mia testa suona sarcastico ogni termine appena più ricercato...)

Baci!


Sakura*

  
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