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Autore: Reira74    31/08/2012    4 recensioni
E se? E se Melkor avesse vinto e i Valar fossero scomparsi? Dimenticate se potete quello che vi ha raccontato Tolkien e provate a seguirmi in questa ipotetica Terza Era... solo che non c'è stata più nessuna era dopo la Prima che non si chiama neppure prima perché non aveva senso numerarle...
Credo abbiate capito il concetto, Melkor ha vinto, ma dove c'è un Tiranno ci sono dei valorosi Eroi che gli si oppongono. Se vi interessa conoscerli aprite la porta ed entrate in questo nuovo mondo....
NOTE: Avevo cancellato questa storia per sbaglio, chiedo scusa a chi la seguiva
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Legolas, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Melkor vincitore'
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*CAPITOLO 8*


-Mio Signore Morgoth-

L'uomo si inchinò alla sfera fiammeggiante sorretta da tre artigli di metallo all'altezza del suo viso.

Era alto e slanciato, i lineamenti affilati ma eleganti erano in quel momento piegati in un espressione servile.

La pelle candida più della neve e altrettanto gelata, luccicava debolmente al chiarore delle torce imperlata di sudore freddo, si inchinò ancora più profondamente attendendo di udire la voce del suo signore, i lunghi capelli neri ricadevano lisci ai lati del volto pallido incorniciandolo di tenebra, gli occhi leggermente allungati si sollevavano a scatti verso la sfera, nascosti dalle lunghe ciglia che circondavano di ombre scure i due pozzi di oscurità degli occhi senza iride.

Era bello, di una bellezza gelida e perversa, la bellezza degli Immortali, ma oscura e malata, indossava una pesante sopraveste rossa come il sangue, aperta davanti a scoprire il torace nudo, sopra degli ampi pantaloni dello stesso tessuto, sulle mani guanti d'oro arrivavano fino alle nocche lasciando libere le lunghe dita e si abbinavano agli stivali che si intravedevano sotto le larghe braghe.

Come colpito da una frusta invisibile cadde in ginocchio con un tonfo sordo, con la fronte che sfiorava il pavimento e i capelli che si allargavano attorno

-Sono deluso. Sauron-

-Chiedo perdono. Mio Signore-

-Non voglio le tue scuse- tuonò -Voglio quelle persone!-

-Le stiamo cercando Mio Lord, ma sembrano scomparse nel nulla-

-Non mi interessano le tue patetiche scuse, consegnameli o ne pagherai le conseguenze-

-Sì, Mio Signore-

-So che non mi deluderai ancora- la voce si era fatta dolce come melassa e altrettanto viscida -Alzati, mio fedele Sauron e dimmi, sei sicuro che fosse un elfo?-

-Sì, Mio Sire- si sollevò come ordinato anche se quel cambio di umore lo spaventava più delle minacce -E' stato confermato da ogni guardia-

-Un elfo libero? Come è potuto succedere?-

-Non libero, aveva il Sigillo-

-Quindi un fuggitivo, questo cambia le cose... Bene, meglio così- rifletté tra se, poi si rivolse nuovamente al suo generale -In migliaia di anni solo uno è riuscito a fuggire, a Ivril, è riuscito a sopravvivere per tutto questo tempo... notevole... e degli altri? Cosa puoi dirmi?-

-Molto poco, Mio Signore, nessuno li ha visti-

-Entrano ed escono indisturbati dalla TUA Torre! Dai TUOI Serragli! E nessuno li ha visti!?- le fiamme della sfera avvamparono in risonanza alla collera dell'Oscuro Sire, mentre il potente generale cadeva nuovamente in ginocchio soffocando un gemito

-Perdonatemi, Sire, se fossi stato qui non sarebbe successo- tentò di giustificarsi

-Mi stai forse accusando per aver richiesto la tua presenza!-

-Io...- deglutì -No... Naturalmente no, non era mia intenzione...-

-Naturalmente, mio fedele amico- disse nuovamente gentile -In fondo hai ragione, non dovrei distoglierti così spesso dai tuoi doveri, ma la tuo compagnia mi è cara, e solo il gelo del tuo corpo riesce ha placare il mio fuoco, alzati, non togliermi il piacere di ammirarti seppure da questa distanza-

-Mi rendete troppo onore, Sire-

-Lo faccio, ma ciò che do posso anche togliere. Hai scoperto cosa hanno rubato?-

-Solo una vecchia pergamena, dei tempi che seguirono l'Ultima Battaglia, quella che narrava della distruzione dell'Arma Suprema degli Elfi-

Le fiamme avvamparono fino ad accecarlo mentre un grido di rabbia faceva tremare la stanza

-Trovali! Stanno andando li! Trovali e consegnami quell'elfo! Non accetterò un altro fallimento, Sauron!-

Con un ultimo bagliore rosso il Palantìr si spense restando nero e immobile.


Lo Stregone Nero si girò lentamente, negli occhi cupi fiamme blu dardeggiavano minacciose, sollevò lo sguardo sulla giovane donna che giaceva legata al centro dell'enorme letto, e sorrise, un sorriso perfido e glaciale, lei lo vide e cercò di rannicchiarsi contro la spalliera, nell'inutile speranza di farsi piccola e invisibile, il sangue scendeva tra le sue gambe, e la pelle era cosparsa di lividi di diversi colori e striature rossastre, ma lui la vide, il suo terrore lo esaltava, gli dava potere, gli dava piacere, ma era di un altro tipo di piacere che aveva bisogno, si avvicinò al letto con passi lenti e misurati, assaporando ogni tremito, ogni singhiozzo, ogni lacrima, pose un ginocchio sul letto, afferrandola per i capelli e trascinandola verso di se, tendendo l'orecchio in attesa del grido di dolore che sapeva sarebbe venuto, poi le prese il viso tra le mani e le torse di scatto, fu uno schiocco secco, pulito, era cosi facile togliere una vita, la osservo ancora a lungo, guardando la morte nei suoi occhi vuoti, era questo il vero potere, il potere di togliere la vita, lentamente le spalle si rilassarono e i lineamenti si distesero mentre le fiamme nei suoi occhi si spegnevano, con un sospiro soddisfatto lasciò andare quel corpo privo di vita che rimbalzò leggermente cadendo scomposto sulle lenzuola mentre un filo di sangue colava dalle labbra dischiuse.


-Chiamate il Capo Caccia- ordinò alla guardia in attesa fuori dalla porta.

Se andavano verso Est, verso la palude c'era solo una strada che potevano prendere, e non l'avrebbero superata, aveva già fatto allertare la Torre di Hendomindo, l'Occhio era ben aperto, e aveva fatto trasferire altri uomini, neppure una volpe poteva muoversi nel raggio di miglia senza venire scorta, ma non era abbastanza, non poteva permettersi errori.


-Ho del lavoro per te, Gothmog-

Il Capo Caccia era un Orco, le sue dimensioni non erano notevoli, come pure non lo era la sua forza, ma mai nessuno avrebbe commesso l'errore di sfidarlo, vestiva di pelli, cucite assieme a brandelli di pelliccia ispida, non portava armi, ma mai nessuno lo avrebbe sottovalutato, lui viveva coi Mannari, come loro cacciava e come loro si nutriva e loro lo seguivano come avrebbero seguito un Capobranco

-Ordinate, Mio Signore Sauron- e come la loro la sua voce assomigliava a un ringhio sordo e minaccioso

-Porta i tuoi Mannari al Passo Tarnaringa, potrebbe giungere un gruppo di avventurieri, sono cinque, uno di loro è un elfo. Non devono passare. Portami l'elfo, degli altri non mi importa-

-Sarà fatto-



Il dolce canto di Baccador accarezzava le loro menti, mentre scivolavano tranquilli sul fiume, senza l'ausilio di remi.

-Riposate viaggiatori, a voi penserà Baccador la Bella, riposate e quando aprirete gli occhi la vostra meta sarà raggiunta-

E senza volerlo le palpebre si fecero pesanti, e il respiro lento finché caddero addormentati, cullati dal dondolio dell'acqua.

Pareva passato un istante quando ancora udirono quella voce soave, forse era stato davvero un istante, anche se giorni sarebbe dovuto durare il viaggio, perché quella notte videro che la luna non era cambiata.

-Sveglia amici! E' ora di salutarci-

-Chiedo perdono, Meravigliosa Dama, non capisco come il sonno ci abbia colto giacché c'eravamo appena svegliati- si scusò Tàr imbarazzato

-Non temere, siete stati carezzati dalla voce di mio Padre, che per voi ha reso rapido il viaggio-

Solo in quel momento i compagni si accorsero dei monti che li sovrastano, mentre la Signora continuò

-Questi sono gli Hithaeglir, le Montagne Nebbiose, oltre non posso condurvi, è giunta l'ora che torni, Bombadil mi attende, ormai siete lontani dallo sguardo della Torre ma non siate troppo fiduciosi perché molti pericoli sono ancora sul vostro cammino, e la protezione del Messere cesserà al limitare del bosco perché egli non ha poteri al di fuori di esso-

-Vi siamo comunque grati, Mia Signora per l'aiuto che voi e il Signore ci avete concesso, i pericoli che ci attendono li affronteremo, quando ci siamo messi in cammino sapevamo dei rischi e non ci lasceremo fermare-

-Queste sono parole di un condottiero, e nulla di meno mi aspettavo, andate dunque e che le nostre strade si ricongiungano in tempi più lieti-


La salita fino al passo era faticosa ma non ardua, la giornata mite e il sentiero sicuro, e gli amici erano ancora forti del riposo goduto, il sole splendeva sui monti illuminandoli di riflessi dorati e la verde foresta ai loro piedi sembrava uno smeraldo incastonato in oro, si trovarono a canticchiare le canzoni di Bombadil ridendo, mentre il nano decantava le innumerevoli virtù della Figlia del Fiume, e l'elfo le stranezze di quel piccolo Signore al quale tutti avrebbero voluto porre domande e tutti come per incanto avevano dimenticato di farlo

-Non a caso la mente sfuggiva, certi misteri sono fatti per non essere svelati- fu l'unico commento dello Stregone, se egli sapesse più dei compagni non lo rivelò.

Raggiunsero la cima prima del tramonto, e si fermarono per la notte senza allontanarsi dal sentiero, le abilità di cacciatrice di Rhawel gli procurarono due grasse e gustose oche da arrostire e così sazi si prepararono per la notte.

La luna era già alta in cielo quando un ululato li svegliò tutti, ancora prima che il nano di guardia desse l'allarme

-Mannari!- Esclamò verso i compagni che si alzavano veloci

-Sembra che siano a caccia, spero non di noi-

-Non per contraddirti umano ma visto come attiri i problemi sono quasi certo che stiano cercando noi-

-Forse avrai l'occasione di saldare il tuo debito, non ne sei felice?-

-Proprio ora che cominciavo ad apprezzare la compagnia- ghignò sarcastico

-Non sono molti, dovremmo farcela- Gimli accarezzò impaziente la grande ascia

-Intanto che dite di muoverci e guadagnare un po' di tempo? Non manca molto all'alba e con la luce sarà più facile-

-Dico che hai dato un ottimo consiglio Mithrandir, le mie frecce trovano meglio il bersaglio se possono vederlo-

-Voi restate con lo Stregone e con la sua luce, io vado avanti a controllare che non ci siano sorprese lungo il cammino-

-Gwath! Stai attento e cerca di non morire-

-Questa sì che sarebbe una novità- rispose ironico -Ma starò comunque attento, sai che non mi è permesso fare altrimenti- mormorò scomparendo nel buio

-Non lo sopporto quando fa così-

-Non biasimarlo, Rhawel, è la sua vita-

-E tu non difenderlo sempre, Tàr... per quanto mi riguarda può anche farsi ammazzare se proprio lo desidera- ringhiò tra i denti

Con un sospiro l'uomo si allontanò mettendosi alla testa del gruppo, capiva i sentimenti della ragazza, la conosceva da troppo tempo per non comprendere, ma non poteva fare a meno di provare pena per l'assassino, e pensare che ci fosse ancora una speranza.

Se solo si fidasse, se riuscisse ad abbassare le barriere che ha costruito attorno al suo cuore potrebbe vedere che al mondo ci sono anche cose per cui vale la pena vivere, ma ogni volta che fa un piccolo passo avanti si chiude ancora di più come se ne fosse spaventato”


Gli ululati erano sempre più vicini, e già una tenue striscia di luce profilava l'orizzonte quando l'elfo riapparve davanti a loro

-Brutte notizie, più avanti il sentiero si stringe correndo a strapiombo su un crepaccio, se ci raggiungessero in quel punto non potremmo combattere-

-Allora avanziamo finché possiamo poi giriamoci ad affrontarli, già il cielo si rischiara, tra poco ci sarà possibile vedere il nemico-

Come aveva detto infatti il sentiero si bloccava più avanti, stringendosi a lasciare il passo a non più di una persona, e sotto di loro il fondo del dirupo si nascondeva ancora avvolto nel buio della notte, proseguire sarebbe una follia, armi in pugno si volsero in attesa.

Lo Stregone arretrò cercando nella protezione dei compagni la possibilità di usare il bastone magico.

Rhawel raggiunse una sporgenza rialzata dove avrebbe avuto maggior margine di tiro, un ginocchio a terra, la freccia incoccata, e la corda tesa, leggere nuvole di vapore rivelavano il respiro nella fredda aria di montagna, respiro rapido per eccitazione, ma la mano era ferma.

I tre guerrieri formavano un'eccezionale muraglia su cui presto gli aggressori si sarebbero schiantati, spada, ascia e coltelli, abilità, forza e agilità, un uomo, un nano e un elfo uniti da uno strano destino, simili nei sorrisi di sfida, uguali nell'adrenalina che precede uno scontro.

Il sole che sorgeva alle loro spalle faceva brillare il metallo, e colorava di fuoco i capelli dell'assassino rendendo ancora più surreale il contrasto con quegli occhi d'acciaio. Lo stesso fuoco che avvampava nell'elmo del nano confondendosi con la chioma fulva, mentre il brivido della battaglia ardeva nel suo sguardo. Al centro immobile e apparentemente rilassato, l'uomo attendeva con un sorriso beffardo, sicuro e nobile, il vento che agita il mantello, la spada protesa in avanti, con la punta al cielo.

Così li scorsero le malcapitate bestie, e se avessero avuto un cervello appena più sviluppato di un animale abbrutito sarebbero certo tornati sui loro passi, ma la furia della battaglia annebbiava quelle già deboli menti che si gettarono all'assalto.

Come una sola mente con molte braccia reagirono i compagni, ancora i nemici non avevano spiccato il primo balzo che già cadevano trafitti da frecce e lampi azzurri.

Tàr spostò di lato la spada pronta a un fendente e scattò in avanti, seguito da un'ascia sollevata alta sopra la testa e due pugnali paralleli.

Per diversi minuti il caos rese impossibile definire i movimenti, solo un turbinio di metallo, zanne e pelo scuro di sangue, guaiti e latrati, saette argentee di frecce e lampi di fuoco azzurro.

La lotta caotica divise presto i tre combattenti, che senza tregua continuavano ad incalzare, la danza dell'assassino sembrava quasi ipnotizzare gli avversari che restavano impotenti sotto i suoi colpi, un'espressione feroce quanto quella delle bestie che lo attaccavano numerose, forse vedendo nel suo fisico esile un avversario meno pericoloso.

Una danza macabra che portò i suoi passi sull'orlo del baratro, muovendosi però leggeri e sicuri e lasciando che fossero i nemici a sfamare quella nera voragine.

La battaglia era ormai vinta, una leggera vibrazione sotto il piede, e prima di poter reagire il terreno sotto di lui era scomparso, sentì la voce dell'uomo gridare il suo nome, ma era tardi, senza rendersene conto un sorriso leggero distese i lineamenti dell'angelico viso mentre precipitava nel vuoto.

Infine giungo a te Mia Signora, non hai scordato il tuo fedele amante”

Sentì le rocce tagliare la pelle e la polvere bruciare nei polmoni, il corpo ormai inerte rimbalzare sulla roccia per proseguire la sua corsa, e forse per un istante ebbe paura, paura del dolore prima della fine, per un istante ricordò due occhi del colore del mare che lo guardano gentili porgendogli la mano, e per un istante sentì il cuore tremare per il rimpianto di una vita che avrebbe potuto avere se non fosse stato quello che era.

E rivide il volto di sua madre, quella donna piccola e gentile, ma tanto coraggiosa da volerlo prendere con se, rivide il suo caldo sorriso mentre gli scompigliava i capelli con affetto prima di rimboccargli le coperte “Il mio piccolo principe, sei la mia piccola luce, la luce che da un senso alla vita di questa misera vecchia” e lui gli diceva che non era vecchia ed era bellissima, e se lui era un principe allora lei era la regina e lei rideva “Sei troppo bello per questo mondo e troppo buono, vorrei che non dovessi mai cambiare, e adesso dormi, vita mia” ma lei non c'era più, era stato lui a ucciderla solo perché lo aveva amato, ma forse presto l'avrebbe rivista e si sarebbe potuto scusare, scusare per averla uccisa, scusare per non essere buono come lei credeva.

E finalmente quell'istante passò e fu solo il buio a cancellare il dolore, la paura, il rimpianto e i ricordi.


-Gwath!- Aveva gridato con tutto il fiato che aveva, ma era troppo tardi, solo il tempo di vederlo scomparire oltre l'orlo del precipizio, sorridendo “Dannato idiota!” non si era neppure accorto del terribile colpo con cui aveva ucciso l'ultima bestia prima di correre all'orlo del baratro, ma il fondo ancora avvolto dal buio non permetteva di scorgerlo.

-Cosa pensi di fare? Sei impazzito?- La voce dell'amica lo riscosse dai suoi pensieri mentre già faceva scivolare una gamba oltre il crinale

-Scendo-

-Vuoi morire anche tu?-

-Ormai è giorno, con la luce posso farcela, non è una scalata difficile-

-E' inutile, nessuno potrebbe sopravvivere a una caduta del genere-

-Se ci fossi io laggiù, non vorresti controllare?-

A quelle parole non poté fare altro che abbassare lo sguardo e annuire

-Fai solo attenzione-

Ma l'uomo stava già scendendo


La parete irregolare offriva molti appigli per le mani esperte, forse non possedeva la grazia dell'elfo mentre saliva la parete liscia della torre, ma era abbastanza abile da riuscire senza affanno in quella discesa, la luce nascente schiariva il fondo permettendogli di vedere sempre meglio, la prima cosa che i suoi occhi puntarono fu la chiazza nera di un mantello, quando fu più vicino vide una gamba piegata in modo innaturale e immobile, per un momento il respiro si bloccò ma continuò a scendere.

Solo quando raggiunse il suolo riuscì a vederlo, il corpo immobile semicoperto dalle pietre, i vestiti laceri e insanguinati, su un braccio un osso spezzato spiccava bianco sulla tunica nera.

Doveva avvicinarsi, era li per quel motivo, ma non riusciva a muovere un passo, non aveva mai perso nessuno dei suoi uomini, ancora una volta si incolpò di averlo trascinato nel suo mondo e non gli importava se quello era il più grande desiderio dell'elfo, non era il suo... lui non voleva che morisse, non finché era con lui, non finché poteva guardarlo, non finché avrebbe dovuto accettare che aveva ottenuto quello che voleva... dopo... quando se ne fosse andato sarebbe stato diverso, non l'avrebbe mai saputo e avrebbe potuto sognare quegli occhi finalmente felici nessuno avrebbe potuto smentire quei sogni.

-Tàr!-

Dopo interminabili minuti finalmente una voce riuscì a portarlo indietro, il sole era alto, sollevò lo sguardo osservando gli amici che lo guardavano preoccupati, ormai anche loro potevano vedere.

Lentamente, molto lentamente, si inginocchiò accanto al corpo cominciando a spostare le pietre.

  
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