Grace sospirò, il giorno dopo, mentre usciva di casa per passare a
prendere Elizabeth. Avevano deciso di uscire e questo significava, quasi
sicuramente, rivedere Jeremy Pherson. Non era pronta, non riusciva a
capacitarsi del fatto che lo avesse trattato così male e non avesse invece
ignorato le sue provocazioni, presa com’era dalla sua rabbia e dalla sua
frustrazione.
Ma ora era diverso, ora aveva capito tutto e doveva soltanto fare
in modo di non combinarne un’altra delle sue.
Sapeva di essere un po’ distratta e maldestra, però non era poi
così irrecuperabile, no?
Scaccio quei pensieri e passeggiò allegramente in direzione di casa
Carlsson, con le cuffie alle orecchie. Per giungere alla sua meta fu costretta
a passare sotto casa di Jeremy e questo la rese un po’ nervosa, poiché temeva
di ritrovarselo davanti e non era quello il momento adatto per affrontarlo,
vista l’assenza di Elizabeth.
Per fortuna tutto filò liscio e Grace fu felice di trovare la sua
amica fuori ad aspettarla.
“Andiamo?”
Grace annuì e le due si incamminarono in direzione del parco – come
al solito.
Quel giorno nessuna delle due aveva fame, perciò Grace acquistò una
bottiglietta d’acqua e si andarono a sedere ad uno dei soliti tavoli di
plastica, stavolta nera.
“Allora, ti sei calmata?” chiese Elizabeth, sbadigliando.
“Sonno?” Grace ridacchiò. “Comunque sì, abbastanza. So di aver
sbagliato, avevi ragione.”
“Lo so, io ho sempre ragione!” fece finta di vantarsi l’altra, con
un sorrisetto compiaciuto stampato sul viso.
“Ma piantala!”
Poi Grace, dopo un po’ di silenzio, prese a canticchiare una
canzone di Eddy Grant ed Elizabeth la fulminò con gli occhi.
“I don’t wanna dance, dance with you baby no more”* intonò Grace,
muovendo le braccia al tempo della musica che ben conosceva.
“Ma cosa diamine stai cantando?” Elizabeth la osservò con
espressione esasperata.
“Eddy Grant, non lo conosci?”
“No. Chi è?”
“È fantastico, ma secondo me qualche canzone la conosci!” Grace
assunse un’aria pensierosa.
L’amica sbadigliò ancora.
“I can’t get enough of
you, I can’t get enough of love, I can’t get get enough of you, I can’t get
enough of your love.”** Grace ormai era partita in quarta a cantare
tutte le canzoni che conosceva dell’artista in questione e non c’era verso di
placarla.
“Bene, fai anche il concertino ora?!”
“Certo!”
“La prossima volta avvisami che ti organizzo un tour per tutto il
Messico, almeno non dovrò più sentirti cantare per un bel po’!” Elizabeth
sorrise.
“Sei sempre la solita rompipalle, possibile che tu abbia sempre da
lamentarti?”
“Sì! Oh, basta. Mi è venuta fame. Tu vuoi qualcosa?” fece
Elizabeth, alzandosi, mentre estraeva il borsellino dalla sua borsetta in jeans.
“Mmh… no, grazie.”
L’altra annuì e si diresse al chiosco.
Grace si rilassò sulla sedia e controllò se le fosse arrivato
qualche messaggio o se qualcuno l’avesse chiamata, ma trovò soltanto lo sfondo
che ritraeva il tipico simbolo dei Dimmu Borgir e l’orario che segnava le 18 e…
“Ehi, Gracie. Come stai oggi? Ti è passato?”
La ragazza per poco non cacciò un grido, tanta fu la sorpresa di
ritrovarsi Jeremy Pherson alle spalle che le sussurrava queste parole
all’orecchio.
Si voltò in direzione del ragazzo, che nel frattempo aveva
raddrizzato la schiena e la osservava dall’alto in basso con aria divertita.
“Tu!” sibilò Grace, puntandogli contro l’indice della mano destra.
“Mi hai fatto prendere un colpo!”
“Sono così brutto? Magari sono i miei capelli a spaventarti” disse
lui, ironico, indicando la chioma di dreadlocks che teneva intrappolata in
un’intricata crocchia.
“Ma smettila, non ho certi pregiudizi, figuriamoci” borbottò lei,
abbassando lo sguardo.
“Lo so, sciocca. Allora, come stai?”
Grace respirò profondamente. “Bene, grazie, benissimo. E tu, tutto
a posto?”
“Non finché non mi avrai concesso di parlarti” fece Jeremy, con un
sorriso.
Oh, no, sul serio voleva dirle qualcosa? Allora il giorno
precedente non scherzava, quando le aveva detto che avrebbe voluto spiegarle le
sue ragioni.
E adesso?
Perché Elizabeth non tornava ancora?
E perché se n’era andata proprio nel momento meno opportuno?
O forse…
Forse era stato lui ad approfittare dell’assenza della sua amica
per avvicinarsi.
Sì, doveva essere quella l’unica spiegazione plausibile.
“Adesso?” si lasciò sfuggire Grace, guardandosi nervosamente
attorno.
“Non necessariamente.” Jeremy spostò i suoi occhi in direzione del
bar. “La tua amica sta arrivando, non temere. Non ti mangio, Gracie.”
“Poi mi spieghi perché continui a chiamarmi in quel modo orribile,
eh?”
“Sì, ti spiegherò quello che vuoi.” Il ragazzo sorrise e salutò un
gruppo di ragazzi che stava passando.
Dovevano essere i suoi amici, pensò Grace, se ne stava già per
andare…
O meglio dire, finalmente.
“Ci vediamo dopo? So che per rientrare a casa tua, passi nella mia
strada, anche se non abiti più in zona. Ti aspetto sotto casa mia.”
Grace lo guardò allibita. “Sei fuori di testa?”
Jeremy le restituì lo sguardo. “Perché?”
“E io come dovrei rientrare a casa, scusa?”
“Che domande sono?”
Grace sbuffò. “Hai per caso dimenticato che quando fa buio…”
“Ah, già! Per chi mi hai preso?” Parve offendersi.
“Okay, scusa, mister love & peace!”
Mister love & peace?! Ma cosa cazzo le veniva in mente? Si
sentì una stupida, una cretina patentata di prima categoria.
Jeremy rise. “Ora anche tu hai qualcosa da spiegarmi.” E se ne
andò, correndo in direzione dei suoi amici.
La ragazza rimase sbigottita a fissare un punto indefinito davanti
a sé.
Che faccia tosta, quel ragazzo!
Intanto, Elizabeth tornò a sedersi al tavolo, stringendo un
pacchetto di patatine. “C’era un ragazzo che faceva la lista della spesa, non
riusciva a decidere se comprare un certo alcolico o un altro, nomi che non sono
riuscita a decifrare perché parlava in maniera incomprensibile, doveva essere
già sbronzo, ma… Grace? Mi stai as…” Si bloccò con il sacchetto a mezz’aria,
posando per la prima volta gli occhi sul viso della sua amica che ancora
vegetava in una strana catalessi che pareva impossibile da distruggere e
penetrare.
Grace annuì impercettibilmente, poi sussurrò: “Lizzie.”
“Che succede?” domandò l’altra, cominciando a preoccuparsi.
“Jeremy Pherson” mormorò Grace, venendo scossa da un brivido di
consapevolezza, come se lui avesse appena sussurrato al suo orecchio.
Un attimo…
Jeremy Pherson aveva davvero sussurr…
“OH MIO DIO!” gridò improvvisamente, balzando in piedi e portandosi
le mani sui capelli.
Elizabeth sobbalzò e lasciò cadere le patatine sul tavolo, facendo
sì che gran parte di esse si riversasse sulla superficie plastificata. “Ma che
ti prende? Cos’ha combinato quel ragazzo di grave, stavolta?” le chiese
Elizabeth, disegnando in aria le virgolette mentre pronunciava la parola
‘grave’. Poi si rese conto di aver disperso una parte della sua merenda e
imprecò.
Grace cercò di riprendere aria un paio di volte, poi tornò a
sistemarsi sulla sedia, posando i gomiti sul tavolo e il mento sui palmi delle
mani. “Okay, scusa. Mi ha detto che vuole parlarmi e mi ha dato appuntamento
sotto casa sua più tardi.”
“Davvero?”
“Sì, davvero.” Grace sorrise.
“Sì, ma la prossima volta non reagire così, altrimenti finisce che
ti ricoverano al Centro d’Igene Mentale. Deve averti sentito anche Jeremy,
anche se è dall’altra parte del parco.” Elizabeth afferrò il pacchetto di
patatine e prese a mangiare ciò che rimaneva. “Vuoi?”
“No. Ma sul serio ho gridato tanto?”
“No, macché!” fece l’amica, sarcastica. “Cose che dicono!”
“Chissà che cos’ha da dirmi. Ah! Sai che mi ha spaventato? È venuto
a sussurrarmi all’orecchio, cogliendomi di sorpresa!”
Elizabeth rise.
“Non ridere!” Grace le diede una manata sul braccio.
Così, la serata trascorse tra risate, passeggiate e un po’ di ansia
da parte di Grace.
Mentre si avviavano verso casa Pherson, Elizabeth parve illuminarsi
e domandò: “Ma devo rimanere anche io? Altrimenti come fai a rientrare a casa?”
Grace fece spallucce. “Mi ha fatto intendere che mi accompagnerà
lui.”
“Ah, addirittura? Ma pensa te, chi l’avrebbe mai detto!”
“Già!”
Le due svoltarono l’angolo e si inoltrarono nella via in cui
abitavano i Carlsson e i Pherson.
“Ci siamo” mormorò Grace, per poi canticchiare nervosamente una
canzone di Eddy Grant. Si rese conto di avere la fissa per quel cantante, cosa
abbastanza normale da parte sua. Ogni giorno ce n’era uno nuovo da canticchiare
e ascoltare a ripetizione fino allo sfinimento, suo e soprattutto della povera
Elizabeth.
“Oh, è già là ad aspettarti.”
“Caspita!” esclamò Grace, sentendo la gola seccarsi e il cuore
accelerare i suoi battiti.
Era giunta l’ora della verità, doveva farsene una ragione e
affrontare a testa alta quella situazione.
“Gracie, sei venuta” disse Jeremy, facendo un passo avanti.
“Ciao!” lo salutò Elizabeth, sorridendo.
“Ciao.”
“Allora, la posso affidare a te? Attento a cosa fai, se le dovesse
succedere qualcosa, te la vedrai con me! Non scherzo, so dove abiti” ghignò
Elizabeth con un tono tra il minaccioso e l’ironico, accennando alla casa del
ragazzo.
Grace scoppiò a ridere. “Ecco, ho la guardia del corpo, per
intenderci.”
Il ragazzo ridacchiò e strinse la mano di Grace. “Tranquilla, ci
penso io.”
“Allora, vi lascio. Grace, ci sentiamo dopo?”
Grace, ancora sotto shock per il contatto con Jeremy, annuì.
“Bene, allora ciao!” concluse Elizabeth, girando i tacchi e
dirigendosi verso casa sua.
“Veniamo a noi” disse Jeremy e prese a camminare, trascinandosi
dietro la ragazza.
* Eddy Grant, ‘I don’t
wanna dance’: http://www.youtube.com/watch?v=9de6jeOevi8 ;
** Eddy Grant, ‘Can’t
get enough of You’: http://www.youtube.com/watch?v=sxSWiCs9gcA .
(per chi non le conoscesse, vi consiglio di ascoltarle: secondo me
sono bellissime.)