Ed eccomi qui, sono tornata. Vi avevo detto che avrei
fatto presto!
Come la maggior parte di voi sa, anche questa fic, di
settanta capitoli questa volta e non cinquanta, è già terminata. Se non l'avete
fatto, vi ricordo che dovete leggere "Io, il Figlio del Nemico" prima di
buttarvi sui Figli della Speranza, perchè la shot vi darà una chiave di lettura
che aiuterà notevolmente nella comprensione del testo.
Magari volete sapere
per filo e per segno di cosa tratterà in particolare quest'ultima parte della
trilogia ma credo che ancora una volta lascerò che siano i capitoli a parlare
per me.
Dunque, in linea generale la storia dei Figli della Speranza si
svolge a sei anni dagli ultimi avvenimenti dei Bracciali del Destino e ci
saranno tutti i personaggi precedentemente citati, più alcune nuove new entry
sia dalla parte dei buoni, dei neutri e anche dei cattivi.
Sempre il solito
grazie ad Axia che mi ha aiutato con le prime bozze e specialmente grazie per la
one-shot "Io, il Figlio del Nemico" che ha scritto praticamente lei, la
scrittrice migliore che conosca.
Passo quindi a tranquillizzarvi su un fatto che, anche
nelle mail, mi è saltato all'orecchio. Ragazze, essendo questa una fiction
"vecchia" e anche contando la mia velocità nell'aggiornamento di capitoli già
scritti, capisco benissimo che non abbiate il tempo e soprattutto la voglia di
mettervi a commentare ogni volta. E qui chiarisco subito che dei commenti
giornalieri non m'importa molto, davvero. Certo, amo le recensioni come ogni
altro autore ma capisco anche che commentare regolarmente, se non si ha tempo o
la tranquillità necessaria, stanca. Quindi non fatevi problemi, davvero. Mi
sarei accontentata anche per i Bracciali e la Scommessa di poche righe di
commento finale se non avete sempre lo sfizio di mettervi alla tastiera!
Tranquille, non capita nulla e non muore nessuno! Io meno che mai, perciò state
sciolte che ho ricevuto commenti a sufficienza a suo tempo e recensite quando
più vi garba, senza mandarmi messaggi disperati sul perchè non potete commentare
a ogni capitolo!
Cos'altro dire? Grazie comunque per tutte le belle parole
che mi avete mandato, per i consigli e le irritanti domande.
Mi hanno anche chiesto perchè non saluto persona per persona...ragazze, è davvero un problema? Cioè, essendo "cresciuta" su manga.it dove c'era un fermo posta, non ho mai messo alla fine del capitolo i nomi di tutte le lettrici...e devo ammettere che non mi piace farlo, perchè deforma la pagina della storia. Non prendete la mancanza di saluti personali come un'offesa, è l'unica cosa che vi chiedo.
Bene.
Ora vi
lascio alla lettura, sperando che questa terza parte sia all'altezza delle
precedenti storie.
Un abbraccio a tutti,
Barbara
§ I Figli della Speranza §
E' necessario
prendere coscienza del fatto che sia gli esseri umani sia i maghi, per loro
natura, tendono a temere ciò che possiede un aspetto repellente, orrorifico,
anche malaticcio, oppure con connotati prettamente tetri e cupi.
O ancora gli
esseri umani tendono a temere l'ignoto, l'incomprensibile.
È fondamentale
ammettere questa paura sciocca e mal fondata per capire ciò che andrò a
raccontarvi.
Il signor e la signora Dillon vivevano nel Kent, in una bella
villetta a schiera uguale a tante altre nel centro di una cittadina di provincia
chiamata Friendship.
Friendship era uno di quei posti adatti alle famiglie
con bambini, con parchi giochi ad ogni angolo, venditori di improbabili
palloncini, siepi tagliate a regola d'arte, club di quartiere per signore
benestanti e nanetti di pietra ad ogni cancello, insieme ad una ancora più
ridicola cassetta delle lettere dalle forme più assurde.
A Friendship il
tempo era quasi sempre sereno e la criminalità ridotta al minimo.
Insomma,
era il luogo ideale per una famiglia medio borghese come i Dillon.
La loro
casa era bianca, linda come un lenzuolo steso al sole e sempre aperta ai vicini,
per feste e barbecue.
Il signor Dillon aveva appena trent'anni e come ogni
fresco sposo novello pensava solo a tornare a casa la sera per stare con sua
moglie. Era impiegato nella banca della cittadina e presto ne sarebbe diventato
direttore.
Sua moglie, la signora Dillon, aveva ancora l'aria della ragazzina
appena uscita dall'università e passava la sua giornata curando piante e fiori,
spettegolando con le vicine e sognando il giorno in cui sarebbe nato il loro
tanto sospirato bambino.
La vita dei Dillon insomma scorreva su binari
sereni. Fin troppo.
Avendo acquistato da poco tempo quella casa, la signora
Dillon c'impiegò un bel po' prima di liberare il giardino dalle sue erbacce e
anche per convincere suo marito a comprare il gazebo dei suoi sogni ma ciò
invece a cui avrebbe dovuto prestare attenzione, ai suoi occhi passò come un
innocuo archetto di marmo.
La signora Dillon lo trovò un giorno per caso,
nascosto dagli alberi in fiore e sotto al suo amato salice piangente.
Era
ricoperto di foglie secche e sterpaglia e rimase stupita quando dopo un paio di
tagli di cesoie trovò nel suo giardino quel piccolo arco, alto quasi due metri,
dall'apparenza piuttosto scialba.
Ed era molto strano perché sembrava
ricoperto da un velo opaco, quasi impalpabile.
Sorrise e decise che il giorno
dopo, visto che stava calando il buio, lo avrebbe risistemato e l'avrebbe fatto
splendere di cera.
Purtroppo per la signora Dillon però, per lei non ci fu
un giorno dopo.
Ah, se solo avesse saputo...
Se avesse saputo cosa
nascondeva quell'innocuo archetto, se solo avesse saputo che in quella casa
tanto per bene, in quella cittadina priva di criminalità, solo fino a un anno
prima ci era vissuto in segreto un discendente degli Avery, morto di stenti
in cella ad Azkaban.
Ah, se solo avesse dato retta al suo istinto quando,
avvicinandosi all'ultimo dei Tredici Veli al mondo, aveva sentito un brivido di
paura. Ma come poteva aver paura di una cosa così innocua
all'apparenza?
Già.
Ma per lei e per tutta Friendship, quella notte fu
l'ultima.
Per Friendship non ci fu un giorno dopo.
A mezzanotte del 26
agosto, quando le campane della chiesetta di St. Daisy rimbombarono nei quattro
viali della cittadina, una nube nera calò sulle case, sui tetti.
Passò in
ogni finestra, in ogni fronda degli alberi, fra ogni ciuffo d'erba.
Quel
vento nero distrusse tutto. In silenzio.
Le piante si seccarono, la vernice
della case si consumò, i mattoni si sgretolarono.
L'acqua delle fontane smise
di scorrere.
E più nessuno, il mattino dopo, riaprì gli occhi.
Tutta la
cittadina smise di respirare. Ma fu una morte dolce la loro...perché non
sentirono nulla.
E i signori Dillon non seppero mai che cosa uscì
dall'archetto nel loro giardino.
Il bel velo opaco si sollevò insieme al
vento nero e fra quelle pieghe, un calore lontano simile a una fiamma si fece
sempre più vicino.
Passi. Passi e voci.
Qualcuno bisbigliava...e qualcuno
si avvicinava.
Mentre dal Velo cominciavano ad uscire alcune lente lingue di
fuoco, come non soggette allo scorrere normale del tempo, qualcuno si
Smaterializzò davanti al cancello della casa dei Dillon.
La nube divoratrice
avanzava ma la nuova presenza non ci faceva caso.
Era una donna.
Avvolta
in un lungo mantello scuro, con rune d'argento. Sul petto un B e una
L rilucenti.
Black e Lestrange.
La donna rimase immobile
per un attimo davanti al Velo, come se ancora non riuscisse a crederci.
Sei
anni.
Si portò la mano alla gola e una smorfia le piegò i bei
lineamenti.
La pelle bianca, la bocca rossa e carnosa, i capelli bruni
raccolti in uno chignon altezzoso.
Vanessa Giselle Lestrange s'inchinò,
aspettando.
Aveva il cuore in gola e faticava a trattenere il fiato che le
usciva a fiotti, quasi a gemiti se solo avesse avuto ancora la voce. Dio, quanto
aveva aspettato quel momento...
Le fughe, l'orgoglio di famiglia calpestato,
la vergogna delle persecuzione.
Ma ora Lui era tornato.
Un'esplosione di
fuoco avvolse l'intero giardino dei Dillon, l'erba venne ghermita e del salice
non rimase che un tronco fumante, bruciato fino alla corteccia.
Dal velo si
mosse sinuoso un corpo umano.
"Mio signore."
Vanessa si alzò in
piedi e si levò il mantello in totale adorazione, coprendo le spalle nude del
suo padrone.
Tornò in fretta ad inginocchiarsi davanti a lui, restando a capo
chino.
"Mio signore, quanti anni. Non ho mai disperato di
rivedervi."
Dalla bocca di Vanessa non usciva un suono. Le sue labbra
erano immobili.
Di colpo dalle nubi nere si aprì un leggero squarcio e colui
che era appena uscito dal Velo levò lo sguardo.
Il cielo.
Era blu.
E le
stelle.
Quanto tempo che non vedeva quello spettacolo?
La luce notturna,
sebbene resa fioca da quello spettacolo di distruzione, colpì gli occhi rossi
del mago.
La sua pelle risultò quasi perlacea, l'ombra che seguiva ogni
muscolo sotto l'epidermide.
Lord Voldemort puntò la sua attenzione sulla
luna.
Piena. Pallida.
La notte ideale per rinascere.
Lentamente si
passò una mano sul viso deformato, dai contorni ghermiti e ora al posto del Lord
Oscuro c'era Tom Riddle. Capelli neri, folti e ribelli, gli occhi bluastri e
intensi, una bellezza raffinata e mistica.
Si chiuse delicatamente il
mantello sotto al collo e porgendo una mano a Vanessa la fece
rialzare.
"Non sapete quanto mi fa felice rivedervi."
La voce
estasiata della Lestrange era stucchevole e quasi fanciullesca, nonostante la
strega avesse ormai ventisette anni.
Senza una parola Voldemort le chiuse una
mano sulla gola.
Dalle sue lunghe dita uscì un'energia lucente e quasi
violetta.
- Mi hai servito bene.- disse e la sua voce riecheggiò come un
sibilo nella città morente - Ora però portami da lui.-
La Lestrange sentiva
un grande calore alla base della carotide. Era stata la stessa sensazione con
cui un grande mago, un grande nemico, le aveva bruciato le corde
vocali.
Usando ancora la telepatia, la strega rese udibili i suoi
pensieri.
"Mio Signore Oscuro...non volete prima che ci riuniamo? Tutti
vi aspettano con ansia. Gli Auror hanno distrutto dodici Veli in questi sei
anni, l'ultimo proprio mentre stavo per liberarvi, otto mesi fa. Non sapete
quanto ho desiderato questo momento! Ora dovete riposare. Sareste stanco
e..."
- Io rivoglio mio figlio. E voglio Harry.-
Vanessa
tacque.
Si morse le labbra carnose, stropicciandosi le mani.
"Vostro
figlio vive nel luogo più sicuro al mondo. Non sarà facile farlo uscire. Ma so
dove si trova Harry Potter."
- Se vado da Harry, mio figlio verrà?- le
chiese.
Vanessa annuì.
Ora in lei serpeggiava una strana
sensazione.
Quell'uomo...il signore oscuro...che voleva rivedere suo
figlio.
Non avrebbe mai pensato che il suo primo desiderio sarebbe stato
quello di vedere il suo nemico e suo figlio.
"Posso fare in modo che
vostro figlio appaia. Capendo che Harry Potter è in pericolo, verrà sicuramente.
Ma prima, per attaccare Godric's Hollow, devo richiamare tutti gli altri. Quel
luogo è quasi inespugnabile quanto Cedar House, dove ora risiede Tom."
-
Credevo vivesse con Harry.-
"No, mio signore...vive con Lady
Lancaster."
Lucilla.
- Prepara ogni cosa Vanessa.
Attaccheremo prima dell'alba. E chiama Greyback.-
"Sarà
fatto."
Quando il diavolo lasciò Friendship, nessuno seppe dire cosa
fosse accaduto.
Perché naturalmente nessuno immaginava che a Friendship
qualcosa di tanto mostruoso sarebbe mai potuto accadere.
Oltre l'apparenza
ancora una volta, gli umani dimostravano di non sapere vedere.
Fu un
richiamo funesto sibilato da un serpente in un uno dei suoi sogni a destare
Thomas Maximilian Riddle.
Scattò a sedere nel suo grande letto, ansante, gli
occhi blu sbarrati, i capelli scarmigliati e il cuore in
gola.
Silenzio.
Non si udiva un rumore nella notte.
Rimase seduto,
passandosi una mano sulle spalle intorpidite.
Aveva caldo, si sentiva
soffocare.
Si levò la maglietta, restando a torso nudo e aguzzando la vista
riuscì a leggere l'ora sul suo orologio.
Le due di notte del ventisei
agosto.
Un movimento lucente sotto il cinturino nero dell'orologio lo fece
sorridere.
- Tranquillo Veleno.- sussurrò, passando un dito carezzevole sul
sottilissimo bracciale d'argento a forma di serpentello chiuso attorno al polso
sinistro - E' stato solo un incubo. Torna pure a dormire.-
Il sottile
bracciale si mosse ancora e gli occhi del serpentello brillarono di rosso, per
poi tornare trasparenti come cristalli.
Il giovane mago si mise in piedi,
camminando sui tappeti soffici della sua camera fino ad arrivare all'ampia
finestra del terzo piano di Cedar House. La stanza era ampia, areata, con ben
quattro finestre e un lucernario di vetro multicolore. Scostò le pesanti tende
color panna e spiò in cielo.
La luna era coperta da pesanti nubi
nere.
Cos'era quella sensazione? Cosa gli aveva detto quel serpente in
sogno?
Era da tanto che non sognava in rettilofono. Da tanto tempo. Quasi sei
anni.
Sei anni...
Di colpo sentì il bisogno di vedere Harry e Draco.
E
anche di parlare con Lucilla.
Quel sogno...no, non poteva non essere un
avvisaglia.
Lui non era certo dotato dei poteri di Damon ma qualcuno l'aveva
chiamato. Qualcuno che conosceva il serpentese e che poteva chiamarlo in
sogno.
Solo Harry e...un'altra persona avevano quel tipo di collegamento con
lui.
Sei anni.
Sei anni e dodici veli distrutti, su tredici. Per gli
Auror non era stato male come bottino, tantomeno se paragonato a tutta la fatica
inutile prodigata dai Mangiamorte che erano sempre stati battuti sul tempo.
I
Veli erano stati sparsi in ogni angolo della terra e questo aveva spinto
numerose volte Harry e il suo gruppo ad assentarsi per raggiungere i posti più
impensati. Nuova Zelanda, Groenlandia, Ecuador, Capo di Buona Speranza, avevano
trovato un velo perfino in Italia, proprio alla base degli Zaratrox che per una
volta non avevano fatto storie, acconsentendo a distruggere il portale per la
salvezza di tutti.
E l'ultimo Harry l'avevano distrutto otto mesi prima, in
un'isoletta sperduta a largo di Cuba.
Ne rimaneva uno da cercare e presto
tutto avrebbe avuto fine.
Una guerra che era iniziata sei anni prima quando i
suoi fratellastri, Rafeus e Vanessa Lestrange, avevano resuscitato Lord
Voldemort, usando anche le sue lacrime.
Le lacrime del figlio.
Si passò le
mani sul viso, appoggiando la fronte al vetro freddo della finestra.
Non
sarebbe più riuscito a dormire, se lo sentiva.
Non ora che i ricordi del
passato erano arrivati a tormentarlo.
Sei anni.
Non gli sembrava possibile
fossero già passati.
Non gli sembrava possibile che tutto dovesse
ricominciare.
Volse appena il capo e cercò sulla scrivania di mogano le sue
sicurezze.
Alzò la mano e con la telepatia sollevò un paio di cornici che lo
raggiunsero, galleggiando per aria.
Un ragazzo biondo e uno moro erano con
lui, lo abbracciavano e salutavano verso l'obiettivo.
Quella foto era stata
scattata alla fine del G.U.F.O.
Tom sorrise, vedendo Harry James Potter e
Draco Lucius Malfoy andare d'accordo almeno in fotografia.
Nella seconda era
seduto sotto le arcate di Hogwarts, in giardino.
Un ragazza bionda lo
abbracciava di spalle, un'altra coi capelli neri lisci e soffici era al suo
fianco sinistro.
Un ragazzo di sedici anni con gli occhi azzurri alla sua
destra.
E dire che non li vedeva da soli dieci giorni. Da non credersi, gli
mancavano come l'aria.
Erano appena tornati da Amsterdam e già non vedeva
l'ora di tornare a scuola, per stare coi ragazzi.
Senza contare che Trix era
anche tornata da sua padre, quello umano, in America. Sarebbe tornata dritta a
Hogwarts, con l'inizio dei corsi.
Carezzò ancora il vetro, poi le rimise al
suo posto e riprese a guardare quel cielo plumbeo.
C'era qualcosa che non
andava...si, lo sentiva.
La luna era scomparsa, le nubi erano troppo spesse,
non passava più neanche un filo di luce notturna.
E un vento terribile aveva
iniziato a battere gli alberi del titanico giardino magico di Cedar
House.
Era successo qualcosa. Ne era più che sicuro.
Doveva svegliare sua
madre a tutti a costi!
Forse era pazzo e non era un veggente ma lui sentiva
che era accaduto qualcosa di grave.
Qualcuno...qualcuno aveva perso la
vita.
E di colpo il serpente del sogno gli tornò in mente.
Ora le sue
parole gli apparvero ben nitide.
"Sono tornato. Ti
aspetto."
Gelò. Il sangue gli si fermò nelle vene.
Possibile che
avesse trovato l'ultimo velo? Possibile?
E se fosse stata una trappola?
Nessuno però poteva entrare in contatto con lui in quel modo! E se Harry...e se
fosse andato subito da Harry? E se...fosse davvero tornato?
Col cuore in
gola, scattò repentinamente e corse alla porta ma a un certo punto accadde
qualcosa.
Un brivido freddo gli passò sulla schiena, la luna si scoprì.
La
sua luce pallida invase tutta Cedar House.
E poi...un terremoto, un rombo in
cielo, un rombo dal sottosuolo.
Tutta la terra parve tremare.
Tremò la
notte, tremò la Gran Bretagna. E poi sopra le teste di migliaia e migliaia di
maghi, apparve il simbolo dell'ultima sfida al bambino sopravvissuto.
Il
Marchio Nero riapparve.
L'enorme teschio dalla cui bocca usciva un sinuoso
serpente apparve in cielo, dopo sei anni di pace.
Il richiamo.
Era
uscito. Era libero.
Thomas Maximilian Riddle quasi cadde in
ginocchio.
Suo padre...Lord Voldemort si era liberato.
E lui sapeva bene
dove si sarebbe diretto.
Godric's Hollow.
Da Harry
Potter.
Arrivò tardi. Godric's Hollow scoppiettava.
Si, questo era
il termine giusto.
Scoppiettava. Come i ciocchi di legno nel fuoco di un
caminetto.
Godric's Hollow andava a fuoco.
Una trave simile a una torcia
cadde ai piedi di Thomas Maximilian Riddle ma lui non si mosse. Paralizzato,
rimase a guardare il maniero attorniato dalla furia divoratrice del
fuoco.
Tutto lo Yorkshire taceva, ammutolito, davanti a quello
spettacolo.
Per la seconda volta la casa in cui risiedeva Harry Potter andava
distrutta, accartocciandosi come una foglia secca.
Il fumo gl'invadeva i
polmoni e il suo cuore per un attimo cessò di battere.
- Harry...-
Una
vampata di calore lo prese in pieno insieme a una cascata di scintille ma lui
non si mosse.
Il vivido bagliore per un attimo lo ipnotizzò.
Il Marchio
Nero sulla sua testa sembrava sogghignare.
C'era del sangue lì nell'ingresso
del maniero. Sangue ovunque...e fra erba bruciata e fango, Tom vide un oggetto a
lui conosciuto. S'inginocchiò e prese fra le mani un coniglietto di
pezza.
Macchiato di sangue, ridotto a brandelli da una...zampata.
-
Lucas...Glory...-
Tom sentì le lacrime velargli gli occhi.
I
bambini.
Harry, Draco, Hermione, Elettra...
Tutto quel sangue...
Mille
occhi si aprirono su di lui, iniziarono a fissarlo.
Poi avvertì una presenza
alle spalle.
Non si girò, rimase a fissare quel coniglietto sporco e
graffiato.
- Sei stato tu?- mormorò.
Un forte odore di sangue, misto a
quello selvaggio di un animale gli colpì le narici.
Si girò finalmente quando
sentì un leggero ghigno perdersi nel crepitio dell'incendio.
Si ritrovò a
pochi metri da...un ragazzo. Dava diciannove anni, ma era alto e imponente, sul
metro e ottantotto.
I capelli castani erano scarmigliati e dalla lunghezza
discontinua, il viso spigoloso da uomo, occhi come braci ardenti.
Era
muscoloso, vestito in maniera inconsueta per un mago, con una giubba aperta sul
torso e pantaloni di pelle, guanti alle mani.
Quando gli vide il sangue alla
bocca, Tom serrò il coniglietto fra i palmi.
Il ragazzo scoprì dei denti
aguzzi, sporchi di rosso denso.
Quelli non erano denti di vampiro.
Erano
denti di mannaro.
- Ha funzionato.-
La voce era simile a un latrato, un
ringhiare rabbioso.
Il giovane Riddle tacque, le lacrime che lentamente
tornavano indietro.
- Sapevo che saresti venuto.-
Tom rimase impassibile,
nonostante dentro di sè sentisse scoppiare un uragano.
La magia iniziava a
vorticare, a vorticare...lottava per uscire.
- Tu e il mio signore vi
assomigliate.-
Tom stavolta piegò la bocca in una smorfia di pietà - Il tuo
signore...il tuo signore è qui?-
- Ci sta guardando se è questo che vuoi
sapere.-
- Voglio sapere che fine hanno fatto gli abitanti di questa
casa.-
Il giovane sogghignò, i denti sporchi di sangue scintillarono -
Spiacente per te, fratello.-
- C'erano dei bambini qui.- continuò Riddle a
bassa voce - Dove sono?-
- Bambini?- il mannaro fece un paio di passi,
circospetto - Si, mi pare di averli sentiti strillare. Ma sai, quando mio padre
e i nostri servi attaccano non ci vanno leggeri.-
- Tuo padre?-
- Fenrir
Greyback. Abbiamo in comune un grande genitore, non credi figlio del Lord
Oscuro?-
- Questione di punti di vista.- Tom si guardò lentamente attorno,
iniziando a sentire dei passi felpati provenire dal buio. Contò una trentina di
Mangiamorte e alcuni mannari, visti i passi pesanti.
- Ancora una volta.
Dimmi dove sono i bambini.- sibilò - Non farmi perdere tempo.-
- Che vuoi
fare? Vuoi batterti con me umano?- sogghignò il mannaro, con gli occhi che
scintillavano.
- Tu e tutti gli altri, non fa differenza.- rispose il mago,
portandosi la mano destra alla tasca laterale dei jeans - Dimmi quello che
voglio sapere e non ti farò del male.-
L'altro rise divertito, emettendo una
specie di latrato.
- Devo ammettere che per essere un umano hai del coraggio.
Sei il degno figlio del Lord Oscuro.-
Tom estrasse la bacchetta, continuando
a tenerla bassa.
- E' uscito dal Velo.-
- Si, questa notte. Poche ore fa.-
gli confermò il giovane licantropo - E mi hanno incaricato di venire qui. Lui
voleva vedere te e il bambino sopravvissuto.-
- Il tuo nome?-
- Asher
Greyback.-
- Bene. Così saprò chi cercare. E adesso dì a quei due di venire
fuori.-
Il licantropo rise. Però. Che umano divertente, per essere il primo
con cui parlava in vita sua.
Asher Greyback aveva sempre vissuto riparato dal
mondo degli uomini, gli unici che aveva mai visto erano quelli dissanguati dai
suoi parenti. Essendo un licantropo di stirpe, veniva considerato da tutti i
sudditi di suo padre con la massima stima ed essere stato chiamato per la prima
volta in battaglia aveva riempito il principe di orgoglio.
Vedere poi il
figlio del Lord Oscuro si era dimostrato troppo allettante.
Alzò il palmo
chiuso e finalmente dall'ombra uscirono due sagome.
Una donna avvolta in un
vestito di magnifica fattura e un giovane uomo. Il braccio sinistro coperto dal
mantello.
Vanessa e Rafeus Lestrange.
- Fratellino.- Rafeus fissò Tom con
occhi scintillanti di odio - Quanto tempo. Sei anni.-
- Già, sei cresciuto
piccolo mio.- sorrise Vanessa, usando le sue corde vocali arrochite - Sei un
uomo ormai. Quanto assomigli a lui...lo senti?- gli chiese, con espressione
beata, quasi febbrile e folle - La senti la sua presenza? E' su di noi Tom. E'
tornato!-
- L'unica cosa che sento sono gli stessi discorsi assurdi di sei
anni fa.- sibilò Riddle, levando la bacchetta - Ditemi cos'avete fatto a Harry e
Draco e ditemi subito che fine hanno fatto i bambini! Adesso!- ordinò.
Rafeus
lo fissò, sempre più incollerito.
- Come osi? Ora non sei più un moccioso!
Non avrò pietà di te, traditore!-
- Fa silenzio!- gli ringhiò Tom, facendolo
sobbalzare - Non aprire più quella bocca velenosa in mia presenza, proprio tu
che hai alzato la bacchetta su dei bambini di appena un anno! Prega che stiano
bene perché altrimenti passerò il resto della mia vita a fartela pagare,
ricordatelo bene!-
- Però. Il cucciolo è diventato uomo finalmente.-
Tom
si volse, trovando accanto alla sua sorellastra la sagoma imponente di Fenrir
Greyback.
Il licantropo aveva la stessa espressione sanguinaria del figlio,
triplicata.
- Ben fatto figlio mio.- sentenziò bruscamente, rivolto ad
Asher.
- Grazie padre. È stato un gioco da bambini.- rispose quello con
sussiego.
- Verrai con noi Tom?- sussurrò Vanessa, fissandolo
attentamente.
- Meglio la morte.- sibilò il giovane Riddle, senza abbassare
mai la bacchetta - Harry ve la farà pagare.-
- Harry Potter è morto.-
ridacchiò Asher Greyback.
- Puttanate!- ringhiò Tom fra i denti, trapassando
il principe dei mannari con un'occhiata degna di suo padre - Harry Potter non
morirà mai. Non finché suo figlio e Draco saranno vivi.-
- Ah già.- Rafeus,
tirandosi meglio il mantello sul braccio mancante, gli scoccò un'occhiata
saccente - I famosi Bracciali del Destino. In questi anno abbiamo fatto le
dovute ricerche. Basterà ucciderli nello stesso istante.-
- Non se prima ti
sgozzano loro come un cane.- replicò Tom soave.
- Attento a come parli
fratello.- gli disse Lestrange - Solo il nostro grande signore mi ha impedito
sei anni fa di ammazzarti.-
- E tu ubbidisci ancora come un bravo schiavetto
eh?- rincarò il mago diciassettenne con sarcasmo - Non mi potevo aspettare altro
da voi. Siete i degni figli di vostra madre.-
- Non osare insultarla!- urlò
Vanessa istericamente - Bellatrix era anche tua madre!-
- Mai.- sibilò
furente - Lucilla dei Lancaster è mia madre! E LUI!- aggiunse urlando - Lui,
quell'uomo che voi chiamate il Lord Oscuro e che ha avuto paura perfino di
morire...LUI NON E' MIO PADRE! E' SOLO UN ASSASSINO! E mi disgusta avere il suo
stesso sangue!-
Cadde un pesante silenzio, interrotto solo dai respirare
ansioso dei Mangiamorte.
Tom sapeva che era lì.
Lo sentiva.
E gli
apparve davanti.
Si Smaterializzò da lui.
Nero come un corvo, gli apparve
a un metro di distanza, proprio davanti alla bacchetta.
Fu come ricevere un
pugno nello stomaco, poi un pugnale nel petto.
Suo padre, Lord Voldemort, gli
stava di fronte.
Stessi occhi, stessi lineamenti.
Era tornato.
Lo
fissava, senza cercare di spostarsi dal tiro della bacchetta.
Lo studiava,
l'osservava lì contro la luce del fuoco, contro la case di Harry in
fiamme.
Gli occhi del giovane Riddle si velarono dei ricordi del
passato.
L'ultima volta che l'aveva visto era stato da dentro il Velo, nel
riflesso dello Specchio delle Brame.
Ma ora la sua presenza fisica lo stava
intossicando.
Non poteva reggere la sua vicinanza. Non quella di suo
padre.
Doveva andare via da lì.
Gli serviva aiuto...
- Guardami in
faccia Thomas.-
Quella voce, quasi una preghiera.
Quante volte l'aveva
sognata, risentita nella sua testa.
Serrò i denti, evitando di incontrare i
suoi occhi.
- Dov'è Harry?-
- Non lo so.- rispose Lord Voldemort con un
sussurro, restando nascosto sotto al cappuccio del mantello.
- Non ti
credo.-
- Se avessi potuto incontrarlo ti giuro che questa notte non mi
sembrerebbe così tetra.-
Al giovane mago sfuggì un gemito sarcastico.
-
Non posso credere che sto qua a parlare con te.-
Voldemort rimase in silenzio
e per la prima volta si guardarono bene in faccia.
In quell'istante scattò
qualcosa...come una sorta di tacita promessa da parte del padre.
- Mio
signore...che ne facciamo di lui?- chiese Rafeus, rimasto alle loro spalle - E'
un traditore.-
- Ti ho già detto in passato di dosare le parole quando
ti riferisci a mio figlio.- sibilò il Lord Oscuro, gelandolo.
Si era girato
per un attimo e questo dette il tempo a chi di dovere di salvare il giovane Tom
Riddle.
Qualcuno gli apparve alle spalle all'improvviso e prima che i
Mangiamorte se ne fossero accorti, questo qualcuno passò le braccia attorno alla
vita di Tom e lo Smaterializzò via.
E fu così che Godric's Hollow perì di
nuovo.
Di nuovo fra le fiamme. Di nuovo senza Harry Potter.
Solo Lord
Voldemort rimase a guardare quello scempio, con la promessa che molto presto
avrebbe rimesso le mani sulle due persone che più bramava rivedere. Il suo
nemico e suo figlio.
Il Marchio da quella notte non si spense più.
A
dimostrazione che una grande maledizione era tornata.
Come non accadeva da
ventisette anni a quella parte, dalla nascita di Harry Potter, quella notte Lord
Voldemort tornò a camminare sulla terra dei maghi.
E guai saranno.
Per
tutti quanti.
Quella stessa notte, verso le tre di
mattina secondo l'orologio di piombo di una via uguale a tante altre nel
Surrey, al numero 4 di Privet Drive accadde qualcosa che sarebbe stato preludio
di una nuova grande battaglia.
Nella via fra le tante casette prefabbricate
tutte simili l'una all'altra, qualcuno dall'aspetto bizzarro sollevò lo sguardo
al cielo. Si prevedeva pioggia. E guerra.
Un mago con un paio di occhialetti
a mezzaluna, una barba bianca che gli arrivava alla vita quasi e una lunga veste
purpurea intarsiata in filigrana d'argento sollevò la mano destra in aria,
tenendo fra le dita uno Spegnino. Ogni luce presente a Privet Drive venne
risucchiata, preceduta da alcuni buffi schiocchi.
Albus Silente sospirò,
aspettando paziente.
Come gli sembrava famigliare quella situazione.
Era
proprio vero che tutto tornava, prima o poi.
I maghi in quegli anni avevano
seminato vento...e ora raccoglievano tempesta.
E che tempesta.
Ma questa
volta il Lord Oscuro non se n'era andato.
E nessuno brindava al bambino
sopravvissuto.
Ventisette anni.
Albus Silente sorrise.
- Oh Harry...se
solo fossi qui.- mormorò - Ma ci sarai. E sarà l'ultima volta, ne sono
sicuro.-
Un miagolio indistinto lo fece voltare e il preside di Hogwarts
ridacchiò sonoramente, senza riuscire a trattenersi.
- E' proprio il caso di
dire che questo è un deja-vu, non è vero Minerva?-
Nell'ombra di un muretto,
la sagoma di un gatto tigrato assunse la siluette di un essere umano e una
strega abbigliata in un abito verde scuro con un cappello nero a punta andò a
piazzarsi con aria ben poco civile accanto a Silente.
- Non sono d'accordo. E
lo sai bene Albus.- sentenziò la Mcgranitt seccatissima - Di nuovo con questa
storia! Harry non l'apprezzerà per niente! Per non parlare di quello che dirà
anche Draco! Farà il diavolo a quattro!-
- Come mi hai fatto notare tu stessa
è sempre la solita storia, mia cara.- sorrise il vecchio preside, continuando a
pettinarsi la lunga barba bianca - Hermione ha studiato le genealogie e i
vantaggi della protezione verso la discendenza, quindi ritengo che lasciare qua
i bambini per qualche giorno sia necessario. Anche loro potranno beneficiare
della protezione di Lily Potter, proprio come fece Harry. Un paio di giorni e
prima dell'inizio della scuola manderò Sirius a riprenderli.-
- Spero non lo
manderai da solo.- soffiò la professoressa di Trasfigurazione, mentre si
piazzavano come due gufi in mezzo alla strada - E' stata una notte atroce,
lasciatelo dire. Sono passata al Ministero e tutti i Veggenti si guardavano in
faccia come un branco di ubriaconi! È assurdo! Pare che solo il signor Howthorne
sia riuscito a prevedere questa catastrofe! Orloff si è circondato di un branco
di caproni!-
- Si, lo credo anche io.- bofonchiò Silente, facendosi comparire
una tazza di the e portandosela alla labbra - Comunque questa notte segnerà
molte perdite. Non oso pensare come la prenderà Tom quando verrà a sapere cos'è
successo a Harry e Draco.-
- Se non l'ha già saputo.- scattò la strega - Sai
bene che avrà sentito la presenza di suo padre!-
- Lucilla e Tristan sono
perfettamente in grado di difenderlo, non temere.-
La Mcgranitt sbuffò di
nuovo, pestando il piede a terra.
Era furibonda e neanche la bonarietà di
Silente riusciva a tranquillizzarla.
Tutta una città distrutta! Tutta! Come
l'avrebbero aggiustata col Ministero dei Babbani?
E Harry? Dov'era
finito?
- Se avessero avuto più aiuti da parte di Orloff, gli Auror avrebbero
scovato anche quell'ultimo Velo.- sibilò irritata.
- Si. Ma ci siamo scordati
di guardare proprio in casa nostra.- ammise il preside, girando il the col
cucchiaino - Friendship era l'ultimo posto dove anche io sarei andato a
guardare, lo ammetto.-
- Lasciamo perdere, è inutile piangere sul latte
versato!- la Mcgranitt guardò di nuovo l'ora, poi alzò gli occhi al cielo -
Dimmi, credi che ce la farà con quei due bambini?-
- Hagrid è avvezzo a
questi viaggetti.- rise Silente.
- Certo, certo. Speriamo.- aggiunse la donna
- Ma quando arriva?-
- Mi pare...- Silente aguzzò la vista - Oh,
eccolo!-
- Ancora con quella moto...santo cielo, quel Black non se l'è mica
ripreso quell'aggeggio orribile!-
Veloce come una stella cadente, proprio
come ventisette anni prima in Privet Drive piombò sull'asfalto una motocicletta
di grossa cilindrata da cui scese un'omone che altri non era che Rubeus
Hagrid.
Il mezzo gigante si levò gli occhialoni.
- Professor Silente,
professoressa Mcgranitt. Scusate il ritardo.- disse pacato, scendendo dal bolide
e staccando dal sellino una cestina di vimini.
Il preside sorrise - A costo
di sembrare ripetitivo...tutto bene durante il viaggio?-
- Tutto benissimo.-
scandì Hagrid orgoglioso - I marmocchi dormono anche se la bambina ha fatto un
po' i capricci mentre volavamo su Bristol, le dava fastidio il rumore del
traffico.- e senza esitare mostrò la cesta ai due professori di
Hogwarts.
Silente e la Mcgranitt si piegarono, ognuno perso nei suoi
pensieri.
- Preside...-
Silente alzò il capo sul faccione emozionato di
Hagrid - Harry e i ragazzi...stanno bene vero?-
- Non sappiamo.- gli disse il
vecchio mago dalla barba bianca - Ma non devi temere per lui. Harry e Draco sono
legati per sempre, non possono morire. Non ancora almeno. Inoltre ho già
avvisato il signor Weasley e tutti gli altri. Sono già andati a cercarli...e
come ben sai,- aggiunse sorridendo e indicando i piccoli col mento - questo non
è un addio.-
Riuscì a strappare una risata di pura speranza ad Hagrid e
quindi fece ciò che aveva già fatto ventisei anni prima, quando aveva lasciato
una leggenda sulla soglia di casa Dursley.
Mise la cesta sui gradini del
numero 4, mettendovi dentro una lettera.
Poi si rizzò in piedi, affiancandosi
alla Mcgranitt e rimasero qualche secondo ad osservare i neonati dormire.
Un
bambino con una tutina blu, con un ciuffo di capelli neri e una bambina in una
tutina bianca, dai serici capelli biondi con qualche ricciolo, stretti l'uno
all'altro.
- Lucas James Potter...- mormorò Silente - e Glorya
Artemisia Malfoy. Buona fortuna e arrivederci a presto.-
E senza poter
fare altro se ne andarono.
I due maghetti però non sapevano cosa li
attendeva. Tantomeno sapevano di essere figli di leggende, né di dover, così
piccoli, affrontare una guerra.
Ma erano i figli della speranza. Tutti e
due.
E se solo non fossero stati così piccoli, avrebbero saputo che
qualcuno, da qualche parte, brindava alla loro salvezza.
Proprio come ora
tutta Hogwarts brindava alla salvezza di Harry Potter.
Il bambino
sopravvissuto.
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