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Autore: Shodaime    30/08/2012    6 recensioni
Eccovi la mia prima fic, siate clementi^^
Come dicono gli avvertimenti è un AU, ma non troppo AU, quindi non spaventatevi. Il titolo è abbastanza esplicativo da sè, quindi vi dirò semplicemente che ho deciso di pubblicarla sotto le 'leggerissime' pressioni della mia beta^^
Spero che vi piacerà e che in tal caso lascerete un commentino, anche solo qualche parola =)
Detto questo vi auguro buona lettura, e attenti all'ananas, è agitato per il matrimonio incombente!
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“La….Peste?” Mukurenzo rimase alquanto interdetto alla vista del bambino.

Mukurenzo aveva più o meno l’espressione della mucca che guarda passare il treno, cercando con lo sguardo qualcosa di non ben precisato alle spalle del bimbo, dove però non vide che la desolazione da primo pomeriggio di ferragosto.

Si guardò intorno, notando con quanta velocità il marasma di gente che poco prima aveva rischiato di travolgerlo fosse scomparso nel nulla, lasciandolo da solo nel bel mezzo di Largo Augusto in compagnia di quel mocciosetto e della carriolata di grassi saturi che portava attaccati addosso.

“Tu!” Lambo puntò l’indice contro Mukurenzo dopo esserselo tolto dal naso.

Mukurenzo restò impassibile, sebbene da bravo ed esperto genio del male qual era avesse già individuato una possibile via di fuga nell’Apecar della nettezza urbana abbandonato poco distante.

Si congratulò caldamente con se stesso per l’acutezza del proprio ingegno.

“Tu e Lambo-san adesso giocherete insieme!!” Ordinò il bambino, avvicinandosi con fare minaccioso.

Mukurenzo indietreggiò.

“Kfufufufufu…Pargolo, non credo proprio, sai? I tuoi giochetti non mi interessano, quindi cedimi il passo e lascia che percorra la mia via!” Rispose Mukurenzo, col suo ghigno più malvagio e la commozione che traboccava nel suo cuore per aver potuto finalmente dire una frase ad effetto in pubblico.

Ok, in effetti stava parlando con un bambino vestito da mucca e il pubblico constava di due piccioni e un Apecar, ma si sa, il male può annidarsi sotto qualsiasi spoglie e quei due piccioni potevano tranquillamente essere due osservatori dell’Antagonista’s.

Mukurenzo scrutò i piccioni. I piccioni guardarono Mukurenzo. Uno dei piccioni defecò sull’Apecar. Mukurenzo lo interpretò come un segnale in codice.

Lambo si infilò di nuovo il dito nel naso, prima che i suoi occhi divenissero delle dimensioni di due piattini, che ben presto si colmarono di un liquido trasparente e tremolante a Mukurenzo sconosciuto nel preciso istante in cui dalla gola del pupo cominciò a gorgogliare un suono sommesso e sinistro.

“Devo…Re….si….ste…re…” Farfugliò il bambino.

Mukurenzo si aspettò di vedere un demone prendere le sue vere sembianze da un momento all’altro.

In tutta risposta, Lambo scoppiò a piangere.

La mucca che guardava passare il treno di cui sopra doveva averlo visto deragliare, dato come l’espressione di Mukurenzo virò all’incredulo e poi allo sconcertato, mentre le urla di Lambo si facevano sempre più forti e insopportabili.

I piccioni volarono via.

“BUUUUUUUUHUUUU!!! Sei caaaaaattivo!!! Lambo-san adesso ti da una lezione!!!” Strillò il bambino.

Mukurenzo inarcò un sopracciglio. “E che mi fai, mi strozzi nelle liquirizie?” Domandò, ironico.

Ma Lambo, dall’alto dei suoi cinque anni,  non sapeva nemmeno dell’esistenza della parola “ironico”. Quindi si comportò di conseguenza.

“No!!! Quello si fa con i cattivi veri, e tu con quella risata non mi freghi! Tu sei cattivo come una caccola appiccicosa, quindi per te ci sarà una punizione più adatta!” Lambo si avvicinò minaccioso a Mukurenzo, ignorando completamente di averlo appena ucciso nell’orgoglio.

Detto ciò, Lambo tirò fuori dall’enorme massa di capelli che gli incorniciavano la testa un fischietto, che poi suonò fino a diventare completamente paonazzo. Poi guardò Mukurenzo, cercò di non svenire per la mancanza di ossigeno, e lo additò.

“Portatelo in prigione!!!” Urlò. Mukurenzo si guardò intorno, senza vedere nessuno. Solo dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio durante i quali Mukurenzo ebbe il tempo di guardare attentamente le offerte del negozio più vicino, qualcosa si mosse nell’ombra.

Degli uomini apparvero dal nulla, mettendo Mukurenzo sulla difensiva. Forse quella sarebbe stata la sua grande occasione per un combattimento come si deve, quindi si mise in posizione, e attese di veder avanzare il nemico.

Sembravano una via di mezzo tra degli zombie e i Rabbids, con l’andatura dei primi e l’apparente quoziente intellettivo dei secondi. Avanzavano verso di lui con lo sguardo vuoto, macchie di gelato un po’ ovunque e l’andatura barcollante che ricordava più quella di qualcuno che ha picchiato il mignolo del piede contro lo spigolo del comodino di prima mattina, piuttosto che quella di un morto vivente.

Mukurenzo non sapeva cosa fare: era ormai certo che tutta quella faccenda fosse un test per entrare all’Antagonista’s, quindi  fece tesoro della sua conoscenza di Men in Black ed evitò di colpire quelle piccole Tiffany prima di essere certo che fossero effettivamente ostili.

Uno di loro gli morse un braccio.

Mukurenzo decise che sì, erano ostili. Ed erano davvero tanti!

Mise allora in pratica la sua arte di illusionista, e aveva appena alzato la mano per far apparire il suo tridente quando gli venne bloccata da una corda. Un’altra legò l’altra mano.

Mukurenzo era in trappola.

“Portatelo in prigione” Ripetè Lambo, con espressione sadica. “E senza passare dal Via!”  Precisò.

“Senza passare dal via?” Cercò di capire Mukurenzo, mentre già lo trascinavano lontano da lì.

“E’ la peste” Gli sussurrò uno degli uomini più vicini. “Ha trasformato questa città in un enorme Monopoli vivente!”Disse poi, con voce stralunata.

Improvvisamente, Mukurenzo capì.  Largo Augusto, tutta la gente che si affollava alla stazione, L’Apecar verde messo come segnalino… Si sentì un dannatissimo prescelto per gli Hunger Games.

“Oh per San Primo invongolato.” Balbettò, ma le sbarre della gattabuia si erano già chiuse alle sue spalle.

 
Intanto, molte ore di volo (e ancora più ore di macchina)  più a est…


 
Don Xanxigo varcò la soglia del castello con la malagrazia di un pachiderma con la pancreatite.

Un paio di guardie tentarono di fermarlo per puro attaccamento alla divisa, ma tutto ciò che ottennero fu un ancora più intenso attaccamento al muro, data la forza con cui Xanxigo ce li calciorotò contro.

Non era mai entrato in quella struttura, eppure avanzava a passo sicuro cercando la stanza del trono.

“Boss.”

Xanxigo continuò a incedere.

“BOSS!”

Xanxigo pareva assorto anima e corpo nell’ira funesta dei suoi pensieri.

“VOOOOOOOOOOOOOOI IDIOTA DI UN BOSS DA QUELLA PARTE CI SONO I BAGNI!”

Solo allora Xanxigo si degnò di prestare un minimo di attenzione al Buono che lo aveva seguito fino al picco scosceso, diroccato e totalmente contrario alle più elementari normative sulla sicurezza edilizia dove sorgeva il castello.

Cambiò direzione, sfondò l’enorme porta di legno bianco, e finalmente entrò nella sala del trono.

“Ti aspettavo da un momento all’altro, Xanxigo!” Disse la voce gioiosa e pacata che proveniva dallo scranno, totalmente candido anche quello.

“Ho bisogno del tuo….ausilio, Imbianchettato.”

L’Imbianchettato sorrise, mangiando un altro marshmallow. “Non vedo l’ora di poter cominciare a giocare!”
   
 
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