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Autore: cecchino_2028    30/08/2012    1 recensioni
Era la notte del 14 giugno del 1497 quando Juan (Giovanni) Borgia venne ucciso nei pressi del Tevere. Per anni si vociferò che l'assassino fosse Cesare, o chi per lui. E se non fosse così? Questa è la mia versione.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
- Questa storia fa parte della serie 'Els germans de sang'
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La notte cala su Roma come una vecchia amante, la circonda, si adagia su di lei, amandola e servendola, nascondendo per lei i loschi affari che si svolgono negli angoli bui. Nel palazzo vaticano i lumi sono accesi e le candele rischiarano come se fosse giorno. Il papa entra nella grande sala, circondato da ancelle coperte solo di uno strato di velo che lascia ben poco spazio all’immaginazione, Giulia Farnese, nella sua eterea bellezza, lo guarda con sospetto ed astio. Lucrezia, stretta in un corsetto blu ricamato d’argento, segue il padre nella stanza e gli sorride, per poi sedersi accanto al marito, un uomo nobile, distinto, ma una mera pedina politica, un nulla se confrontato alla moglie, la cui fama giunge fino in Spagna, terra natia dei Borgia. Alla grande festa di Rodrigo, mancano solo i due figli maschi, gli unici –assieme a Lucrezia che il papa considera suoi eredi legittimi. Cesare è nella sua camera, qualche piano più in alto rispetto alla sala in cui si sta svolgendo la festa, siede a torso nudo di fronte al fuoco, un paio di calzoni di pelle e gli stivali alti fino al ginocchio; la camicia è dimenticata da qualche parte nella stanza, mentre una grande vasca bolle di acqua calda e sali da bagno. Il maggiore dei Borgia ha tra le mani una lettera, un grande sorriso ad illuminargli il volto e gli occhi, legge le righe vergate in fretta dal mittente sconosciuto, ma che Cesare non stenta a riconoscere.

Siamo stati divisi da un padre magnanimo e buono, ma che talvolta diventa infido e doppiogiochista. Dio non me ne voglia, ma il suo vicario è alquanto serpe quando lo desidera, anche coi suoi amati figli. Mi spiace di aver preso il posto che tanto agognavi, ma ti amo troppo per poter stare lontano da te, anche solo per essere adirato con te. Se questo posto che ricopro ormai da un po’ è la causa del nostro allontanamento, allora prendilo, prenditi tutto ciò che ho, il mio compito, la mia posizione, come hai preso il mio cuore, il mio corpo e la mia verginità. Se ancora mi ami, se il tuo astio nei miei confronti s’è affievolito, allora t’aspetto nel luogo ed all’ora in cui ci siamo scambiati il primo bacio. Considerami uno stolto, od un fallito, ma ancora tremo passando per quella strada. Indosserò il tuo farsetto. Con amore.

Cesare si passa una mano sul volto, come per asciugare le lacrime, che però non sono cadute dai suoi occhi. Ripiega con cura la lettera e ne respira l’odore, quel profumo così inteso e famigliare gli scuote le membra ed il cervello, posa il foglio di carta all’interno di un cofanetto, poi si spoglia del tutto e si getta nell’acqua calda della vasca, lasciando che i ricordi vaghino da soli.

Giovanni fa la sua entrata alla festa, come un principe tanto atteso, e come tale viene trattato. Le ancelle lo ricoprono di baci e carezze, i servi gli riempiono il calice di buon vino ogni volta che alza la mano, ed il padre lo guarda benedicendolo, mentre fiero si guarda attorno, studiando la folla di nobili che riempie la sala. Lucrezia si avvicina al fratello e lo abbraccia, poi gli poggia un casto bacio sullo zigomo destro.
“Fratello …” mormora la giovane. “Ti vedo corrucciato, cosa c’è che non va?”
“Sto attendendo con ansia una risposta!” risponde il fratello.
“Un’amante?” domanda incauta e curiosa Lucrezia.
“No, sorella, una mera questione politica!” conclude Giovanni allontanandosi. Il giovane capitano delle guardie papali alza gli occhi al cielo, no,quella che sta aspettando non è una risposta per una mera questione politica, ci tiene troppo per poter dire una cosa del genere. Strano che Lucrezia non si sia resa conto della verità. Giovanni si alza ed esce dalla stanza, senza congedarsi, corre per il palazzo, caracolla per le scale, infine si getta il mantello sulle spalle, lasciandosi –però- accarezzare dall’alito di vento notturno che soffia su Roma.
“Dove vai, Giovanni?” domanda Goffredo.
“A divertirmi …” risponde sorridendo al fratello. Sancha si illumina in un grande sorriso e china il capo in cenno di saluto al cognato, Giovanni la guarda e si perde nella bellezza del suo volto, rammaricandosi del destino che sta subendo per via del giovane marito. Goffredo strattona la moglie per un braccio ed entra nel palazzo, mentre Giovanni si perde nella notte romana.

Michelotto spalanca la porta della camera di Cesare ed entra, mentre il maggiore dei Borgia si sta infilando un paio di calzoni di fine seta ricamata nera. Il cardinale alza un sopracciglio mentre il fedele assassino entra nella stanza, questi abbassa il capo ed intreccia le mani. Cesare sorride, è in attesa di ordini.
“Per stasera, caro il mio Michelotto, potrai andare a divertirti!” esclama ridendo il cardinale lanciandogli una moneta d’oro.
“Mi spiace contraddirvi, Cesare, ma devo scortarvi!” risponde serio Michelotto, porgendo la moneta al proprietario.
“Cosa accade?” domanda il cardinale scurendosi in volto.
“Voci certe dicono che qualcuno tenterà di uccidervi questa notte …”
“Sappiamo chi è questo incauto?” chiede il cardinale infilando la camicia bianca ed il farsetto ricamato in oro.
“Si pensa sia Giuliano Della Rovere!”
“Della Rovere è solo il mandante, qualcuno ucciderà per lui! Il cardinale pensa che se ucciderà me, potrà scavalcare mio padre!” esclama con sicurezza Cesare.
“Cesare, quello non è il farsetto di vostro fratello?” domanda Michelotto alzando un sopracciglio.
“Non ti sfugge nulla …” risponde Cesare sorridendo sghembo.
“Vi siete riappacificati?”
“Questo non deve interessarti …”
“Oh, chiedo scusa, mi devono interessare solo nel momento in cui parlano, per farli tacere! Comprendo! Ma non è il caso di vostro fratello!” conclude Michelotto porgendo il mantello al cardinale. Cesare gli sorride e si posa il mantello sulle spalle, poi cala il cappuccio sul volto e, accompagnato dal fedele servo e sicario, silenziosamente esce dal palazzo e si avvia verso il luogo dell’appuntamento.

Giovanni cammina per qualche metro di fronte al Tevere, per poi fermarsi e guardarsi intorno, in cerca di qualcuno, infine riprende a camminare. Dall’ombra esce un uomo incappucciato, si vede solo la bocca, tirata in un sorriso lucente, si avvicina al giovane Borgia e gli sfiora le labbra, senza parlare.
“Cesare …” mormora felice Giovanni.
“No, Giuliano …” replica l’uomo incappucciato infilando lo stiletto nel fianco del figlio del papa. L’urlo riempie le orecchie dell’assassino, che sorridendo se ne va, giusto un attimo prima dell’arrivo del maggiore dei Borgia
“Cesare!” urla Juan. Il cardinale corre verso l’amato fratello e lo stringe tra le braccia, poi gli bacia dolcemente le labbra.
“Chi è stato Juan?” domanda Cesare.
“Della … Della Rovere …” rantola Giovanni.
“La pagherà! Ora ti porto in Vaticano e lì riceverai le cure che ti sono dovute!” esclama il Valentino.
“No! Sto per morire, voglio farlo tra le tue braccia! Mi hai perdonato?”
“Certo amore mio …” dice Cesare stringendosi il fratello al petto.
“Cesare, ti amo!” conclude piangendo Juan. Le loro labbra si sfiorano ed il sangue sgorga dalla bocca del minore, passando in quella del maggiore. Miche lotto corre dal padrone e gli passa una piccola ampolla, Cesare l’afferra e vi versa il sangue del fratello, per poi legarsela al collo.
“Gettami nel Tevere, voglio morire dal traditore che sono …” dice Juan accarezzando l’ispida barba del fratello.
“Perché? Chi hai tradito?” domanda  perplesso Cesare.
“Te! Nostro padre! Lucrezia!” risponde convinto Giovanni.
“T’estimo Juan, jo et perdono, vosté està aquì, sempre!” dice il cardinale in catalano, indicandosi il cuore.
“Anch’io Cesare!” dice Juan. D’un tratto i suoi occhi si chiudono, Cesare piange lacrime amare e bacia le labbra sporche di sangue del fratello. La sua è stata una morte sofferta, ma bella, almeno lo spera. Afferra il suo corpo e se lo stringe tra le braccia, poi getta il fratello nel fiume, aspettando che il Tevere lo porti via.
 

Un passante vede Cesare gettare in acqua Giovanni, e da quel momento in poi, a Roma e nel mondo tutti diranno che il maggiore dei Borgia è l’assassino del fratello.
 

Cesare china il capo di fronte al padre e lo informa della dipartita di Giovanni, non avverte la risposta del papa, corre via dalla sala in cui i festeggiamenti verranno interrotti per lutto. Il cardinale entra, seguito solo da Michelotto, nella grande chiesa, si segna e poi si inginocchia di fronte al grande crocefisso.
“Pater noster …” prende a mormorare. Alza lo sguardo e fissa il Cristo sulla croce, si sfila il farsetto e la camicia, rimanendo solo con le braghe, afferra la tovaglia e la toglie dall’altare, con forza sovraumana la lacera, facendone tanti lembi, che poi bagna con del vino santo. L’afferra e si inginocchia di nuovo sulle scale, di fronte al crocefisso, poi mormorando l’ennesimo pater noster prende a battersi la schiena, senza urlare, trattenendo le lacrime ed il dolore.
 

Juan è morto. La prima vittima di un grande quadro scarlatto. Giovanni è il primo Borgia a morire per mano nemica, ma non l’ultima.

Cesare è pronto per tutto, mentre si batte la schiena e si ferisce, tentando di purificarsi per la morte dell’amante.

Lucrezia giace tristemente nel letto assieme al marito, in attesa di una nuova gravidanza, lasciandosi penetrare con violenza.

Rodrigo cade in ginocchio nella sua stanza, piangendo e pregando senza sosta, Giulia tenta di abbracciarlo, ma lui la scosta con forza, gettandola a terra.

Chi sarà il prossimo? Quale sangue verrà versato ora? Per mano di chi?

Quale sarà il primo Borgia a raggiungere Juan?





Angolo autrice:
Amo i Borgia, immensamente.
Cesare per primo, quindi non posso evitare di vederlo insieme a Juan.
Potete uccidermi! :D
Questa è la mia versione dei fatti accaduti nella notte del 14 giugno 1497, quando il povero Juan fu ucciso.
Mi lasciate un commentino piccino picciò! (:
   
 
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