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Autore: amanda91    30/08/2012    5 recensioni
Dal prologo: La luce … poi un ritorno al buio. Elena dischiuse gli occhi ritrovandosi d’un tratto strappata al paradiso. Un lungo sonno, estraneo alla vita, e poi … tutto era svanito. Si trovò distesa su un rettangolo d’acciaio, respirò a fatica ingurgitando con prepotenza l’aria tutta intorno, che entrò feroce in lei, come se fosse respirata per la prima volta. Che fosse il paradiso? Una sorta di ritorno alla vita?
Non aggiungo altro, se non l'augurio di una buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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POV ELENA

I primi raggi di un sole appena celato ma stranamente caldo per una mattinata di pieno inverno le accarezzarono il viso insistentemente, finché dovette aprire gli occhi per scrutarsi intorno.
Un calore insolito le scaldò il cuore non appena esaminando la stanza notò abiti di ogni genere adagiati al pavimento, e subito dopo scorse un possente braccio circondarla possessivo. E ancora, muovendosi sfiorò un petto caldo alle sue spalle.
Le sembrò un’altra vita, un’eternità trascorsa dalla notte precedente. La rimembrò passo dopo passo, ripercorrendola interamente dal momento in cui, mossa da una forza inspiegabile, era andata incontro a Damon sorprendendolo nella sua stanza, fino all’attimo prima di perdere totalmente contatto con la realtà, sprofondata nel suo abbraccio.
Rivide i suoi occhi lucenti, velati di lacrime, estasiati e adoranti nell’attimo in cui si erano uniti. Risentì il piacere di percepirlo dentro di sé, circondata da gemiti e sospiri, che le sembrò risuonassero tutt’ora tra quelle mura.
Era stata la notte più difficile e oscura della sua vita, ma si era poi tramutata nella notte più bella e inaspettata che avesse mai vissuto.
Scivolò dal suo abbraccio voltandosi verso di lui, e prese ad osservarlo passando una mano sotto al cuscino così da sistemarsi meglio. Si perse ad ammirare l’espressione calma del vampiro, il volto rilassato, e ombrato appena soltanto dalla leggera chioma scura dei capelli folti.
Lo osservò a lungo, per un tempo che non seppe quantificare, totalmente naufragata nell’immagine divina dei suoi lineamenti delicati.
Non ebbe intenzione di tirarsi indietro, per quanto fosse stato più semplice, per quanto quella nuova situazione potesse terrorizzarla. Gli aveva promesso che questa volta sarebbe stato diverso, che non gli avrebbe mai più fatto del male.
E per la prima volta la parola “mai” le seppe di eternità.
Adesso avrebbero dovuto superare la prova più dura: dirlo a Stefan.
“Gilbert, smettila di fissarmi!” il tono scherzoso e ancora  impastato di sonno con cui glielo intimò all’improvviso la spaventò, persa com’era nel suo totale stato d’ammirazione.
Poi aprì gli occhi incontrando il suo viso, e un oceano di colori la invase. Gli sorrise teneramente, e lo vide ricambiare. Fu un sorriso diverso dal solito quello che vide impresso sul suo volto, fu sincero, e rilassato.
“Non credevo saresti rimasto…”
“Se vuoi posso andar via ora!” le suggerì ironico facendo già per alzarsi. Notò subito un’ombra calare sui suoi occhi cerulei, anche se il tono le suggeriva altro.
Non aveva intenzione di tornare alla sua solita riservatezza, ormai lo aveva capito anche lei che non c’era modo di negarlo. L’aveva combattuta, e negata a lungo, la verità, ma non era più riuscita a soffocarla.
Lei lo amava. Lo amava da star male, da sfuggirgli per paura che tanto amore potesse consumarla per davvero. Damon era folle, e imprevedibile, e lei lo amava più di quanto avesse mai potuto immaginare, sperare, ammettere, o descrivere in qualche modo. Più di quanto fosse umanamente possibile, più di quanto fosse concesso ad una diciottenne di provincia.
Era entrato nella sua vita, l’aveva sconvolta, e per quanto si scontrassero, si odiassero o si combattessero, non era riuscita a spezzare mai quel filo che li stringeva, quella forza che li attraeva.
Gli strinse un braccio costringendolo a voltarsi.
“No, non voglio che vai via, voglio soltanto un bacio” gli ordinò dolce, prima di lanciarsi verso le sue labbra piene. Sentì che ne rimase stupito, ma con piacere notò che non gli dispiacque affatto, quando la sua lingua scivolò a cercare la propria con entusiasmo e trasporto.
Si lasciarono entrambi ricadere a letto in un bacio che li avrebbe lasciati a corto di fiato che avessero avuto bisogno di respirare.
“Ah … e voglio anche la colazione … a letto se possibile, già che ci sei!” rise appena dell’espressione contrariata che assunse il vampiro a quelle parole.
“Guarda che sono io l’ospite in casa!” le fece notare fingendosi risentito.
“Signor Salvatore lei non è per niente un galantuomo!”
“Signorina Gilbert lei è una donna meravigliosa!” le rispose lui stupendola piacevolmente.
Fu Damon a baciarla questa volta, salendo su di lei, che notò solo allora fossero entrambi completamente nudi.
“Non mi compri con questi trucchetti! Sto aspettando la colaz…” tentò di terminare la frase senza successo quando la bocca del vampiro si incastrò perfettamente sulla sua, senza diritto di replica.
“Ah no? E così invece?”
Scese languido con una calma ed una sensualità estenuanti, ad accarezzarle il collo con le labbra, a torturarlo con teneri baci posati lì alla rinfusa. Un fiato caldo le solleticò la spalla, poi risalì per la carotide, in una lenta carezza di labbra e saliva. Quell’uomo sapeva esattamente cosa fare e come farlo. Si chiese come avesse fatto a resistergli così a lungo. Ma prima di perdere il controllo tentò di non dargliela vinta.
“No mi spiace! Voglio ancora la colazione” gli ripeté questa volta poco convinta, temette che la voce potesse tradirla e tremare più del dovuto.
Lui non rispose, premette il bacino sensualmente contro il suo, incendiando entrambi in quel contatto di pelle nuda. Poi scese ancora a torturarle il seno minuto e completamente nudo.
“Sei prepotente!” gli rinfacciò in un sospiro eccitato, afferrandogli il capo. Un attimo dopo però Damon era sparito, lasciandole soltanto un urlo giù per le scale.
“La colazione sarà pronta in due minuti!”
Insoddisfatta ma divertita scosse lievemente la testa. Quell’uomo era un impertinente presuntuoso.
“Damon?” gridò appena, consapevole che l’avrebbe sentita comunque.
“Dimmi!”
“Vaffanculo!!”
Risero entrambi. Da due stanza diverse poterono ascoltare ognuno la risata dell’altro.
Sarebbe impazzita, lo sapeva per certo. Una storia con Damon era inconcepibile addirittura da pensare, impossibile da prevedere, eppure si alzò e indossò la sua camicia per poterne ancora sentire l’odore delicato fondersi con il proprio.
Rise come non faceva da tempo, e passando allo specchio quasi faticò a riconoscersi. A riconoscere il volto rilassato di una ragazza seminuda, stretta in una camicia di tre taglie più grandi, sorridente e distesa.

POV DAMON

Aprì un cassetto dopo l’altro alla rinfusa, alla ricerca di qualsiasi cosa di commestibile. Perso tra pensieri per la prima volta dopo secoli limpidi e sereni non si sarebbe comunque accorto della probabile presenza di cibo.
Da quella postazione poté notare soltanto il cielo, prima rischiarato da un sole caldo, chiudersi e lasciare spazio ad una folta coltre di nuvole. E sorrise.
Sorrise di tutto,sorrise di nulla. Sorrise di sé stesso coperto soltanto da un paio di boxer neri, sorrise di quell’ insolita mattinata, sorrise della notte precedente, di quella dolce passione che li aveva sorpresi entrambi e condotto lui in paradiso. Un paradiso che aveva i suoi immensi occhi neri, e il calore della sua pelle ambrata, e la tenerezza delle sue carezze.
Aveva condotto la sua anima nera lì dove non aveva mai creduto di poter arrivare. Non più.
E adesso era lì,a sorridere al nulla, fragile e felice.
“Cos’è quel sorriso?”
La sentì accanto a sé e trattenne il respiro al suono ritmico della sua voce. Era incantevole, stretta nella sua camicia e schiarita dalla luce del mattino.
“Quale sorriso?”
“Quello che vedo stampato sulla tua faccia” gli fece la linguaccia indispettita, mentre si apprestava anch’essa alla ricerca di cibo.
“Ti sbagli… non c’è nessun sorriso” obiettò divertito e orgoglioso.
“Invece si! Ti ho visto sorridere!” accompagnò quella parole accusatorie con una tazza di caffè che tese anche a lui.
Sapevano entrambi di essere fin troppo orgogliosi per darla vinta all’altro, tra di loro sarebbe stata un’eterna battaglia. Ma Damon la vide sorseggiare il suo caffè fissandolo seria, e fintamente offesa, così decise che per quel giorno avrebbe potuto fare un’eccezione.
“Sono felice…” le confidò in un bisbiglio, prima di alzare gli occhi e fissarli nei suoi. Indifeso, esposto, non fuggì ancora una volta al suo sguardo.
Il sorriso raggiante della ragazza fu la risposta che aspettava.
“Anch’io”
La vide in imbarazzo, forse ancora titubante, gli si accostò pronta ad annullare l’estenuante distanza che ancora li separava, ad affiancarsi ancora a lui, con naturalezza e spontaneità, come se fossero nati per sfiorarsi, per avvicinarsi.
Prese le mani del vampiro catturandole nelle sue, scrutandolo mentre immobile le permetteva di avvicinarsi a lui, ancora. Poi divertito prese a deriderla.
“Gilbert, voglio il fitto per la camicia!”
Elena sgranò gli occhi mostrandosi incredula.
“Io voglio il fitto per il letto allora” rimandò allegra.
“Conosco un milione di modi per ripagarti…” ipotizzò ironico e sensuale in un bisbiglio, imprigionandola poi in un abbraccio.
“Comincia dalla colazione”
Fu Damon questa volta a riservarle uno sguardo contrariato.
“Io mi offro a te con cotanta grazia e bellezza, e tu mi rifili la colazione?” alzò un sopracciglio seccato.
La vide ridere di gusto, come solo con lui si concedeva. E il solo riuscire a donarle un sorriso gli bastò.
“La modestia non è il tuo forte”
“Ho tante altre qualità se ti può interessare” le suggerì malizioso scendendo ad accarezzarle le cosce sode scoperte, sfiorate soltanto dal bordo della lunga camicia. La sentì trasalire appena mentre le sue lunghe dita le percorrevano gentili la pelle dorata.
“Questo non lo metto in dubbio” affermò sorridente lambendogli appena le labbra. Confuse il fiato con il suo mentre rabbrividirono entrambi, seminudi e già accaldati. Poi Damon le si allontanò appena.
“Cosa vuoi fare oggi?” le domandò premuroso.
“Andare a vestirmi innanzitutto prima che torni Jeremy… poi potremmo uscire, non so… dovrei andare a scuola” ricordò ad entrambi.
Il vampiro scosse la testa
“Intendi lasciarmi solo per ben cinque ore?? Non se ne parla!” concluse risoluto.
“E qual’erano i tuoi progetti, sentiamo?” la vampira incrociò le braccia al petto, interessata.
“Strapparti questi vestiti di dosso innanzitutto, e approfittarne prima che arrivi Jeremy… poi non so… colazione fuori!” suggerì convinto imitando il suo precedente discorso.
“Sei un prepotente lo sai?”
“Un’altra delle mie qualità nascoste…” rimandò divertito.
“Non oso immaginarne il resto allora” si finse preoccupata allontanandosi a malapena da lui, ma non fece in tempo a voltarsi che era di nuovo tra le sue braccia, questa volta lontana da terra.
Le aveva afferrato le cosce costringendola a tenere salda la presa al suo collo.
“Damon che stai facendo?”
“Tengo fede al piano!” spiegò ovvio conducendola fuori dalla cucina, fino al modesto salottino.
La ragazza lo lasciò fare, ormai arresa continuava soltanto a tenersi stretta a lui, incapace di reprimere una sincera risata.
Come una normale ragazza della sua età, come sempre avrebbe dovuto fare. Come se la vita non le avesse mostrato la parte peggiore di sé strappandole tutto.
E Damon aveva quel potere, il potere di portarla indietro permettendola di ridere, e vivere come se il destino non fosse stato avverso abbastanza da toglierle il sorriso.
Il vampiro la adagiò sul piccolo divanetto permettendole di sprofondarci delicatamente, per poi chinarsi su di lei per regalarle uno splendido sorriso.
Lei non oppose resistenza, si lasciò semplicemente cullare da quel mare di baci che Damon prese a donarle sul mento, risalendo sul naso, fino alla fronte, per poi riscendere. E quando era pronta ad occhi chiusi ad accogliere le sue labbra, non lo sentì accontentarla.
Dischiuse leggermente le palpebre trovandolo a pochi centimetri dal viso. Lo fissò contrariata ed incuriosita.
“Sei ancora in tempo per seguire il tuo piano” la informò canzonatorio beccandosi un pugno in pieno petto.
“Sei anche dispettoso!” lo rimproverò accigliata.
“Ti sto soltanto dando una chance!”
La vampira lo scrutò pensierosa “Mmm… penso che il tuo piano vada bene!” optò alla fine, maliziosa.
Una risata sommessa fuoriuscì dalle labbra del ragazzo.
“Ne ero certo!”
“Presuntuoso!” lo incolpò sorridente fiondandosi sulle sue labbra. I fiati si confusero ancora, mentre le labbra di intrecciarono e si schiusero finché le lingue furono in grado di volteggiare insieme, di assaggiarsi, di incontrarsi a mezz’aria.
Presero fuoco entrambi stringendosi l’uno all’altra, intraprendenti, e selvaggi, istintivi, lasciarono che fossero i loro corpi a guidarli cercandosi ancora.
Ma fu un rumore estraneo ai loro respiri ritmici e alterati a squietarli destandoli da quella bolla di piacere incontrollato in cui stavano per sprofondare.
Un rumore di chiavi, poi lo scatto di una serratura, e due voci maschili. Non ebbero il tempo di realizzare e scappare che due figure comparvero sulla porta d’ingresso: Jeremy, e Stefan.
Fu un solo attimo, lo sguardo del fratello dapprima sbigottito, poi vuoto; poi il tempo riprese a scorrere, sorprendendoli ancora avvinghiati e accaldati, immobili e pietrificati.
“Elena! Ti abbiamo cercata tutta la notte!” la informò imbarazzato Jeremy distogliendo lo sguardo, mentre Damon le si allontanava permettendole di rialzarsi.
Gli occhi di Stefan continuavano a spostarsi rapidamente su entrambi.
Veleno, e fiamme, fu tutto ciò che Damon riuscì a captare dentro le sue iridi verdi.
“Pensavo fossi andato via” gli raccontò atono il fratello,  freddo come il ghiaccio, mentre i suoi occhi avevano smesso di scrutare lui spostandosi invece su Elena. Seminuda e colpevole. Almeno quanto lui.
“Infatti volevo… poi mi sono trattenuto”
“Lo vedo” rinviò il minore inviperito,  ma con un tono tanto inespressivo e imperturbabile da spaventarlo.
E il senso di colpa gli attanagliò la bocca dello stomaco, e poté ricordare il dolore folle e totalizzante provato tutte quelle volte che l’aveva sentita amare lui, l’atro fratello, nella solitudine della sua stanza.
Tutte le volte che li aveva sorpresi vicini, complici, innamorati, e lui così inadeguato aveva nascosto tutto sotto falsi sorrisi e battute fuori luogo.
Sapeva cosa si potesse provare, conosceva il male che tutto ciò poteva fare, quanto quel dolore riuscisse a squarciare dentro, quanto bruciasse nel petto, quanto potesse far impazzire.
Questa volta era lui dall’altra parte, e Stefan lo sapeva già da un po’, da prima che riuscisse a capirlo lui stesso, da prima che Elena riuscisse ad accettarlo.
Sapeva però di non dovergli passare quel fardello… o almeno, non avrebbe dovuto. Nessuno avrebbe mai dovuto provare quel dolore.
“Stefan – Elena, come destata da un lungo sonno, prese parola – io… parliamone!”  pregò il fratello di restare, poi si voltò verso di lui, che vi lesse negli occhi un fiume di lacrime, e in fondo ancora quella decisione che lo aveva stupito e quasi stordito la notte precedente.
Ma non riuscì a captare altro.
“Damon… ti prego!” sapeva già cosa intendesse comunicargli in quella stanca preghiera, e non oppose resistenza. Non in quell’istante.
Glielo doveva, lo doveva ad entrambi, pensò mentre si rivestiva in religioso silenzio e lasciava la casa.
Un tuono squarciò il cappello di nuvole stazionato sopra la città, e subito dopo un fruscio di acqua gelida si catapultò dal cielo, violenta, e limpida.
 Lui la accolse senza fiatare, continuando a girovagare per ore, senza meta, fradicio fin dentro le ossa, si lasciò cullare da quell’unica compagnia che quella mattina il cielo gli aveva concesso.
In un solo giorno aveva incontrato il paradiso e abbracciato l’inferno. Aveva tradito suo fratello, ancora una volta.
  
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