Serie TV > Grey's Anatomy
Segui la storia  |       
Autore: Herm735    30/08/2012    11 recensioni
Raccolta di One-Shot per provare a dimostrare che, in qualsiasi modo, in qualsiasi mondo, Callie e Arizona si sarebbero trovate. L'ambientazione cambia di capitolo in capitolo, in epoche diverse, luoghi diversi, con una sola costante: il loro amore. Almeno, è così che mi piace pensarla...
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ok, per prima cosa, ringrazio davvero tutti quelli che hanno recensito e aggiunto la storia tra le seguite e chi ha letto.
Ecco qua l'ottava shot!

Buona lettura e piccola avvertenza: Arizona è un po' out of character! (Ma vedendo la 8x18, con il senno di poi forse nemmeno tanto...)


Image and video hosting by TinyPic



Il nostro primo passo verso la felicità


“Io voglio solo che tu mi dia un valido motivo per quello che stai facendo.”
“No, ascolta, so che vuoi una spiegazione, ma io non posso dartela. Non c'è alcuna spiegazione diversa dal semplice fatto che questo è quello che faccio. Questo è quello che sono. Lo sapevi fin dall'inizio, credo che mentiresti se dicessi che non ne avevi idea. E non c'è...non c'è nessuna storia triste della mia infanzia su come i miei genitori non mi prestassero attenzioni, o su come mio fratello mi picchiasse, o su una fidanzata che mi ha spezzato il cuore. Sono sempre stata così, e non chiederò scusa per questo. Questa è la mia natura.”
“Stronzate. C'è qualcun altro? Voglio saperlo se c'è un'altra.”
Mi strinse le braccia intorno al collo.
La allontanai senza guardarla neanche in faccia. Tutto quello era patetico.
“C'è sempre qualcun'altra quando si tratta di me.”
Me ne andai dalla stanza, senza fare caso agli occhi puntati su di me. Non sarei più tornata in quel locale. Tutte le donne che avevo incontrato in quel posto non mi avevano portato altro che guai.
Che c'era di così difficile da capire? Io ero sempre chiara. Non volevo una storia seria.
Eppure finiva sempre che una ragazza con cui ero stata e che non avevo mai richiamato mi supplicava di darle una seconda occasione. Come se le avessi mai dato una prima occasione.
Mi passai una mano tra i capelli, incamminandomi verso il campus.
Entrai nel dormitorio, chiedendomi se la mia compagna di stanza fosse già rientrata.
Aprendo la porta trovai sia lei che le nostre amiche.
“Teddy, credevo saresti uscita.”
“Aspettavamo te a dire la verità” mi salutò con un bacio sulla guancia.
C'erano anche Addison, Cristina, Meredith e Lexie. Eravamo tutte al nostro secondo anno di medicina, eccetto Lexie, che era al primo.
“Per stasera io passo. La bionda di tre sere fa mi ha insultato davanti a tutto il locale in cui eravamo.”
“Ma come diavolo fai a beccare quelle più schizzate, Arizona?” mi chiese Addison prendendo un sorso della birra che aveva in mano.
“Dimmelo tu, sei tu quella che sta con Teddy.”
Presi una sigaretta dal pacchetto che avevo in tasca e la accesi.
“Dovresti smettere con quella merda. Non ascolti quando andiamo a lezione? Il fumo uccide” mi rimproverò Cristina prendendomi la sigaretta e spegnendola dentro il posacenere sulla mia scrivania.
Mi gettai sul letto.
“Mi chiedo quanto andrà avanti ancora questa storia, Arizona” disse in tono un po' preoccupato Teddy.
“Per sempre” risposi con un sorriso, incrociandomi le braccia sotto la testa. “Le donne sono pazze di me.”
“Credo che facendo una stima approssimativa, calcolando quante donne lesbiche tra i venti e i trent'anni ci sono in città, con quante di loro sei già stata a letto, e ipotizzando che tutte loro abbiamo almeno cinque amiche che hanno avvertito e che non verranno mai a letto con te, hai ancora una trentina di donne rimaste.”
Guardai Lexie incredula per qualche secondo.
“Tu hai un microchip della NASA impiantato nel cervello, vero?” chiese Cristina, affascinata quanto me.
“Accidenti. Quindi tra un paio di mesi dovrò passare alle diciottenni?”
“O alle quarantenni” suggerì Meredith.
“O magari ad entrambe” commentò ironicamente Lexie.
“Oppure potresti trovarti una ragazza, una sola, e rimanerci per più di due ore e mezza” propose Teddy.
“L'amore non fa per me” risposi semplicemente.
“Come fai a saperlo se non lo hai mai provato?” chiese incuriosita Lexie.
“Tu non sei mai stata con una ragazza, ma sai che non ti piacerebbe anche se non ci hai mai provato, no?” risposi, fissando il soffitto sovrappensiero.
“Andiamo, deve esserci stato qualcosa che ti ha spinto a decidere di non avere legami sentimentali, non può essere una decisione basata sul niente, giusto? Capisco che a loro tu non lo dica, ma con noi potresti confidarti” continuò la Grey più piccola.
Io inspirai, tirandomi a sedere.
“Diciamo che c'è una persona per ognuno di noi. E ci sono quasi sei miliardi e mezzo di persone al mondo. Adesso, di questi circa quattro miliardi sono donne. Di queste diciamo che approssimativamente venti milioni sono lesbiche. In tutto il mondo. Come faccio a trovare una persona giusta tra altre diciannove milioni e novecentonovantanove mila novecentonovantanove che sono sbagliate?”
“In realtà, due in meno, se consideri che Addison e Teddy sono impegnate” mi corresse Meredith ridendo.
“Dovresti cercare di fare una stima approssimativa su quelle che hanno più o meno la tua età” suggerì Lexie. “Elimineresti almeno altri dieci milioni di candidate. Questo ci lascia a nove milioni e novecentonovantanove mila novecentonovantasette.”
“Come volevo dimostrare, è una causa persa. Specialmente se consideri che quella persona potrebbe anche essere in Antartide, in questo preciso momento.”
“D'accordo, ma vedi, tra quelle che non sono la tua anima gemella, ce ne sono almeno la metà che potrebbero comunque andare bene per te.”
Io sospirai. “D'accordo, ascolta attentamente, perché te lo spiegherò una volta sola.”
Lei annuì.
“Adesso immagina che ti abbia dato ascolto, che abbia deciso di stare con una delle persone che vanno bene per me anche se non sono la mia anima gemella. E immaginati questo. È stata una giornata perfetta, grandiosa. Ho ottenuto la promozione che volevo, tutto sta andando a gonfie vele per me. Entro in casa con una bottiglia di champagne economico che ho comprato mentre rientravo nell'appartamento da quattro soldi che ho preso quando ero troppo giovane per permettermi un mutuo. Giro la chiave nella porta e sento dei rumori strani, così capisco che lei è a casa. Entro, richiudendomi la porta alle spalle ed entrando, la vedo. È sdraiata sul divano, mentre i suoi vestiti sono su tutto il pavimento dell'ingresso. Si sta facendo la sua segretaria dentro casa nostra. Nel giro di tre giorni va tutto a puttane, perdo l'appartamento, i soldi nel conto bancario, perdo tutte le certezze che avevo. Ma che ci vuoi fare? Infondo lei era solo la mia seconda miglior soluzione.”
“Questo è altamente improbabile. Avresti scelto davvero un pessimo soggetto se succedesse una cosa del genere” osservò Lexie.
“Lexie, adesso chiudi gli occhi, ok?” la incoraggiai, senza perdere la pazienza. “Lavoro come chirurgo in uno dei cinque migliori ospedali degli Stati Uniti d'America, sono la migliore nel mio campo, ci sono persone che mi invidiano, altre che fanno la fila per far operare i loro figli da me. Sì, sono un chirurgo pediatrico. Sono passati dieci anni da questa sera, forse di più, non è importante. Quel giorno è stata una delle peggiori giornate dell'ultimo anno, una cosa massacrante. Sei interventi, quattro complicazioni minori, tre arresti di cui due dello stesso bambino. Sono distrutta. Entro in casa e tutto quello che voglio è non uscire mai più dal letto. Ma poi, entrando, poso la borsa e le chiavi sul mobiletto accanto all'ingresso, e vedo lei. È vestita semplicemente con dei jeans e una maglietta, ma è la maglietta che le fascia il seno, e quelli sono i suoi jeans che preferisco. Mi saluta con un sorriso e un bacio sulle labbra, e mi porge una singola rosa rosa, e mi dice che è il simbolo della felicità perfetta. Mi fa accomodare e mi serve la cena che ha cucinato per me, perché quel giorno ha staccato prima da lavoro. E quando le chiedo perché abbia fatto tutto quello, lei mi risponde soltanto con una scrollata di spalle e mi guarda negli occhi dicendomi solo che mi ama. E io sono felice.”
“Wow.”
“Già. Ecco la differenza tra la mia anima gemella ed una qualsiasi delle altre dieci milioni.”
“Ok, tecnicamente questi erano i due estremi di quello che potrebbe mai accadere. Non è detto che se incontri la tua anima gemella avrai successo nel tuo lavoro e se hai affianco qualsiasi altra persona tutto il resto della tua vita andrà a rotoli. Ci sono un'infinità di combinazioni, e credo che la miglior soluzione, invece di farti tutte le donne che incontri o cercare la tua anima gemella in Antartide, potrebbe essere quella di trovare una donna onesta e rispettosa ed essere felice anche se le cose non saranno sempre perfette. Trova una donna che ti ami e che tu ami, con cui passare il resto della tua vita, con cui fare dei figli, cose del genere” suggerì Lexie.
“Sai, per la maggior parte di noi non farebbe differenza” dissi loro. “Anche se incontrassimo la nostra anima gemella, probabilmente la guarderemmo negli occhi e non ce ne renderemmo neanche conto.”

Il giorno dopo ci fermammo tutte insieme a fare colazione nella caffetteria dell'università.
Stavamo ridendo e scherzando, come ogni mattina, quando sentii una voce estranea alle mie spalle.
“Addison, hai dimenticato il libro di biochimica da me ieri” lo gettò sul tavolo, abbracciando abbastanza calorosamente Addison.
Teddy si alzò. Pensai che le avrebbe dato un pugno in faccia e stavo per alzarmi a darle man forte quando vidi che anche lei la abbracciò.
Dette il cinque a Cristina e poi a Meredith. Infine si voltò verso Lexie.
“Piccola Grey, i tuoi occhi risplendono più del solito oggi.”
“Callie, per la centesima volta, non intendo baciare nessuno dei due.”
Io mi schiarii la voce. “Baciare?”
“Ricordi Mark Sloan, te l'ho presentato” chiese Addison. “Lui e Callie hanno scommesso su chi dei due riuscirà a convincere per primo la piccola Grey a baciarlo.”
“Callie? La tua migliore amica di Miami?”
“Già. Mi sono trasferita qui a Seattle da un paio di mesi, a dire la verità.”
“Arizona Robbins” mi presentai, stringendole la mano. “E come mai io non ti ho mai visto? A sentire Addison non facevate altro che stare insieme a Miami.”
“Lo facciamo ancora, in realtà” mi informò lei, perplessa dal fatto che non lo sapessi, guardando poi Addison.
“Nell'ultimo paio di mesi non sei stata quasi mai insieme a noi” si giustificò la rossa con me.
“Devo andare ragazze o farò tardi a lezione. Piccola Grey, non lasciare che Sloan vinca la scommessa.”
Se ne andò sorridendo e con le mani nelle tasche del suo giubbotto di pelle.
Qualcosa di lei mi aveva fatto battere il cuore più veloce del solito.

Un paio di giorni dopo ero seduta sull'erba, con Lexie e Addison sedute su una panchina proprio accanto a me.
La vidi arrivare con un sorriso sulle labbra.
“Un fiore per i tuoi pensieri, piccola Grey” la salutò sedendosi e porgendole una rosa bianca.
“Il fiore simbolo della purezza” dissi io ad alta voce, mentre Lexie la accettava con un piccolo sorriso.
E fu quel piccolo sorriso che mi disse tutto quello che c'era da sapere.
“Lexie ha una cotta per qualcuno” canticchiai sottovoce, gli occhi nuovamente piantati sul mio libro. Poi sbirciai.
Callie le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio mentre lei arrossiva.
“Sto iniziando a pensare che non vuoi baciarmi perché vuoi che continui a portarti fiori, piccola Grey.”
Lexie arrossì ancora di più, guardandola alzarsi.
“Addison, vieni a studiare insieme a me?” chiese. La rossa annuì alzandosi. “Arizona, quella maglietta ti sta benissimo” si complimentò con me.
Alzai un sopracciglio, confusa dalle sue parole.
“Oh, non ci sto provando con te, se è quello che pensi” si affrettò ad aggiungere. “Addison mi ha detto che tu non sei il tipo da relazione stabile. Me lo ha detto anche Teddy. E Lexie, Mark, una ragazza ti ha visto passare prima ed è scoppiata a piangere davanti ai miei occhi” elencò.
Risi della sua buffa espressione che sottolineava in modo esagerato il fatto che fosse una cosa strana.
“Non succede spesso come dicono” risposi.
“Dicono che succede ogni volta che entri in una stanza” mi fece sapere in finto tono cospiratorio.
“Le mie amiche sono sempre così gentili con me. Mi vogliono davvero bene” risposi io ironicamente.
“In realtà, cercano di proteggere me. Tu spezzi i cuori ed il mio è già messo male così, quindi, capisci...”
“Certo.”
Mi sorrise in un modo che mi fece desiderare di poter essere ciò che stava cercando.
“Ciao Arizona” mi salutò educatamente, andandosene.
Addison la seguì, dopo avermi lanciato uno sguardo di avvertimento.
“Sai chi è che le ha spezzato il cuore, per caso?” chiesi a Lexie.
Lei annuì. “Una ragazza, a Miami. Erica qualcosa, se non sbaglio. Pare che si piacessero, le cose sembravano andare bene, ma poi, quando ha provato a baciarla, Erica le ha detto di punto in bianco che non voleva avere niente a che fare con una lesbica.”
“Che razza di persona fa una cosa del genere?”
“Non lo so. Ma da quello che ho sentito la ragazza di Miami era la prima per cui Callie abbia mai avuto una cotta.”
Questo significava che non era mai stata con una donna. Era più complicato di quello che pensavo.
“Adesso c'è una ragazza del mio anno che le fa il filo, ma lei non sembra molto interessata. Eppure sembra sia il suo tipo, bionda, occhi azzurri.”
“Come me. Bene” commentai con un piccolo sorriso.
“Oh, no, Arizona. Callie è una brava persona, non farle del male, ti prego. Tutti le vogliono bene, tutti vogliono che sia felice e Addison ti odierebbe se la facessi soffrire.”
“Certo, come vuoi. Senti, devo andare adesso” mi alzai, ripulendomi dall'erba che avevo sul retro dei jeans. “E, senti Lexie, non baciare Sloan, ok? Lui non fa per te. Non prova sentimenti e tu hai il cuore nella tua...”
“Ti prego, non dirlo. Mia sorella lo dice abbastanza per tutto il resto del mondo.”
Risi, andandomene.

Tre giorni dopo ero seduta in una panchina dentro il campus.
“Calliope Torres, secondo anno di medicina. Mi chiedo come ho fatto a non notarla a lezione.”
“Perché negli ultimi due mesi sembrava che ti fosse passato sopra un camion quando eravamo a lezione” mi rispose Teddy. “Riuscivi a malapena a seguire e questo non è da te. Dovresti darti una regolata.”
Stavo per ribattere con un commento sfacciato quando vidi Calliope entrare nella mensa con una ragazza.
“Sai una cosa? Hai ragione. Dovrei darmi una regolata. Da dopo di lei” sussurrai le ultime parole tra me e me, alzandomi senza prestare attenzione all'occhiata incredula di Teddy e camminando nella sua direzione.
“Questo è molto gentile da parte tua, Sadie, ma...”
“Calliope.”
Lei si voltò nella mia direzione, l'imbarazzo che provava con l'altra ragazza rimpiazzato da un sorriso genuino.
“Arizona. Chi ti ha detto il mio nome completo?” ed ecco di nuovo l'imbarazzo.
“Segreto” sussurrai, cercando di giocarmela bene.
“Ucciderò Addison” replicò con tono scherzoso.
In realtà avevo cercato il suo nome nel database degli studenti cercando di sapere qualcosa che mi aiutasse come una dodicenne con una cotta per la sua nuova amichetta del cuore. Meh. E oltretutto non avevo scoperto niente di niente.
“Sadie” salutai la ragazza al suo fianco.
“Ah, ti ricordi il mio nome. Un privilegio che non tutte le tue ragazze hanno.”
“Me lo merito, presumo” commentai con la mascella serrata.
Ci fu silenzio per alcuni momenti.
“Dimmi, Sadie, sapevi che Arizona non ha relazioni stabili, quando sei stata con lei?” chiese Callie con calma, quasi come se fosse una domanda casuale. La bionda annuì. “E tu, invece, volevi una relazione” annuì di nuovo. “Una relazione che lei non ti ha mai promesso in alcun modo” ci fu un altro assenso. “Eppure sei stata con lei ugualmente. E adesso la biasimi per aver fatto quello che sia lei che te sapevate che avrebbe fatto e che vi aspettavate che avrebbe fatto. Perché?”
Lei scrollò le spalle con un'espressione incredula sul viso.
“Non dirmelo. Pensavi che avrebbe fatto un'eccezione per te, giusto? Anche se non ti ha mai suggerito niente del genere, né a parole, né a gesti. Se hai accettato le condizioni significa che ti andavano bene quelle condizioni, quindi non capisco perché essere scortese.”
Le rivolse un sorriso dispiaciuto per comunicarle la sua comprensione in ogni caso, e poi se ne andò. Io sentii il bisogno di accompagnarla ovunque avesse deciso di andare.
“Grazie per esserti lanciata in mia difesa” le dissi, raggiungendola.
“Mi irritava il fatto che ti stesse accusando di qualcosa che non avevi fatto, quindi, sai, non c'è di che.”
Camminai al suo fianco in silenzio.
Il suo abbigliamento mi incuriosì. Io ero abbastanza longilinea, ed avevo uno stile molto semplice, in realtà. Diciamo che per lo più indossavo jeans scuri e magliette da maschiaccio. Lei era molto più sinuosa di me, eppure anche se i jeans le stavano a meraviglia e le magliette erano molto più femminili, non era mai eccessivamente appariscente, ma riusciva ad essere meravigliosamente semplice.
“Allora...dove stai andando?”
“A prendere un caffè.”
“Posso accompagnarti?”
“Certo che puoi, ma non credo che dovresti scegliere di farlo.”
“E perché no?”
“Perché finirai per ferirmi, proprio come è successo a Sadie.”
“Perché dovrei? Non sostenevi che non fosse colpa mia?”
“Non lo è stata. E non lo sarebbe neanche con me, perché non diresti niente e non faresti niente per farmi credere che per me faresti un'eccezione. Ma poi mi sorrideresti con quelle fossette irresistibili e mi guarderesti con interesse, ed io mi ritroverei a pensare che dopotutto potrei anche riuscire a farti cambiare, ma questo non succederebbe alla fine. La colpa sarebbe mia, ma non significa che non sarei ferita.”
“E perché non potrebbe succedere?” chiesi aggrottando le sopracciglia.
“Non mi reputo abbastanza speciale per riuscire a cambiare qualcuno come te.”
“Non lo saprai mai finché non ci provi, giusto?”
Mi guardò, con l'aria realmente spiazzata.
“Tu vuoi che io ci provi?”
“Io...” non lo sapevo in realtà. O meglio, volevo che ci provasse, sì, ma non sapevo se volevo che ci riuscisse. “Io credo che tu sia abbastanza speciale per qualunque cosa al mondo.”
Ci fu silenzio.
“Andiamo. Ti offro quel caffè” mi disse, aprendo per me la porta.
Ci sedemmo ad un tavolo con due cappuccini in mano.
“Allora, tu non sei il tipo di persona che mente, giusto?”
“Esatto. Trovo che le bugie siano stupide. Mentire porta all'infelicità. Io non mento, non lo faccio e basta.”
“Questa è una cosa di te che apprezzerò molto. Quindi se io adesso ti facessi una domanda, tu saresti onesta con me?”
“Oppure non risponderei, già. Questa è la linea base di come gestisco le domande.”
Rise, sorseggiando il suo caffè.
“Quando è stata l'ultima volta che sei stata con una ragazza?”
Ci pensai un paio di secondi. “Otto giorni fa.”
“E quando sarà la prossima?”
“Non lo so, tu quando sei libera?”
Rise in un modo che mi fece aggrovigliare lo stomaco. Ma che diavolo mi stava facendo quella donna?

Diventammo amiche molto in fretta, ed io smisi di fare casini in giro. Avevo imparato un sacco di cose su di lei, come lei su di me. Cose che non avevo mai detto a nessuno prima. E questo mi sorprese.
Successe circa tre mesi dopo la prima volta che l'avevo incontrata.
Una sera le portai un fiore. Non avevo mai regalato un fiore a qualcuno prima di allora. Lo avevo scelto per il suo significato.
“Un giglio?” mi chiese, stupita. “E quale sarebbe il suo significato?”
Avrei dovuto farle vedere il mio film preferito, prima o poi.
“Ti sfido ad amarmi.”
Fu tutto quello che risposi, guardandola negli occhi. E lei decise di accontentarmi.

Mi lasciai cadere sdraiata sulla schiena. Quella doveva essere la cosa più incredibile mai accaduta nella storia del mondo. O qualcosa del genere.
Stavo cercando di riprendere fiato quando lei si alzò e iniziò a rivestirsi.
“Dove stai andando?”
Non mi rispose se non quando fu pronta per andarsene.
“Io non faccio cose come questa di solito. Non è da me. Io vado a letto con una persona solo se ho una relazione con quella persona. E questo non è il caso, quindi...già, credo che adesso me ne andrò.”
“Ok, ma vedi, se te ne andrai adesso la tua reputazione sarà...distrutta” cercai di farla ragionare. “Se invece rimani fino a domattina, mi permetti di portarti a fare colazione, e poi accetti un appuntamento con me, inizieremo una relazione e la tua reputazione sarà al sicuro. Pensaci.”
Lei mi guardò con una dolcezza con cui nessuno era mai riuscito a guardarmi prima. Sincera. Senza doppi fini. Era una bella sensazione.
“Addio Arizona.”
“Tornerò quando mi chiamerai. Non c'è bisogno di dire addio.”
Rise piano. “Adesso citi Narnia?”
“Regina Spektor, in realtà.” Mi strinsi nelle spalle. “Rimani con me.”
“È davvero quello che vuoi?”
“Sì, Calliope” risposi senza esitare.
Si sedette sul mio letto, rivolgendomi le spalle. Io mi sistemai dietro di lei, abbracciandola.
“C'è una cosa che devi promettermi non succederà mai.”
“Cosa?” domandai.
“Non dovrai mai tradirmi.”
“Va bene” risposi senza il minimo accenno di esitazione.
Mi stesi sul letto, prendendole la mano, e lei si sdraiò accanto a me.
“Con quante ragazze sei stata da quando ci siamo conosciute?” chiese all'improvviso.
“Solo con te.”
Sapeva che non mentivo e la vidi rilasciare un piccolo sospiro.
“Dammi un'occasione.”
“D'accordo” rispose guardandomi negli occhi. “D'accordo.”

Riuscii a far funzionare le cose, per un paio di mesi.
Poi incontrai una ragazza che conoscevo mentre ero in fila ad una caffetteria.
Ci salutammo mentre aspettavamo le nostre ordinazioni.
Feci una battuta idiota. Lei rise. Poi appoggiò la mano sul mio braccio.
“Siamo state bene, insieme. Potremmo rifarlo qualche volta” mi disse con un sorriso che fece immediatamente sparire il mio.
“No, non credo. Le cose sono diverse adesso.”
Arrivarono i due caffè che avevo ordinato.
“Diverse? Ascolta, ti lascio il mio numero, d'accordo? Se cambi idea...” prese una penna e lo scrisse sul cartoncino della mia tazza.
Percepii qualcuno al mio fianco prima di sentire la voce.
“Oh, no, lì non va bene. Arizona è molto distratta, lo butterebbe via senza pensarci due volte, finito di berlo. Scriviglielo su una mano. O direttamente sul cellulare, magari.”
“Emily, devo andare adesso. È stato bello vederti, ma come ho detto le cose sono diverse.”
“Tu chi saresti?” chiese però lei sfacciatamente.
“Nessuno. Io non sono nessuno” rispose lei casualmente ma con una nota triste che riuscii a percepire nella sua voce. “Comunque hai sbagliato tazza. Quello su cui hai scritto il numero è il mio caffè” le disse, prendendolo e sorseggiandolo. “Non preoccuparti. Lo restituirò ad Arizona quando lo avrò finito.”
Si allontanò da noi. Io mi affrettai a correrle dietro.
“Andiamo, mi hai sentito dirle che non volevo rivederla. So che mi hai sentito.”
“Sì, ti ho sentito” rispose in modo secco.
Uscimmo dall'edificio.
“E allora qual'è il problema?”
“Nessun problema.” Di nuovo risposta secca.
“Non mentirmi” mi misi davanti a lei. “Non voglio che tu mi menta, mai, per nessun motivo” le chiesi con voce tenera.
Lei guardava in basso, tra le mie scarpe e le sue.
“Tu le hai sorriso, hai flirtato con lei, facevi battute. Tu non sei un tipo geloso, e mi sta bene, ma io lo sono. E non è un problema. Tra un paio d'ore mi sarà passata. E non devi...non devi smetterla perché mi infastidisce, non te lo sto chiedendo. Però ho bisogno di un paio d'ore, ho bisogno solo...Devo andare a lezione, adesso. Ci vediamo più tardi?”
“Certo. Certo, ci vediamo più tardi” le accarezzai i capelli, alzandomi in punta di piedi per baciarla sulla tempia.
Lei mi passò accanto, ma poi si voltò di nuovo, tendendo il braccio verso di me. Io vidi cosa mi stava porgendo, seguendo i suoi occhi puntati in basso. Potevo leggere le cifre del numero di telefono scritto sul cartone.
E all'improvviso le mie emozioni cambiarono. Annuii più volte, lentamente. Poi afferrai il bicchiere di colpo, scagliandolo via con tutta la forza che avevo, verso una zona vuota del parco che avevamo attorno.
Lei se ne andò senza guardarmi negli occhi. Era delusa, potevo capirla. Ed io ero arrabbiata, ma non con lei. Ero arrabbiata con me stessa, perché era mia abitudine provarci con una ragazza carina che mi parlava. Questo non significava che ci sarei andata a letto, però. Ma lei non lo sapeva. E come poteva iniziare a fidarsi di me, se io continuavo a comportarmi come un'idiota?
Con il desiderio di tirare un pugno contro una parete, le andai dietro. Avevo lezione insieme a lei.
Quel pomeriggio ci trovammo con Teddy e Addison per studiare. Avevamo deciso di non dire alle nostre amiche di noi. Non feci che fissarla per tutto il pomeriggio, pregando che mi dicesse qualcosa, che mi perdonasse.
“Sei strana forte in questo periodo, lo sai?” mi fece presente la mia cosiddetta migliore amica. “Non pensavo che lo avrei mai detto, ma forse dovresti rilassarti un po', sai, con una ragazza.”
“Continua a studiare Teddy” le risposi io, facendo finta di leggere quando un secondo prima stavo fissando Calliope.
“Sai, ha ragione. Sembri sempre distratta, come se avessi un chiodo fisso” continuò Addison. “Se non ti conoscessi, direi che hai una cotta.”
Io non risposi, continuai a fingere di leggere e guardando di sottecchi la bellissima ragazza seduta alla mia sinistra.
“Non stai negando” disse incredula Teddy. “Non sta negando!” esclamò in direzione della sua ragazza. “Voglio sapere tutto. Chi è, cosa fa nella vita, quali sono le tue intenzioni con lei...Andiamo, spara.”
“Smettetela entrambe, ok? Sto cercando di studiare, e credevo che fosse questo il motivo per cui eravamo qui, per studiare. Leggere libri e ripetere insieme quello che c'è scritto sopra, tutto qui, niente di eccessivamente difficile, quindi cerchiamo di concentrarci su questo, ok? Proprio questo che sto cercando di fare, leggere, ripete, imparare. Assorbire conoscenza dai libri, cosa a cui solo io sembro interessata.”
Continuarono a fissarmi a bocca aperta finché Calliope si schiarì la voce, appoggiando una mano sul mio libro e girandolo di centottanta gradi.
“Dubito che 'assorbirai conoscenza' tenendo il libro al contrario” commentò senza staccare gli occhi dal suo.
“Grazie” mormorai arrossendo e scomparendo dietro la copertina del volume enorme che avevo tra le mani. Ero stata beccata ed entrambe lo sapevamo.
“Ok, una di voi due ci spiega che avete? Arizona, sei ancora più suscettibile del solito e Callie, tu hai a malapena aperto bocca” chiese dopo qualche istante Addison.
“Non c'è niente che non va.”
“Niente di niente.”
“Tutto va alla grande.”
“La vita è fantastica. Addison, voglio farti una domanda” iniziai poi improvvisamente. “Diciamo che tu e Teddy state prendendo un caffè, e tu stai facendo la fila, quando incontri una ragazza con cui sei stata che ti saluta, così ricambi, le sorridi, fai un paio di battute. Poi lei ti chiede di rivedervi e tu le dici di no, perché...beh, stai con Teddy. Lei insiste e ti lascia il suo numero. Tu non hai intenzione di usarlo, ma ecco che poi arriva Teddy, che ha sentito tutta la conversazione. Quanto ha il diritto di rimanere arrabbiata?”
“Non ha il diritto di essere arrabbiata” rispose lei semplicemente.
“Certo che lo sarei. Le hai sorriso, hai fatto battute. Sarei arrabbiata eccome” replicò lei.
“Chiunque lo sarebbe” disse Calliope.
“No, invece” replicò Addison. “Non avevo intenzione di chiamarla, stavo solo facendomi due risate con lei. Ma Teddy ha ragione, un po' ci ho provato. Quindi diciamo...sei ore.”
“Sei ore” ripetei guardando Calliope. Ne erano passate dieci.
“Sei ore?” chiese incredula Teddy. “Almeno due giorni. E solo se sono due giorni che stiamo passando a stretto contatto, altrimenti almeno tre.”
“Che?” chiesi improvvisamente nel panico per il fatto che avrei dovuto fare a meno del suo sorriso così a lungo.
“Sentito? Tre giorni” replicò Calliope posando il libro e guardandomi, finalmente, con una aria trionfante che non mi piacque affatto.
“No, è ridicolo. Te ne concedo uno, perché stiamo insieme da due anni. Ed un giorno scolastico normale, perché è una sciocchezza. Non l'avrei mai richiamata e non ti avrei mai tradito” continuò Addison.
“Ok, sì. Un giorno” concordò Teddy.
“Ma se invece fossi stata con lei meno tempo?” chiesi ad Addison. “Diciamo, non so...” finsi di pensare “...un paio di mesi?”
“Allora diciamo dieci ore. Teddy può essere arrabbiata dieci ore.”
“Di cui almeno tre passate con lei, per farle vedere che sto tenendo il broncio” concluse Teddy.
“No!” replicò Calliope. “Devi tenere duro, dieci ore soltanto non le faranno capire che ha sbagliato.”
Teddy aprì la bocca per rispondere.
“Sa già che ha sbagliato, non c'è bisogno che tu continui a non parlarle” risposi io.
A quel punto fu Addison ad aprire la bocca per replicare, ma di nuovo venne interrotta.
“No, secondo me non ti rendi conto di aver sbagliato, altrimenti capiresti che per me dieci ore non sono abbastanza.”
Teddy sembrò confusa e si preparò a intervenire ancora una volta.
“Io dico che dieci ore sono abbastanza.”
Addison si schiarì la voce, ma venne totalmente ignorata.
“Non sono abbastanza, invece. Smetterò di essere arrabbiata quando non mi sentirò più così tanto...d'accordo, va bene, ok, dieci ore” si arrese, vedendo i miei occhi da cucciolo smarrito. Non fallivano mai.
Teddy e Addison si scambiarono un'occhiata e poi tornarono a fissarci.
“Sono le sei, stamani erano le otto. Sono passate dieci ore” le dissi io, ancora una volta ribattendo a quello che aveva detto.
“Per otto avevamo lezione. Posso farti sopportare il mio broncio per tre ore e ti garantisco che intendo sfruttare ogni minuto che mi è concesso.”
“Oh, andiamo, abbiamo tutte le lezioni insieme. E mi sono sempre seduta vicino a te, sopportando il tuo silenzio ostinato. Per favore, mi merito di essere perdonata in questo preciso istante. Non accetterò niente di diverso.”
Lei scosse la testa, fingendo incredulità per il fatto che mi stavo lamentando come una bambina di cinque anni, ma potevo vedere che stava cercando di trattenere un sorriso.
“Ok” concesse infine.
“Sì?”
“Sì.”
Senza pensarci neanche un secondo di più sorrisi e la baciai a stampo sulle labbra.
Poi vidi le nostre due migliori amiche guardarci in modo strano.
“Me lo sono sognato o Arizona Robbins ha appena implorato di essere perdonata?” sussurrò Teddy ad Addison, ma senza distogliere gli occhi da noi.
“Che diavolo hai fatto ad Arizona?” chiese lei a Callie. “Ok, no, non voglio saperlo. Ma qualsiasi cosa sia, continua.”
Io risi, nascondendo il viso tra la spalla e il collo della bellissima donna al mio fianco.

Due giorni dopo, per farmi perdonare, decisi di portarla al cinema a vedere un film d'azione. Io li odiavo.
Sempre con lo scopo di farmi perdonare, le avevo portato una rosa. Una sola. Di colore rosa.
“Tu mi rendi felice” avevo aggiunto porgendogliela.
Sia io che lei sapevamo che non ero riuscita a dirle che ero innamorata di lei ed avevo cercato di rimediare con la seconda migliore frase. Ma per lei era abbastanza. Sapevamo entrambe che l'amavo davvero.
Quando arrivammo al cinema, i biglietti per il film d'azione erano finiti e così vedemmo una commedia romantica. Il mio genere di film molto più di quello di Callie.
“Ok, questo non va bene come appuntamento per farmi perdonare, stiamo facendo una cosa che piace molto di più a me” le dissi mentre stavamo facendo la fila per i popcorn.
“A me sta bene. Sono qui con te, no?”
Sorrisi, prendendole la mano.
Dopo il film la riaccompagnai a casa, scendendo dalla macchina e camminando fino alla porta del suo appartamento. Di solito ci incontravamo a casa sua perché io vivevo con Teddy, mentre lei era da sola, nell'appartamento di cui suo padre pagava l'affitto.
“Callie” sentii una voce chiamare quando fummo a un paio di metri dalla porta.
Dal muretto laterale che circondava l'edificio di alzò una donna.
“Erica? Che ci fai a Seattle?”
“Sono venuta a dirti che mi dispiace di aver dato di matto in quel modo. Mi ci è voluto un po' per fare i conti con quello che mi stava succedendo. Ma adesso sono qui. E sono venuta perché sono pronta per stare con te.”
Lei la guardò come se fosse pazza.
“Non so davvero come rispondere ad un'affermazione del genere.”
“Che ne dici di 'no'?” chiesi io allora.
“Tu chi sei?” mi chiese lei con una strana smorfia asimmetrica.
“La sua ragazza. E chi diavolo sei tu?” risposi io. Stavo esagerando, e lo sapevo. Anche in quel preciso momento, lo sapevo.
“Callie, ti prego” continuò ignorandomi “tu sai che tra noi può funzionare. Io ti amo.”
Mi misi davanti a Callie e tentai di apparire arrabbiata. Ci riuscii. La bruna mi prese per le spalle, tirandomi indietro verso se stessa.
“Vieni, non preoccuparti, è tutto ok. Andiamo” mi disse, prendendomi la mano e portandomi dentro casa.
Io la seguii. Quando chiuse la porta mi tolsi il giacchetto in un secondo e lo gettai sul divano.
“Sei arrabbiata? Mi dispiace, io non avevo idea...”
“Che ti amasse?” alzai un po' la voce.
“Che fosse qui” replicò lei con calma. “Mi dispiace se ti ha fatto arrabbiare, ma io non voglio lei, e tu lo sai.”
“Non sono arrabbiata” risposi con un nodo in gola che mi fece paralizzare.
“Non lo sei?”
“No. Io sto...” scossi la testa. Sentii salire le lacrime. “Sto morendo di paura. Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia” mi passai una mano tra i capelli. “E sei stata tu a farmi diventare così. Sei stata tu a entrare nella mia vita e farmi sentire il bisogno di te così forte che adesso sono terrorizzata dal fatto che potresti andartene. E io non ci avevo mai pensato, io...”
Non riuscivo a respirare. Lei se ne accorse, mi fece sedere sul divano, mi accarezzò la schiena.
“Potresti andartene. Potresti decidere che vuoi stare con lei anche se ti ha spezzato il cuore e andartene, decidere che vuoi qualcuno migliore di me e...come...”
La guardai e non riuscii a controllare il panico che mi aveva invaso.
“Come posso...” le accarezzai il viso e le labbra. “Il tuo sorriso mi fa sentire meglio” la guardai pregandola silenziosamente di non lasciarmi, non riuscendo a ricordare che in realtà non lo stava facendo.
Lei mi abbracciò. “Ho paura anche io. Ma mi sta bene, se possiamo avere paura insieme.”
Lasciai che mi baciasse. Lasciai che per la prima volta vedesse le mie emozioni. Le lasciai vedere cosa c'era dentro di me.
L'avevo trovata. E non era in Antartide. Era proprio davanti ai miei occhi. Lo era stata per tutto il tempo.
Calliope era la mia anima gemella.

Non pensai mai di essermi sbagliata. Nemmeno molti anni dopo.
Aprii la porta di casa, posando la borsa e le chiavi sul mobile dell'ingresso.
Anche dopo tutto quel tempo, sapevo ancora che Calliope era stata l'unica donna che avessi mai amato completamente. Che avessi mai amato in assoluto, a dire la verità.
Sfiorai la fede che avevo al dito.
Lo facevo ogni volta che pensavo a lei.
“Teddy, sono a casa” urlai per farmi sentire.
Di solito mi veniva incontro, quando rientravo. Quella sera non lo fece.
Lanciai uno sguardo in soggiorno e da lì riuscii a scorgere il vaso dove io e mia moglie tenevamo le rose che di volta in volta ci regalavamo, quelle che non erano ancora appassite e poi venivamo buttate.
Entrai in salotto, trovandola mentre tentava di risistemarsi i capelli fingendo di non essere stata nel bel mezzo di qualcosa un secondo prima.
“Addison, è un piacere vederti.”
Lei si schiarì la voce, salutandomi con un sorriso e un cenno della mano.
“Allora, da quanto va avanti?” chiesi con tono casuale, mentre mi toglievo il giacchetto.
“Cosa? Non c'è niente che...”
“Teddy, smetti di mentire, d'accordo? È possibile che ci ricaschi ogni volta?”
Teddy aveva l'abitudine di litigare con Addison ogni tre mesi e di fare pace con lei andandoci a letto.
Poi mi diceva che l'avrebbe lasciata e che tra loro non avrebbe funzionato.
“Ti ho affidato la cosa più preziosa che ho al mondo e tu...”
“Oh, grazie davvero per la considerazione” sentii la porta di casa che si richiudeva di nuovo.
“Siete a pari merito, tesoro. Lo sai.”
“No, non è vero. Lei vince sempre un pochino” mi rispose avvicinandosi.
“Un pochino” sussurrai, avvicinandomi pollice ed indice per indicare che era davvero di poco.
Quando rise la baciai, togliendole il fiato.
Poi la guardai negli occhi.
Mi porse una singola rosa rossa.
“Passione. Più tardi discuteremo questa tua scelta in modo più approfondito, ok?” le dissi sorridendole suggestivamente.
“Ci contavo” rispose ricambiando il mio sorriso.
La baciai di nuovo, andando poi a sistemare la rosa con le altre sul camino.
“Teddy, Addison” le salutò. “Sapete, secondo me dovreste riprovare ad avere una relazione normale. Le cose sono parecchio cambiate dai tempi del college.”
“Forse lo faremo” sussurrò Teddy, guardando Addison e sorridendole.
Sorrisi anche io. Meritavano entrambe di riuscire ad essere felici. E l'unico modo in cui potevano riuscirci era stando insieme.
Lei andò in camera ed io la seguii.
“Ciao” salutò nostra figlia mentre io la prendevo in braccio. “Le mamme sono a casa.”
La baciai delicatamente sulla testa. Avevo sempre paura di farle del male. Era così piccola e bella, sembrava più un sogno che una bambina.
Ma mia moglie...lei era un sogno per davvero.
“Vinci ogni volta tu” sussurrai quando mi abbracciò. “Ma di poco.”
“Dici così solo perché io ho accettato di sposarti.”
“Tu credi?”
“In realtà dici così per un altro motivo. Ma non intendo spiegartelo davanti a nostra figlia.”
Non l'avevo mai tradita. Non ero mai nemmeno stata tentata di farlo, in tutta onestà. Quella era stata la parte facile.
Ma era stata dura, a volte.
Spesso c'erano cose su cui non ci trovavamo d'accordo, e quando succedeva cercavamo di incontrarci a metà strada.
Quello che era diverso con lei da qualsiasi altra donna avrei mai potuto amare, era che lei mi rendeva felice. In ogni singolo istante.
“Calliope?”
“Sì?”
“Sono felice che tu sia qui.”





Ok, sono curiosa di sapere che ne pensate, quindi fatemelo sapere in una recensione che potete lasciare scorrendo comodamente qualche riga più in basso, grazie!

A presto!


  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Grey's Anatomy / Vai alla pagina dell'autore: Herm735