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Autore: Emerlith    30/08/2012    12 recensioni
-Lo chiameremo '' I Sette Rintocchi. '' - Sussurri, ammaliante.
-Mi piace.- Ti bisbiglia Rodolphus, assottigliando lo sguardo.
Restiamo in silenzio, in attesa.
Poi mi guardi, alzi un sopracciglio.
-Però, Andromeda, dovrai essere coraggiosa.-
Trattengo un gemito.
-E perché?- Ti chiedo subito, sulla difensiva.
Il tuo sorriso si fa più ampio, qualcosa, in te , paradossalmente s’accende.
-Perché si gioca al buio.-
Liberamente tratta da un gioco d'infanzia (ovviamente sono state apportate modifiche XD)
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto, Dai Fondatori alla I guerra
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  '' I sette rintocchi '' 

A Vale,
perché io ricordo i colori della nostra infanzia.
E a mia sorella,
perché avrei dovuto abbracciarti più spesso.

 
‘’ L'infanzia non è un tempo della vita 
che ha principio coi giochi e si conclude 
quando, adulti oramai, ce ne disfiamo. 
L'infanzia è il regno in cui nessuno muore.’’


Edna St. Vincent Millay 

 

 ‘’ EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN ‘’

 
Fisso la prima pagina e il titolo a caratteri cubitali di questo giornale. Ne stropiccio i bordi con le dita, fino a strapparli. Vi immergo gli occhi. Mio marito bussa alla porta della nostra stanza da letto. Educatamente, una volta sola.
-Dromeda, tesoro? - 
Ma io non lo degno di una risposta , perché sono immobile, persino impossibilitata a respirare.
Fisso la prima pagina di questo giornale. Non posso fare altro. Immergo i miei occhi nei tuoi, disperatamente. L’inchiostro nero si bagna con le mie lacrime. Rivoli colano fra queste lettere che ti dipingono, senza sapere . Le mie unghie curate si macchiano.
Mio marito bussa alla porta, di nuovo. Stavolta insiste.
Io continuo a non rispondere.
Continuo ad immergere i miei occhi nei tuoi. I miei occhi identici ai tuoi.
Quasi sorrido.
Non m’importa.
Mi ci immergo così tanto che annego.
Annego mentre i rintocchi risuonano fra le pareti mute di questa stanza.
 
-Giochiamo.- Dici, sbuffando di gran carriera ed alzandoti dal tappeto di uno dei nostri immensi saloni.
Mi concedo un’alzata di spalle prima del mio timido consenso verbale, che ad ogni modo, avrai comunque, indipendentemente dalla richiesta.
Lo sai, Bellatrix.
Indossi un vestito rosso, un vestito che ti sta d’incanto, un vestito che ricorderò in ogni dettaglio per anni, perché nostra madre non mi aveva permesso di averne uno uguale, sebbene avesse avuto il buon gusto di farci vestire alla stessa maniera per molto tempo. Lei lo trovava carino, tu esasperante. Perché odiavi farti fotografare assieme a me, come una bambola di porcellana. Perché, fondamentalmente, non tolleravi l’idea che qualcuno potesse somigliare a te. E noi, con gli stessi abiti indosso, eravamo due gemelle ben riuscite. Almeno all’apparenza.
-Giochiamo.- Ripeti con decisione.
Ricordo esattamente il fascio di luce tenue che percorre il pavimento e sfiora il mio foglio da disegno, dove tento di scribacchiare qualcosa da ben dieci minuti, con scarsissimi risultati. Getto furtivamente un’occhiata a quello di Narcissa. Nascondo un moto d’irritazione. I suoi tulipani finiranno presto incorniciati nella nostra stanza. Sfumature ocra e cremisi mi rammentano che non ho talento neppure nel disegnare. Al massimo, ne ho nel rimettere in ordine. Ed è quello che faccio. Prendo i suoi pastelli e li rimetto in fila nella scatola, uno dopo l’altro, seguendone le gradazioni.
Io seguo.Mi accorgerò solo dopo anni, che in effetti anche questo è un talento.
La piccola Cissy arriccia il naso e io sorrido. Narcissa è stupenda in ogni suo atteggiamento. Mi guarda con i suoi occhi celesti, incorniciati dai riccioli biondi e messi in risalto dal vestito azzurro. Vestiva sempre d’azzurro, per questo motivo. Mi rivedo mentre le faccio un cenno d’incoraggiamento e mi alzo, tendendole la mano. Ricordo tutto, eppure, per quanto mi sforzi, proprio non mi torna in mente quale vestito o quale colore indossassi io.
 
-Che gioco facciamo? - Chiede Cissy, mentre tu picchietti la bacchetta contro il mento, l’aria assorta.
Vai ad Hogwarts da solo un anno, non hai il permesso di fare magie in casa, ma con la bacchetta ti ci leghi persino i capelli. Guai a provare a separartene.
Narcissa mi lascia, ti tira per un braccio, tu indulgente le prendi la mano al mio posto, mentre lei saltella felice.
Ti adora, Narcissa.
L’elfo si appresta a metter via le nostre cianfrusaglie e i nostri fogli, mi strappa la scatola bruscamente.
-Oh no , le padroncine non devono riordinare. - Squittisce spaventato. Tu ti giri e mi scocchi un’occhiata truce, come se avessi commesso chissà quale crimine.
Non fai in tempo a riprendermi, perché la porta si spalanca e nostra madre si affretta a venirci incontro, raggiante, ancora con il mantello da viaggio indosso.
-Eccovi qua.- Si china leggermente, mi circonda le spalle , con sorprendente calore mi bacia la fronte. Fa lo stesso con te e prende fra le braccia Cissy , che ride soddisfatta, intrecciando le mani ai suoi capelli.
-Come stanno le mie bambine?-  La riposa a terra, continuando a sorriderci. Improvvisamente, pretendo anch’io il mio abbraccio, perché sono almeno tre giorni che non vediamo i nostri genitori.
Spintono Narcissa con un gesto poco garbato e le getto le braccia al collo. Sento che s’irrigidisce, non è una donna di slanci, e con Narcissa ha già fatto il pieno.
-Ciao Meda.- Mi sussurra piano, avvolgendomi una ciocca dietro l’orecchio. -Hai i capelli arruffati.-
Vengo assalita da un’immotivata voglia di piangere.
-Ciao.- Riesco a replicare a mezza voce, con la gola secca. Narcissa scalpita, tu ridacchi.
 Mi scansa troppo presto, ma intreccia le mie dita fra le sue. Mi guarda negli occhi, e ora capisco perché cerco sempre quelli di Narcissa, ma riesco ad immergermi solo nei tuoi. Perché i tuoi ed i miei non sono lo specchio della mancanza di nostra madre. Mi scruta, indaga, rigovernando con la bacchetta le mie ciocche castane, appena più chiare delle tue.
Narcissa si riprende il suo spazio, le scocca un bacio sulla guancia. Tu rimani in piedi dietro di noi.
-Siete state bene?- Chiede poi.
-Ci siamo annoiate.- Rispondi prontamente.
Nostra madre si rialza, annuisce, come a darti ragione.
- Mi rincresce. Ma sapete che gli impegni di lavoro di vostro padre sono imprevedibili.- Noi la fissiamo assorta, beandoci del suo viso angelico . Anche tu, Bellatrix, perché hai solo undici anni e che ti piaccia o no, di una madre avresti ancora bisogno.
-Mi avete portato un bel regalo?- Chiede Cissy, riprendendo a saltellare. Lei perdona sempre tutti, basta che alla fine abbia il suo regalo. Nostra madre ride.
-Vi abbiamo portato dei regali stupendi, e c’è anche un’altra sorpresa. Ero venuta a chiamarvi. Indovinate chi viene a cena. -
Insieme percorriamo il salone, dirigendoci nel corridoio, dirette alla scalinata principale.
-Chi?- Le faccio eco, trattenendomi dall’alzare gli occhi al cielo. Come se avere ospiti fosse una novità, in questa casa.
-I Lestrange e gli zii Black con i bambini. -
Ti sbircio di sbieco, oltre la sua gonna blu notte.
Un sorriso appena accennato sulle labbra perfette e gli occhi che brillano. La noia è passata, hai di che giocare per questa sera.
Dopo una veloce revisione e una sistemata veniamo catapultate sul patio d’ingresso, in uno sbuffo di colori e profumi invitanti. Gli zii più anziani mi prendono in braccio, mi vezzeggiano.
Ed io, ancora,  proprio non ricordo quale vestito indossavo.
Faccio un paio di piroette , solo per accontentare lo zio Alphard e non lasciare tutta la gloria a Narcissa, e sto per cadere e spaccarmi la testa sul marmo quando i Lestrange fanno il loro ingresso e tu mi afferri per il gomito. Intercetto il tuo sguardo e m’incurvo in un sorrisetto mesto. Rodolphus ha un anno in più di te, i capelli biondo cenere, gli occhi castani e un cipiglio soddisfatto. Non frequenta le tue lezioni, ma ti rincorre per i corridoi come un cagnolino ben addestrato. Almeno, questo è quello che dici. Ma in fondo, non ho motivo di dubitarne. Mi fido di te. Anche per fidarsi ce ne vuole, di talento.
 
Solo quando arrivano Orion e Walburga tiro un sospiro di sollievo, perché per esperienza so che l’attenzione si focalizza sempre sui mal capitati più piccoli. Sirius negli ultimi anni, e Regulus ancora in fasce. Mi piace da morire, Sirius. Sembra un cucciolo di leone scappato da una gabbia. Non sta mai fermo, ha una criniera di riccioli indomabili e due occhi grigi che ridono al mondo, perché è ancora troppo ingenuo per comprenderne i crudeli meccanismi. Ci corre incontro, felice, urlando qualcosa di incomprensibile.
Ridono tutti, te inclusa.
Mentre gli adulti si appropriano dei divanetti,  noi cinque ci raduniamo a cerchio, impazienti di decidere il da farsi. Rabastan bisbiglia qualcosa all’orecchio di Cissy. La testa di Sirius sbuca fra le nostre gambe.
-Allora.- Esordisci, pronta a prendere il comando. -Che ne dite se invece di giocare all’aperto, stavolta restiamo in casa?-
Io mugugno. Ed ovviamente non ti capisco. Perché, con una serata estiva e calda come questa, dovremmo stare al chiuso?
-E che cosa facciamo?- Chiede Rodolphus, impaziente d’essere il tuo braccio destro.
Tu sorridi, visibilmente eccitata.
-Un nuovo gioco.-
-Un nuovo gioco?- Ti fa eco Rabastan.
-Esatto, Rab . Un nuovo gioco. -
 
Corriamo lungo la scala.
Sirius arranca dietro di noi, l’aria indispettita.
-Non possiamo mica portarcelo dietro.- Obietti, e Rodolphus annuisce subito con vigore.
Sirius si mette a strillare. Ci fermiamo.
-Voglio andare con i grandi! -
-Oh.- Commenta Walburga dal basso, mettendosi una mano sul petto, sbattendo le palpebre più del necessario.
-Oh, Bella, siate gentili, portatelo con voi. Non ricordi, com’era brutto essere esclusi dai giochi?-
Tu sorridi, ma io conosco alla perfezione quel sorriso, è talmente perfetto da mettere a disagio. Forse è per questo, che non mi ha mai entusiasmato così tanto, la perfezione.
-Certo, mia cara zia. Lo portiamo con noi.-
Fai di meglio, lo prendi con te e lo guidi nell’ardua risalita.
Narcissa mette il broncio, io ascolto la zia che decanta le tue lodi e ridacchio sotto i baffi.
Cosa puoi sapere tu, di com’è essere esclusi dai giochi? Sei tu che li fai, i giochi.
 
Entriamo in una delle nostre camerette, probabilmente più fornita di un negozio di Diagon Alley. Non ci sono letti, perché questa è adibita esclusivamente ai giocattoli e ai libri. Gli scaffali alle pereti sono affiancati da due armadi in Mogano chiaro con i nostri abiti smessi, perché in casa nostra non si butta mai niente, sarebbe una vergogna anche il solo pensarlo. Su di un enorme cassettone con uno specchio incastonato troneggiano almeno una ventina di bambole. Tutte tue. Immacolate, non le tocchi mai. Rabastan va a rovistare nei bauli, forse alla ricerca di qualche articolo che soddisfi di più le sue esigenze. Sirius si appresta a osservare curioso l’enorme cavallo a dondolo, Rodolphus trova le Gobbiglie, solo tu non perdi di vista lo scopo per il quale siamo qui.
 
-Allora, volete giocare oppure no?-
-Non toccare quello, può rompersi.- Sbotta Cissy a Rabastan, che si rigira tra le mani un finto diadema.
-D’accordo, giochiamo. Ma ancora non hai spiegato cosa vuoi fare.- Ti fa notare Rodolphus con calma, facendo rimbalzare una palla sul pavimento.
-Perché non rifacciamo il Castello di Dracula ? Sarò io Dracula stavolta. - Propone Rabastan, ora entusiasta.
-Io la parte della principessa che muore non la faccio più, può farla Meda. -
-Non ho voglia di starmene sdraiata per terra con un Girasole tra le mani fingendo di essere morta per tutto il tempo, Cissy.- Ribatto seccamente, cercando la tua approvazione. Che miracolosamente ottengo.
-Hai ragione, quel gioco è un  po’ troppo noioso. Ne ho inventato un altro, appena prima.-
Ora hai l’attenzione di tutti. Anche Sirius ha lasciato perdere il cavallo e si è alzato in piedi.
-Lo chiameremo ‘’ I sette rintocchi.’’- Sussurri, ammaliante.
-Mi piace.- Ti bisbiglia Rodolphus, assottigliando lo sguardo.
Restiamo in silenzio, in attesa.
Poi mi guardi, alzi un sopracciglio.
-Però, Andromeda, dovrai essere coraggiosa.-
Trattengo un gemito.
-E perché?- Ti chiedo subito, sulla difensiva.
Il tuo sorriso si fa più ampio, qualcosa, in te, paradossalmente s’accende.
-Perché si gioca al buio.-
 
L’eccitazione di tutti è palpabile.
Rodolphus ti esorta  -Continua, Bella .-
Sposti la tua attenzione su di lui, mentre io cerco di apparire indifferente alla questione , e gli sorridi pacata. Ricordo l’espressione di quel ragazzino. Trepidante, in attesa, quasi affamata.
 Eppure non ricordo proprio il colore del mio vestito.
Lo lasci crogiolare nell’attesa appena un attimo di più. Il tempo che basta affinché i tuoi pozzi neri lo inghiottano e lui possa illudersi d’aver il coraggio necessario per brancolarci dentro, come nel buio.
-Quali sono le regole?- Chiede Cissy.
-Già, quali sono le regole?- Rabastan sta litigandosi un trenino con Sirius.
-Prendi quel sacchetto di Gobbiglie, Rabastan, e portamelo. E tu, Cissy, vai a cercare tutti gli orsi di peluche che abbiamo.-
 
In breve, tutti i nostri orsi sono radunati sul tappeto.
-Manca Tom.- Ti faccio notare con una punta di soddisfazione, che, lo so, mi costerà cara.
-Tom ? - Chiede Rodolphus, corrugando la fronte mentre il piccolo Sirius, diligente, porta un ultimo orso recuperato dal fondo di un baule.
Mi fulmini assottigliando le palpebre, ma io continuo.
-Oh, Tom è il suo orsetto.- Mi affretto a spiegare. -Come , non lo sai?  Ci dorme sempre. Non passa una notte senza Tom.- Cinguetto, certa d’aver detto troppo.
Ora i ragazzi ridacchiano, Narcissa borbotta qualcosa sul fatto di non averlo trovato.
-Ci dormivo.- Ti affretti a sottolineare fra i denti, artigliando il braccio di Rodolphus  -Avevo due anni.-
Rodolphus smette di ridacchiare e si scosta, palesemente sorpreso da una reazione del genere, mentre io non lo sono affatto.
-Stavo dicendo, prima che mia sorella mi interrompesse  - Fai schioccare la lingua - Che questo gioco si fa al buio. Allora sei dei nostri, Andromeda?-
-Perché, non vuoi giocare?- Chiede Rabastan con vivo interesse.
Io prendo un respiro profondo, tu mi trapassi con lo sguardo, poi lanci i tuoi dadi.
-Andromeda ha una strana fissa per il buio.- Scandisci con un’alzata di spalle.
-Sta dicendo che sei una fifona?- Rodolphus ha ripreso a ridacchiare.
Io digrigno i denti, mentre sento le guance che prendono colore e reprimo l’impulso di saltarti addosso.
Questa  “fissa del buio” come la definisci tu, si chiama invece “Pavor Nocturnus” , ho sentito il Medimago spiegarlo ai nostri genitori dopo che le mie urla avevano echeggiato per l’intera villa ed ero quasi ruzzolata giù per le scale. Non è il buio in sé il problema, anche se di certo è uno dei fattori che contribuisce. Il vero problema sono gli incubi , ma invece di provare a spiegarlo mi limito ad arrossire e fisso la punta delle mie scarpe, rigida e rossa di vergogna.
Sì, ricordo ogni sensazione di quel pomeriggio, e tutto quel buio. 
L’unica cosa che non ricordo, è il colore del mio vestito.
 
-Tireremo a sorte con le Gobbiglie - Riprendi con noncuranza. Ti allontani, svuoti il sacchettino di velluto in una ciotola sulla scrivania e ne selezioni cinque dal mucchio, quattro bianche e una rossa.
-Chi pescherà quella rossa, andrà fuori dalla stanza.-
-E gli altri cosa fanno?- Chiedo ravviandomi i capelli, improvvisamente sudata.
-Gli altri rimangono in camera . Cissy, pesca un’altra Gobbiglia.-
Porgi la ciotola alla piccola.
-Di quale colore?-
-Quello che vuoi tu. - Le sorridi con indulgenza.
-Azzurro.-
-D’accordo. Rod, dammi un orso, uno di media grandezza. -
Rodolphus ne prende uno, e tu infili la Gobbiglia nel nastro giallo che porta attorno al collo.
-Perfetto.- Sussurri, e lo rigetti nel mucchio.
-Dunque, la missione della persona che è fuori è recuperare l’orso con la Gobbiglia. Gli orsi saranno sparsi per tutta la stanza. Ci sono due squadre. -
-Femmine contro maschi?- Suggerisce Cissy.
Tu annuisci. - Sì, credo che così vada bene.-
-Ma no che non va bene.- Si lamenta Rodolphus, gettando un’occhiata a Sirius che è seduto a terra e borbotta fra sé impilando dei cubi di gomma per poi farli cadere colpendoli con una spada di legno -Noi siamo sbilanciati, lui non capisce, è troppo piccolo.-
-Beh, senza di lui siamo comunque un numero dispari, quindi prendere o lasciare, Lestrange.-
Rabastan sbuffa.
Rodolphus riflette per qualche secondo.
-Finisci di spiegare le regole, prima. Cosa fanno gli altri in stanza, se il sorteggiato deve trovare l’orso?-
-Gli altri in stanza devono cercare di depistare il sorteggiato.-
Un brivido mi corre lungo la schiena.
-Senza … vedere niente? - Non riesco a trattenermi.
-Esattamente. Così è molto più divertente, non trovate?-
Rabastan e Rodolphus si scambiano un’occhiata d’intesa. Cissy ride.
-State attenti adesso.- Zittisci tutti  -Quelli rimasti in camera, all’inizio della partita si nasconderanno.-
-Wow.- Bisbiglia Rabastan.
-Ci nascondiamo!- Fa eco Sirius, brandendo la spada per aria. Io lo guardo smarrita.
-Chi sta fuori, inizierà a bussare alla porta, per avvertire che sta entrando. Sette rintocchi, intervallati da cinque secondi l’uno. Così darà il tempo per trovare un nascondiglio. -
Faccio una smorfia.
-Una volta entrato, dovrà iniziare a cercare gli orsi. Chiederemo agli elfi di nasconderli. Appena ne trova uno, dovrà cercare di correre fuori.-
-Ma come si fa a sapere se è l’orso con la biglia?- Chiede Rabastan sedendosi a terra.
-Beh, non lo sai. E’ questo il bello. L’afferri e scappi. Se l’orso non ha la biglia, devi rientrare e ricominciare a cercare, ed essere il cercatore finché non lo trovi. -
-E gli altri?-
-Gli altri usciranno fuori dal loro nascondiglio - Sorridi eccitata, con una luce febbrile negli occhi - E cercheranno di impedire di prendere l’orso, magari togliendolo dalle mani, oppure sviando l’avversario con qualche spinta. Attenzione però, non è finita qui. Se il sorteggiato ti afferra e ti riconosce, deve gridare il tuo nome. Se indovina chi sei, devi prendere il suo posto e uscire fuori per cercare. Se sbaglia, ovviamente, torna fuori lui, anche se aveva l’orso giusto.-
-Ci sto!- Esclama Rodolphus trionfante.
-Anche io!- Rabastan si rialza, Narcissa ovviamente  ti emula in tutto quello che fai, l’unica a traballare qui sono io. Ma del resto, io sono  anche quella che non ha scelta. Sono obbligata a seguirti.
Lo sai Bellatrix, è per questo che mi guardi dall’alto in basso, con quell’aria così trionfante .
 
-Che ne facciamo di lui?- Chiede Rodolphus indicando Sirius con l’alzata di un solo sopracciglio.
-Riportiamolo di sotto, è meglio - Tento io, mentre lui guarda tutti, speranzoso.
-No.- Dici tu, ed è un tono che non ammette repliche - Ho detto che avrebbe giocato con noi, e così sarà - Poi mordicchi il labbro inferiore,  passandoti la punta della bacchetta sulla guancia. -Può fare il Bonus.-
Chiudo gli occhi e mi mordo la lingua.
-Cos’è un Bonus?- Chiedono Cissy e Rabastan.
Quando li riapro, sei inginocchiata all’altezza di Sirius, che ti sorride come fosse Natale, due fossette sulle guance. Mi si stampa in testa, quel sorriso senza pretese, un sorriso struggente, privo di ogni difesa.
-Che dici, Sirius, vuoi farlo il Bonus? E’ un ruolo speciale.-
-Sì. Il Bonus!- Batte le mani per fatti suoi. Io avverto una fitta allo stomaco.
-Ovvero?- Chiediamo spiegazioni.
-Anche Sirius avrà una sua Gobbiglia.- Ne prendi un’altra e gliela metti nella tasca della camicetta.
 -Lasciala lì, Sirius. Se si acchiappa Sirius, si acquisisce un’immunità speciale e non si va fuori per i successivi sette giri. -
-Ma è facile prenderlo, in questo modo nessuno cercherà l’orso. - Osserva Rabastan.
Tu guardi me, poi Sirius.
-Oh no, Sirius se ne starà rintanato in un angolo, senza far il minimo rumore. Lo farai, vero, Sirius?- E gli porgi una Cioccorana.
Io afferro la gonna del mio vestito e la stringo. Ancora non ho un colore.
 
L’elfo trema, Rodolphus gli tira un calcio e tu ridi.
-Ce la fai a star fermo, stupido essere insulso? Pescate, forza.-
Prendiamo tutti la nostra pallina e subito dopo lui fa una smorfia imbarazzata.
-Oh. Povero piccolo Rod. - Gli sussurri all’orecchio, mentre oltrepassa il fratello ed esce con l’elfo.
Ti rivolgi all’altro rimasto.
-Quando te lo ordino io, spegni tutti i lumi e rimani nell’angolo senza fiatare. E poi, quando dico  “stop” riaccendi le luci. Tutto chiaro?-
-Si, signorina Bellatrix.-
-Nascondiamo gli orsi. E cerchiamo dei posti.-
Ricordo il mio affanno, il muso di Sirius  imbrattato di cioccolato, lo sguardo ancora vispo.
Ma non il colore del mio vestito.
 
I peluches sono sparsi per la stanza. Sulle mensole, nella casa delle bambole. Sotto al tappeto, nei bauli. Quello con la Gobbiglia, invece, l’hai incastrato ad arte sotto al cavallo a dondolo, legato all’ingiù dalle stringhe del piccolo sellino di cuoio.
-Bene, adesso ci nascondiamo noi.-
-Io mi arrampico sul cassettone.- Propone Rabastan. Non aspetta il tuo consenso e butta le bambole in un angolo, arrampicandosi. Tu non lo fermi , perché tanto se viene preso lui non t’importa. L’importante è che non perda la tua squadra.
-Cissy, Sirius, venite qui.-
Sgrano gli occhi mentre apri l’anta più alta del secondo armadio.
-Qui dentro.- Li inciti.
-Bella, non puoi chiuderli dentro.- Sibilo. Sirius ha perso la voglia di stare con noi grandi, adesso.
-Invece si, sciocca, c’è spazio, e non riuscirà a trovarli. Prendi questo qui, Cissy.- Le dai un altro orsacchiotto.
-Nel caso Rodolphus riuscisse ad aprire l’anta, mettigli in faccia questo, spingilo a terra e salta giù , tirati dietro Sirius se riesci,  io cercherò di trattenerlo. Tutto chiaro?-
-Bella, Sirius non può stare chiuso là dentro!-
-Zitta , stupida! Vuoi farci scoprire?-
Intanto Narcissa prende una sedia ed entra nell’armadio, sedendosi con le ginocchia al petto.
Prendi Sirius e lo sollevi in braccio. Avresti quasi un fare materno e se non fossi spaventata a morte dall’espressione contrita e dalla rigidità del mio cuginetto, ti scatterei una fotografia.
-Avanti Sirius, hai promesso . Te lo ricordi, sei il Bonus. E poi c’è Cissy con te , puoi tenerle la mano. - Prendi con forza le braccia dei due e unisci le rispettive mani con un gesto secco – E noi siamo proprio qua fuori.-
-Ma potrebbe mettersi a piangere!- Ti do un colpetto sulla spalla e tu ti scansi.
-Non piangerà.-
Sirius lascia vagare lo sguardo su noi tre, come ipnotizzato.
-Non piangerà. Non ci farà perdere.-
Tiri fuori dalla tasca un’altra Cioccorana. Chiudi l’anta e incastri la spalliera della sedia contro il pomello.
 
-Muoviti, mettiti qua.-
Improvvisi una barricata .
Ordini all’elfo di impilare due bauli , i più grossi, e mi ci fai rannicchiare dietro, contro l’armadio. Come se il tutto non fosse già claustrofobico, ci piazzi la sedia a dondolo e blocchi l’unica via d’accesso al cubicolo. Ti guardo dalla fessura.
-Bella.- Ti bisbiglio, ma poi non riesco ad aggiungere altro.
-Shhh. Indossa questi.-
Mi passi il tuo fermaglio a forma di libellula e il ciondolo con la tua iniziale.
Ti lasci andare ad una risatina.
-Quando fischio, esci da qui, ma solo se fischio.-
Annuisco.
-Siamo pronti!- Urli.
In un lampo, sparisci dal mio limitato campo visivo.
Il ricordo di quel primo rintocco, un angolo remoto e tormentato della mia psiche, l’ha sempre associato alla fine della mia infanzia. Forse nessuno potrebbe comprenderlo fino in fondo, ognuno ha un punto di rottura diverso. Ma, in linea generale, credo si possa paragonare ad un qualcosa che va in frantumi. All’assoluta certezza che anche se rimessi assieme, i pezzi non ricomporranno mai alla perfezione l’oggetto originario. Sempre ammettendo che si riesca a ritrovarli tutti.
 
L’impulso di mettermi le mani sulle orecchie è così intenso che mi sconvolge, proprio per questo non riesco a farlo. Resto paralizzata , con le mani aperte sul pavimento freddo, trattenendo il respiro. Il terzo rintocco mi fa saltare e batto la nuca contro il legno duro, con forza. Sento un tuo bisbiglio di disapprovazione. Devi essere qui vicino. Il buio è assoluto, sconfinato, immenso, spettrale.
E’ violento, talmente tanto che mi sembra di non averlo mai conosciuto realmente per quello che è. Comincio a tremare, mordo il labbro. Devo restare calma, lo so.
E’ soltanto un gioco, un bel gioco.
Un gioco di strategia, divertente.  Non è uno dei miei incubi. Sono sveglia. Lo so , che sono sveglia.
Mi accorgo troppo tardi di aver perso il conto dei colpi. Dovevano essere sette, ma a me sembrano molti di più. Non smette. Perché diavolo non smette, perché?
Quando lo fa , sono già invisibile. Ed ora capisco perché non posso ricordare il colore del mio vestito. Stendo le mani, le braccia, le gambe. Non vedo niente. Non sono niente. Voglio solo mettermi a urlare. Apro la bocca, e come in tutti i miei incubi, non emetto alcun suono.
 
Sento la porta aprirsi e poi richiudersi. Il respiro di Rabastan, prima regolare, fermarsi di colpo. Del tuo, non mi sono nemmeno accorta. Mi metto una mano sulla bocca, per trattenere il mio, affannato. Lo faccio con uno scatto , senza riuscire a regolare il movimento. Mi faccio male, persino. I passi di Rodolphus vengono nella mia direzione, affrettati.
Poi , accadono diverse cose contemporaneamente. Diversi rumori si rincorrono nel buio, come ombre.
Rodolphus inizia ad incespicare, urta qualcosa e impreca a mezza voce. Rabastan ridacchia, forse prova a scendere dal cassettone. Qualcosa (tu, immagino) striscia sul pavimento con un leggero fruscio. Rodolphus inizia a frugare alla ricerca dei pupazzi, parecchi oggetti volano in aria, sento te che corri, perché solo tu hai quel modo di correre, anche nelle tenebre . Ho quasi la forza per cambiare posizione e sollevarmi sulle ginocchia malferme, ma poi il mio cuore sembra voglia spaccarmi le costole. Sono infiniti, e non smetteranno mai, nemmeno quando metterai fine a quest’agonia.
Sono i colpi , i calci e gli urli soffocati di Sirius che tenta di uscire da quel maledetto armadio, con tutte le sue forze.
 
Devo liberarlo.
Non m’interessa se ti infurierai, se Rodolphus vincerà il turno, se non potrai gongolare soddisfatta per il resto della serata. Non m’interessa se è un gioco, se è un incubo o se è un’altra delle tue trappole , devo liberarlo.
Impongo ai miei muscoli di collaborare, impongo a me stessa di tornare visibile. Posso riuscirci, se voglio. E’ come per gli incubi. Posso svegliarmi, se voglio, posso muovermi. E’ così che dice il Medimago . Posso svegliarmi. E’ uno sforzo sovrumano, ma finalmente le gambe rispondono ai miei comandi. Sferro un calcio alla sedia a dondolo. Mandandola dritta in faccia a Rodolphus.
-Ehy, il mio orso! Non è valido!-
Evidentemente hai approfittato del fatto che sia caduto per sfilarglielo dalle mani.
Ti sento sfrecciare accanto a me , afferrarmi con forza e voltarmi verso di lui.
Mi lascio sfuggire un gemito strozzato al pianto, ora palese, di nostro cugino.
Le mani di Rodolphus sono veloci , scaltre , troppo. Ma tu , avevi previsto anche questo. Non si soffermano sulla mia statura , né sul naso, leggermente più arrotondato del tuo. O sulle guance più piene. Scattano su due punti : il fermaglio sulla testa e la collana attorno al collo. Quasi mi strozza, prima di urlare.
-Bellatrix!-
Tu ridi trionfante , alle mie spalle.
I lumi ad olio si accendono uno ad uno.  Gli elfi aprono le tende .Anche fuori è calata la sera. Rimango a guardare la luna piena , sbattendo le palpebre.
-Avevi anche trovato quello giusto!- Ribatte sconsolato Rabastan, pestando un piede per terra. -Come hai fatto a confonderle!-
-Ma non lo vedi come si somigliano!- Urla lui, paonazzo ed evidentemente in difficoltà  -E poi  -Ti punta contro il dito - Le hai dato i tuoi gioielli, l’hai fatto apposta, hai barato!-
Tu ridi ancora, poi mi circondi le spalle con un braccio, cercando la mia complicità.
-Davvero? E sei sicuro che non li indossasse da prima? Noi scambiamo sempre le nostre cose. - 
-Bugiarda.- Sibila tra i denti.
-Dici che sono bugiarda? Perfetto … allora provamelo.-
Lui sta per ribattere a tono, ma poi la sedia che teneva bloccato l’armadio viene scaraventata via e l’anta esplode.
O almeno, nei miei ricordi, è così.
Esplode, con un fracasso immenso.
Se sia stato Sirius o Narcissa, rimarrà un mistero.
So solo che Cissy, da allora, è sempre rimasta a debita distanza dal fuoco.
E credo che sia stato in quel momento che Sirius ha cominciato ad odiarci.
Sono convinta che quel giorno abbia odiato anche me. Anche se ho attraversato le fiamme prima che gli elfi le domassero, per prenderlo in braccio. Anche se ho cercato di convincermi che quello che aveva sulla faccia era cioccolato e non il sangue dovuto ai graffi che si era inferto. Anche se urlava e si dibatteva, mentre cercavo freneticamente un panno per asciugarlo, perché aveva le gambe e le scarpe fradice di pipì.
 
Ho la trapunta tirata fino agli zigomi e sono rannicchiata con le mani sotto al cuscino, cercando di smettere di tremare, sebbene sia Agosto. Continuo a fissare il lume acceso sulla scrivania e le due candele sul comodino. Finché fisso le fiammelle, forse, posso restare aggrappata a qualcosa che non siano le immagini del gioco pomeridiano e le conseguenze che ne sono venute dopo.
Vorrei andare da Cissy, nella camera di fianco. Ma inutile provarci, sono atrofizzata, ed ogni oggetto mi sta bisbigliando qualcosa. Li sento, assieme alle ombre. In agguato, pronte a prendermi al primo passo.
Perciò, l’unica cosa che posso fare è restare con gli occhi sbarrati e stringere i denti, pregando che venga lei.
Non ti sento arrivare, ovviamente, chissà da quanto tempo sei sulla soglia , come un fantasma. Il ghigno che si dipinge sul tuo viso l’ho solo immaginato (anche se sono sicura che c’era), ma i rintocchi, quelli li hai cadenzati perfettamente.
-Lasciami in pace. - Sorprendente il fatto che io riesca a parlare, seppur con somma difficoltà. Non mi volto, ma ti sento correre e salire con un balzo sul letto.
-Toc toc. - Mi fai , prendendomi una spalla e voltandomi verso di te. -Buh. - I tuoi riccioli mi solleticano la faccia, mi gratto il naso mentre ti infili nel letto di fianco a me.
-Ancora paura, Meda?-  Bisbigli sorridendo, mentre io noto che hai chiuso la porta.
-Bella , apri la porta … per favore.- Ti supplico, aggrappandomi al cuscino.
-Io non riesco a dormire con la porta aperta. E neanche con la luce. Perciò valla a spegnere.-
Ti allunghi a poggiare la bacchetta sul comodino e spegni le candele con un soffio.
- No.- Mugugno , con gli occhi lucidi di lacrime, scuotendo la testa.
- Andromeda. Ho detto che devi farti passare questa paura insensata del buio. Pensa a quando verrai a scuola. Vuoi metterti a svegliare tutto il dormitorio? Vuoi farmi fare la figura della stupida? Io ho una reputazione da difendere!- Dici d’un fiato, gelida.
Ora piango a singhiozzi, passandomi freneticamente il braccio sulla faccia.
-Smetti di piangere. Ti aiuterò io. Hai visto oggi? Sei stata brava, hai giocato, e abbiamo anche vinto.-
Vorrei dire che oggi è stato orribile, che solo tu ti sei divertita , ma piango, piango e basta. Tu aspetti. Con finta pazienza, ma aspetti.
-Adesso tu ti alzi.- Scosti la coperta e mi tiri per un braccio. -Cammini, arrivi alla scrivania, spegni il lume e torni indietro. -
Scuoto la testa.
-Non è difficile, Andromeda. Forza. No? Benissimo, allora vado via. O me, o la luce. -
Ricordo la forza con cui mi sono gettata addosso a te. Quanta disperazione e quanto amore taciuto c’era in quello slancio. Ricordo di aver serrato le palpebre e di aver scelto, e di certo non potevo immaginare che le scelte si fanno in un attimo, senza riflettere, e poi si scontano per il resto del tempo.
-Non andartene.-
Poi mi sono alzata. Tremavo come una foglia, ma ce l’ho fatta. Ho chiuso gli occhi quasi a non volerlo vedere, il buio. Quale ironia.
-Adesso torna qui. Metti le mani in avanti.-
Avevi un tono diverso. Più morbido, vellutato. 
Nessun bambino ha il ricordo dei suoi primi passi.
Io invece sì.
Quando sento le tue mani, che afferrano le mie, finalmente mi apro in una risatina. Nervosa, ma pur sempre una risatina.
-Hai visto?- Bisbigli, e mi tiri verso di te.
Salgo carponi sul letto, tastando per cercare il cuscino. Mi lasci e ci sdraiamo, i nostri visi a sfiorarsi.
-Spiegami questi incubi.-
Mi irrigidisco di nuovo.
-Io non … non li ricordo mai bene, dopo. Però … -Mi zittisco, poi riprovo ad ottenere un'altra indulgenza.
-Possiamo accendere la candela? Solo mentre parliamo… -
Mi preparo al tuo rifiuto , e nel momento esatto in cui invece mi accontenti mi do della stupida. Sei mia sorella. La mia sorella maggiore . In fondo, non mi faresti mai del male. Non puoi , perché sei mia sorella. Ti fisso alla luce ambrata . Ci potrei passare le ore, a guardarti, sperando di riuscire a rubarti un po’ di mistero. Perché posso imitare la tua bellezza , ma il mistero, è tutt’altra storia.
-Ha ragione Rodolphus. Noi sue siamo uguali.- Ti bisbiglio, per testare la mia teoria.
Alzi gli occhi al cielo, confermandola.
-Tu sei uguale a me. Sei tu la seconda, quindi sei tu che hai copiato.-
-Non è lo stesso?-
-Proprio no. - Sbotti. -E comunque non sviare il discorso. Questi incubi. Che cosa sogni?-
Scuoto la testa.
-Sono tutti bui.- Soffio, tirando mi addosso le coperte. - Oppure pieni di urla. Non me lo ricordo mai. Mi ricordo solo che non posso mai scappare, o muovermi. Che sento … - Mi blocco ancora, con il respiro affaticato.
-D’accordo, basta per oggi. Dormiamo.-
Chiudi gli occhi come se nulla fosse. A me scappa un altro piccolo singhiozzo.
-Andromeda. -
Muovo le gambe l‘una contro l’altra, artiglio il lenzuolo.
-Non voglio dormire.-
-Non puoi impedirtelo.-
-Ma sognerò.-
Riapri gli occhi.
-E se … e se mi rialzo e inizio a girovagare per la casa?- Ho di nuovo le guance bagnate.
-Ricordi di averlo fatto?- Mi chiedi piano, con calma.
-No, ma … me l’ha detto nostra madre, e Cissy. Dice che sembravo una pazza. Che parlavo nel sonno.-
Tu arricci il naso.
-Anche ammettendo che ricapiti, se non sei cosciente, come fai a spaventarti?-
Tremo. Tu sospiri.
-Sei un caso disperato. Un disastro. Comunque  - Ribadisci - Non capiterà , perché se ti alzi e inizi a fare la scema, ti do sette sberle, poi vediamo se non ti svegli.-
Mi dai degli scappellotti leggeri sulla guancia. -Mi hai capita?-
-Sì. Ma, Bella… -
Non mi fai finire di parlare.
Il tuo indice picchietta ripetutamente sulla mia fronte.
-La mente domina la materia, Andromeda.- Un guizzo passa nei tuoi occhi, come una stella cadente che solca un cielo terso. Io non ho ben capito, lo leggi nella mia espressione confusa e anticipi la mia domanda.
-Significa che tutto quanto, può essere controllato dalla mente. Le tue emozioni, il tuo corpo, le tue paure. Se impari a disciplinare la mente, avrai il dominio su tutto quello che fai. E’ tutto nella tua testa.-
Spegni la candela a tradimento ed io faccio un leggero balzo.
-La stanza, non è diversa da un attimo fa. Il buio, è solo assenza di luce. I colori, ne sono solo il riflesso. I tuoi muscoli, sei tu a controllarli. E le ombre, se il buio è assoluto, nemmeno esistono. Mi capisci ? E’ tutto nella tua testa. Solo nella tua testa. Non ci sono voci, né cose invisibili che tentano di afferrarti.-
Questo discorso dovrebbe tranquillizzarmi, ma non lo fa. Mi confonde e basta, perché non importa dove vada ad annidarsi tutto questo. Mica posso tagliarmela, la testa?
Però annuisco, perché in questo momento l’unica cosa che voglio è starti vicina.
-Bella. Mi dai un bacio?- Ti chiedo allora, con una vocina incerta, mentre mi sembra di diventare piccola piccola. Ti immagino mentre alzi di nuovo gli occhi al cielo, una parte di me è contenta di non poterti vedere. Mi faccio più vicina.
-Può darsi. Ma intanto, inizia a fare una cosa. -
-Che cosa?-
-Pensa ad una storia e raccontala. Fa’ come ti dico, devi distrarti. Vedi, sei davvero un disastro, perché non ti accorgi nemmeno delle tue capacità. Tu , Andromeda, ti ricordi tutto. Anche se mi secca fartelo notare, tu ricordi le cose persino meglio di me. E sprechi il tuo talento. Perciò, quando hai paura, pensa a qualcosa e recitalo a memoria, nella tua testa. Qualsiasi cosa. Un brano, una poesia. Inizia a imparare cose che potrebbero tornarti utili e ripetile prima di addormentarti. -
Rimango tramortita per un attimo. Mi hai appena fatto un complimento, forse?
-E pensi … pensi che così, gli incubi se ne andranno?-
-Può essere una parte del metodo. E se ne andranno, altrimenti diventerò io il tuo peggiore incubo, stanne certa. E verrò a trovarti in ogni sogno. Però tranquilla, busserò sette volte. Così avrai il tempo di nasconderti.-
C’è un momento di silenzio. Poi entrambe ci mettiamo a ridere.
Scalcio sotto le coperte mentre mi afferri per farmi il solletico.
E non m’interessa più delle urla di Sirius, delle tue bugie. Non m’interessa se l’hai fatto apposta, se mi stai manovrando, anche questa volta. Se Narcissa non viene qui , perché anche lei stanotte non riesce a schiodarsi dal suo letto. Non m’interessa assolutamente nulla.
-Le Iadi e le Pleiadi sono due ammassi di stelle che fanno parte della costellazione del Toro. -  Inizio a recitare. Tu ti distendi e sbadigli, mentre metti la mano fra i miei capelli e ci passi ritmicamente le dita. Mi rannicchio contro di te.
-Sono posti l’uno di fronte all’altro, entrambi sono formati da sette stelle , ed entrambi prendono il nome da un gruppo di Ninfe , sorelle tra loro, per questo i nomi simili.  La leggenda narra che le Pleiadi si suicidarono proprio dopo la morte  di quest’ultime , e che poi salirono in cielo. Tra loro però ce n’è una, Merope, meno visibile, perché mentre tutte loro sposarono Dei Immortali , lei si innamorò di un uomo mortale, causando disonore per tutte le altre. Per questo motivo , decise di abbandonarle … -
 
La sensazione delle tue labbra calde che si posano sulla mia guancia, invece, la mia mente l’aveva rimossa, come il colore del mio vestito. Il che è ancora più strano , perché di vestiti ne ho indossati migliaia, ma tu di baci me ne hai dati davvero pochi.
La mia memoria tattile, però, dev’essere più sviluppata, perché tutt’a un tratto, la mia pelle inizia a bruciare. Un bruciore lieve, neppure troppo fastidioso, come se stessi ancora tendendo la mano verso la fiamma della candela.
Fisso per l’ultima volta la tua fotografia. In questa casa, non c’è mai stata una tua fotografia.
Ted capisce che sono tornata in superficie, ovunque io sia stata. Non chiede niente, mi cinge semplicemente le spalle e s’inginocchia sul letto accanto a me. Mi bacia la testa. Poi cerca di prendere il giornale, ma io non lo mollo. Io non ti mollo. Ti ho già mollato una volta, Bella. Una parte di me, con te, ci è morta.
-Dromeda , tesoro. - Continua a dire Ted, come se potesse bastare.
La pagina si strappa, mentre mi lacero anche io. Un’altra volta.  Che potesse far così male no, non me lo ricordavo davvero.
Il resto della Gazzetta finisce sul pavimento, dove vorrei tornare anch’io. Invece finisco fra le braccia di quello che è stato indubbiamente l’amore della mia esistenza, ma che oggi suo malgrado non può bastare.
-Dromeda, sta’ calma. Andrà tutto bene.-
Mi scuote leggermente, mi allontana da lui in modo da permettermi di guardarlo negli occhi. Provo a farmi forza. Questo basterà, gli occhi di Ted sono sempre bastati. Devono bastare anche oggi. Un rifugio sicuro, il mio angolo di mondo. L’ultima cosa che vedo prima di addormentarmi e la prima che cerco quando mi risveglio.
-Amore, nessuno farà del male a te o a Dora finché ci sono io. -
Ed improvvisamente , eccolo qui.
Mentre faccio le piroette, mentre corriamo per le scale, mentre la mamma mi stringe.
Verde.Verde chiaro. Verde come gli occhi di Ted.
-Avevo… avevo un vestito verde.- Mormoro, mentre lui mi asciuga le lacrime con i pollici.
-Un vestito verde?-
-Sì. Da bambina, quel giorno. Il giorno dei rintocchi. Avevo un vestito verde.-
Lui è scosso da un leggero brivido, ma se l’ho sconvolto, non lo dà a vedere. Anzi sorride.
-Sono sicuro che eri bellissima.-
Poi si volta verso la porta, si alza, raccoglie il giornale, lo fa sparire con un colpo di bacchetta.
-Bisogna mettere dell’olio a questa serratura. Rimedio babbano, lo so, ma prima non riuscivo proprio ad aprire, neppure con la magia.-
-Tanto entrerà comunque. - Ribatto io, pensando poi a quanto sia orribilmente spoglio l’albero di fronte alla nostra finestra.
-Come dici?-
-Ho detto che entrerà comunque, puoi fare tutto quello che vuoi, a quella porta. Ma busserà. Le regole sono regole. Sette volte, sette rintocchi, Ted, ricordatelo. -Alzo il viso al suo, ora mi guarda spaventato, senza capire.
- Appena senti il primo, datti un pizzico. Se non stai sognando, Ted, scappa.-
 

Fine

  
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