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Autore: elyxyz    04/07/2003    10 recensioni
Due bambini: un parco giochi, un portachiavi, una promessa e un addio… E se il primo incontro tra Sakuragi e Rukawa non fosse avvenuto allo Shohoku?…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL PORTACHIAVI

IL PORTACHIAVI

 

by elyxyz

 

 

 

A Lalla e Ale, che non leggeranno mai questa ff, per avermi sopportata in ferie anche quest’anno. Grazie…

 

 

 

Due bambini: un parco giochi, un portachiavi, una promessa e un addio…

E se il primo incontro tra Sakuragi e Rukawa non fosse avvenuto allo Shohoku?…

Attenzione: autoconclusiva; genere non-yaoi, SS/PG, sentimentale…

Legenda: “ ”= parole

                < >= pensieri

 

 

 

 

Il sole era ormai al tramonto dietro la collina.

Il parco giochi, che delimitava il quartiere popolare e le prime villette residenziali, salutava gli ultimi bimbi che, con le loro mamme, si accingevano a rincasare per la cena.

Due bambini si attardavano ancora con una palla arancione, striata di nero, in mano, incuranti dei richiami delle proprie madri.

Alla fine il bimbo più piccolo, morettino ed esile di corporatura, disse: “Dai, Hanachan! Se non le ascoltiamo, domani non potremo venire!”

“Nessuno può ostacolare il Tensai” rispose l’altro, in modo orgoglioso. Ma aggiunse “Ok, Yochan, hai vinto tu...”

Con passo svogliato, prese la palla rugosa, come quella da basket, eccetto che per le dimensioni.

Lanciò uno sguardo furtivo verso il campo da pallacanestro, confinante con il parco e rimase assorto a contemplare un giocatore che prendeva un rimbalzo.

< Ah, - pensò - magari un giorno ci riuscissi anch’io! >

Poi si affrettò di corsa, verso le due donne e Yohei che lo attendevano.

Con la coda dell’occhio vide che nel parchetto era rimasto solo un bambino, con i capelli molto scuri e una signora anziana, che svogliatamente lo sorvegliava, mentre leggeva un libro.

 

Il giorno seguente, Hanamichi era di cattivo umore.

La sua mamma lo aveva avvisato che Yohei era ammalato e perciò avrebbe trascorso la settimana dai nonni.

Hanachan, senza Mito, non voleva uscire.

La madre, esasperata, disse: “Vuoi rimanere a casa anche tu una settimana, come il povero Yochan?! Su, forza, il tuo impegno di oggi sarà conoscere un nuovo amico! Io so, bimbo mio, che, con la tua vivacità e allegria ci riuscirai senza problemi! In fondo, non sei un tensai?!

Galvanizzato da quelle parole, il bambino cambiò radicalmente umore: “Dov’è il pallone da pallacanestro, mamma? Il parco attende il tensai!”

Sollevata, la donna porse la sfera arancione e si diressero al giardino lì vicino.

Arrivati, però, Hanamichi perse la sua baldanza: “Mamma, senti… devo proprio?!

“Sì, caro, è bello conoscere nuovi amici.

Il rossino, di rimando, infilò una mano in tasca e strinse un portachiavi.

“In fondo, Yochan, non ti tradisco, se gioco un po’ anche con gli altri…”

disse sottovoce, quasi più per convincere sé stesso.

“Hanamichi, guarda!” disse la madre al piccolo, interrompendo il filo dei suoi discorsi “quel bambino, là sulla sabbiaia, sta giocando da solo. Mi sembra sia sempre solo… Cosa aspetti? Potrebbe essere lui, un nuovo amico speciale… Non ti crucciare, Yohei non si arrabbierà per questo.

Il figlio si sentì sollevato da quelle parole e, rianimato, si diresse verso il bambino seduto sulla sabbia.

La madre, intanto, si sentiva più tranquilla, nel vederlo reagire positivamente al suo invito.

Non era difficile capire le preoccupazioni del figlioletto.

Del resto, il rapporto che lo legava a Yohei era fin troppo simbiotico.

Un po’ di cambiamento avrebbe giovato… ne era certa.

“Ciao! Come ti chiami?” disse, con tono squillante, Hanamichi.

Il morettino, interrotta una costruzione di sabbia, lo guardò intimorito e titubante: “KaedeRukawa” rispose.

Kaede Rukawa” ripeté l’altro, con fare solenne, quasi a soppesarne il valore, e in fretta continuò: “E’ troppo lungo... e… difficile da ricordare! Ti chiamerò Kawachan! Ti piace? Posso? Posso? Posso?...”

Senza attendere una risposta, cercò di leggerla sul viso arrossito e imbarazzato del suo interlocutore e aggiunse: “In cambio, tu puoi chiamarmi Sacchan! E’ un onore, sai?!” Poi spiegò “solo Yochan mi chiama Hanachan...”

Yochan è il bambino che gioca a palla sempre con te, vero?” disse il morettino.

“Sì, ma ora è ammalato. Ti va di giocare a basket con me?!

“Io non ci so giocare, non sono capace…” disse l’altro.

In tutta risposta, Hanamichi gli prese la mano destra fra le sue e gli fissò il palmo aperto: “Hai mani molto grandi… dita lunghe... e sei alto quasi quanto me… Potresti diventare un grande giocatore!!

Disse con fare profetico, di chi ha cognizione di causa.

“Ma... io ho solo 3 anni!...” Rispose Rukawa, incerto.

“Anch’io!, ma vedrai che possiamo imparare anche adesso… qualcosa...” e aggiunse triste “Yohei odia il basket. Non vuole mai giocarci e diventa triste, se gli chiedo di giocare con il canestro… Penso che smetterò anch’io di giocare...

Rukawa intervenne: “Oggi, allora, insegnalo a me!”

E i due si diressero verso un canestro lì vicino, posizionato sul bordo del parco; creato apposta per i bambini.

Hanamichi spiegò a Kaede come si palleggiava e come tirare a canestro.

I movimenti che compiva erano grossolanamente scoordinati, ma il rossino possedeva forza e agilità superiori ad un bambino di 3 anni.

Buona parte dei canestri, infatti, entravano nel cerchio.

Kaede rimase a guardarlo, poi, incoraggiato, tentò a sua volta.

Per poco non riuscì a centrare il ferro.

Ma, anziché sembrare deluso, dichiarò che avrebbe tentato finché non sarebbe riuscito nell’intento.

La mamma di Sakuragi e la governante di Rukawa, intanto, controllavano i rispettivi protetti in modo solerte.

Il tempo passò in fretta.

Hanamichi pensava tra sé che il morettino era molto bravo a giocare a basket: non sembrava goffo come lui nei movimenti, forse perché era più esile di corporatura.

Rukawa interruppe i suoi pensieri: “Posso chiederti una cosa, Sacchan? I… i tuoi capelli... perché sono così?!

In tutta risposta, il rossino rise di gusto, ma rispose serio: “La mamma dice che, quando sono nato, il mio vicino stava tinteggiando la sua recinzione, e mi è arrivata una pennellata di antiruggine in testa…”

Rukawa rimase assorto: “Ahhhhhhh...”

“Scherzo, scherzo!! La verità è che la mia mamma e i nonni sono nati in un posto molto lontano, chiamato “Irlanda”, e lì, tanta gente ha i capelli come i miei!”

“Insomma” concluse Ru “tu hai dei capelli speciali, perché sei un bambino speciale!”

Hanamichi fu completamente conquistato da quel ragionamento.

“Già” disse.

La madre di Sakuragi interruppe i loro discorsi. “Hanamichi, tra poco torniamo a casa! E’ già ora di cena!”

Il rossino si rivolse al compagno di giochi e gli disse: “Domani, giocheremo ancora a basket, vuoi?!

Il morettino si rabbuiò all’improvviso.

“Mi dispiace, Sacchan, domani io partirò. Oggi sono venuto per dire addio al parco... Papà ha un nuovo importante lavoro… In una grande città, molto lontana… Non credo che ti rivedrò. E due grossi lacrimoni spuntarono sugli zigomi.

Il rossino era rimasto zitto e impietrito da quell’inaspettata dichiarazione… e rispose: “Ma… Non è giusto! Noi siamo appena diventati amici! Dobbiamo giocare a basket insieme!  Ti devo presentare Yochan… No, non è giusto…” e iniziò a piangere in silenzio.

Affondò, sconsolato, le mani nei pantaloni. Poi, un lampo di genio improvviso lo rianimò e disse con rinnovato entusiasmo: “Tieni!” ed estrasse un portachiavi con una palla da basket come pendolo “ti regalo questo. Li ha fatti mio nonno per me e Yochan. Sono due uguali” disse, cavandone uno gemello dall’altra tasca. “Ma voglio che uno lo abbia tu.

Sono unici, sai.

Non ce ne sono altri al mondo.” Evidenziò solennemente. “Così, quando guarderai la palla, penserai a me e ad oggi, come il giorno in cui hai imparato cos’è il basket!”

Ru, con un impeto, lo abbracciò forte e piangendo rispose. “Ti prometto che imparerò a giocare... Diventerò il migliore del Giappone. Sarai orgoglioso di me. E, forse, questo pallone” indicando la grossa sfera “ci farà rincontrare!”

Quando si staccarono, Hanamichi lesse una forza e una determinazione negli occhi blu di Kawachan che lo fecero rabbrividire.

E ripeté: “Il migliore...”

E l’altro, in un sussurro: “Il migliore”.

“Ti batterò comunque! Nessuno è più bravo del tensai!”

E risero di gusto, solo come i bambini sanno fare.

Poi, si salutarono.

“Allora, addio...” disse Ru.

“No, ci rivedremo... grazie a questa palla...

E divisero le loro strade.

 

 

 

L’allenamento straordinario era appena finito, anche quella sera.

Erano tutti a pezzi.

Il gorilla sembrava una bestia, da quando lo Shohoku aveva perso l’amichevole contro il Ryonan. Ma anche Ayako non era da meno, nei suoi allenamenti speciali per Sakuragi.

Anzai amava ripetere che Hanamichi era argilla grezza che andava plasmata, soprattutto finché era bagnata e malleabile. Aveva talento e abilità straordinarie, ma andavano affinate per non venir sprecate.

< Se avesse iniziato a giocare presto, chissà dove sarebbe!- pensava Akagi, meditabondo- Probabilmente, supererebbe persino Rukawa, il che, è già tutto un programma… >

In palestra, erano rimasti solo il capitano per supervisionare, con Ayako, gli allenamenti del tensai più eclettico dello Shohoku; Miyagi, che aspettava Ayacuccia cara, per riaccompagnarla a casa; il vice capitano Kogure e Mitsui, che aiutavano Sakuragi negli esercizi di consolidamento; e Rukawa che, dopo gli abituali sforzi imposti dal gorilla, era solito allenarsi da solo in palestra, fino alla sua chiusura, con spettacolari canestri da tre punti, tiri in sospensione e palleggi dribblati, contro inesistenti avversari, con grazia e eleganza magistrali.

Il gorilla aveva appena mandato Sakuragi a cambiarsi negli spogliatoi.

E il rossino era rimasto un attimo incantato ad osservare il gioco del suo peggior rivale: doveva riconoscerne la bravura, anche se gli dava fastidio.

< Probabilmente, Rukawa gioca a pallacanestro fin dalla culla.

Ah, - pensò la parte razionale di Hanamichi - se non avessi smesso tanto tempo addietro, e non fossi addirittura arrivato ad odiarlo, il basket, forse sarei io, ora, la matricola più forte della Prefettura di Kanagawa... >

Uscì dagli spogliatoi immerso in queste elucubrazioni, e salutò distrattamente i compagni di squadra, tranne l’odiata baka kitsune.

Arrivato al cancello della scuola, si accorse di aver dimenticato nell’armadietto degli spogliatoi il portafoglio, con l’abbonamento del treno.

Si diede mentalmente dello stupido, poi, però, ad alta voce disse: “Il tensai non può essere uno stupido!”

E si diresse con fare lento e stanco verso la strada appena percorsa.

Tensai o non tensai, la fatica degli allenamenti si faceva sentire.

Quando rientrò in palestra, gli altri componenti dello Shohoku team stavano finendo di riordinare. Rukawa era negli spogliatoi e si stava rivestendo.

Aveva già svuotato le sue cose dall’armadietto, che stava affianco a quello del rossino.

Tutto il contenuto era sulla panca, sparso alla rinfusa.

Sakuragi lo fulminò con lo sguardo e Ru lo ignorò.

Hana aprì l’armadietto e ritrovò il libretto con l’abbonamento del treno, senza del quale non sarebbe potuto tornare a casa.

Stava per uscire, senza dire niente, quando qualcosa colpì la sua attenzione.

“Ma dove ho la testa?!” disse ad alta voce e Rukawa lo guardò, sorpreso.

“Ho lasciato qui anche le chiavi di casa…” e fece per prendere il portachiavi appoggiato sulla panca.

Una mano più lesta lo precedette. “Fermo! Questo è mio!!” disse Ru.

E, in tutta risposta, Hana irritato inveì: “Baka kitsune, vuoi che non sappia riconoscere il mio portachiavi?! E’ unico. U-ni-co. Non lo confonderei mai… Vuoi controllare nelle mie tasche per essere sicuro?! Toh, guarda, guarda, gua... e rimase senza voce quando, lentamente, estrasse dalla tasca della divisa scolastica un portachiavi gemello al primo, al cui vertice pendeva una lucente, minuscola, palla da basket.

I due si fissarono negli occhi per qualche istante, che sembrò un’eternità.

Sensazioni contrastanti passarono sui loro visi: smarrimento – paura - sorpresa…

Le loro voci concitate avevano fatto accorrere gli altri del team che, vedendoli così, si prepararono ad un cataclisma inaudito… che non avvenne.

I due si sedettero di colpo sulle panche, come svuotati di ogni energia.

Fu Rukawa che, insolitamente, ruppe il silenzio tombale: “Sacchan…” Sussurrò a fior di labbra.

Il rossino, poco dopo, rispose con lo stesso tono spossato ed incredulo: “Kawachan…”

Ayako era sbalordita e il resto del team aveva le mascelle sino al pavimento a causa del semplice scambio appena intercorso… che fossero impazziti?

I due protagonisti, incuranti degli altri, fissavano il vuoto e Ru iniziò a parlare quasi più a se stesso: “Ti avevo giurato che sarei diventato il migliore… che saresti stato orgoglioso di me…” concluse in un sussurro.

“Il migliore” ripeté ipnotico Sakuragi “Alla fine” proseguì più animato “la pallacanestro ci ha fatto davvero rincontrare… Ti batterò comunque. Nessuno può vincere il tensai...” Finì, poco convinto lui stesso della propria affermazione.

Kaede riprese con il suo tono grave e profondo, stranamente caldo: “Come ho fatto a non riconoscere ‘la pennellata di antiruggine’ e ilTensai’?!”

“Anch’io ricordo le tue mani grandi e gli occhi di ghiaccio brillanti di determinazione, in quel giorno...

“Ma siamo cambiati, ecco la verità” si risposero in coro.

Rukawa proseguì: “Da quando sono tornato, tre anni fa, sono andato nel parco, vicino al campo da basket, ogni giorno, nella speranza di rivederti.

Ma niente.

E pensavo che dovevi essere divenuto un asso della pallacanestro, perché, nella mia testa, eri il mio idolo, l’insormontabile modello da imitare…”

Hanamichi, invece, disse: “Le cose sono andate molto diversamente. Due anni dopo la tua partenza, il quartiere dove abitavo fu demolito e ci trasferimmo in un’altra zona popolare. Giocavo sempre meno a basket, perché Yochan lo odiava. Alla fine, come ti avevo ipotizzato, smisi.

E arrivai addirittura ad odiarlo, a rinnegarlo…Non posso essere il tuo modello... Non lo sono mai stato… Però ricordo la tua determinazione.”

“Quello che hai insegnato a me, 13 anni fa, io non l’ho mai dimenticato… sai?! E sono convinto che i tuoi costanti e rapidi progressi siano dovuti al fatto che, in realtà, il basket è parte del tuo DNA, come del mio, del resto… Per me, eri il tensai, e… potresti ritornare ad esserlo.

Ne sono certo.”

Il team dello Shohoku non sapeva se essere più traumatizzato dai contenuti del discorso di Rukawa o se dalla sua sorprendente prolissità.

Sakuragi, dal canto suo, rispose: “Ti ho odiato e ti odio, baka kitsune, perché in te vedo quello che sarei potuto diventare, se non avessi mai abbandonato la mia palla arancione… Ma sei anche la mia nuova spinta a migliorare, a dare il massimo; per essere sempre il tensai che rincontrerà, un giorno, il suo Kawachan, come gli avevo promesso.”

Dopo quella frase, nello spogliatoio era calata una cortina di silenzio.

Una fase di stallo, di lungo, interminabile vuoto.

Nessun rumore.

Vuoto.

Il mondo pareva essersi fermato.

Dopo un po’, Akagi timidamente propose: “Si è fatto tardi. Ragazzi, che ne dite, potremmo chiudere la palestra?”

La frase, lì per lì, sembrò sciocca e superficiale, ma la situazione creatasi non era certo di facile gestione.

Qualche istante successivo, Rukawa, tentando di mantenere il suo solito tono profondo e distaccato, disse: “Do’aho, ti va di tornare al nostro solito campetto?!” Ma il tono mal celava uno stato di incertezza, misto a speranza.

E Sakuragi rispose energico: “D’accordo, baka kitsune, il tensai ti sfida! Ah, ah, ah…”

E i due se ne andarono, senza litigare tra loro, quasi fossero, da sempre, vecchi amici.

I componenti dello Shohoku presenti rimasero pietrificati dallo stupore e basiti dallo shock.

Purtroppo, non era stata data loro la possibilità di sapere quanto sarebbe durato lo stato di grazia in cui erano intercorsi, o se il nuovo evento avrebbe acceso, nelle due matricole, nuove rivalità e pepati scontri.

L’unica verità da loro posseduta era che, nel bene e nel male, niente sarebbe stato come prima…

Questo era certo.

 

 

                                                                                  OWARI

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Slam Dunk appartengono al sensei Inoue ed agli aventi diritto. La sottoscritta non ci guadagna mezzo euro.

Lo fa solo per sadico piacere di stressare.

 

Precisazioni: I discorsi fatti da Ru & Hana possono risultare falsati a causa della loro complessità. In pratica, troppo artificiosi per la loro età.

La mia esperienza mi ha insegnato che i bimbi possono fare questo tipo di discorsi, perché li sentono dagli “adulti” e li fanno propri, rielaborandoli.

Se, poi, non ho ancora convinto, ricordo che abbiamo a che fare con il TENSAI e con l’IMMENSO ASSOLUTO, L’ESSERE OLTREMODO SUPERIORE (Ru mio).

Special thanks: a “N” che per prima ha letto, commentato, sopportato… Come te, non c’è nessunaaaaaaaaaa…….

 

Ogni commento e critica costruttiva sono ben accetti qui: elyxyz@alice.it

 

Ciao.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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