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Autore: Reira74    01/09/2012    4 recensioni
E se? E se Melkor avesse vinto e i Valar fossero scomparsi? Dimenticate se potete quello che vi ha raccontato Tolkien e provate a seguirmi in questa ipotetica Terza Era... solo che non c'è stata più nessuna era dopo la Prima che non si chiama neppure prima perché non aveva senso numerarle...
Credo abbiate capito il concetto, Melkor ha vinto, ma dove c'è un Tiranno ci sono dei valorosi Eroi che gli si oppongono. Se vi interessa conoscerli aprite la porta ed entrate in questo nuovo mondo....
NOTE: Avevo cancellato questa storia per sbaglio, chiedo scusa a chi la seguiva
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Legolas, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Melkor vincitore'
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*CAPITOLO 22*


Mithrandir, Gimli e Rhawel osservavano la scena come se ai loro occhi il tempo avesse rallentato, la corsa veloce dell'umano e dell'elfo li aveva lasciati indietro, tutto si era svolto così velocemente da non lasciargli il tempo di reagire, nel fiocco chiarore lunare videro il loro amico scomparire con la creatura oltre il crinale, videro la corsa forsennata dell'elfo spingerlo sempre più vicino all'orlo del precipizio e quando mancavano solo pochi passi a separarlo dal vuoto lo videro aprire le braccia, il nero mantello che si allargava dietro di lui, pensarono che volesse arrestare la corsa invece puntando i pedi in un ultima spinta si lanciò nel vuoto dietro alla bestia.



Si lanciò in avanti con le braccia allargate e i pugnali lucenti stretti nei pugni, il mantello che sbatteva dietro di lui come le ali di un oscuro angelo.

Vedeva la distanza tra lui e la preda diminuire mentre la sua picchiata prendeva velocità e il bestia frenava la discesa per entrare nella tana, quando mancavano solo pochi metri si girò in volo portando in basso le gambe e mentre impattava violentemente il dorso scaglioso già le lame affondavano inesorabili nel lungo collo.

Un grido disumano raggelò il sangue prorompendo dalla bocca deforme che scattava indietro per liberarsi di quel nuovo aggressore ma, mentre il grido ancora echeggiava nella gola, l'assassino rotolava di lato liberando un'arma e schivando il letale attacco.

Rimase sospeso ondeggiando nel vuoto in balia del mostro impazzito per il dolore con l'unico appiglio dell'acciaio ancora profondamente conficcato nella carne protendendosi verso il compagno privo di sensi, appena un attimo prima che gli artigli mollassero la presa riusci a raggiungerlo cingendolo col braccio libero.

Il peso congiunto dei due fece penetrare maggiormente la lama, che, trascinata assieme a loro verso il basso, squartava lentamente pelle, tendini, e arterie in una pioggia di sangue nero che sgorgava inarrestabile.

In un ultimo spasmo la creatura riuscì finalmente a scrollarsi di dosso l'assalitore, ma era troppo tardi per salvarsi con le ali aperte e senza più grazia ne forze cominciò ad avvitarsi e precipitare inesorabile verso le acque che già avevano inghiottito l'elfo e l'umano.



La corrente impetuosa li catturò immediatamente, senza dare neppure il tempo di rifiatare dopo la caduta, venivano trascinati e sballottati senza riuscire a opporre resistenza, la lotta dell'immortale contro la forza del fiume, col corpo dell'uomo ancora stretto in una morsa di ferro, una presa disperata nella paura di perderlo, e in quel momento fu proprio la forza della disperazione a dargli energia sufficiente per non venire trascinato a fondo dal peso morto del compagno, annaspando per restare a galla e portandosi faticosamente, rubando ostinatamente al fiume metro dopo metro, fino alla riva.

Arrancò esausto sull'arenile trascinando il corpo esanime e crollando sfinito col viso nella sabbia e il braccio ancora protettivamente posato sul petto del númenóreano, si concesse solo un istante prima di risollevarsi, strisciando verso le labbra immobili, e soffiare in lui la sua vita, una volta, una seconda, una terza mentre il panico di averlo perso rischiava di sopraffarlo finalmente senti il torace contrarsi e il corpo sussultare alla ricerca d'aria mentre tossendo espelleva l'acqua del fiume.

Lo chiamava, non riusciva ad articolare altra parola che non fosse quell'unico sussurro “Estel” con la paura di aver fallito, il terrore di averlo perso “Estel”

-Legolas- la voce era così flebile che per un momento pensò di averla immaginata ma quando sollevò lo sguardo si trovò a specchiarsi in quelle iridi profonde illuminate dal sorriso dell'uomo

-Legolas- ripeté con voce leggermente più chiara respirando ancora a fatica

Fu solo quando scorse quel sorriso che la disperazione si tramutò in rabbia, quella rabbia assurda che nasce in un animo devastato dal terrore

-Maledetto stupido bastardo mortale! Che cazzo credevi di fare!- lo aggredì

-Avevo un piano- rispose debolmente tossendo ma senza smettere di sorridere

-Certo aveva un piano lui!- gridò esasperato

-Se fossi riuscito a saltare, e non mi fossi schiantato sulle rocce avrei potuto nuotare fino alla riva e sarei riuscito a distogliere l'attenzione dell'...- non riuscì però a finire la frase che un nuovo attacco di tosse lo sopraffece, a dispetto delle parole dure sentì immediatamente le mani calde che lo afferravano carezzandogli dolcemente la schiena finché l'attacco non fu passato

-Un piano schifoso, saremmo potuti morire entrambi- ribatté allora, ma con minor foga

-Sei saltato-

-Non mi hai lasciato una cazzo di scelta-

-Come hai fatto?-

-Come vuoi che abbia fatto! Mi sono spinto e giù!-

-Legolas- sorrise scoprendo che in quel momento la frustrazione dell'elfo era tale da non capire l'ovvio -il Sigillo-

-Io non ci pensavo...- spalancò gli occhi -L'idea di morire non mi aveva neppure sfiorato in quel momento...Non capisco... so solo che volevo raggiungerti, non pensavo a nient'altro...- si interruppe ansioso quando si accorse che l'altro stava perdendo nuovamente i sensi

-Estel! Stai bene, sei ferito!-

-Non è nulla, solo un graffio... tra poco starò bene... aiutami ad alzarmi, dobbiamo raggiungere gli altri-

-Sei sicuro di farcela?- chiese preoccupato

-Davvero, sto bene, solo un po' di debolezza-

-Sai dove siamo?-

-Sicuramente troppo a valle, dobbiamo tornare indietro...- aveva fatto solo pochi passi e già rischiava di finire a terra se una presa forte non lo avesse immediatamente sorretto

-Devi riposare, non puoi andare avanti in questo stato-

-No- rispose fin troppo secco -Aiutami, dobbiamo andarcene da qui-

Pensando che fosse la paura di nuovi attacchi a spingerlo, l'elfo acconsentì a proseguire aiutandolo a camminare.

Avanzavano lentamente nel deserto arroventato, ma nonostante il calore l'immortale poteva sentire i brividi che scuotevano il corpo muscoloso che si sorreggeva a lui con forza maggiore passo dopo passo finché non lo senti accasciarsi svenuto

-Maledizione Estel! Cos'hai?- Non riusciva a capire, eppure non c'erano ferite profonde e lui era un uomo forte perché non si riprendeva

-Fr... Freddo... Ho... Tanto... Freddo...-

Lo sentiva tremare scosso da brividi di febbre e non sapeva cosa fare

-Maledetto mortale, svegliati! Estel ti prego dimmi cosa devo fare!- Lo stringeva forte nella vana speranza di scaldarlo col suo corpo, la dove il sole infuocato non ci riusciva.

-Ve...Veleno- mormorò con voce appena udibile

“Dannazione!” in quel momento la gioia di vederlo vivo gli aveva fatto dimenticare che il veleno delle Ombre Alate era tra i più letali che esistessero, lo aveva usato nella sua vita precedente, poche gocce bastavano per sterminare intere famiglie, i suoi fornitori avrebbero avuto l'antidoto, ma non c'era nessun fornitore in quel dannato deserto

-Dimmi come posso curarti ti prego, non mi lasciare... Estel!... rispondimi!...- ma non rispondeva -Non osare morirmi tra le braccia mi hai sentito!- gridò -Se provi anche solo a pensarlo ti uccido- il sussulto di un tentativo di risata gli diede speranza

-Estel ascoltami, ascoltami ti prego, non mollare proprio adesso... parlami-

-Mithrandir... Athelas...-

“L'Athelas!” era vero glielo aveva detto, poteva curare i veleni, prese dalla tasca quella piccola piantina che aveva raccolto nel prato, gli era sembrata tanto bella ma ora appariva così piccola, troppo piccola, e non sapeva come usarla, se solo ci fosse stato lo Stregone, era sicuro che persino Gimli e Rhawel avrebbero saputo cosa fare ma era solo lui e quella dannata manciata di foglie e doveva fare qualcosa altrimenti lo avrebbe perso... chiudendo gli occhi per la paura di sbagliare la mise in bocca masticandola lentamente e la spalmò su ogni segno che gli artigli avevano lasciato poi attese, stringendolo forte e pregando, non aveva mai pregato prima, non sapeva neppure a chi pregare, non di certo la Nera Signora, non lo aveva mai ascoltato prima e aveva il terrore che non lo ascoltasse neppure questa volta mentre pregava che non si avvicinasse, che non lo portasse via.

Pregò i Valar, se davvero esistevano, li pregò di proteggerlo perché lui aveva rischiato tutto per loro, pregò il Fato, che lo aveva messo su quella strada e non poteva toglierlo prima del tempo, pregò Eru Ilúvatar e gli Spiriti della Natura che il númenóreano tanto amava.

Quando ebbe finito lacrime e preghiere si alzò prendendolo tra le braccia e cominciò a camminare verso Est, avrebbe trovato il fiume e la sorgente e gli amici, loro lo avrebbero salvato, doveva solo resistere ancora un poco.



Nei rari momenti in cui la coscienza riaffiorava, sentiva che si stavano muovendo, non poteva essere possibile, di certo non lo stava portando tra le braccia attraverso il deserto, doveva essere morto e finito in paradiso, anzi era certamente così dal momento che era tra le braccia del suo elfo e gli sembrava di vedere le sue labbra muoversi in una litania “Non mi lasciare” ma se era morto perché si sentiva bruciare dalla febbre, e perché Legolas era con lui, non poteva essere morto anche lui, era morto per colpa sua? Era morto per salvarlo? Eppure gli sembrava di ricordare che stesse bene... forse era stato ferito anche lui e il veleno lo aveva ucciso... no... più probabilmente era solo un sogno, un delirio dovuto alla febbre... eppure era certo di sentirlo “Estel, non mi lasciare” Dannazione! Proprio ora gli toccava di morire?! Provò a chiamarlo, voleva vedere un ultima volta i suoi occhi prima della fine, ma la voce non voleva uscire “Non voglio lasciarlo, Non voglio morire” pensava prima che la febbre lo riportasse nell'oblio.

Poi si risvegliava e ricominciavano i pensieri, quanto tempo era passato? Perché era ancora vivo? Era davvero tutto reale?



Quattro giorni, quattro giorni ininterrotti di cammino, ormai la borraccia pendeva desolatamente floscia dalla cintura, non avevano più acqua, ne restavano solo poche gocce, ma non le avrebbe toccate, non le toccava da tempo ormai, aveva smesso di bere quando aveva capito che non ce ne sarebbe stata abbastanza per entrambi, la conservava per lui, lui ne aveva più bisogno.

Non poteva perdere tempo a cercarne altra, ogni minuto, ogni attimo era importante, lui non aveva bisogno di bere, almeno non quanto l'uomo, era un elfo, un'immortale, era forte e aveva sopportato di peggio, doveva solo continuare a camminare, senza pensare alla sete o alla fame o al caldo e alla stanchezza, doveva pensare a lui... solo a lui... al suo corpo che respirava a fatica, così caldo da scottarlo più del sole.

Vagamente, solo una sensazione lontana, sentiva qualcosa che bruciava sulla spalla, aveva come l'impressione che fosse importante, ma non aveva ne il tempo ne le forze per curarsene.

Col passare del tempo i momenti in cui era lucido diventavano sempre più radi, se ne accorgeva, si accorgeva quando i suoi occhi si aprivano e lo cercavano, ma non aveva il coraggio di abbassare lo sguardo, non voleva vedere il momento in cui la luce li avrebbe abbandonati, ricordava bene com'era, lo aveva visto la prima volta a dieci anni quando aveva guardato spegnersi gli occhi di sua madre, non poteva sopportare di vederlo di nuovo, non quegli occhi, non gli occhi che lo avevano incatenato fin dal primo istante.

Solo ora che rischiava di perderlo si rendeva conto della follia di negare quello che sentiva, non li aveva aiutati per soldi, non li aveva seguiti per onore, non lo aveva odiato per le sue azioni, era sempre stata colpa di quegli occhi, quegli occhi che lo facevano sentire nudo e indifeso, protetto e amato... quegli occhi che lo avevano incatenato la prima notte mentre i compagni lo colpivano alle spalle, quegli occhi che lo piangevano mentre cadeva ferito nella Torre, che lo scrutavano tra la folla dello zoo, che lo curavano quando era immobile e muto, quegli occhi terrorizzati mentre precipitava, felici del suo ritorno, ridenti mentre giocavano... non poteva... no... non poteva guardare quegli occhi che si spegnevano

“Non mi lasciare”



-Lasciami- appena un sussurro, ma nonostante ogni sillaba marchiasse a fuoco la sua gola doveva trovare la forza di parlare

La lucidità era tornata prepotente, superando deliri e febbre, nel momento in cui la vista appannata si era posata sulla figura del suo elfo.

Si era sentito cadere a terra “Gwath non cadrebbe mai” pensò ma stava cadendo, e nonostante la debolezza l'unico pensiero dell'immortale era quello di proteggerlo, si era trovato così praticamente disteso, con l'altro inginocchiato sopra di lui, una mano lo teneva ancora stretto forte a se mentre con l'altra si sosteneva al terreno, lo sentiva ansimare mentre una cascata di capelli biondi gli ombreggiava il viso.

Lo adagiò delicatamente prima di aprire la borraccia e far cadere le ultime preziose gocce sulle sue labbra

-Mi dispiace, non è molta- quella voce quasi più debole della sua lo aveva costretto ad aprire gli occhi e quello che aveva visto era stato più forte di ogni delirio, di ogni febbre e veleno.

Lo stava uccidendo, a stento aveva riconosciuto la creatura perfetta che ricordava, la pelle candida sporca di polvere e ustionata dal sole con le guance rigate di lacrime, gli occhi infossati e arrossati per la stanchezza, i suoi meravigliosi capelli sporchi e arruffati, e le labbra, quelle labbra perfette, tese e spaccate per la sete.

A fatica aveva sollevato la mano carezzandogli la guancia e costringendolo ad incrociare il suo sguardo

“Finalmente posso vederli, i tuoi bellissimi occhi, ora so che non sono una finzione, sono il mio cielo, il cielo in cui potrò perdermi e lasciarmi andare felice”

E col ricordo di quel cielo azzurro aveva chiuso i suoi e sussurrato

-Lasciami-

-No- era quasi un lamento

-Hai fatto tutto quello che potevi, morirai con me se continui ancora-

-No... No... No...-

-Legolas, ascoltami- sentiva le forze scivolare via, ma doveva resistere, doveva riuscire a farlo ragionare -Non ha senso, devi lasciarmi, salvati almeno tu-

-Non ti lascio-

-Devi...- no, non poteva mollare adesso -Devi raggiungere gli altri... li devi... aiutare... la missione...-

-Non me ne importa un cazzo della missione!- gridò -E tu non morirai, mi hai capito, grosso stupido testone mortale! Non morirai! E ora stai zitto e risparmia le forze e non mollarmi perché io non ti lascio! Ascoltami bene, Non Ti Lascio! Che si fotta la missione e tutto il resto... E' la tua missione e tu la porterai a termine! Non ti lascio...- finì tra le lacrime

Nonostante la certezza che il suo tempo stesse per scadere si ritrovò a sorridere

-Allora... ti importa... almeno un po'... di me...- riuscì a dire prima di ricadere nell'incoscienza

-Dannato idiota! Certo che mi importa- lo accarezzò dolcemente -Se hai architettato tutto questo per costringermi ad ammetterlo hai vinto... Mi importa, sei contento, hai vinto ancora tu, ma non lasciarmi ti prego, resisti ancora...- ma l'uomo non poteva più sentirlo.



-Guardate!- la vista allenata dell'arciere aveva scorto prima degli altri la minuscola macchiolina nera che si muoveva all'orizzonte

-Che io sia dannato! O quello è lo scarafaggio più grosso che abbia mai visto o il nostro Gwatheg ci sta venendo incontro! Siano benedette quelle vesti nere che lo fanno spiccare come una mosca sulla farina-

-Devono stare bene se si sono mossi così veloci, avevano molta più strada di noi da percorrere- sorrise il mago

Con il cuore leggero come non era da giorni si incamminarono per raggiungere gli amici, ma mentre la distanza diminuiva si resero conto che qualcosa non andava, ormai avrebbero dovuto scorgere l'alta figura dell'uomo a fianco dell'elfo e si muovevano troppo lentamente.

Finalmente, quando furono più vicini, poterono vedere il loro amico esanime stretto fra le braccia dell'assassino che non era in condizioni migliori nonostante continuasse a muoversi

-Eru Ilúvatar! Deve averlo portato per tutto il tempo!- bisbigliò il nano

Si erano fermati di fronte al biondo che nonostante avesse arrestato i suoi passi non dava segno di riconoscerli

-Legolas, sei al sicuro, ora ci pensiamo noi-

Si lasciò avvicinare ma non accennava a lasciare l'uomo, continuava a muovere le labbra senza che ne uscisse alcun suono “M'importa” sembrava ripetesse

-Cosa significa?-

-Sta delirando, ha la febbre alta, è esausto e disidratato, è un miracolo che stia ancora in piedi- Mithrandir gli sfiorò la fronte che scottava poi parlò dolcemente

-Va tutto bene, Gwatheg, ci pensiamo noi, sei stato bravo, l'hai portato al sicuro-

-Veleno... Athelas... io...io... non sapevo cosa fare...- finalmente un barlume di lucidità parve tornare nel suo sguardo

-Sei stato bravo, gli hai salvato la vita- continuò dolcemente il vecchio -Ora però devi lasciarlo, ci penso io a lui, starà bene te lo prometto-

Finalmente allentò la presa lasciandolo alle loro cure, ma mentre lo allontanavano ancora la mano indugiava, scivolando sul suo braccio, fino a intrecciare le dita, solo quando anche quell'ultimo leggero contato cessò crollò privo di sensi afferrato prontamente da Gimli.

-Non so chi dei due sia in condizioni peggiori?- osservò la ragazza

-Li rimetteremo in piedi entrambi, Gimli, tu porta Tàr, noi pensiamo a Gwath, per prima cosa dobbiamo toglierli da questo sole-

-Melkor Divino! Mithrandir guarda!- mentre gli sollevava il braccio per passarlo sulla spalla l'occhio della giovane era stato attirato dalla tunica strappata sulla la spalla, ma non era strappata era bruciata e sulla pelle esposta il Sigillo brillava infuocato

-L'ha fatto di nuovo, vero? Questo coso non avrebbe dovuto permettergli di portare Tàr mettendo in pericolo la sua vita-

-Sì, l'ha fatto di nuovo, e molto a lungo questa volta-

-Deve avergli fatto un male infernale!-

-Credo non se ne sia reso neppure conto, non sarebbe potuto andare avanti se si fosse fermato a pensare-

-Da quello che mi avete detto su questa magia non sarebbe dovuto andare avanti comunque-

-In verità credo che il Sigillo non si sia mai realmente attivato, stava dando un segnale di pericolo, assi potente invero, come vedi... ma si gli avesse realmente ordinato di fermarsi avrebbe dovuto farlo-

-Come te lo spieghi?-

-Molto ci ho riflettuto dopo il salto e sono giunto a un'unica conclusione, ossia che il Marchio è molto più intelligente del nostro ragazzo e sapeva che per la sua salute sarebbe stato peggio perdere quell'uomo-

-Pensi che lui non l'abbia ancora capito?-

-Non questa volta, questa volta l'ha capito, non hai visto come lo stringeva? La domanda da porsi è, sarà in grado di ammetterlo?-



Si era risvegliato lentamente, la mano della mezzelfa posata sulla sua guancia, gli occhi fissi sul suo viso, per un'istante era tornato indietro, a un altro tempo in cui era debole e ferito, com'erano cambiate le cose, la stessa mano che lo aveva schiaffeggiato ora lo carezzava dolcemente, quegli occhi che lo avrebbero ucciso lo osservavano colmi di premura illuminandosi in un sorriso quando si accorse che era sveglio

-Ci hai fatto preoccupare sai?- gli sollevò il capo facendogli bere un liquido esageratamente dolce

“Già, era proprio cambiato tutto”

-Estel?- chiese debolmente

-Sta bene- sorrise ancora di più -Una volta eliminato il veleno si è ripreso velocemente ora sta riposando, d'altra parte lui non aveva camminato per giorni nel deserto senza cibo ne acqua, portando un grosso e stupido umano-

-Non avevo altra scelta- mormorò

Lei gli accarezzò di nuovo la guancia -Certo che l'avevi, avresti dovuto lasciarlo, se lo sarebbe meritato dopo quello che ha combinato- lo disse anche se era chiaro il sollievo di poterli riavere entrambi -Ti sei reso conto di quanto sei andato vicino a morire? Mi si è quasi fermato il cuore quando ti ho visto-

-Mi dispiace... come ci avete trovati?-

-Non lo ricordi? Sei stato tu a trovare noi, stavi venendo verso l'accampamento quando vi abbiamo visto-

-Non ricordò nulla dopo che lui ha chiuso gli occhi... diceva che non c'era più nulla da fare... che non potevo salvarlo... poi... poi non mi ha più risposto... credevo che mi avesse lasciato- stava per crollare ancora se le mani della giovane non si fossero strette sulle sue impedendogli di andare alla deriva nel dolore

-E invece no, sei stato incredibile, non capisco neppure come ci sei riuscito ma gli hai salvato la vita e te ne sarò grata per sempre-

In quel momento furono interrotti da un'ombra che oscurava l'ingresso della grotta, e dal rumore dei rami che Gimli aveva raccolto per il fuoco che cadevano

-Sia ringraziata la Roccia! Ti sei svegliato finalmente!- esclamò prima di abbracciarlo con forza -Ci hai fatto morire di paura! Non provarci mai più!-

-Posso assicurarti che non intendo ripetere l'esperienza- sorrise debolmente, gemendo per la stretta troppo vigorosa sul suo corpo ancora fragile

-Hops, scusa- lo lasciò imbarazzato -Tàr sarà felice, chiede di te ogni volta che si sveglia, credo si senta in colpa, e fa bene!-

-Non dovreste essere così duri con lui, era convinto di fare la cosa giusta... aveva un piano- ridacchiò

-Cosa fai? Ora lo difendi? Per la barba di Durin! Davvero le ho sentite tutte! Comunque non siamo duri con lui, il piano originale era di prenderlo a calci, ma ci limitiamo a qualche battuta, giusto perché capisca quanto siamo felici di riaverlo con noi... Ma scusaci, ti stiamo affaticando, dovresti riposare-

-A quanto dite ho riposate per giorni, mi dareste una mano ad alzarmi?- chiese con voce ancora malferma

-Otto giorni per la precisione... e dove vorresti andare?-

-C'è un fiume qui vicino, lo sento, ti prego Rhawel ho bisogno di un bagno, sono in condizioni orrende- L'aveva sognato così tante volte mentre camminava, un fiume, acqua fresca che portava via il sudore, la sabbia, il calore, come cambiano le priorità quando si sta per morire, in quel momento non gli interessavano tesori o ricchezze, avrebbe dato qualunque tesoro in cambio di un umile bagno, e ora poteva sentirlo, il gorgoglio dell'acqua che correva, ed era vicino, tanto vicino.

Il nano scoppiò a ridere -Ah, ragazzo mio, va bene essere sempre perfetti, ma non hai neppure la forza di parlare e la tua unica preoccupazione è lavarti?-

-Solo acqua, tanta acqua... non sapete quanto l'ho sognata...- si sforzò di spiegare

-No, non lo sappiamo ma possiamo immaginarlo, mi dispiace, capisco quanto puoi desiderarlo ma non sei ancora in condizioni di alzarti - rispose semplicemente la donna, poi aggiunse -Forse non ti rendi conto com'eri ridotto quando ti abbiamo trovato, allora si che eri in condizioni orrende, non ho intenzione di farti alzare, ora chiudi i tuoi occhioni imploranti, riposi e ti rimetti in forze, quando tornerà Mithrandir, se sarà d'accordo potrai fare il tuo bagno-

-Agli ordini Signora...- annuì mestamente, si rendeva conto anche da solo di non avere le forze per alzarsi, riusciva a malapena a parlare, ma ci aveva sperato tanto -A proposito dov'è Mithrandir?-

-Sulle montagne a cercare altre erbe, tra tutti e due avete esaurite le nostre scorte-

-Rhawel- mormorò mentre già la debolezza prendeva il sopravvento riportandolo nel mondo dei sogni -Ero ridotto davvero così male?-

-Sì- rispose dolcemente mentre gli sistemava le coperte e tornava a carezzargli il viso -Lo dicevo seriamente, abbiamo davvero temuto il peggio, forse non te ne rendi conto, eri al limite delle forze, disidratato, coperto di ustioni e con la febbre alta, hai delirato per giorni... non scherzavo quando dicevo che sei stato più vicino alla morte tu che Tàr... ma non importa, ora stai meglio, è questo che conta-

I lineamenti dell'elfo si distesero in un dolce sorriso mentre lasciava che il sonno avesse la meglio

-Lui è vivo, è questo che conta- sussurrò a fior di labbra, ma sia la ragazza che il nano avevano sentito e ora guardavano soddisfati e felici i due compagni addormentati.

  
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