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Autore: Kim WinterNight    31/08/2012    1 recensioni
Allora, premetto che ero titubante all'idea di pubblicare questa mia bacata produzione, ma mi sono detta che si può sempre provare, c'è sempre qualcuno che potrebbe apprezzare.
Detto questo, vi anticipo subito che i protagonisti saranno componenti di diverse band che amo, che si raggruppano in un'unica formazione chiamata 'Faithless' e che, tendenzialmente, non c'entrano niente gli uni con gli altri. In più, fanno parte del gruppo anche un artista italiano che proprio ci sta a fare come i cavoli a merenda, per intenderci, e una comune ragazza con un passato difficile.
Be', spero di avervi incuriosito.
Allora, leggete e ditemi cosa ne pensate, perché mi piacerebbe capire se sono completamente pazza oppure no, a scrivere certe cose!!!!
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Osservai lo schermo del mio cellulare per controllare che ore fossero e mi accorsi che era tremendamente tardi. Mi precipitai giù dal letto e misi le ultime cose in valigia. Dovevo sbrigarmi, altrimenti l’aereo non avrebbe certo atteso il mio arriivo, poiché ero io a dovermi adeguare agli orari imposti dalla compagnia. Sicuramente non sarebbero venuti a suonare a casa mia per incitarmi a salire a bordo. Perciò, avrei perso l’occasione di arrivare in orario a quel dannato concerto e Anna mi avrebbe strozzato, ne ero certa.

Imprecai, mentre uscivo di casa trascinandomi dietro il trolley. Un taxi mi aspettava già da un quarto d’ora e l’autista sembrava parecchio scocciato. Mi fulminò con gli occhi quando mi vide avvicinarmi alla sua vettura, poi butto il mio bagaglio nel cofano e partì a tutta velocità verso l’aeroporto. Almeno non avrei dovuto pregarlo di fare in fretta, la sua guida era abbastanza spericolata e rapida.

Non appena giungemmo a destinazione, mi diressi a passo spedito all’imbarco, mentre dagli altoparlanti si udiva l’ultima chiamata per il volo diretto a Milano. Ero stata proprio fortunata, avevo creduto seriamente di dover rimanere a Grosseto.

Non che fossi troppo entusiasta all’idea di assistere a quel concerto, ma Anna mi aveva letteralmente trascinato a Milano, dicendomi che era giunto il momento di affrontare la mia vita e sistemare le cose che avevo lasciato in sospeso.

Da quando Matt mi aveva scritto, erano passati due mesi e non mi ero degnata di rispondergli. Ora che i Faithless erano in tour in Europa con i Metallica, dopo il grande successo ottenuto nella prima data londinese, ero pronta a rivederli, ad assistere alla loro performance con il batterista Mike Luce, ero pronta a vedere Matt e comunicargli personalmente la risposta alla sua e-mail.

Era stato difficile comprendere cosa dovevo fare, ma alla fine tutti i nodi erano tornati al pettine.

Il viaggio non durò molto, in men che non si dica mi ritrovai stretta ad Anna che esultava del fatto che le avessi dato ascolto per una volta, che fossi riuscita ad arrivare e che dovevamo sbrigarci.

Passammo giusto un attimo nel suo appartamento a lasciare il trolley e a sistemarci, poi prendemmo la sua auto e ci dirigemmo all’Alcatraz. Erano soltanto le due del pomeriggio e io avevo una fame tremenda, ma la mia amica era decisa ad assicurarsi la prima fila e quando Anna si metteva in testa una cosa, era pressoché impossibile smuoverla o impedirle di ottenerla.

“Devi stare faccia a faccia con loro, devono sapere che ci sei” continuava, zigzagando in mezzo al traffico milanese.

“Sì, ma ho fame! Ero in ritardo e non ho nemmeno avuto il tempo di fare colazione!” protestai, incrociando le braccia sul petto.

“Non temere, mangeremo!”

E così, ci fermammo ad un fast food e tutto ciò che riuscii ad ottenere fu del cibo d’asporto, poiché Anna fu categorica: non avevamo tempo da perdere per mangiare sul posto, dovevamo sbrigarci!

Credetti che stesse letteralmente impazzendo, ma mi divertiva tremendamente quel suo modo di fare.

Ricordo perfettamente cosa accadde quando i cancelli si aprirono: la mia amica mi trasportò in mezzo alla folla urlante, sgomitando a destra e a manca per poter passare, incurante del fatto che fosse presente un esorbitante numero di gente, prevalentemente di sesso maschile. Arrivammo come due furie in prima fila e io mi schiantai contro la transenna, imprecando tra i denti. Attorno a me cominciò ad affollarsi una marea di sostenitori accaniti dei Metallica, con tanto di maglie della band e altri gadget vari. In poco tempo, mi ritrovai schiacciata contro la barriera di ferro che mi separava dal palcoscenico, mentre tutti spingevano per potersi avvicinare alla prima fila. Ero così impegnata a tenermi stretta la mia postazione, che ancora non avevo realizzato ciò che stava per succedere.

Avrei rivisto i Faithless.

Feci appena in tempo ad elaborare quel concetto che un boato si scatenò attorno a me, mentre Anna mi gridava all’orecchio, indicandomi il palco.

Pian piano, tutti i musicisti che componevano i Faithless fecero il loro ingresso, lasciandomi letteralmente a bocca aperta.

Serj era completamente vestito di nero e sfilava con sicurezza, trasmettendomi una calma immensa, seppur non gli stessi stringendo la mano come spesso capitava in passato.

Joey era buffo mentre teneva tra le braccia la sua chitarra, distinguendosi per la sua bassa statura in confronto agli altri.

Janne trotterellava allegro, dirigendosi dietro la sua fantastica keyboard, come se si trovasse in saletta a provare e non ad un concerto davanti a miliardi di persone.

Max lanciò un sorriso in direzione del pubblico, per poi afferrare il microfono e pronunciare qualche parola che non fui in grado di distinguere.

Mike Luce corse ad impugnare le bacchette, per poi sedersi dietro la batteria e lanciare un grido in scream attraverso il microfono che gli era stato sistemato addosso.

Michele camminò tranquillo e si sistemò sul lato destro del palco, strimpellando distrattamente il basso, per poi rivolgere un cenno di saluto agli spettatori.

E Matt…

Be’, Matt era bellissimo.

Indossava una maglia dei Metallica e sorrideva, eccitato, mentre perlustrava il pubblico con gli occhi.

E mi vide.

Il mio sguardo si scontrò con il suo e la sua espressione divenne prima sorpresa, poi il suo sorriso si allargò e attirò l’attenzione di tutta la band su di me.

Max, che ancora giocherellava con il microfono, gridò: “Liz!”

Imbarazzata, mi strinsi al fianco di Anna, mentre lei rideva euforica.

Attorno a me le grida non erano diminuite, tuttavia molti dei presenti sembravano interessati alle espressioni sorprese dipinte sul viso dei Faithless.

Mike Luce, incuriosito, si avvicinò a Janne, che mi indicò, sorridendo come suo solito.

Liz, sei venuta a suonare?” chiese Max.

Calò il silenzio.

Avrei voluto sotterrarmi, sì, in quel momento non desiderai altro.

Anna mi diede una gomitata, incitandomi a rispondere al brasiliano.

Scossi il capo, incapace di proferire parola.

Notai che Michele mi osservava, sembrava tranquillo, come se si fosse fatto una ragione di ogni cosa. Ma con lui non c’era da stare tranquilli, lo conoscevo abbastanza per sapere che certe volte evitava di mostrare le sue vere emozioni, nascondendosi dietro una maschera di benessere e calma.

“E invece sì!” gridò Matt, strappando il microfono a Max.

Mi sentii tremare da capo a piedi.

Liz, sali sul palco!” proseguì.

Lo guardai con aria spaesata, non poteva star dicendo sul serio.

Invece, in una maniera che non riesco a ricordare nitidamente, mi ritrovai sul palco, tremante, ad osservare la folla che ancora taceva, in preda alla confusione.

Mike Luce mi sventolò le bacchette davanti al viso e questo gesto mi riscosse. Mi voltai a guardarlo.

“Queste sono tue, prendile e fammi vedere cosa sai fare.”

Rimasi imbambolata a fissare il suo viso, mentre cercavo di rimettere in ordine un minimo dei miei pensieri.

“Ah, io sono Mike, piacere.” Mi tese la mano.

Improvvisamente, fu come se una strana consapevolezza mi colpisse in pieno, come se il senso di appartenenza che stare a contatto con i Faithless mi aveva sempre provocato tornasse a completarmi, scaldandomi l’anima.

Strinsi la mano ad uno dei miei idoli e gli sorrisi. “So chi sei, è un onore per me conoscerti. Credo che tu mi abbia sostituito nel migliore dei modi, ma adesso è tempo che il gruppo torni alle sue origini.”

Prima di riprendere le bacchette, guardai negli occhi ogni singolo componente della band, comunicando con quell’occhiata la mia volontà, facendo intendere ai miei amici che ero tornata più forte di prima e che non sarei più scappata da loro, perché quello era il mio posto.

Mi precipitai dietro la batteria e tutto divenne magico. Solo allora mi resi conto che stavo per suonare dal vivo per la prima volta davanti a miliardi di persone insieme alla mia band e questa consapevolezza mi rese emozionata, eccitata e colma di energia.

Non appena cominciai a suonare, fu come se il mondo intorno a me si fondesse con la mia persona e la mia batteria, riverente nei miei confronti, come se tutto dipendesse dal ritmo che imprimevo ad ogni singolo pezzo, come se i Faithless non aspettassero che me per raggiungere la loro personale perfezione.

  
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