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Autore: n u m b    31/08/2012    4 recensioni
Capelli tinti. Jeans larghi e strappati. Maglie di gruppi rock. Converse nere di pelle. Sigarette. Lettore mp3 e cuffiette sempre in tasca. In queste semplici parole si riassume la vita di Moon, 15enne ribelle.
16 invece sono gli anni del ragazzo tutto sorriso.
17, il numero sfortunato, sono gli anni del ragazzo che profuma di fumo.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buonaseeeeera! Sono così emozionata per la pubblicazione di questa fanfic che non riesco nemmeno a scrivere! Ebbene è la mia prima fanfiction sui Linkin Park. Devo ringraziare per avermi ispirato Honey96, che mi ha anche dato il consenso per pubblicare questa "cosa". Devo dire che come primo capitolo non mi convince granché, perché è basato su un sogno che ho fatto e non sono convinta che sia l'ideale per iniziare. Tuttavia, lo pubblico aspettando vostri pareri.
Grazie a chi leggerà, recensirà, mi lusingherà di mettermi tra le storie seguite, insomma grazie a tutti, anche alle critiche se ce ne saranno.
A presto,
n u m b 



Odio le vacanze di famiglia. Le odio davvero. Passare due settimane in compagnia di tua mamma e tuo padre che continuano a trascinarti in posti come musei d’arte, riserve naturali e cazzi vari insieme a tuo fratello gemello non è il mio concetto di vacanza. Tutto questo poi per “il bene della famiglia”, per rimanere uniti per passare tempo insieme e bla bla bla, cazzate, solo cazzate. Odio le vacanze di famiglia.
Sto buttata qui su questo letto, il letto di sopra di uno di quelli a castello, che è un po’ troppo duro per i miei gusti, con gli occhi chiusi e un brano metal di cui non riesco a ricordare il nome sparato nelle mie orecchie. Sono da una mezz’oretta in quelle condizioni, il tempo che i miei si lavino a turno, seguiti da mio fratello, e non ho intenzione di abbandonare questa posizione per i prossimi 3 giorni. Il viaggio è stato a dir poco straziante: da Augora Hills a Phoenix, 388 miglia di puro giramento di coglioni per poi arrivare a questo hotel a due stelle, un edificio incolore e anonimo alla periferia di Phoenix. Appena saliti in camera, stanza 317, mi sono sdraiata sul letto a pancia in su, isolandomi da tutto il resto per far tornare il mio culo rotondo dopo aver passato 6 ore e 47 minuti poggiato su un maledettissimo sedile  di una macchina, diventando quadrato.
Sono in quella sorta di limbo, assorta tra le maledizioni che stavo mentalmente lanciando ai miei, quando una mano mi toglie le cuffiette. Uno sguardo assassino affiora sui miei occhi chiari, che si posa su quelli identici di mio fratello. Mh, lui è Allen, mio fratello gemello. Praticamente siamo l’uno la copia dell’altro. Solo che io sono femmina e lui maschio, anche se a giudicare da come mi comporto i dubbi sul fatto se ho un cetriolo che mi penzola tra le gambe o no, sorgono. Abbiamo entrambi i capelli naturali biondi, con riflessi ramati qua e là. A dire la verità io me li tingo spesso. Un mese fa li avevo viola, ora verde chiaro con le punte verde bottiglia. Mi ero quasi fatta cacciare quando quel giorno di cinque mesi fa, sono tornata a casa con i capelli verdi e un piercing sul naso e i cheeck sulle guance. Gli è preso un colpo a mamma e papà quando sono apparsa sulla soglia della cucina, esordendo con un “come sto?”. Erano a cena, mio fratello anche, per poco non si strozzavano con le patatine mentre Allen se la rideva con le lacrime agli occhi. Tuttavia oggi hanno imparato a conviverci e non si sorprendono più se un giorno rientro con la testa rossa, viola, blu, rosa e via discorrendo. Mio fratello e io abbiamo anche gli stessi occhi: tutti e due con una forma particolare, con le iridi verde acqua, solo che le mie tendono più al blu e le sue al verde. Tutti e due abbiamo le lentiggini. Solo che lui ha avuto la fortuna di essere alto come il nonno, un metro e novanta Cristo, e io alta come la mamma, faccio a malapena un metro e sessantacinque. Andiamo d’accordo e ci divertiamo insieme, ci piace anche lo stesso tipo di musica. Non mi lamento di mio fratello, gli voglio un gran bene.
Ad ogni modo, quel coglione mi toglie la cuffietta e mi fa: - Ehi, noi scendiamo di sotto a mangiare, tu vieni si o no?
Hanno fatto presto a lavarsi. No, non ho alcuna voglia di scendere, sto bene qui, perciò rispondo: - No…il viaggio in macchina non mi ha fatto bene. Mi fa male lo stomaco, se mangio sento che vomito.
Lui capisce che non voglio scendere per pigrizia e mi lascia stare. Io mi alzo, scendo dal letto a castello e poggio lettore mp3 e cuffiette sulla scrivania. Mi guardo un po’ in giro. La camera non è male: c’è al centro  il letto dei miei, un metro più a destra c’è quello a castello. C’è una sorta di finestra all’altezza del mio letto e si vede il “panorama” da lì. Davanti al letto dei miei c’è una scrivania con una tv piccolina e scassata. A sinistra del letto dei miei c’è l’armadio e la porta per il bagno. Può andare, almeno è pulito, per essere un albergo a due stelle. Mia mamma riemerge dal bagno seguita da mio padre, tutti e due lindi e pinti.
- Noi scendiamo a cena. Tu non ti allontanare da qua. Torniamo tra una mezz’ora - mi annuncia mamma con un insolito sorriso sulle labbra. Evidentemente, la vacanza a lei sta facendo bene, a me no. Mio padre accenna un saluto e Allen mi fa l’occhiolino prima di chiudere la porta dietro di sè. Vado in bagno, mi do una rinfrescata e una sistemata al trucco. Sbuffando ritorno in camera e mi butto sul letto dei miei, ancor più duro del mio. Faccio zapping tra una telenovela, un reality e un documentario noioso su come scomparirono i dinosauri. Sono le dieci di sera, che cosa spero di trovare in tv?!
Mi avvicino alla porta e la apro leggermente per vedere chi c’è fuori. Corridoio vuoto, non c’è niente e nessuno a parte la pianta rinsecchita vicino all’ascensore.  Esco di soppiatto e richiudo la porta dietro di me, infilandomi nella tasca dei jeans larghi e strappati la chiave. Mi infilo in ascensore. Sono al quarto piano. Dunque, c’è il pianoterra, il secondo, il terzo…ah c’è un sotterraneo. Boh, vediamo. Premo il pulsante con scritto ‘-1’ e l’ascensore si avvia con un scossone. Quando le porte si aprono, vedo davanti a me un corridoio identico a quello dove sono stata poco prima. Stesse mura bianche, stessa moquette rosa scolorito. Si affacciano varie porte sul corridoio: la prima dà su una sala giochi, poi la seconda su una biblioteca e la terza su una stanza con un tavolo e delle sedie attorno, tipo una sala da conferenze. Dunque vediamo, sala giochi no perché non ho soldi, biblioteca nemmeno, troppo silenzio…non rimane che la stanza centrale, quella con il tavolo. Mi affaccio silenziosa sulla soglia: la stanza ha le pareti anch’esse bianche, un tavolo nero, sedie girevoli grigie e nere. Non c’è nessuno a parte un ragazzo che è seduto chino su un foglio a capo tavola, con i capelli blu e l’orecchino. Mi dà le spalle e non mi sente entrare. Mi aggiro per la stanza finché lui non mi nota, mi rivolge un sorriso e poi torna a guardare su quello su cui sta lavorando. Io mi siedo e inizio a gingillarmi sulla sedia girevole. Lui mi dà un’altra occhiata e mormora un “ciao” guardandomi con un sorriso. Io ricambio con un altro sorriso e me ne sto in silenzio. Il ragazzo ha i capelli sparati, ingellati in modo che sembra avere un porcospino in testa, capelli blu, tinti. Carnagione scura ma non troppo e occhi marroni e con un taglio leggermente orientale. Notando come io mi diverto a girare e rigirare su quella sedia come se fosse una giostra, mi apostrofa divertito: - Queste sedie sono meglio di una giostra eh?!
Io annuisco ridacchiando, facendo sali-scendi e facendo il giro tondo fin quando non sono costretta a fermarmi altrimenti vomito.
- Meglio di una giostra già, ma se continuo ancora un po’ penso che mi vomiterò sui pantaloni!
Lo sconosciuto ridacchia e poi aggiunge: - Piacere, io sono Mike comunque! - dicendo questo mi porge il pugno e io gli batto sopra al suo il mio e facciamo una sorta di quei saluti strani.
- Io sono Moon invece - gli dico appoggiando i gomiti sul tavolo.
- Che stai facendo? - sbircio sul foglio mentre lui richiude il pennarello Sharpie che aveva in mano.
- Sto cercando di fare un logo per una band, la mia band, ma non ho idee - mi risponde con tono disperato prima di abbandonarsi sulla sedia frustrato. Io prendo il foglio e do un’occhiata. Ci sono diversi disegni, tutti in bianco e nero e recano quasi sempre la scritta Xero.
- E tu non riesci a trovare un logo? E queste fottute opere d’arte che sono?!
Gli indico uno a uno gli schizzi e lui mi risponde con un gesto della mano che sta per “non sono opere d’arte, non mi piacciono per niente”. Io non gli permetto di ribattere e continuo a sottolineare quanto fosse bravo.
-Non li trovo granché. Non mi accontento. Senti, ti va di darmi una mano?
Io lo guardo strana: io non so disegnare né ho fantasia, che aiuto potevo dargli?! Tuttavia prendo il foglio e inizio a fare qualche schizzo, sotto gli occhi attenti di Mike. Non mi viene in mente niente cazzarola!
Siccome non mi viene in mente nulla inizio a disegnare cazzate, tipo unicorni, arcobaleni e compagnia.
- Che genere suonate?
- Nu metal.
- Se la metti così allora…Questo andrà benissimo! - gli indico una sorta di sgorbio che dovrebbe essere un unicorno con le ali che attraversa un arcobaleno, spargendo cuoricini e stelline qua e là.
- Per dei tosti come voi penso sia l’ideale! - aggiungo mentre Mike ride a crepapelle. Dopo un po’ mi riprendo dalla risata e mi asciugo le lacrime agli occhi.
- Non mi viene in mente nulla, non sono una cima in arte.
Lui alza le spalle accartoccia il foglio, per poi lanciarlo nel cestino e fare canestro. Io batto le mani come un idiota.
- Fa nulla, vuol dire che quando avrò l’ispirazione mi rimetterò a lavoro. Per adesso me ne torno in stanza e…
Non lo faccio nemmeno finire che balzo in piedi e mi batto una mano sulla fronte: Cristo i miei saranno tornati di sicuro e non saranno potuti rientrare perché le chiavi le ho io!
- Mike, scusa, devo tornare subito in stanza, se i miei scoprono che sono qui mi ritroverò appesa al soffitto!
Mormoro parole di scusa per poi fiondarmi fuori dalla porta con Mike che mi segue dietro correndo.
- EHI! EHII! Fermati un secondo!
Mi fermo proprio davanti all’ascensore, c’è la fila: tutti quelli ficcati in biblioteca e in sala giochi adesso si ricordano di uscire?! Maledizione! Mi fermo aspettando Mike, che mi raggiunge affannato e col fiatone.
- Senti, mi sei simpatica. Ti va di fare un giro dopo?
- Ma io non conosco la città.
- Non importa, ti faccio fare un giro io. Sono arrivato anche io da poco però ho scoperto alcuni bei posti!
- I miei non me lo permetteranno mai! Non vogliono che io esca con sconosciuti la sera tardi…
Mike mi guarda deluso. Però a me sembra un bravo ragazzo e poi voglio uscire! Ah, fanculo, non mi frega, esco senza dirglielo.
- Senti, io tra un’ora penso di poter uscire senza farmi vedere. Loro andranno subito a dormire e io potrò uscire indisturbata.br /> Mike sorride felice e mi abbraccia, tutto eccitato.
- Perfetto, ci vediamo davanti la mia stanza. E’ la 410.
- Sì sì va bene, ora devo scappare…Maledizione questi non si muovono!
Scanso la fila e corro a perdifiato su per le scale. Salgo quattro piani in meno di 5 minuti, manco avessi le ali ai piedi, con il semi-sconosciuto dietro che fatica a stare al passo. Arrivo al mio piano e do uno sguardo in giro per controllare che i miei non ci siano. Passaggio libero per fortuna! Tutta sudata e con il cuore che batte come un martello nel petto, arrivo davanti la mia stanza e poggio l’orecchio alla porta per sentire se ci sono rumori. Non si sente nulla. Mike mi raggiunge con una mano sul fianco e la faccia affaticata.
- Mam…Mamma mia…Potresti andare alle Olim…piadi! - riprende fiato e abbozza un sorriso.
- Scusa, è che i miei non sapevano che ero sotto e mi avevano detto che sarebbero stati fuori mezz’ora. E’ strano infatti che non ancora siano tornati.
- Non importa, ci vediamo dopo allora!
Rifacciamo quel saluto strano che abbiamo fatto prima e ci salutiamo. Io infilo la chiave nella serratura, entro in stanza e mi fiondo in bagno per una doccia.
Mike è simpatico, sto bene con lui. Poi ha un sorriso bellissimo! Quando te ne regala uno è capace di far sorridere anche te.  Non vedevo l’ora di uscire dopo con lui. Esco dal bagno dopo essermi asciugata per bene i capelli colorati e mi infilo il pigiama. Devo preparare i vestiti per dopo perché altrimenti, mentre li cerco in valigia, i miei si potrebbero svegliare…Che mi metto? Apro la valigia. Mh mh mh. Prendo i jeans neri attillati, l’unico paio aderente che ho, la maglia dei Ramones e li ficco sotto il cuscino, lasciando le mie adorate converse di pelle nera sotto il letto.
Bussano alla porta, sono i miei che ritornano, sento la voce di mio fratello. Mi scompiglio i capelli e cerco di assumere un’aria assonnata, vado ad aprire la porta.
-Com’era la cena?
- Non c’è male. Tu che hai fatto invece? - chiede Allen scrutandomi con sguardo attento.
- …Niente, sono stata a fare zapping in tv e mi sono appisolata… - indicai la televisione, ancora accesa da quando ero uscita prima, sintonizzata sul documentario.
- Se permettete, io vado a dormire, non mi sento ancora bene…Il viaggio è stato troppo lungo!
Detto questo mi ficcai sotto le coperte e chiusi gli occhi, attendendo che i miei cadessero tra le braccia di Morfeo.
  
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