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Autore: Asmodeus    30/08/2012    2 recensioni
Berlino, 27 febbraio 1933.
Dueocchi azzurri lo perforavano,stilettavano il suo cuore e la sua anima facendo sgorgare fiumi di sangue bollente, che ustionavano la sua pelle come il ghiaccio piùgelido, che penetra nelle ossa, e corrode e brucia e marchia, in un’antitesi infinita di opposti che producono il medesimo
effetto.[…]Erano stati altri due occhi perforanti a risollevarlo dall’Abisso. Il nemico gli offriva la gloria sul piatto d’argento, gli porgeva il potere e il successo e lui non doveva far altro che allungare la mano e cogliere quel frutto proibito.
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gellert Grindelwald
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Rating: Arancione
Personaggi: Gellert Grindelwald
Pairing: Nessuno
Introduzione:Due occhi azzurri lo perforavano, stilettavano il suo cuore e la sua anima facendo sgorgare fiumi di sangue bollente, che ustionavano la sua pelle come il ghiaccio più gelido, che penetra nelle ossa, e corrode e brucia e marchia, in un’antitesi infinita di opposti che producono il medesimo effetto. […] Erano stati altri due occhi perforanti a risollevarlo dall’Abisso.
Il nemico gli offriva la gloria sul piatto d’argento, gli porgeva il potere e il successo e lui non doveva far altro che allungare la mano e cogliere quel frutto proibito.

 Disclaimer: il personaggio di Gellert Grindlewald non è di mia proprietà ma di J.K.Rowling. Altri nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto della fantasia dell'autore o usati in modo fittizio a fini narrativi. Pur riprendendo eventi realmenti accaduti della storia del XX secolo, l'autore non vuole presentare una versione realistica dal punto di vista storico dei fatti. I riferimenti alla verità storica sono utilizzati per fini strettamente narrativi.  Il contenuto di questa fanfiction, così come le eventuali immagini presenti, non vuole essere apologia del regime nazista e delle sue ideologie, ma è utilizzato solamente per scopi narrativi. 

Questa fanfiction fa parte della serie:

Ich bin Gellert Grindelwald, Zaubereiministers des Deritten Reiches  

Buongiorno!
Eccomi tornato nuovamente a pubblicare, in questo periodo di intensa attività di scrittura, una vecchia fanfiction di quest'inverno, che solo ora ho finito di aggiustare con correzioncine qua e là. Ispirato dall'ascolto di una canzone dei 30 second to Mars, Hurricane per la precisione, mi sono messo immediatamente a scrivere di un episodio storico poco conosciuto eppure importantissimo per la storia del XX secolo;  per non svelarvi la "sorpresa" e poichè tutte le informazioni sono nelle note alla fine della shot, però, non svelo di quel evento si tratta e vi lascio scoprire il tutto con calma. Anche stavolta, come del resto in ogni fanfiction parte della serie "pubblicizzata" appena sotto i disclaimer, si parlerà di Gellert e del suo stretto legame con gli avvenimenti-chiave della storia del 1900. Questa volta siamo in Germania, a Berlino, nel 1933.
Mettetevi comodi, abbassate la luce, pensate alla Germani ed immergetevi nell'atmosfera cupa degli anni '30, alla vigilia della più spaventosa guerra di tutti i tempi.
Tutto sta per cominciare.



 
_Asmodeus_








Soffiava un vento gelido, e il suo lungo mantello svolazzava nel buio della notte.

Portò le mani inguantate davanti al volto, scoprendosi la bocca dalla sciarpa di lana pesante e alitando aria calda sulle dita intirizzite, sfregando i palmi delle mani nel tentativo di scaldarsi.

Erano appena le nove di sera, ma il clima invernale tedesco era inclemente.

I duri anni passati a Durmstrang, che si trovava a latitudini certamente più elevate e gelide, sembravano essersi dissolti nel nulla, l’addestramento a piegare il proprio corpo ad una ferrea volontà incrollabile era vano in una situazione come quella.

Non si sentiva così teso da molto tempo.

Trentatré anni erano passati da quando aveva avuto in mano la propria vita per l’ultima volta.

Quel giorno era stata decisa la sua sorte, il suo cammino tracciato nel granito, il suo destino intessuto perennemente nella trama del tempo.

In un umile scantinato era stato distrutto un sogno.

Era morto altro, oltre ad una dolce fanciulla.


No matter how many times that you told me you wanted leave

No matter how many breaths that you took you still couldn’t breathe

No matter how many nights that you’d lie wide awake to the sound of the poison rain


La vita era ricominciata, sempre di corsa, sempre in attesa della prossima possibilità per cambiare, per rinascere, per ricrearsi in modo consono alle proprie aspettative.

Una ricerca incessante di qualcuno che potesse condividere con lui i progetti che l’avevano glorificato, fatto amare e distrutto.

Ma di certo non era sua la colpa per tutto questo, la sua ambizione era creare un Nuovo Mondo, e ci sarebbe riuscito.

Mettendogli i bastoni fra le ruote in quel modo aveva decisamente sbagliato.

Aveva aperto una ferita che sanguinava ancora, ogni notte, quando i sogni lo attanagliavano nella loro crudele morsa.


Where did you go?


Due occhi azzurri lo perforavano, stilettavano il suo cuore e la sua anima facendo sgorgare fiumi di sangue bollente, che ustionavano la sua pelle come il ghiaccio più gelido, che penetra nelle ossa, e corrode e brucia e marchia, in un’antitesi infinita di opposti che producono il medesimo effetto.

La veglia era l’unico momento di pace, consentiva al cervello di ragionare, di progettare, di dimenticare.

Annullare il passato, immaginare il futuro, realizzare il presente.


Erano stati altri due occhi perforanti a risollevarlo dall’Abisso.

Il nemico gli offriva la gloria sul piatto d’argento, gli porgeva il potere e il successo e lui non doveva far altro che allungare la mano e cogliere quel frutto proibito.



Un vuoto s’era misteriosamente aperto nella sua anima, nell’attimo di follia che precede ogni scelta importante.

Una voce lontana dentro di lui voleva distoglierlo da quelle proposte indicibili, la coscienza lo allontanava dall’inganno del serpente, ghiacciava le sue membra proiettandole nel futuro oscuro che avrebbe plasmato con le sue mani.

Era diventato un blocco immobile ed insensibile per alcuni giorni, indeciso su cosa fare.

Sempre sveglio a valutare pro e contro, per non farsi beffare, con la coscienza che lo pietrificava e cercava di persuaderlo ad essere ascoltata, ricordandogli anche nella veglia l’azzurro di quegli occhi che erano stato tanto, molto, troppo per lui, un tempo.


L’azzurro l’aveva reso un inerme cubetto di ghiaccio.


Ora quel ghiaccio andava sciolto, a tutti i costi.


Il Bene Superiore aveva aspettato abbastanza.


E lui pure.


As days go by

The night’s on fire


Iniziò a scrutarsi intorno, verificando la situazione: ognuno era al suo posto, pronto ad intervenire al momento opportuno.

Lui solo si esponeva palesemente, attendendo sotto al fumoso lampione l’arrivo dell’agnello da condurre al macello.

Aveva anche iniziato a nevicare, e vortici di gelo bianco gli oscuravano gli occhi, balenando intorno alla sua figura che pareva essere l’unico elemento fisico in quegli attimi quasi di sogno.

Il loro contatto tardava ad arrivare, eppure i suoi nuovi alleati avevano promesso che sarebbe giunto all’appuntamento in orario.


Tell me would you kill to save a life

Tell me would you kill to prove you’re right


Non avrebbe di certo rispettato i patti, senza la presenza di quell’uomo sconosciuto che doveva essere immolato per il suo, per il loro progetto.

Un’unione d’intenti di quel genere non s’era mai vista prima.

Lui e quel Babbano così particolare erano molto più simili di quanto si sarebbe mai potuto aspettare.

Ragionavano allo stesso modo, avevano un progetto identico di riforma necessaria per il bene comune, per estirpare la zizzania dal campo di grano.

Il cinismo e la crudeltà del Babbano non erano aspetti che si addicessero alla sua personalità, eppure li condivideva.

Programmando il loro futuro, molte settimane a dietro, aveva scoperto di essere inevitabilmente attratto da quello sguardo, da quelle movenze, da quella voce.

L’aveva stregato come il più forte degli ammaliamenti, e sapeva che ciò che stava per fare era l’unica strada.


Da reietto a dominatore, era un bel salto.


Da pittore a soldato a dittatore, era un salto ancora più grande.


Avrebbero fatto di tutto per il Bene Superiore.


Crash, crash


Un’ombra apparve all’improvviso in quel bianco vorticare, fantasma vivo tra gli spettri della sua mente.

L’uomo intabarrato si avvicinò a lui, docile come un agnellino, sicuro di trovare in lui un complice per la sua protesta nel nome della libertà.

Anzi, più di un complice.

Ora i suoi compagni si stavano muovendo, e presto sarebbero stati una mezza dozzina, per compiere il tutto il più velocemente possibile.


Salutò il nuovo venuto con un cenno del capo, senza scomporsi, e l’uomo rispose con un saluto altrettanto silenzioso.

Si voltò ad osservare l’edificio dall’altro lato della strada, che si stagliava maestoso davanti a loro.

La luce del lampione tremolò leggermente, quando altre quattro figure emersero dal nulla e si disposero dietro di lui, provocando un leggero sussulto nella loro vittima.


Le mani al di sotto del mantello si strinsero forti alla bacchetta invincibile, pronte a scattare al minimo segno di dubbio da parte dell’altro uomo.

Era necessario che fosse totalmente con loro, non poteva avere ripensamenti.


Una scrollata innocente di spalle appianò la tensione che s’era levata nel gruppo di maghi, e l’uomo intabarrato diede il segnale d’avvio.

Attraversò circospetto la strada, arrivando fino all’ingresso principale dell’edificio.

Le lucide vetrate dell’enorme portone, incastonato in un quartetto di robuste colonne marmoree, scintillavano tetre illuminate dalla luce dei guardiani notturni.

Giunsero anche loro a fianco del complice, silenziosi come gatti ed invisibili al mondo in quel turbinare di gelo, pronti ad agire.

Appena furono al suo fianco, i quattro suoi compagni si divisero in due gruppi e partirono per raggiungere da differenti posizioni l’entrata secondaria posta sul retro: avrebbero sistemato loro ogni cosa.


“Spero che i tuoi ragazzi sappiano quello che fanno. Sicuro che quattro bastino per questo?”, chiese l’uomo al suo fianco.

Osservò le enormi vetrate e le luci che ondeggiavano attraverso di esse.

Sorrise.

Erano le stesse parole che gli aveva rivolto il Babbano dagli occhi di ghiaccio la notte prima, mentre decidevano gli ultimi dettagli del loro piano.

La risposta fu la stessa.

“Sono addirittura troppi.”


Il silenzio calò su di loro per un’altra decina di minuti buona: nulla turbava la calma notturna e la sottile neve continuava il suo percorso vorticoso atto ad imbiancare ogni cosa, per ricoprire con una candida tunica le anime marce di quella città, loro due compresi.


Il tremolio delle lanterne dietro le vetrate pareva essersi spento.

Ora ogni cosa era buia, e solo la flebile luce del lampione dall’altro lato della strada rischiarava le tenebre, riflettendosi nel candore che giungeva dal cielo.

Era successo tutto senza un rumore, senza che si accorgessero di nulla.

Quando l’uomo realizzò che il loro piano era davvero entrato nel vivo, probabilmente la situazione era stata sistemata già da alcuni minuti.

Ma lui non aveva intenzione di mettere fretta al suo complice, nonostante ancora non riuscisse a capacitarsi come avesse fatto a stare per così tanto tempo al fianco di un umile Babbano da macellare come l’uomo infreddolito che stava al suo fianco.


Burn, let it all burn

This hurricane’s chasing us all underground


“Un lavoro da maestri, non mi sono accorto di nulla. Ma dovremmo muoverci. I tuoi amici ci staranno aspettando. Avranno già aperto la porta da un pezzo.”, propose la sagoma imbacuccata, voltandosi a squadrarlo incerto e con una nota stupita nella voce, il lungo naso aquilino che rendeva quel volto simile ad un becco rapace.

Ironia della sorte, quel rapace era inerme come una piccola colomba, senza tuttavia avere l’anima altrettanto candida.

Si avviarono decisi lungo la scalinata marmorea, fermandosi per pochi istanti davanti al portone di vetro totalmente buio e leggermente socchiuso.

Di là, tra le tenebre, i suoi compagni aspettavano un suo cenno per scatenare l’inferno.

Aveva permesso al Babbano di precederlo nell’entrare, ma mentre questi stava per mettere piede all’interno dell’edificio, la sua mano scattò sul braccio avvolto nel pesante tabarro, e costrinse il complice a voltarsi, in un gesto insolito e quasi sospetto.

Un’ombra interrogativa e quasi preoccupata passò sul volto del pover’uomo, che ora attendeva sulla linea d’ombra che separava l’oscurità dell'interno dalla flebile luce dell’esterno.

Non era il momento adatto, quello, ma una cosa lo tormentava, e doveva placarsi a tutti i costi.

Una semplice domanda affiorò sulle sue labbra: “Qual è il tuo nome, ragazzo?”

Pronunciò quella frase quasi con affetto, come un maestro preoccupato nei confronti del discepolo da punire ingiustamente per soddisfare imposizioni più alte.

Una tale carica emotiva con un Babbano non gli era mai capitata prima, e mai più gli sarebbe capitata.

Il lungo naso aquilino roteò a destra e a sinistra in un cenno di diniego nel constatare l’inutilità della domanda, e dopo qualche secondo, mentre si scrutavano entrambi l’anima per mezzo dei loro occhi, arrivò la risposta:

Marinus. Marinus van der Lubbe”¹.


No matter how many deaths that I die I will never forget

No matter how many lives that I live I will never regret


Una volta dentro al Parlamento, si resero conto di ciò che era appena successo, nel silenzio assoluto sotto gli occhi di un mondo distratto.

I suoi quattro compagni erano disposti in cerchio, immobili nelle tenebre più assolute, e solo una gelida lucina azzurra si espandeva dalla punta delle loro bacchette per consentire a loro due di vedere nel buio.

I suoi occhi si adattarono immediatamente al cambiamento di luce, che era considerevole nonostante all’esterno non vi fosse altro che quel solitario lampione come fonte luminosa.

Ritornò con la mente agli anni trascorsi a Durmstrang, agli addestramenti notturni in cui era sempre risultato eccellente.

Ma fu un attimo, poi il pericolo in agguato lo riportò al presente: la disattenzione dei suoi uomini nel mostrare le bacchette poteva provocare un brusco cambiamento dei piani, nel qual caso il Babbano si fosse agitato troppo.

Fortunatamente, Marinus fu totalmente magnetizzato dalla vista della mezza dozzina di corpi delle guardie della Repubblica, che giacevano al centro dell’enorme salone d’ingresso, per notare le bacchette.

I cadaveri erano riversi a terra e pietrificati in pose naturali, senza alcun segno di colluttazione o di morte violenta.

L’uomo alzò lo sguardo solamente dopo molti minuti per osservare il suo viso, in cerca di spiegazioni.

Doveva aver capito che qualcosa non funzionava.

“Sono…sono morti? Come hanno fatto?”

“Questo non la riguarda, Herr Van Der Lubbe. Si preoccupi solo di fare ciò che deve”, rispose al suo posto uno dei quattro compagni, che evidentemente avevano origliato la loro brevissima conversazione all’esterno.

Il Babbano sembrò non aver ascoltato l’ammonimento del mago, e continuò a tenere lo sguardo fisso su di lui.

“Non si era parlato di ucciderli. Dovevate semplicemente metterli fuori gioco. Io…non volevo un omicidio. Bastava trascinarli fuori di qui privi di sensi, e poi fare il nostro dovere! Perché questo?”, continuava a domandare, abbassando gli occhi nuovamente sui cadaveri.

Quando li rialzò, uno sguardo amaro fu l’unica risposta che ricevette.

“Non siete qui per aiutarmi ad incendiare il Parlamento, vero? Non siete compagni, voi. Siete Camicie Brune. Ed ora mi ucciderete”, constatò, come se quella fosse un’ovvietà.

“Anche se ciò è assurdo, ora che ci penso. Perché ucciderli, se volevate me?”, continuò, come se le sue teorie fossero state confermate dal silenzio e non dalle loro voci.

“Noi non siamo Sturmabteilung², Herr Van Der Lubbe. Ed il Reichstag³ brucerà.”, esordì uno dei suoi compagni.


Lui si ostinava a barricarsi nel silenzio.


There’s a fire inside of the heart and a riot about to explode into flames

Where is your God?


Non poteva parlare con la sua vittima, non in quel modo almeno.

Stava tradendo apertamente qualcuno mentre realizzava al contempo i suoi progetti.

Non gli era mai capitato prima di essere in una situazione simile.

Quell’uomo si stava opponendo al sistema, proprio come stava facendo lui, e ragionava anch’egli esattamente come avrebbe fatto lui in quello stesso frangente.

Era ad un bivio, e per la seconda volta per colpa di un Babbano.

Anche Herr Hitler si opponeva al sistema.

Anche Herr Hitler ragionava allo stesso modo.

Ma per Herr Hitler, Marinus era il nemico, e viceversa.

L’oppositore dell’opposizione.


E lui, in quale opposizione era schierato?


E’ per il Bene Superiore,Gellert.”, sussurrava una vocina nella sua mente.


“Non capisco. Perché tutto questo? Cosa volete? Chi siete?”, riprese a domandare Marinus, stavolta osservando i quattro uomini con le bacchette alla mano.

Che stavolta vide.

“E quelle? È con quelle che li avete uccisi?”


Il mago che prima lo aveva ammonito levò la bacchetta contro di lui, pronto ad agire.

Osservò il suo capo negli occhi, aspettando un ordine che non arrivò, e riabbassò la bacchetta.


Marinus si voltò nuovamente verso di lui, stavolta col viso pieno di disprezzo, paura e domande irrisolte.

“Sei tu la mente, perché ti ostini a non fare nulla?”, domandò sarcastico, sputacchiando per la tensione.


“Basta con le domande, Herr Van Der Lubbe. Imperio!”.


Arrivati a quel punto, era l’unica soluzione per rispettare il piano.

Il Babbano non avrebbe più incendiato il Reichstag dopo quel colloquio, e doveva invece essere lui l’unico sovversivo da incolpare per quell’atto sconsiderato.

Il piano originale prevedeva un Incantesimo di Memoria per confondere il pover’uomo dopo aver compiuto tutto, ma ora non c’era altro da fare.

Avrebbero dato fuoco loro al Parlamento, e Van Der Lubbe sarebbe stato comunque l’unico colpevole.


Ordinò all’uomo di dirigersi all’esterno dell’edificio, di nascondersi nelle vicinanze e di aspettare l’arrivo di qualcuno, per poi dimenticare il tutto.

Marinus varcò per l’ultima volta quella soglia, e sparì nella notte.


E’ per il Bene Superiore!”, gli ricordò la voce nella sua testa.


Un cenno della mano, e tutti e cinque alzarono le bacchette, disponendosi in cerchio intorno ai sei cadaveri.

Un altro cenno, e le cinque labbra pronunciarono all’unisono l’identico incantesimo, che rimandava al contenuto stesso dell’Inferno.

Dalla punta delle bacchette uscirono inizialmente pochi sbuffi di fumo, che si trasformarono a breve in una immane, bollente cascata di fuoco, che si riversò come una valanga nell’immenso salone, distruggendo ogni cosa.


Do you really want

Do you really want me

Do you really want me dead or alive

To torture for my sins


Immobili al di sopra del tetto di un palazzo antistante il Reichstag, i cinque maghi osservavano il piano di Herr Hitler compiersi fino in fondo.

Le auto dei pompieri di tutta Berlino s’erano radunate in quel luogo, per tentare di domare l’incendio che stava distruggendo completamente il Parlamento Tedesco, mentre poco lontano le pattuglie di polizia avevano catturato Van Der Lubbe, in evidente stato confusionale, e lo stavano per portare in caserma.

Poco distante da un’auto recante la scritta “Feuerwehr”, si era radunato un piccolo gruppetto di poliziotti e di importanti cariche politiche, tra cui lo stesso Cancelliere Hitler e il suo braccio destro Göring: coloro che avevano ideato tutto questo, contattandolo per un colloquio segreto in un freddo palazzo nascosto in una buia foresta tedesca, uno dei tanti possedimenti della Thule.


Da lassù, nascosti alla vista dei Babbani, quello spettacolo acquisiva tutta la propria straordinaria drammaticità.

Sapeva benissimo che dopo quella notte, nulla in Germania sarebbe stato più come prima.

Anzi, il mondo stesso sarebbe cambiato, e lui, al fianco di Hitler come Ministro della Magia del Reich, avrebbe raggiunto vette inimmaginabili da qualunque altro mortale.

Poteva scommettere che, in quegli attimi, il Cancelliere stesse sorridendo sotto i suoi baffetti Babbani, anche se da quella distanza non poteva vedere nulla di tutto questo.

Ma non erano certo quei baffi o quel sorriso ad importagli, al momento.


I quattro compagni si smaterializzarono tutti nello stesso istante, per tornare al quartiere generale della confraternita da lui fondata anni prima.

Lui rimase ancora un poco ad osservare il fuoco distruggere il Reichstag, mentre la neve continuava la sua caduta vorticosa come se nulla fosse cambiato.

Si volse di schiena prima di andarsene, mentre qualcosa si agitava dentro al suo cuore.

Una folata di vento più impetuosa delle altre fece svolazzare violentemente il suo mantello, e la neve parve per un istante cadere più vorticosa, più compatta, più solida, formando una figura dai contorni fin troppo definiti per essere veri.

Spalancò gli occhi alla vista di quella visione, ma durò un istante, e l’attimo dopo sparì con uno schiocco.


I suoi occhi dovevano averlo ingannato, forse per la troppa luce e il troppo fumo emessi dall’enorme incendio.

Quello che aveva avuto davanti a lui in quel minuscolo lasso temporale non poteva certo essere stato Albus Silente.


Do you really want

Do you really want me

Do you really want me dead or alive

To live a lie





NOTE:
¹ Marinus Van Der Lubbe fu l’unico indagato accusato e giustiziato per aver incendiato il Reichstag di Berlino. Dopo questo episodio, Hitler accusò i partiti di sinistra di aver organizzato il tutto e impose una legislazione straordinaria che lo dotava di pieni poteri, abolendo tutti i partiti di opposizione e diventando de facto dittatore assoluto della Germania. (Vedi “Wikipedia”, voce “Incendio del Reichstag”)
² Le Sturmabteilung (abbreviato in SA), letteralmente “battaglione d'assalto”, conosciute anche come “squadre d'assalto” o “camicie brune” per il colore della loro divisa, furono il primo gruppo paramilitare del Partito Nazista. All'epoca dell'Incendio del Reichstag, nel 1933, erano all'apice del loro potere e svolgevano opere di repressione nei confronti degli oppositori del Partito.
³ Il Palazzo del Reichstag fu inaugurato nel 1894 per ospitare le sedute del Parlamento Tedesco ( “Reichstag”, da qui il nome). Il 27 febbraio del 1933 un incendio doloso, appiccato da autori ignoti, distrusse completamente l'edificio. (vedi nota 1)

Feuerwehr =Pompieri
La canzone le cui strofe sono riprese all'interno della fanfiction è “Hurricane” dei 30 second to Mars.

   
 
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