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Osservai lo schermo del mio
cellulare per controllare che ore fossero e mi accorsi che era tremendamente
tardi. Mi precipitai giù dal letto e misi le ultime cose in valigia. Dovevo
sbrigarmi, altrimenti l’aereo non avrebbe certo atteso il mio arriivo, poiché ero io a dovermi adeguare agli orari
imposti dalla compagnia. Sicuramente non sarebbero venuti a suonare a casa mia
per incitarmi a salire a bordo. Perciò, avrei perso l’occasione di arrivare in
orario a quel dannato concerto e Anna mi avrebbe strozzato, ne ero certa.
Imprecai, mentre uscivo di
casa trascinandomi dietro il trolley. Un taxi mi aspettava già da un quarto
d’ora e l’autista sembrava parecchio scocciato. Mi fulminò con gli occhi quando
mi vide avvicinarmi alla sua vettura, poi butto il mio bagaglio nel cofano e
partì a tutta velocità verso l’aeroporto. Almeno non avrei dovuto pregarlo di
fare in fretta, la sua guida era abbastanza spericolata e rapida.
Non appena giungemmo a
destinazione, mi diressi a passo spedito all’imbarco, mentre dagli altoparlanti
si udiva l’ultima chiamata per il volo diretto a Milano. Ero stata proprio
fortunata, avevo creduto seriamente di dover rimanere a Grosseto.
Non che fossi troppo
entusiasta all’idea di assistere a quel concerto, ma Anna mi aveva letteralmente
trascinato a Milano, dicendomi che era giunto il momento di affrontare la mia
vita e sistemare le cose che avevo lasciato in sospeso.
Da quando Matt mi aveva
scritto, erano passati due mesi e non mi ero degnata di rispondergli. Ora che i
Faithless erano in tour in Europa con i Metallica,
dopo il grande successo ottenuto nella prima data londinese, ero pronta a
rivederli, ad assistere alla loro performance con il batterista Mike Luce, ero
pronta a vedere Matt e comunicargli personalmente la risposta alla sua e-mail.
Era stato difficile
comprendere cosa dovevo fare, ma alla fine tutti i nodi erano tornati al
pettine.
Il viaggio non durò molto, in
men che non si dica mi ritrovai stretta ad Anna che
esultava del fatto che le avessi dato ascolto per una volta, che fossi riuscita
ad arrivare e che dovevamo sbrigarci.
Passammo giusto un attimo nel
suo appartamento a lasciare il trolley e a sistemarci, poi prendemmo la sua
auto e ci dirigemmo all’Alcatraz. Erano soltanto le
due del pomeriggio e io avevo una fame tremenda, ma la mia amica era decisa ad
assicurarsi la prima fila e quando Anna si metteva in testa una cosa, era
pressoché impossibile smuoverla o impedirle di ottenerla.
“Devi stare faccia a faccia
con loro, devono sapere che ci sei” continuava, zigzagando in mezzo al traffico
milanese.
“Sì, ma ho fame! Ero in
ritardo e non ho nemmeno avuto il tempo di fare colazione!” protestai,
incrociando le braccia sul petto.
“Non temere, mangeremo!”
E così, ci fermammo ad un
fast food e tutto ciò che riuscii ad ottenere fu del
cibo d’asporto, poiché Anna fu categorica: non avevamo tempo da perdere per
mangiare sul posto, dovevamo sbrigarci!
Credetti che stesse letteralmente impazzendo, ma mi
divertiva tremendamente quel suo modo di fare.
Ricordo perfettamente cosa
accadde quando i cancelli si aprirono: la mia amica mi trasportò in mezzo alla
folla urlante, sgomitando a destra e a manca per poter passare, incurante del
fatto che fosse presente un esorbitante numero di gente, prevalentemente di
sesso maschile. Arrivammo come due furie in prima fila e io mi schiantai contro
la transenna, imprecando tra i denti. Attorno a me cominciò ad affollarsi una
marea di sostenitori accaniti dei Metallica, con tanto di maglie della band e
altri gadget vari. In poco tempo, mi ritrovai schiacciata contro la barriera di
ferro che mi separava dal palcoscenico, mentre tutti spingevano per potersi
avvicinare alla prima fila. Ero così impegnata a tenermi stretta la mia
postazione, che ancora non avevo realizzato ciò che stava per succedere.
Avrei rivisto i Faithless.
Feci appena in tempo ad
elaborare quel concetto che un boato si scatenò attorno a me, mentre Anna mi
gridava all’orecchio, indicandomi il palco.
Pian piano, tutti i musicisti
che componevano i Faithless fecero il loro ingresso,
lasciandomi letteralmente a bocca aperta.
Serj era completamente vestito di nero e sfilava
con sicurezza, trasmettendomi una calma immensa, seppur non gli stessi
stringendo la mano come spesso capitava in passato.
Joey era buffo mentre teneva tra le braccia la sua
chitarra, distinguendosi per la sua bassa statura in confronto agli altri.
Janne trotterellava allegro, dirigendosi dietro la
sua fantastica keyboard, come se si trovasse in saletta a provare e non ad un
concerto davanti a miliardi di persone.
Max lanciò un sorriso in
direzione del pubblico, per poi afferrare il microfono e pronunciare qualche
parola che non fui in grado di distinguere.
Mike Luce corse ad impugnare
le bacchette, per poi sedersi dietro la batteria e lanciare un grido in scream attraverso il microfono che gli era stato sistemato
addosso.
Michele camminò tranquillo e
si sistemò sul lato destro del palco, strimpellando distrattamente il basso,
per poi rivolgere un cenno di saluto agli spettatori.
E Matt…
Be’, Matt era bellissimo.
Indossava una maglia dei
Metallica e sorrideva, eccitato, mentre perlustrava il pubblico con gli occhi.
E mi vide.
Il mio sguardo si scontrò con
il suo e la sua espressione divenne prima sorpresa, poi il suo sorriso si
allargò e attirò l’attenzione di tutta la band su di me.
Max, che ancora giocherellava
con il microfono, gridò: “Liz!”
Imbarazzata, mi strinsi al
fianco di Anna, mentre lei rideva euforica.
Attorno a me le grida non
erano diminuite, tuttavia molti dei presenti sembravano interessati alle espressioni
sorprese dipinte sul viso dei Faithless.
Mike Luce, incuriosito, si
avvicinò a Janne, che mi indicò, sorridendo come suo
solito.
“Liz,
sei venuta a suonare?” chiese Max.
Calò il silenzio.
Avrei voluto sotterrarmi, sì,
in quel momento non desiderai altro.
Anna mi diede una gomitata,
incitandomi a rispondere al brasiliano.
Scossi il capo, incapace di
proferire parola.
Notai che Michele mi
osservava, sembrava tranquillo, come se si fosse fatto una ragione di ogni
cosa. Ma con lui non c’era da stare tranquilli, lo conoscevo abbastanza per
sapere che certe volte evitava di mostrare le sue vere emozioni, nascondendosi
dietro una maschera di benessere e calma.
“E invece sì!” gridò Matt,
strappando il microfono a Max.
Mi sentii tremare da capo a
piedi.
“Liz,
sali sul palco!” proseguì.
Lo guardai con aria spaesata,
non poteva star dicendo sul serio.
Invece, in una maniera che
non riesco a ricordare nitidamente, mi ritrovai sul palco, tremante, ad
osservare la folla che ancora taceva, in preda alla confusione.
Mike Luce mi sventolò le
bacchette davanti al viso e questo gesto mi riscosse. Mi voltai a guardarlo.
“Queste sono tue, prendile e
fammi vedere cosa sai fare.”
Rimasi imbambolata a fissare
il suo viso, mentre cercavo di rimettere in ordine un minimo dei miei pensieri.
“Ah, io sono Mike, piacere.”
Mi tese la mano.
Improvvisamente, fu come se
una strana consapevolezza mi colpisse in pieno, come se il senso di
appartenenza che stare a contatto con i Faithless mi
aveva sempre provocato tornasse a completarmi, scaldandomi l’anima.
Strinsi la mano ad uno dei
miei idoli e gli sorrisi. “So chi sei, è un onore per me conoscerti. Credo che
tu mi abbia sostituito nel migliore dei modi, ma adesso è tempo che il gruppo
torni alle sue origini.”
Prima di riprendere le bacchette,
guardai negli occhi ogni singolo componente della band, comunicando con
quell’occhiata la mia volontà, facendo intendere ai miei amici che ero tornata
più forte di prima e che non sarei più scappata da loro, perché quello era il
mio posto.
Mi precipitai dietro la
batteria e tutto divenne magico. Solo allora mi resi conto che stavo per
suonare dal vivo per la prima volta davanti a miliardi di persone insieme alla
mia band e questa consapevolezza mi rese emozionata, eccitata e colma di
energia.
Non appena cominciai a
suonare, fu come se il mondo intorno a me si fondesse con la mia persona e la
mia batteria, riverente nei miei confronti, come se tutto dipendesse dal ritmo
che imprimevo ad ogni singolo pezzo, come se i Faithless
non aspettassero che me per raggiungere la loro personale perfezione.