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Autore: Shaberigoe    29/08/2012    3 recensioni
Niente di che.
Non ho mai scritto un racconto più autobiografico di questo, ma non è niente di che.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voglio che qualcuno venga a salvarmi. Che crei un varco di luce nel buio e che mi porga la mano. Voglio che non mi lasci cadere mai più. Sono pronta ad afferrare quella mano, ad aggrapparmi a lei come fosse l'unica fonte di vita esistente. Ho paura del buio.

 

Nevicava. Non avevo una meta precisa, vagavo senza scopo per le strade. Faceva freddo, ma ero abbastanza coperta, quindi quello non era un problema. Avrei potuto continuare a camminare ancora per ore. Appresso non mi ero portata nulla, né il telefono né le chiavi di casa. Non sapevo che ore fossero. Il cielo stava iniziando ad imbrunire, probabilmente massimo le sei del pomeriggio. Nonostante non avessi freddo e non accusassi la minima stanchezza, cercai un posto al riparo, nel quale potermi sedere in pace. La biblioteca. È da tanto che non vado in biblioteca.
Feci inversione e mi avviai verso la biblioteca. Mi piacciono i libri, per me non esiste posto migliore. Da grande mi piacerebbe fare la bibliotecaria.
Quando fui davanti al portone lo trovai chiuso. Sbirciai nel foglio degli orari, a quell'ora sarebbe dovuta essere aperta. È una biblioteca privata, quindi era ovvio che il portone fosse chiuso, ma io ho sempre di queste paranoie. Prima di suonare il campanello iniziarono a battermi forte il cuore e a sudarmi le mani. Presi un respiro profondo e premetti il bottone. Il cancelletto si aprì e io percorsi un piccolo viale in mezzo alla neve fino ad arrivare all'entrata. Intorno alla struttura c'è un piccolo giardino, è davvero grazioso. Ricoperto di neve da un grande senso di calore, mentre in primavera, quando gli alberi scoppiano di fiori, ci si può sedere nell'erba a leggere un libro.
Nel momento in cui entrai nel piccolo ingresso, la ragazza seduta dietro al bancone mi salutò con un grande sorriso. Io, che il giorno non ero decisamente l'incarnazione della felicità, cercai almeno di accennare un'espressione di simpatia. La ragazza mi guardò un po' perplessa, probabilmente il mio tentativo non doveva essere riuscito nel migliore dei modi. Provai un ulteriore senso di sconforto. Essendo da molto che non frequentavo quel luogo, quella persona non l'avevo mai vista, ma davvero voluto fare una buona impressione su di lei.
Mi avvicinai ad uno scaffale e iniziai a scegliere un libro. Ci misi un po', ma finalmente trovai un libro interessante. Era l'ultimo libro di Murakami Haruki. Non ne avevo sentito parlare, ma essendo una grande amante dell'autore, ero sicura ne valesse la pena. Mi sedetti su un divanetto e mi tolsi le scarpe per potermi sistemare raggomitolandomi con i piedi sul divano.
Lessi per un paio d'ore, poi gradualmente smisi. Ho qualche problema di concentrazione, una volta persa non riesco più a ritrovarla per un po' di tempo. Anzi, mi stupii per essere riuscita a mantenerla per più di un'ora di fila.
Mancava ancora un po' alla chiusura della biblioteca, però decisi che sarebbe stato meglio andare via. Mi avvicinai al bancone, la ragazza era ancora lì. Aveva dei capelli corti, scuri. Ad un lato della testa aveva una forcina a forma di fragola, per puro scopo decorativo. Occhi blu. Portava un paio di occhiali rossi, intonati con il cardigan, e a sinistra nel petto portava un cartellino con su scritto il suo nome. Senza dire niente porsi il libro e la tessera. Non la guardai neanche in faccia, continuai a tenere lo sguardo fisso nel pavimento. Ogni tanto fissavo le mie scarpe e giocherellavo un po' con i lacci.
“Qualcosa non va?” chiese.
Sussultai e alzai lo sguardo. La fissai senza dire nulla, dovevo sembrare davvero strana. Quando mi accorsi che ci stavamo fissando negli occhi già da un paio di secondi, arrossii e distolsi lo sguardo, facendolo vagare nello spazio circostante.
“Ah, scusa,” proseguì. “Però, sai, non dovresti avere quell'espressione così triste. Non ne vale la pena.”
Rialzai lo sguardo, stavolta con l'intenzione di tenerlo fisso sul suo. Accennai un sorriso, e questa volta sono sicura di esserci riuscita, e ammisi: “Ha ragione.”
 

  
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