Nottata
fuori casa
Che quel bacio era diverso dagli altri, Roxas lo aveva capito da subito. I primi due erano stati
dolci, gentili, per niente affrettati, mentre quello… cavolo! Gli faceva girare
la testa, si sentiva frastornato dalla passione che Axel ci stava mettendo. Deglutì, cercando di riprendere
fiato, ma l’altro non lo fece quasi respirare, si staccò un attimo e riprese
subito a torturargli le labbra.
“A-Axel… che… che
fai?” sussurrò, un po’ impaurito e un po’
eccitato dalla situazione.
“Sono cose che non si
chiedono, si sentono e basta” gli rispose l’altro.
“Ma se vuoi un aiuto per
capirlo allora ti accontento” proseguì.
“Eh?” domandò lui,
ma il rosso lo prese per i polsi, che fermò a terra, e gli salì sopra,
sorridendo, poi riprese a baciarlo. Roxas sentiva il
cuore battere nelle orecchie e il sangue fluire tutto nel suo basso
ventre.
Quando l’uomo si appoggiò al suo bacino sentì la sua
erezione premere contro il cavallo dei pantaloni ed esitò un
secondo.
“Ma salve” lo salutò
sorridendo. Il biondo arrossì e cercò di tirarsi su, ma l’altro lo tenne fermo a
terra.
“C-che dia… diavolo
fai?” chiese sospirando.
“Davvero non l’hai ancora
capito?” lo prese in giro, baciandolo sul mento. Certo che l’aveva
capito, ma stentava a crederci.
Prima che potesse ribattere qualsiasi cosa, Axel iniziò a scendere, passandogli la lingua sul collo e
liberandogli le mani. Roxas rimase fermo, incredulo,
senza sapere cosa fare, senza sapere come comportarsi.
Il rosso si mise ad accarezzargli il petto e passò i
palmi sui suoi lievi addominali, per poi scendere sotto al tessuto della
t-shirt.
A
quel contatto il biondo gemette, sentendo il cervello sconnettersi
completamente. O quasi.
“N-no, Axel fermo!” esclamò, spalancando gli occhi. L’uomo
si bloccò, preoccupato.
“Che
c’è? Qualche
problema?” chiese, realmente interessato. Roxas arrossì e distolse lo sguardo.
“Ti ho fatto male o dato
fastidio in qualche modo?”
“No! Figurati, non è per
questo, è solo che… che… sì, insomma, io non ho mai… ehm…”
“Questa è la tua prima
volta?” dedusse il rosso, accarezzandogli una guancia. Il ragazzino
annuì, sempre evitando di incrociare quegli occhi verdi come lo
smeraldo.
“Ehi?” lo chiamò il
rosso, prendendogli il viso con le mani e costringendolo a
fissarlo.
“Guardami” gli
ordinò. Lui si arrese a quel tocco, incapace di
respingerlo.
“Non voglio fare niente che
non vuoi fare anche tu, intesi?” lo avvertì. Il biondo sgranò gli
occhi.
“Non ho detto che non
voglio!” si affrettò a precisare. Poi arrossì
ancora.
“Ho solo detto che non… non
so come si fa” ammise. Axel lo accarezzò, per
poi baciarlo.
“Non avere paura, ti
prometto che ti aiuto io” giurò.
“E non farà… non farà
male?” domandò Roxas
preoccupato.
“All’inizio un po’ sì, ma
poi giuro che ti piacerà da morire”
“Promesso?” si
assicurò, guardandolo ansioso.
“Piccolo Roxy, ricorda una cosa: devi sempre fidarti di me.
Memorizzato?”
“Memorizzato” annuì
il biondo.
Da quel momento e per l’ora e mezza successiva, non
riuscì quasi più a proferire parola.
“Tu hai mai detto ai tuoi
genitori di essere gay?” stava chiedendo Roxas,
appoggiato al petto di Axel, un po’ di tempo
dopo.
“Non ne ho mai avuto
bisogno. Insomma, mi trucco da quando avevo tredici anni, non credo che ci
sia molto da dire, no?” rispose lui,
sorridendo.
“Dev’essere stato
facile, allora” immagino il biondo, sospirando.
“In realtà no. Papà non
voleva un figlio omosessuale e mia madre… beh, lei è un personaggio. La vedevo
poco perché lavorava come attrice in teatro, quindi viaggiava spesso. Quelle
volte che ci incontravamo per caso in soggiorno mentre lei finiva di truccarsi
per uscire mi diceva che non le importava molto se mi piacevano gli uomini o le
donne, bastava che non le tornassi malato di AIDS”
“Che famiglia
simpatica” commentò il ragazzino, ridendo. Anche Axel si mise a ridere, un po’
nostalgico.
“In compenso ho trovato
persone meravigliose al di fuori di lì. Larxene in primis, con il suo
carattere un po’ particolare, e poi anche Demyx, e
tutta la banda di matti che c’era a cena con noi l’altra sera” disse.
“Anche Saix, vero?” indagò Roxas.
A quel nome l’uomo si irrigidì un po’.
“Sì, anche… anche Saix. Ma lui appartiene a
un’altra epoca della mia vita”
rispose.
Il biondo si girò su un braccio e lo fissò,
appoggiando la testa sulla mano.
“Racconta” lo spronò, davvero interessato. Axel
sospirò e fissò le stelle.
“Andavo alle superiori,
facevo l’ultimo anno. Lui era più grande di me, ma continuava
a venire al liceo perché era stato bocciato, anche se non ne ho mai conosciuto
il motivo. All’epoca si faceva chiamare Isa, anzi, credo che sia il suo nome di
battesimo. Forse dopo si vergognava e l’ha cambiato, chissà. Fatto sta che un
giorno si fermò a parlarmi e diventammo molto amici. Eravamo inseparabili.
Passai il più bell’anno di scuola mai vissuto, e iniziai ad innamorarmi di lui.
Era bello, era forte, era intelligente e poi non mi giudicava per quello che
ero, né era geloso della mia memoria fotografica. Alla fine glielo dissi, quando
ormai eravamo diplomati e pronti per l’università. E sai cosa rispose? Me lo immaginavo, e devo dire che mi
interessi anche tu. Immaginati la felicità. Fu lui a
prendermi la verginità, non te lo voglio nascondere, anche perché non sarebbe
giusto” ammise. Si fermò, ricordando.
“E
poi? Cos’è successo?” chiese ancora Roxas, curioso.
“Poi, una volta avuto ciò
che voleva, si è alzato dal letto… mi ha fissato… e mi ha detto le persone come te, che si fanno trasportare
dalle emozioni, mi danno il voltastomaco. Grazie per aver fatto il tuo
dovere”
Il biondo spalancò la bocca dallo stupore. Nel vedere
quell’espressione attonita, Axel
rise.
“Già, proprio
così. Il tuo dovere”
ripeté. Erano passati sei
anni e, nonostante questo, gli faceva venire una rabbia indescrivibile
ripensarci.
“Ma come si può?”
domandò il ragazzino.
“E’ uno stronzo, che vuoi
farci?
Comunque io ho cercato di evitarlo per qualche tempo, ma lui usciva con noi, con
il nostro gruppo di amici, e non me la sentivo di rinunciare agli altri per
colpa sua. Non era giusto, capisci? Così ho fatto buon viso a cattivo gioco e ho
ingoiato la bile che usciva quando lo vedevo. E oggi sono qua,
con te” concluse. Roxas era ancora
furibondo.
“Come puoi riuscire a stare
vicino a lui dopo quello che ti ha fatto,
scusa?” l’aggredì. Alla gelosia iniziale si era sostituita una rabbia
cieca per chi aveva maltrattato quel ragazzo. Anzi, no: il suo
ragazzo.
“Ehi, calmati
tigre! Non è
niente, ormai è passato. Quello che conta in questo istante è
che io sia qui, a stringere te tra le braccia”
lo tranquillizzò, abbracciandolo forte e facendoselo stendere sul
petto.
Il ragazzino cercò di stabilizzare i respiri
affannati, ma non ci riusciva. Era infuriato.
“Stai tremando” gli
fece presente Axel, trattenendo una
risata.
“Perché non è
giusto!” rispose lui, stringendosi al suo petto.
“Che cosa?” domandò
il rosso, guardandolo di sottecchi.
“Che tu sia stato trattato
così. È una cosa da animali e da stronzi”
spiegò.
“Lo so, ma non possiamo
farne un dramma. È una cosa del passato, è successa
tanto tempo fa. Il tempo va avanti, le persone cambiano e i dispiaceri si
superano. Se rimaniamo troppo attaccati a eventi superati non riusciremo mai a
goderci l’attimo. Imparalo, piccolo Roxy” gli suggerì, dandogli
un piccolo colpetto sulla fronte con l’indice.
“Forse hai ragione, ma la
rabbia e il dolore rimangono, no?”
“Forse all’inizio sì, ma poi
te ne dimentichi. È come una ferita: all’iniziò brucia,
ma solo se la lasci stare poi va via, altrimenti, se la
tocchi continuamente, sanguinerà per sempre e lascerà una cicatrice indelebile.
Non voglio nessuna cicatrice sul mio bellissimo corpo
scultoreo” decise. Roxas gli dette un
piccolo pugno nello stomaco.
“Non ti elevare, bellimbusto” lo sgridò allegramente. Axel rise e lo guardò divertito.
“Per stare vicino a un Dio
serve un altro Dio, non lo sapevi? Per cui se io ho il
fisico di una divinità, tu sei una divinità per proprietà transitiva” lo istruì.
“Ah, certo, mi scusi
tanto!” lo prese in giro il biondo. L’altro, a quelle parole, si rotolò
sopra di lui e lo bloccò.
“Ehi, non mi provocare, tigrotto” lo avvertì. Il ragazzino, scosso
dalle risate, lo fissò.
“Sennò che mi fai, porcospino rosso rubino?” lo sfidò. Il rosso
iniziò a fargli il solletico sui fianchi, facendolo ridere come un
matto.
“No,
fermo! Ahahahah, fermo, fermo! Non respiro! Ahahahah!” esclamò, piangendo.
“Chiedimi scusa”
ordinò.
“Se lo faccio come mi
ricompensi?” gli chiese, cercando di recuperare
fiato.
“Così” rispose Axel,
avvicinandosi a lui e baciandolo. Gli leccò le labbra e iniziò a mordicchiargli
la lingua, facendolo sospirare.
“Può essere un ottimo
argomento di discussione” ammise Roxas,
ricambiandolo con la stessa moneta. L’uomo sentì l’eccitazione crescere: quel
ragazzino era un pericolo per la sua sanità mentale. E per il decoro pubblico,
visto che lo induceva a cadere in tentazione ogni volta.
“Vuoi riprovarci?”
gli propose, mordendogli dolcemente il lobo dell’orecchio. Non attese nemmeno
che il biondo annuisse: gli tolse la maglietta e si lasciò
trasportare.
Quando videro albeggiare in lontananza, i due si
alzarono e si rivestirono.
“Se mia nonna sapesse che
ho dormito fuori, mi ucciderebbe”
“Ma tu non hai DORMITO
fuori. Al massimo hai passato la notte fuori, ma di dormire non se n’è
parlato” gli fece presente Axel, chiudendosi la camicia. Roxas pensò che fosse una
grave perdita per il mondo intero che lui coprisse quegli addominali così forti
e belli e… ok, Key, datti un contegno!
“Giusto, ma darebbe di
testa comunque. Te l’immagini la scena? Sì, scusami, ho passato tutta
la notte steso in un prato a guardare le stelle e a fare l’amore col mio ragazzo
e…” a quelle
parole arrossì e chiuse la bocca. L’uomo rise e lo fissò.
“Ripetilo” gli chiese
divertito.
“No” borbottò lui,
chiudendosi la zip dei pantaloni.
“Dai, ripetilo” lo
spronò, abbracciandolo da dietro. Roxas strinse i
pugni, imbarazzato.
“E’ stato un flash,
scusami” disse.
“Ti scusi per quale
ragione?”
“Per aver detto… quella
cosa”
“Che sono il tuo
ragazzo? Perché, non è la verità?” domandò
Axel, voltandolo verso di sé. Il biondo lo fissò confuso.
“Io non lo
so. lo sei?” chiese a sua
volta.
“La domanda l’ho fatta prima
io, quindi devi rispondere tu. Se vuoi te la rendo più semplice: vuoi che lo
sia?”
Il ragazzino distolse lo sguardo e iniziò a giocare
col bracciale del fratello.
“Beh, se a te fa piacere
esserlo… sì, insomma, a me piacerebbe che tu lo fossi”
ammise.
“Allora considerati
fortunato” gli consigliò l’uomo, lasciando la
presa.
“Perché?”
“Perché non avrei accettato
un no come risposta quando ti avessi chiesto di
diventare il mio ragazzo, per cui sei fortunato visto che non dovrò
costringerti” spiegò. Roxas
rise.
“Immagino quali sarebbero
stati i tuoi metodi di persuasione” lo prese in giro. Axel lo fissò.
“Mi stai sfidando
ancora? Credevo ne avessi avuto abbastanza”
commentò sorpreso.
“Che
cosa? Ma non
intendevo dire quello! Certo che sei un pervertito, eh?” lo riprese.
“Non posso fare altrimenti
con te vicino.
Mi ispiri sesso, tigre” ammise
con un’alzata di spalle. A
quelle parole il ragazzino avvampò.
“M-ma… ma ti sembrano
cose da dire?” lo aggredì.
“E’ la pure e semplice
verità. Io non dico mai bugie, memorizzalo”
rispose.
“Comunque non si
dice!”
“Cosa? Che mi
ecciti?”
“Smettila di
dirlo!”
“Quanto sei puro e
casto! Quasi, quasi mi trovo l’amante” lo
stuzzicò. Scansò
velocemente un suo pugno nello stomaco e si mise a ridere quando lui lo guardò
con occhi furibondi.
“Sei uno stronzo, Axel Flame” l’accusò
facendogli una linguaccia. Per calmarlo, lui si avvicinò ad
abbracciarlo.
“Scusami” disse. Lo
baciò sulla testa e attese che smettesse di tenergli il broncio. Alla fine,
anche Roxas si mise a ridere.
“Che bastardo”
commentò, tirando una ciocca di capelli rossi all’altro.
“Ehi, non si tocca la mia
acconciatura.
Se vuoi stare con me ricordatelo” gli consigliò.
“Perché? È così morbida” chiese il ragazzino, perdendosi ad accarezzargli i
capelli. Era un movimento
ipnotico per entrambi, che si interruppe solo quando l’uomo lo
baciò.
“Stai fermo, o non mi
trattengo e tu non torni più a casa” lo fermò.
“Perché? Mi rapisci?” domandò lui, annebbiato
dall’emozione.
“Sì, e ti porterei via con
me. E un
giorno lo farò, ma non ora o tua nonna mi ammazza. Andiamo,
devi risalire in casa” gli
ricordò. La magia si
spense e lui rientrò bruscamente nella realtà.
“Forse hai ragione”
ammise. Ripresero a camminare mano nella mano, rimanendo in silenzio per tutto
il viaggio.
“Tutto ok? Niente ossa
rotte?”
“Guarda che non sono così
impedito”
“Ah no? Ma guarda, pensavo
il contrario”
“Come siamo spiritosi
stasera, vero?”
“Sto scherzando, lo sai. Ti chiamo
domani… cioè, tra un paio d’ore. Dormi bene, piccolo Roxy” lo salutò Axel, facendogli l’occhiolino. Sparì alla vista entrando nel bosco dove, suppose
il ragazzino, c’era la sua macchina.
Si tolse i vestiti e si mise in pigiama, entrando
sotto le coperte. Suo fratello fece una specie di basso rumore con la gola,
simile a quello di un maiale, poi si girò nel letto e tornò a
dormire.
Roxas
sorrise, ripensando alla sera precedente, e il suo cuore si mise a battere
all’impazzata. Forse aveva rinunciato a una nottata di sonno, ma di certo ne era
valsa la pena.