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Autore: Reira74    31/08/2012    7 recensioni
E se? E se Melkor avesse vinto e i Valar fossero scomparsi? Dimenticate se potete quello che vi ha raccontato Tolkien e provate a seguirmi in questa ipotetica Terza Era... solo che non c'è stata più nessuna era dopo la Prima che non si chiama neppure prima perché non aveva senso numerarle...
Credo abbiate capito il concetto, Melkor ha vinto, ma dove c'è un Tiranno ci sono dei valorosi Eroi che gli si oppongono. Se vi interessa conoscerli aprite la porta ed entrate in questo nuovo mondo....
NOTE: Avevo cancellato questa storia per sbaglio, chiedo scusa a chi la seguiva
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Legolas, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Melkor vincitore'
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*CAPITOLO 2*


 Una notte di luna nuova, il momento migliore per agire, adoro le notti senza luna, le notti in cui solo le stelle gelidi diamanti rischiarano le tenebre, le notti in cui è facile nascondersi e colpire.

Perché è questo che sono, un'ombra tra le ombre, Esgalwath, Celato nell'Ombra, il mio nome e la mia vita racchiusi in una parola.

Non so se le persone che mi hanno messo al mondo si siano preoccupate di darmi un nome, quello che porto me lo diede la nana che mi ha allevato, era così che mi aveva trovato, un fagotto avvolto in stracci, nascosto tra le ombre di un vicolo della città bassa.

Ironia del destino, allevato e protetto da una nana, una della razza che più di tutte aveva massacrato i miei simili... non la mia razza, io non appartengo a nessuna razza, eppure quella nana è stata l'unica persona che abbia significato qualcosa per me, mi ha amato come una vera madre, mi ha nascosto, per evitare che mi portassero via, mi ha insegnato a muovermi furtivo e silenzioso tra quelle ombre da cui prendo il nome per non essere scoperto... e mi ha insegnato cos'è la morte.

 Avevo solo dieci anni quando è stata scoperta, tradita da un vicino invidioso che per puro caso aveva svelato il suo segreto. Non l'ho biasimato, la vita nella città bassa è dura e la mia cattura gli ha fruttato una bella ricompensa, ma non se l'è goduta a lungo, non l'ho biasimato ma è stata la prima persona che ho cercato quando sono fuggito.

Sono venuti di notte, non hanno fatto domande, l'hanno presa, fatta inginocchiare e le hanno tagliato la testa davanti ai miei occhi, per colpa mia, perché aveva voluto aiutare un neonato con l'unica colpa di avere le orecchie appuntite e una vita immortale.


Quel giorno venni marchiato, sapevo del Sigillo, lei sapeva, lei mi aveva insegnato tutto ciò che poteva, lei sapeva che dovevo crescere in fretta, non avevo tempo per giocare a fare il bambino.

 Il Sigillo, la gente crede che serva per controllarci, illusi! per quello ci sono le Chiavi, a cosa serve il Sigillo? A toglierci l'unica libertà che ancora c'era rimasta, quella di morire.

Nel periodo dopo la guerra ancora il Signore credeva di poter corrompere gli elfi al suo volere, ma si sbagliava, ben presto si accorse che questi preferivano la morte alla prigionia, così ideò i Sigilli che ci impediscono di recare volontariamente danno al nostro corpo.

In questo capisco i miei simili, quanto vorrei che la morte mi accogliesse a se.


Ero un bambino, ma a nessuno importava, ero solo un elfo, venni mandato in uno di quei rarissimi bordelli di lusso dove imparai molte cose utili, imparai ad aver cura del mio corpo perché fosse sempre agile e forte, imparai a controllare la paura e il dolore, imparai a soffocare ogni sentimento, imparai che il confine tra padrone e servo è sottile se si sanno giocare bene le proprie carte e io imparai a giocarle, sapevo cosa volevano da me e sapevo come darglielo, fino a rendermi indispensabile.

Non oso pensare quanto sia diventato ricco il proprietario di quel posto grazie alle mie doti, una sola notte con l'Elfo costava una fortuna, sono stati molti quelli ridotti alla rovina a causa dei miei occhi di ghiaccio che “solo loro” sapevano rendere azzurri e dolci, mentre lui continuava ad arricchirsi... un altro che non potrà godersi la sua fortuna, lui è stato il secondo.


Non so esattamente quanto tempo sono restato in quel luogo, sicuramente molto, ma il tempo perde significato se non può avvicinarti al giorno della morte, che senso ha allora calcolarne lo scorrere, comunque ormai ero adulto, e avevo imparato tutto quello che c'era da imparare in quel posto, così decisi di andarmene... e scelsi la mia vittima.

Doveva essere potente, abbastanza da ottenere il permesso di avere un elfo personale... e ricco, enormemente ricco, anche con l'intercessione del Signore in persona il mio padrone non sarebbe stato felice di perdermi, possibilmente non troppo furbo, ma quello non era un grosso problema, ci avrei impiegato più tempo ma alla fine sarei comunque riuscito ad averlo in mio potere.

Fu abbastanza facile farlo cadere nella rete, un sospiro deluso quando se ne andava, all'inizio debole, perché lui non doveva sentire quella mia debolezza, un sorriso timido al suo ritorno, molto impegno nelle arti amatorie, e nel tempo di pochi mesi saltavo ridendo tra le sue bracia vedendolo arrivare e una lacrima solitaria scendeva dai miei occhi color cielo sul suo petto, al pensiero delle altre persone che mi avrebbero posseduto fino al suo ritorno, perché “era lui, solo lui che volevo” finché un giorno venne a prendermi.

Come avevo pianificato le Chiavi del bordello vennero rimosse, le chiavi sono i vincoli magici con cui veniamo controllati, ci sono diversi gradi di restrizione, che vanno dal non recare danno a nessuno e non fuggire, quella base, a qualunque cosa passi per la mente del proprietario.

Per un breve periodo si sarebbero dovuti affidare a mezzi più fisici per assicurarsi che fossi inoffensivo, almeno fino a quando avessi raggiunto la mia nuova casa e ricevuto le nuove Chiavi, avevo contato esattamente su quello, era la base del mio piano.

Appena uscito provai l'irrefrenabile impulso di dimostrare la mia gratitudine al mio salvatore, sapevo già che non avrebbe saputo resistere, ero come una droga per lui, mi bastava uno sguardo per accendere la sua eccitazione, e non mi deluse neppure quel giorno, mi trascinò sul retro di una casa, scopandomi con violenza, e cedendo alle mie suppliche di slegarmi, “perché avevo bisogno di toccarlo, di sentirlo, di dimostrargli la mia gratitudine”.

Lo feci, gli dimostrai la mia gratitudine, prima di tagliagli la gola lo ringraziai guardandolo negli occhi e lui sorrise, era così perso nel mio sguardo da non accorgersi della lama che lo uccideva.


Lunghi anni sono passati da quel giorno in cui fui libero, lunghi anni in cui ho danzato con la Morte, ma anche la Morte è un'amante egoista, troppo presa dal suo piacere per concederlo anche a me, ma continuo ad essere un amante fedele a lei soltanto, nella speranza che un giorno lei mi conceda il suo abbraccio.

Sono Esgalwath, un assassino, una figura leggendaria, da quasi tremila anni vago per il mondo per confondermi e non rivelare la mia natura immortale, da quasi tremila anni vago per il mondo affinando la mia arte, posso essere crudele o rapido, silenzioso o teatrale, potrei ucciderti senza che tu neppure mi veda o ammaliarti fino a quando rischieresti la morte per guardarmi negli occhi e la troveresti, non ho padroni tranne quelli che mi pagano per i miei servigi, non ho un popolo, non ho amici se non le mie lame fedeli e l'ombra che mi segue da quando sono nato, sono il migliore perché la Morte mi ama, anche se non abbastanza da volermi con se...

… ma forse questa notte sarà quella giusta...


Era appostato nelle tenebre, immobile, studiava la sua vittima, come un predatore studia la preda, una grossa preda, non il solito riccone flaccido che si era fatto un nemico di troppo.

Ricordava il momento in cui aveva letto il suo nome sulla pergamena, era così che otteneva i lavori, dei contatti, persone utili solo per procurargli clienti, gli facevano avere un foglio di pergamena, a volte era solo un nome, altre volte c'erano indicazioni: deve sembrare un incidente, deve soffrire, prima di morire deve... e il sacchetto con le monete... passato un tempo adeguato per una vita umana si spostava... nuova città, nuovo contatto, nessuno lo cercava, nessuno lo aveva mai visto in volto se non le sue vittime.

Aveva trovato la pergamena e i soldi, l'aveva aperta e aveva avuto un brivido di piacere, finalmente una preda alla sua altezza, un sorriso gelido, no, nessuno era alla sua altezza, ma almeno questa volta si sarebbe dovuto impegnare.

Quell'uomo era un Harmairoitla, un cercatore di reliquie, anzi il cercatore di reliquie, una leggenda vivente, aveva sfidato la morte tante volte che persino lui lo ammirava, e come lui ne era sempre uscito vincitore.

Lo osservò con la sua vista acuta, si era accampato ai margini della città, un piccolo campo, un fuoco e una coperta, aveva udito che doveva incontrarsi con la sua squadra in quel luogo, una fortuna, affrontare il gruppo al completo sarebbe stato arduo anche per lui, si diceva che uno dei compagni fosse un mago piuttosto abile, ma così da solo era solo un uomo... si era aspettato di trovare un vecchio, magari ancora forte ma vecchio, erano molti anni che ascoltava le sue gesta, ma quello seduto intento a fumare era un giovane nel fiore degli anni, probabilmente possedeva il sangue dei Númenóreani, gli uomini ricompensati da Melkor per la loro fedeltà, lunghi capelli castani, trattenuti da un laccio di cuoio, lineamenti decisi, lo sguardo assorto e perso nel vuoto mentre fumava la pipa, l'aria di una persona che seppure sola nella notte non temeva nulla.

Era un peccato che dovesse morire, quello era un uomo che avrebbe potuto ammirare, ma aveva accettato il lavoro e lui manteneva sempre la parola.

Si riscosse dai pensieri, era sempre così prima di agire, la sua vita scorreva nella mente veloce, per ricordagli chi e cosa era, ma ora non poteva più attendere, era giunto il momento di rendere omaggio alla sua Signora.

Si avvicinò, silenzioso come un serpente, invisibile nella notte, leggero e elegante come il vento... si avvicinò fino a giungere alle spalle della preda e parlò.

Quello era un uomo che non meritava di morire con una lama nella schiena, quella era una delle poche persone degne di guardare la morte negli occhi.

-Sei pronto a incontrare la Nera Dama, Tàralelyol*?- come sempre il suono della sua voce lo turbò, non era abituato a sentirlo

-Sarò pronto quando sarà il momento, e non è questa la notte propizia, Esgalwath-

L'uomo si girò, lentamente, neppure un sussulto, si girò tranquillo aspirando la pipa, fissando i suoi occhi nell'altro, occhi profondi come il mare blu, occhi sereni, nessuna paura, nessuno stupore... gli occhi di qualcuno che lo stava aspettando... troppo tardi si rese conto che quell'uomo lo aveva chiamato per nome... troppo tardi il suo istinto gli gridò “TRAPPOLA”

Un colpo alle spalle e tutto fu buio.


Si svegliò, e immediatamente realizzò tre cose: era legato, era disarmato ed era vivo.

Sarebbe logico pensare che la prima cosa che uno realizza fosse quella di essere vivo, ma dal punto di vista pratico non era utile a farlo uscire da quella situazione, si era fatto fregare e non si erano neppure degnati di ucciderlo “Peggio per voi, avete fatto il primo errore” mantenne il respiro regolare, e restò immobile, non si dovevano accorgere che era sveglio.

Allertò i sensi per cogliere ogni cosa gli potesse tornare utile, non si trovava più all'aperto, questo era male, chiuso poteva significare porte da aprire... c'era un fuoco abbastanza vicino, sentì il calore sulla schiena, bene, il fuoco era un'arma... era steso a terra, pavimento di pietra, di nessuna utilità, legato con corde, non catene, bene, la corda poteva bruciare, gli avevano tolto tunica e stivali, male, non erano stupidi, si erano presi anche le armi nascoste... ascoltò i respiri e i passi nella stanza, tre... no quattro persone, la compagnia al completo, male, molto male, al momento non aveva opzioni di fuga, ma restava il loro errore, era vivo e poteva attendere un'occasione migliore, intanto doveva riuscire a capire i loro piani.

-Capo, non per offenderti ma hai notato che è un elfo vero?- “il nano, accento dell'est Moria... gente  dura quella, strano che accetti ordini da un umano”

-E' piuttosto difficile non notarlo-

-Ha il Sigillo, eppure è libero... hai mai sentito una cosa simile? Non hai pensato che potrebbe essere una trappola? Magari sta fingendo di essere libero per riferire al suo padrone le nostre intenzioni-

-No-

-Non è che potresti essere più chiaro? No è un po' vaga come risposta-

-Ho controllato, non ha nessuna Chiave su di lui- “Lo stregone, dannazione, non sopporto la magia”

-Non agitarti Gimli, scommetto che quella volpe di Tàr, già sospettava che avremmo trovato un elfo... oppure spaglio... capo...- “Una donna, sicuramente è quel famigerato arciere di cui si parla tanto, non pensavo fosse una donna”

-Hai troppa fiducia in me Rhawel, ma in questo caso hai ragione, lo sospettavo, da troppi anni la leggenda dell'assassino d'ombra vaga su Arda, in molte città in cui siamo stati ho sentito narrare la stessa storia, racconti troppo simili per appartenere a persone diverse, solo a fatica son riuscito a risalire a quel nome, Esgalwath, solo due possibilità si mostravano ai miei occhi, la prima era che si trattasse di una setta che addestrava i suoi seguaci nel medesimo modo, ma era la migliore che avessi mai conosciuto perché mai ho udito neppure una leggenda su una tale setta, la seconda possibilità, che si è rivelata quella esatta, era che avessimo a che fare con un immortale.- “E' furbo l'umano, capisco come abbia fatto a sopravvivere così a lungo”

-E a te Gimli dico che non credo che lui abbia un padrone, perché l'ho guardato negli occhi e ho visto lo sguardo di una persona che ha come unico padrone se stesso, sai che raramente mi sbaglio su queste cose... ma puoi chiederglielo tu stesso, dal momento che il nostro ospite è sveglio e attento...-

Aveva ancora gli occhi chiusi ma poté sentire gli sguardi puntarsi su di lui, era inutile continuare a fingere, li aprì lentamente, un sorriso furbo sulle labbra.

La luce lo ferì rendendo per un attimo tutto sfocato, quella macchia fulva che aveva davanti si rivelò essere il nano, una massa ispida e arruffata di barba e capelli con dietro un viso duro e due occhietti fin troppo attenti, nonostante si trovassero in quello che doveva essere il loro covo e lui fosse  al momento inoffensivo portava la cotta di maglia, poggiava entrambe le mani sull'enorme ascia bipenne come fosse un bastone da passeggio. Dietro di lui, alto e saldo nonostante l'età era lo stregone, l'aspetto scialbo non lo trasse in inganno neppure un attimo, gli occhi vivaci tradivano un'intelligenza fuori dal comune, nonostante il suo innato disprezzo per la magia, quel vetusto mago irradiava un senso di pace e tranquillità mentre lo osservava con un sorriso bonario. La donna, se così si poteva definire quella ragazzina di forse vent'anni, lo lasciò interdetto, alta poco più del nano ma estremamente più esile nascondeva quel poco di femminilità dietro abiti da ragazzo, pantaloni informi e una larga fascia di pelle stringeva così stretto il petto che se pure avesse avuto il seno sarebbe stato impossibile notarlo, portava i capelli corti di un nero corvino tanto lucidi da mandare bagliori scarlatti alla luce delle torce, almeno le ciocche che non erano tinte, era in uso nella nobiltà tingere i capelli, ma in genere veniva usato un colore alla volta, quella ragazzina invece si era divertita ad attingere a tutta la tavolozza di un pittore, sembrava fuori posto tra quei maschi imponenti, eppure se solo la metà delle storie sentite sull'Arciere erano vere aveva meritato il suo posto fra loro, ma era avventata, lo vedeva chiaramente dal modo il cui spostava continuamente il peso da un piede all'altro, lo sguardo che si posava su di lui e i compagni senza sosta, a differenza degli altri era nervosa e giovane, lei era il punto debole del gruppo, sarebbe riuscito a farla esplodere in un attimo appena avesse capito dove colpirla, e una volta infuriata avrebbe sicuramente fatto qualche errore.

Ma quello che incatenò il suo sguardo fu il loro capo, aveva già notato i suoi occhi, quegli occhi che lo avevano distratto, gli illuminavano il viso quando sorrideva, come in quel momento, un viso molto attraente, lineamenti forti ed nobili, la pelle abbronzata e un accenno di barba, il tutto posato su uno dei corpi più modellati che avesse mai visto, e lui ne aveva visti di corpi, gli abiti usurati e pratici non facevano altro che mettere ancora più in risalto la sua muscolatura, ma nonostante cercasse di valutare il suo nemico il suo sguardo continuava a tornare vero quegli abissi blu, tanto profondi da potersi perdere, e tanto penetranti da vederti l'anima.

Gli era bastato uno sguardo per valutare il luogo dove si trovava e i compagni invece continuava a osservare l'umano senza riuscire a definirlo.

-Come lo hai capito?- le parole uscirono da quelle labbra delicate taglienti e fredde

-Sei bravo, ma non abbastanza, le tue palpebre hanno tremato e hai perso un respiro- “Furbo, dannatamente troppo furbo, ma almeno posso vedere dove mi trovo e escogitare un piano di fuga”

-E' inutile- L'uomo lo guardò come potesse leggergli il pensiero -Non puoi fuggire, almeno non ora, presumo che col tempo potremmo fare un errore e abbassare la guardia, non possiamo sempre restare tutti in questa stanza a sorvegliarti, ma mi auguro che non arriveremo a quel momento- La sua voce era serena, sicura, le sue non erano minacce, ma semplici constatazioni

-Lo sai che sei morto vero? Sono stato pagato e porto sempre a termine il mio lavoro- anche la voce dell'assassino era calma anche per lui quella era una semplice constatazione.

-Riponi l'ascia Gimli, sapevamo perché era venuto-

Poggiò la mano sulla spalla dell'amico, poi si chinò sul prigioniero a terra e lo sollevò gentilmente mettendolo seduto su una poltrona.

-Pensi di salvarti la vita con la cortesia?-

-No, penso di farlo con le mie eccezionali doti diplomatiche- Scherzò -Ma... primo mi sta venendo male al collo guardando a terra, secondo la vista del tuo corpo seminudo ai miei pedi potrebbe farmi piacere ma non in questa circostanza, terzo ti abbiamo colpito troppo forte e, se non te ne sei accorto, stai sanguinando... ti sarebbe difficile uccidermi se morissi dissanguato-

"Così il mio corpo potrebbe piacerti... sviluppo interessante”

Chinò il capo remissivo per permettergli di vedere la ferita, un sospiro leggero quando gli scostò i capelli e un tremito appena percettibile mentre la sua mano calda gli accarezzò la nuca stendendo un unguento dall'odore pungente, per poi osservarlo con le ciglia leggermente abbassate e un sorriso imbarazzato quando lo ebbe di nuovo davanti. “Non è così spiacevole fingere”

La reazione dell'uomo fu fin troppo immediata, si sedette a cavalcioni su di lui, sfiorando col dorso della mano in torace liscio e scendendo sul bacino fino all'inguine, mentre le labbra scivolavano sull'orecchio allargandosi in un sorriso

-Te l'ho già detto... sei bravo, ma non abbastanza, sei sicuro di voler continuare questo gioco... potrebbe essere piacevole... inutile, ma piacevole- lambendo appena la punta con la lingua, e questa volta i brividi non furono finti.

Il númenóreano si allontanò osservando attento le reazioni suscitate, aveva agito d'impulso, non era stata sua intenzione provocarlo, erano lì per lavoro.

Confuso... Furioso... Seccato... Meravigliato... poi scoppiò in una melodiosa risata, quando aveva aperto la pergamena aveva capito che sarebbe stato un lavoro interessante, ma non aveva capito quanto...

-Dovevo provarci no?-

-Buon tentativo, immagino che di solito sbattere le ciglia così funzioni, e poi il modo in cui i tuoi occhi cambiano colore e impressionante, mi piacerebbe sapere come ci riesci-

-Se lo dicessi poi dovrei ucciderti- era tornato serio, ma nella stanza la tensione era notevolmente diminuita

-Non dovevi uccidermi comunque?-

-Ammetto che è un peccato ma porto sempre a termine il mio incarico-

-E siamo arrivati al punto, ora che non sei completamente concentrato su come fuggire, possiamo parlare di affari-

-Quali affari-

-Per prima cosa vorrei chiarire che NON hai nessun lavoro-

-Ah No?- Inclinò il capo sollevando un sopracciglio

-No, il nome sulla pergamena significava che dovevo incontrarti e non che dovevi uccidermi-

-Io non incontro i clienti-

-Lo so, è per questo che è stata necessaria un'esca, ma era fondamentale che ci incontrassimo, perché noi siamo il lavoro, dovresti farci entrare in un posto, a quanto si dice in giro sei il migliore-

-Vi siete presi tanto disturbo per niente, la mia risposta è No, lavoro da solo, se vi serve qualcosa pagate e lo farò... ma da solo- la voce era tornata fredda come era sempre stata, senza l'ombra di emozioni

-No, non da solo, dobbiamo essere noi a prenderla... e Si, lo farai- “Dannato mortale, come fa a essere sempre così tranquillo e sicuro”

-E' una minaccia? Non ho paura di morire, conosco la Morte, la mia signora e compagna non temo il suo abbraccio-

-Ci sono destini peggiori della morte-

"Un'altra constatazione, lo so, li conosco, e quelli li temo”

-Voglio fare un patto con te elfo, ascolterai la nostra richiesta e solo dopo deciderai. Se la tua risposta sarà ancora un No allora sarai libero di andare, puoi stare tranquillo che non tradiremo la  tuo identità, se non ti fidi della mia parola alla fine del racconto avrai in mano un segreto abbastanza grande per assicurarti il nostro silenzio-

-Ti fidi di me-

-Mi fido della tua parola, nulla di ciò che ho visto o sentito mi fa dubitare del tuo onore-

-E sia hai la mia parola, ascolterò e non tradirò il vostro segreto se voi non tradirete il mio, ma non dubitare la mia decisione non cambierà. Io lavoro da solo-

-Ma Tàr, non puoi pensare di lasciarlo andare! Ci serve il suo aiuto!-

-Non ho mai obbligato nessuno Rhawel, e non comincerò ora, se vorrà accettare sarà una sua decisione, se non lo farà troveremo un altro modo-

-Mithrandir, di qualcosa, cerca di farlo ragionare-

-In linea di massima sono d'accordo con lui, usare gli stessi mezzi dei Tiranni che combattiamo non ci porterà sulla via della Verità, trovo azzardato rivelargli i nostri propositi, ma mi sono sempre fidato del suo giudizio e non smetterò ora-

-Gimli?-

-Sono col capo, ragiona Rhawel, davvero ti fideresti di lui se lo obbligassimo con la forza o col ricatto? Alla prima occasione ci troveremmo con la gola tagliata- un sorriso maligno dell'assassino confermò le sue parole.

-E si, credo che per lui l'onore sia importante, forse l'unica cosa in cui crede veramente- poi rivolgendosi direttamente al prigioniero

-Non mi piaci, a essere onesto non ti capisco ed è questo che non mi piace, sembri cercare la morte più di quanto tu la porti, è un atteggiamento che non capisco, ma forse sbaglio. Per me non ha importanza, quello che importa è avere la tua parola, se così sarà cercherò di mettere da parte i miei dubbi e trattarti con rispetto- “Chi è questa gente? Come può questo nano aver capito tanto di me solo da qualche storia da osteria e qualche mia frase!”

Il capo della piccola Compagnia aveva osservato l'elfo per tutto il tempo, lo aveva visto sgranare gli occhi alle parole del nano, segno che ancora una volta l'amico aveva visto giusto, d'altra parte anche lui aveva avuto subito quel sospetto, anche se non lo avrebbe mai detto in maniera così diretta.

-Allora siamo tutti concordi? Rhawel?-

-Immagino che abbiate ragione...- poi rivolgendosi al nano -Solo una cosa vorrei farti notare Gimli, se davvero come dici tu è la morte che sta cercando, perché non mette da solo fine alla sua vita?-

-Perché non può, come non può fallire consapevolmente una missione per farsi uccidere-

Era stato l'uomo a rispondere, non il nano, ma la ragazza vide tutti gli altri annuire comprensivi, e l'elfo per la prima volta abbassare il capo sinceramente turbato.

Poi l'uomo continuò a spiegare

-E' per via del Sigillo, non serve a controllarlo come tutti pensano, ma questo lo sai altrimenti come ti spieghi il fatto che sia qui, quello che non sai è che il suo scopo è quello di impedirgli di farsi consapevolmente del male-

"Lo sanno, lo sanno tutti, e capiscono, capiscono la malvagità di cui è impregnato questo marchio, non bastava averci tolto tutto, doveva toglierci anche quell'unica piccola libertà, quella di scegliere la morte, l'ultimo crudele scherzo”

Ascoltò l'uomo continuare a spigare, lo sentì dire ad alta voce quello che lui stava pensando, nessuno lo aveva mai detto ad alta voce, neppure sua madre, lei gli aveva spiegato a cosa servisse e le ragioni pratiche, ma forse neppure lei aveva compreso cosa significasse veramente per un'immortale... loro invece capivano.

Per un istante, un microscopico istante, la corazza di gelo che lo avvolgeva sembrò incrinarsi, ma fu solo un istante, prima di rialzare lo sguardo con l'acciaio negli occhi.

Lui era solo un assassino, prima si liberava di quella gente meglio sarebbe stato.


La ragazza annuì, l'uomo si avvicinò facendolo piegare in avanti e con un unico colpo deciso del pugnale gli liberò le mani, poi le caviglie.

-Avete la mia attenzione, parlate- mentre si massaggiava i polsi per riattivare la circolazione accomodandosi languidamente sulla poltrona con una gamba sul bracciolo e l'altra distesa.

Ora era di nuovo padrone della situazione.




NOTE:
Esgalwath: Celato nell'ombra

Tàralelyol: Grande camminatore

Rhawel: Selvaggia/Indomabile

  
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