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Autore: drummatic    31/08/2012    4 recensioni
A volte mi era capitato di assistere a qualche sfuriata, da quello che si diceva a Wolverhampton, e da quello che avevo potuto ascoltare, lui voleva che il figlio andasse a lavorare nel suo studio e seguisse le sue orme, ma quest'ultimo amava la musica e insieme ad altri quattro ragazzi era stato scelto per partecipare ad un talent show.
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© non copiate. 
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevo gli occhi socchiusi, segno che l’anestesia che il dentista aveva praticato stava svanendo.
Ero andata nel suo studio come ogni mese per i soliti controlli.

«signorina, come va?» sentii in lontananza la voce della sua assistente.
«tutto bene,grazie.» riuscii a dire nonostante la mia bocca fosse ancora piena di attrezzi.
Non riesco a capire perché i dentisti, o le loro stupide assistenti, facciano delle domande proprio quando è impossibile parlare, forse per assaporare il fatto che i loro denti sono perfetti, e dentro la bocca non hanno altro che la gomma, che masticano con insistenza.
Sento la porta aprirsi, e il dentista entrare.

«Cassandra, accompagnala nell’ufficio così potete organizzarvi per prendere il prossimo appuntamento, fra un mese.» esordì il dentista senza neanche guardarmi in faccia.
Era il più bravo della città, per questo mia madre, che teneva moltissimo alla cura personale, aveva deciso di mandarmi da lui, ma la sua bravura non giustificava il suo comportamento, spesso rude.
Era abbastanza scorbutico, soprattutto nei confronti del figlio che, qualche volta incrociavo andando in studio.
Anche quel giorno, come mi era capitato a volte, lo vidi.
Aveva più o meno la mia età, ma era molto più alto di me e con un bel fisico.
Mi salutava sempre, nonostante ci conoscessimo solo di vista, e dall’espressione che il suo viso assumeva quando vedeva il padre, si capiva che non era felice.
A volte mi era capitato di assistere a qualche sfuriata, da quello che si diceva a Wolverhampton, e da quello che avevo potuto ascoltare, lui voleva che il figlio andasse a lavorare nel suo studio e seguisse le sue orme, mentre il figlio amava la musica e insieme a altri quattro ragazzi era stato preso ad un talent show.
Gli avevano detto che da soli, tutti e cinque, non avrebbero avuto successo e non ce l’avrebbero fatta, ma a parer mio, che avevo sentito cantare il figlio del dentista al provino in tv, poteva benissimo farcela anche da solo.
Da come avevo capito, sempre da qualche chiacchiera qua e là, o da quello che mi raccontava mia madre, il talent show sarebbe partito fra qualche giorno e il padre continuava a voler convincere il figlio a lavorare con lui.
Mi diressi nello studio della segretaria per prendere l’appuntamento, poi come al solito salutai il dottore e me ne andai.
Sulla porta incontrai suo figlio, che mi salutò e gentilmente mi fece passare.
Non potevo negare che fosse un bel ragazzo, era alto e muscoloso, aveva i capelli lisci, che portava in una strana pettinatura, ma una volta l’avevo visto riccio, e, lasciatemelo dire, era decisamente più bello.
Aveva gli occhi color nocciola, i capelli dello stesso colore, ma più chiari.
Si chiamava Liam.
Sussurrai un semplice grazie e uscii dal secondo portone, immersa nella fresca aria di settembre.
Le scuole stavano per ricominciare e finalmente avrei rivisto tutte le mie amiche, si, perché loro andavano tutti gli anni in vacanza, e non dietro l’angolo, visto che in Gran Bretagna il mare non è bellissimo e fa piuttosto freddo, sceglievano posti del tipo le Maldive, o il Madagascar, insomma, cosette da niente.
Me ne tornai velocemente a casa, accesi il computer e passai il pomeriggio a finire i compiti delle vacanze estive, e a chattare con le poche anime che erano già tornate in città.

Qualche settimana dopo. 
La sveglia suonava incessantemente, e io non avevo la minima intenzione di alzarmi.

«svegliati Lola, o farai tardi a scuola.» sentii la voce un po’ ovattata di mia madre chiamarmi dal piano di sotto.
Con tutta la forza che avevo mi sollevai dal letto e mi infilai sotto la doccia.
Feci le solite cose di routine, e infilatami in bocca una fetta di pane con il burro e la marmellata mi scaraventai in strada, correndo affannosamente per non arrivare tardi, almeno non il primo giorno.
Mentre correvo cercavo di chiudere lo zaino, ma avevo anche le scarpe slacciate, e sfortunatamente caddi, andando a sbattere contro qualcun altro che, come me, quella mattina correva, ma non per andare a scuola, bensì per allenarsi.

«mi scusi, davvero non ho visto dove stavo andando…» dissi iniziando a gesticolare.
«non preoccuparti, vieni, ti aiuto…» due braccia forti mi aiutarono ad alzarmi e solo quando fui in piedi mi accorsi contro chi ero andata a sbattere.
Liam, il figlio del dentista.

«grazie…» dissi semplicemente.
«di niente….Lola, giusto?» chiese sorridendo.
«si, e tu sei Liam, vero?»
«si, piacere di conoscerti.» mi disse sfoderando uno dei suoi sorrisi.
Non l’avevo mai visto sorridere, o almeno sinceramente, forse quelli che sfoggiava in studio erano solo alcuni dei suoi ‘sorrisi di cortesia’.

«ti ho vista qualche volta nello studio di mio padre, sei una sua ‘paziente’?» mi chiese, saltando da un argomento all’altro.
«si, ci siamo incrociati a volte.» abbassai lo sguardo. Da vicino era decisamente più carino di quanto mi aspettassi.
«ora devo proprio andare…» aggiunsi «ho scuola e sono in ritardo. Grazie ancora!-» dissi salutando e correndo via.
«ciao Lola!» mi disse lui gesticolando, ma non me ne accorsi e continuai a correre verso la scuola.
Beato lui che era libero di non andarci, essendo stato preso ad X-Factor.
Come al solito a scuola venni accolta dalle mie simpaticissime compagne che non perdevano mai l’occasione per farti notare, davanti a tutti, la maglietta messa male, o la camicia fuori dai pantaloni solo da un lato, le scarpe slacciate, la cravatta annodata male… gli alunni della Wolverhampton High School erano degli incapaci ad indossare le divise, mentre le cheerleaders, che potevano venire a scuola in uniforme sportiva, erano libere di non indossarle, stando però ad evidenziare i difetti degli altri.
Non mi piaceva quella scuola.
Non facevo parte delle cheerleader, e non frequentavo neanche la squadra di football, o di pallavolo, e non andavo neanche ai corsi aggiuntivi del pomeriggio, come quello di biologia.
Insomma, le opportunità pomeridiane che la scuola ci forniva erano completamente ignorate, almeno da me.
Entro in classe e mi siedo vicino a Jade, la mia migliore amica.
Circa un secondo dopo che mi sono seduta, ancora col fiatone, entra il professore.
Sia lodato il cielo, sono riuscita ad arrivare in orario.
Scrivo sul diario di Jade ‘chiacchieriamo dopo, ora stiamo ad ascoltare la lazione, almeno il primo giorno, lol’.
 

«e così sei stata alle Maldive quest’estate!» dico a Percy.
Ci raggiunge anche Hilaria, che non frequenta la mia stessa classe ma è ugualmente una delle mie migliori amiche.

«Hilaaaaa!» diciamo io e Percy in coro, saltandole addosso.
Passiamo tutto l’intervallo a raccontarci della nostra estate, o meglio, ad ascoltare tutte le cose divertenti che avevano fatto Percy e Hilaria in estate, perché la mia era stata piuttosto monotona.
Fortunatamente la giornata è leggera, dopotutto è il primo giorno di scuola e i professori non ci assillano, anche perché molti di noi hanno lasciato il cervello in vacanza.
Esco dalla scuola, e vedo Liam, appoggiato al suo motorino.
Cosa ci fa qui? Ha deciso di ricominciare la scuola?
Mi si avvicina.

«ciao Lola! Oggi hai dimenticato questo.» dice porgendomi il libro di storia.
Fortunatamente la professoressa aveva preferito farci guardare una presentazione al computer e io non mi ero neanche accorta che il libro non era al suo posto.

«g..g..grazie.» riesco a balbettare.
Stare così vicina a quel ragazzo mi faceva sentire strana. Ero stranamente emozionata e non potevo negare che mi piacesse, perché era molto, molto bello.

«vuoi un passaggio?» continua lui.
E adesso che gli dico? Ma si, dai. Un passaggio in motorino non ha mai fatto male a nessuno.

«va bene.»
«occhei, salta su.»
Mi porge il suo casco, lasciando che i suoi capelli vengano scompigliati dal vento.
«posso?» gli chiedo prima di appoggiare le mie mani attorno alla sua schiena.
«certo.» dice sorridendomi.
 

«…bè, grazie del passaggio.» dico scendendo dal motorino proprio davanti al vialetto di casa.
«di niente, se vuoi uno di questi giorni possiamo prenderci un gelato, che ne dici?»
«va bene.»
«allora ti lascio il mio numero.» dice porgendomi un fogliettino dove velocemente aveva scritto il suo numero.
Entro in casa, pronta per passare un altro dei miei noiosissimi pomeriggi.
Il giorno dopo avevo una strana voglia di uscire con Liam, lo trovavo simpatico e sinceramente avevo voglia di conoscerlo meglio, di sapere qualcosa in più di lui.
Io avevo il suo numero ed ero realmente tentata di chiamarlo, anche perché quella sarebbe stata l’unica possibilità, visto che lui non aveva il mio.
‘O la va o la spacca’ pensai prima di digitare il messaggio che gli avrei inviato.

Ciao Liam.
Hai da fare oggi pomeriggio?
Perché io mi sto annoiando a morte.
-Lola 


Premo invio.
E’ fatta.

Oggi pomeriggio non ho impegni.
Se vuoi ti passo a prendere alle cinque e ci prendiamo un gelato.
-Liam 


Perfetto.
-Lola 


Corro a prepararmi.
Liam arriva puntuale, questa volta con due caschi in mano, ne afferro uno e salgo sul motorino dietro a lui.

«come lo vuoi tu il gelato?» mi chiede mentre si alza per andare ad ordinare.
«al cioccolato, grazie.»
Torna poco dopo con due coni enormi.
«insomma, li fanno piccoli i gelati!» dico ridendo.
«e già! Tieni prendi il tuo prima che cada…» mi dice porgendomi quel ‘coso’.

«…e così fra due settimane andrai ad X-Factor! Sono proprio felice per te, congratulazioni!»
«grazie mille.» mi risponde lui.
Avevamo chiacchierato un po’ della nostra vita, conoscendoci meglio.
Pensavo di sapere tutto di lui, invece non sapevo niente, ed era davvero molto più simpatico di quanto sembrasse.
A primo impatto, infatti, sembrava timido e riservato, ma bastava entrarci in confidenza e diventava molto espansivo e solare.

«ahh, finito finalmente.» dico battendo le mani sulla pancia e finendo di pulirmi la bocca con il tovagliolo, ormai sudicio.
«non proprio, sei ancora sporca.»
«dove?»
«lì, a destra.»
«qui?» dico cercando di pulirmi con la lingua. Ormai il tovagliolo era talmente sporco che se l’avessi usato avrei fatto peggio, quindi lo butto via.
«no, alla tua destra.»
«qui?» dico ripetendo lo stesso gesto ma dalla parte opposta.
«un po’ più su..»
«qui?»
«no, più su.»
«qui?»
«no, aspetta…» prende il suo tovagliolo, avvicinandosi «ci penso io.»
Continua ad avvicinarsi sempre di più, finchè, invece che pulire la mia bocca col tovagliolo, lo fa con le sue labbra.
Nonostante ci conoscessimo da poco mi lascio andare, infilando le mani tra i suoi capelli lisci, mentre lui accarezza le mie guance con le mani.

«che dici, possiamo provarci?» mi chiede.
«a fare cosa?»
«a stare insieme, io e te.»
«perché no! Proviamoci.» dico sorridendo.
Poi prendiamo il casco e saliamo sul motorino, io abbracciata a lui, sfrecciando sulle strade umide e fresche di Wolverhampton.

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ehilà belle ragazze!
questa one shot è quella a cui tengo di più e mi farebbe piacere avere un vostro parere sooooo...recensite c: 
un bacio <3
  
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