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Autore: BeautifulMessInside    01/09/2012    2 recensioni
"Eden Spencer rapinava banche. E non solo. O almeno è quello che faceva prima di essere presa. Oggi collabora con l'FBI. Ma c'è stato un tempo in cui Eden era solo una ragazzina di buona famiglia, figlia di una ricca imprenditrice dell'Upper West Side di Manhattan... Poi un giorno si era innamorata. Della persona sbagliata. Che era anche la persona giusta." Per tutti gli altri Eden è morta quel giorno. Oggi, quasi cinque anni dopo, è costretta a tornare allo scoperto per aiutare l'FBI ad arrestare quelli che una volta erano i suoi amici. Tra verità, bugie e segreti nascosti... In un continuo conflitto tra amore ed odio... Al confine tra la redenzione e la dannazione... Eden scoprirà che non è così semplice spezzare un patto stretto col proprio diavolo personale. - trama, wallpaper e spiegazioni nel capitolo -
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo23

CAPITOLO 23

“IO TI AMO… E IO TI PREGO”

 

In quella stanza c’era uno strano odore, come se la cera fosse stata passata di fresco sul pavimento. Improbabile. Le luci artificiali rendevano lo spazio più stretto ed Eden dovette sforzarsi di non guardare quelle solide pareti prive di finestre o avrebbe avuto timore di soffocare.

Incredibile che qualche metro sopra di loro la vita della grande mela continuasse a scorrere come nulla fosse… Chissà se un giorno avrebbe potuto godersela di nuovo..

André sembrava senza dubbio quello più agitato, le sue dita battevano sulla tastiera così veloce che quasi non si riusciva a seguirle… I suoi occhi ormai arrossati riflettevano la continua alternanza di pagine sullo schermo.

Davis era attaccato al telefono, uno strano grosso telefono in grado di mantenere il segnale anche sotto terra.

Eden continuava a pensare alla sua bambina.  Ovviamente era preoccupata anche per gli altri, ma l’unico pensiero era Sophia, Sophia e la sua angoscia per essere stata di nuovo abbandonata dalla mamma.. Lei che le aveva promesso di riportarla a casa…

Decise di raggiungere Davis ed aspettò che la sua conversazione fosse finita

“Posso usarlo?”

A lui non servivano dettagli

“Vuoi chiamare il poliziotto vero?”

“Voglio sapere come sta Sophia.”

Davis arricciò le labbra guardando quel telefono che gli ciondolava tra le dita. Non era una buona idea, sicuramente Dair stava collaborando con la polizia.

D’altra parte era forse l’unico modo per avere notizie della sua bambina. Aveva già provato a rintracciarla in altri modi, ma nessuno dei suoi appoggi aveva voluto rischiare di dare troppo nell’occhio.

E nessun dubbio che Dair fosse con sua figlia. O che almeno l’avesse riportata al sicuro prima di affrontare le sue colpe.

Allungò la mano

“Trenta secondi. E se non risponde lascia stare.”

Eden annuì e compose il numero a memoria mentre lui la fissava.

Un insolito stridio precedette il primo squillo.

Ed il secondo.

Eden strinse il labbro tra i denti.

Ti prego rispondi.

Il cuore in gola con le pulsazioni a mille.

“Si?”

Era lui, senza dubbio, per fortuna, per grazia divina, era lui.

“Sophia sta bene?”

“Eden?”

“Sophia sta bene?”

Anche Davis accanto a lei si irrigidì.

“Sta bene??”

Una piccola interferenza e poi finalmente Dair rispose

“Sì. E’ a casa.”

I polmoni di Eden sembrarono liquefarsi e finalmente riuscì a riempirli fino in fondo.

“E tu?”

Aggiunse, ma Davis le fu improvvisamente addosso sfilando l’apparecchio dalla sua mano. Spinse il grosso bottone rosso.

“Troppo rischioso.”

Eden trattenne l’istinto di ribellarsi. Era davvero troppo rischioso o semplicemente Davis aveva voluto interrompere la sua conversazione? Era un nuovo modo per tenerla lontana da Dair?

Abbassò lo sguardo. Non era il momento per frivoli pensieri e vanità.

 

-------

 

“E tu?”

Dair si guardò intorno leccandosi le labbra. Aveva la gola secca, ma era sollevato di sentirla.

Mentre prendeva fiato la specie di fischio che faceva da sottofondo alla loro conversazione si interruppe, sostituito da un bip ed un lungo silenzio.

Sospirò mentre poggiava il cellulare sulla scrivania.

La confusione intorno a lui tornò attiva.

“Dove sono?”

Il sostituto capo dell’FBI si rivolse in tutta fretta agli esperti di fronte ai pc. Una serie di bande verdi si muoveva sullo sfondo nero degli schermi. Uno di loro si voltò sollevando le spalle

“Niente signore. Non abbiamo rintracciato nessun segnale.”

“Maledizione!”

Dair si sentì sollevato. Era stanco di quella situazione, odiava Davis Miller più di quanto non avesse mai fatto prima, ma non voleva comunque essere l’autore della disfatta di Eden. Non dopo quello che era successo tra loro.

Davis l’aveva trascinata via di peso, non erano fuggiti mano nella mano.. Questo gli bastava per credere che Eden non se ne sarebbe andata, non di sua spontanea volontà… Se solo quello stronzo bastardo avesse avuto il fegato e la dignità di lasciarla libera..

No.          

Il maledetto codardo l’ha portata con sé, rendendola una fuggitiva.

Dair si schiarì la voce

“E’ stato lui, ha interrotto la conversazione.”

L’altro agente lo guardò con sufficienza

“Credi ancora che la trattenga contro la sua volontà?”

“Ne sono sicuro.”

In realtà non lo era, non lo era affatto.

Anzi, lo stomaco bruciava al pensiero che Eden stesse più che bene con lui.

Forse l’unica cosa che ancora la teneva legata alla realtà era Sophia.

Forse, se avessero portato con loro anche la bambina, sarebbe già tutto finito.

Scosse la testa litigando con i propri pensieri.

Si schiarì la gola

“Ero lì. L’ha portata via con la forza.”

“Questo non cambia le cose…”

Grant, il sostituto capo, sorseggiò del caffè nero senza zucchero

“…La donna non ha rispettato le regole. E’ colpa sua se non abbiamo ancora arrestato Miller…”

Un altro sorso

“…E’ colpa sua se hai perso il posto...”

Dair sospirò. Se non altro non era in arresto.

“…Ed anche tu hai fatto i tuoi errori agente.”

Riprese l’altro… Dair non poté che annuire.

“Credevo di riuscire a sistemare la faccenda.”

Rispose

E la sistemerò.

“Fossi in te inizierei davvero a pregare che la faccenda si sistemi.”

Stavolta Dair non rispose, in attesa che Grant concludesse l’ipotesi

“Altrimenti dovrai cercarti un nuovo lavoro… E noi dovremo cercare una nuova famiglia per quella bambina… Di certo migliore della prima.”

Dair serrò i pugni.

Non sarebbe successo. Eden non avrebbe mai abbandonato sua figlia per stare con quel vile.

“Non succederà. Troveremo Miller.”

“Bene. Allora spera che quella donna ti richiami presto e stavolta vedi di tenerla al telefono abbastanza.”

Dair tentò di tenere a bada le contrazioni dello stomaco.

“Posso andare adesso?”

“Vai all’appartamento?”

“Si signore.”

Grant si sistemò il nodo alla cravatta

“Bene. Facci parlare la bambina, sarà un buon modo per tenerla in linea.”

Che cosa spregevole.

 

-----

 

Eden entrò nell’altra camera visibilmente provata, un po’ per la stanchezza, un po’ per la crescente preoccupazione. Anche da lì riusciva a sentire Davis e André che macchinavano cercando di costruire il miglior piano di fuga possibile.

Il programma prevedeva di recuperare Blake, Payne e Tyler prima di sparire. Stavolta per sempre.

Ciò che non era ancora chiaro era il suo ruolo in tutto questo. Davis non le aveva ancora parlato.

L’avrebbe trascinata con loro anche stavolta? Così come l’aveva portata via dalla polizia?

E Sophia?

Avrebbe preso anche lei?

Decise di accendere il condizionatore per recuperare un po’ di ossigeno. Starsene chiusi in un sotterraneo non era certo piacevole, ma era sicuro.

I vestiti le stavano appiccicati addosso, la tensione stava facendo evaporare tutti i liquidi del suo corpo.

La sua mente pensava senza sosta.

Ovviamente voleva anche lei liberare i suoi amici, ma non era tanto certa di volerli seguire.

Quel pensiero in qualche modo la faceva sentire in colpa, come se alla fine di tutto quanto seguirli potesse essere un dovere.

Scansò l’imbarazzo di un’ulteriore consapevolezza e si costrinse ad ammettere che non era affatto sicura di voler seguire Davis.

Lo amava ancora, forse troppo… Se avesse lasciato fare a lui di certo non avrebbe avuto la forza di fermarsi a pensare come doveva, come una donna matura e soprattutto come una madre.

Dopo il coma, dopo gli sforzi fatti per riprendersi, dopo il miracolo di aver avuto Sophia… Dopo tutto questo era suo preciso dovere pensare al modo più tranquillo ed onesto di vivere.

Era questo che doveva fare,  non fantasticare sulla famiglia e la vita che non avrebbe mai avuto… Non come una fuggitiva…

Respirò l’aria fredda che le soffiava in viso.

Respirò tanto forte da non sentire la porta che si apriva.

“Stai bene?”

La voce di Davis suonava dolce, come non la sentiva da parecchio.

Si voltò tenendo il viso basso.

“Sì.”

Lui si avvicinò

“Sicura?”

Stavolta Eden alzò gli occhi cercando i suoi e si strinse nelle braccia

“Dovresti lasciarmi andare. Le cose sarebbero più semplici per voi.”

Lui aggrottò le sopracciglia per un istante poi riprese un’espressione impassibile.

Non era la prima volta che glielo sentiva dire

“Tu vorresti andare?”

Eden strinse i denti. Perché stava rispondendo con una domanda? Non era il momento di aggiungere nuovi interrogativi.

“Non rispondermi con un’altra domanda Davis.”

Lui inspirò avvicinandosi ancora

“Ho bisogno di sapere se vuoi andare o restare.”

Eden di nuovo abbassò il volto

“In realtà vorrei solo dormire.”

Davis allungò la mano toccandola con dolcezza, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Si prese una pausa passando quel boccolo color caramello lentamente tra le dita.

“Non ci riesco...”

Mormorò.

“…Non riesco a lasciarti andare.”

 

Eden prese una grossa boccata d’aria mentre un fuoco le si accendeva dentro. Poggiò la mano su quella di Davis, immobile accanto al suo zigomo.

Mosse appena i polpastrelli contro quella pelle ruvida senza dire nulla, ad occhi chiusi.

Lui affondò la mano tra i suoi capelli.

“Se solo potessi tornare indietro…”

Le accarezzò la nuca

“…Non ti chiederei più quella sigaretta…”

L’accenno di un sorriso comparve sul viso di Eden mentre riviveva il loro primo momento.

“…Dal momento in cui ti sei voltata sono perso.”

Eden sollevò le palpebre incrociando i suoi occhi scuri, senza voler dire ancora nulla.

Lasciò scorrere la punta delle dita sul suo avambraccio.

Lo sentì fremere per un secondo.

“Non riuscirò mai a lasciarti andare.”

 

Ma dovrai farlo comunque.

 

La vocina nella testa di Eden rispose senza essere interpellata, come se la sua psiche avesse già deciso e fosse fermamente convinta di cosa fare.

Eden se ne sorprese, cercando di scacciarla via per godersi quel piccolo momento di intimità.

Strinse la presa intorno al braccio di Davis

“Mi dispiace.”

Lui scosse la testa

“Ne usciremo… Anche stavolta.”

Da quanto tempo Davis non era così dolce ed amorevole con lei? Tanto. Troppo. Come se in cuor suo sapesse che erano vicini alla fine di quell’avventura e avesse deciso di mettere da parte orgoglio e rancore.

Ma stava davvero tutto per finire?

“Faremo uscire gli altri, prenderemo Sophia e ce ne andremo per sempre.”

Quell’immagine la costrinse a sussultare.

Dolce e amara allo stesso tempo.

Cercò gli occhi di Davis per guardare quanto fossero sicuri.

Le sue pupille vibravano impercettibilmente, era spaventato da quell’idea quasi quanto lei.

Lui terrorizzato dall’eventualità di non riuscire a scappare, lei paralizzata dal sospetto che non fosse la cosa giusta da fare..

Prese a fare calcoli assurdi a mente. Quanti anni gli avrebbero dato se si fosse costituito? Avrebbe potuto chiedere qualche sconto della pena? E la condizionale?

Erano pensieri inutili.

Davis aveva ucciso delle persone.

Eden si strinse nelle braccia, consapevole ed amareggiata.

A meno che non avesse voluto far visita a suo marito una volta a settimana per tutta la vita, consumando un veloce diritto coniugale nelle stanze gelide della galera, mandando foto di tutti gli eventi a cui lui non avrebbe partecipato, la fuga era l’unica soluzione.

La sua almeno.

Davis la sentì farsi gelida e si tirò indietro

“Non è quello che vuoi?”

Nervosismo e diffidenza riapparvero tra le note della sua voce.

Eden scosse la testa

“Vorrei che ci fosse un altro modo.”

“Non c’è.”

Rispose netto.

“Ma vorrei che ci fosse.”

“Ma non c’è.”

La fermezza del suo tono la spaventò per un istante.

Sta forse dicendo che non ho altra scelta?

Che non mi lascerebbe andare?

Che non lascerebbe Sophia?

Davis le tornò vicino con due passi, prendendole il viso tra i palmi

“Io ti amo.”

Era agitato di colpo.

Eden inspirò

“Anch’io ti amo…”

E caricò il colpo

“…ma non so se possiamo farlo.”

Lui si bagnò le labbra nervosamente, la guardò dritta avvicinando la fronte alla sua

“Io ti amo.”

Ribadì

“Io. Ti. Amo.”

Scandì ogni parola senza mollare minimamente la presa

“Ti amo.”

Farfugliò ancora una volta mentre poggiava le labbra su quelle di lei, con decisione. Non approfondì il bacio, ma spinse contro la sua bocca cercando quasi di lasciarci un’impronta.

Eden barcollò per un attimo poi chiuse gli occhi.

Che strano, incomprensibile, dolce momento.

La morsa di Davis si ammorbidì ed Eden mosse le labbra ridando forma a quel bacio. Gli accarezzò piano il viso

“Lo so.”

Concluse, senza davvero aver restituito un filo logico a quella conversazione.

Poco male, non era pronta per decidere.

Si schiarì la voce tentando di interrompere l’atmosfera

“Avete deciso cosa fare?”

Lui sembrò ferito per un attimo, colpito dal repentino cambio di tono di Eden.

“Quasi… Il trasferimento degli altri è previsto per domani sera, dovremo agire lungo il tragitto.”

Eden annuì.

“Abbiamo gli appoggi necessari?”

“Sì… Ma avremo bisogno anche del tuo.”

Eden sollevò le sopracciglia sentendo un brivido improvviso

“Che dovrei fare?”

Lui inspirò profondamente

“Ancora non lo so.”

Eden si morse il labbro.

Qualsiasi cosa le avesse chiesto lei l’avrebbe fatta.

Avrebbe fatto tutto il possibile per tirarlo fuori da quel casino… Da quel turbinio di fughe, rischi e ripensamenti in cui proprio lei l’aveva trascinato… Troppo debole per prendere una decisione…

Come in quello stesso momento…

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, per la sua sicurezza e per la libertà degli altri.

Si sarebbe esposta un’ultima volta senza preoccuparsi delle conseguenze e poi..

E poi..

Non sapeva cosa avrebbe fatto poi.

 

“Ok.”

 

Rispose semplicemente, scivolando di nuovo in una morbida atmosfera. Le braccia lasciate cadere lungo il corpo e le palpebre pesanti.

Davis inspirò profondamente tornando a toccarla, passando piano i pollici sui suoi zigomi, fino a toccare l’alone scuro che le circondava gli occhi.

“Dovresti dormire un po’.”

Eden annuì

“Sono così stanca.”

Confessò

“Anch’io.”

Davis aveva qualcosa di diverso e solo in quel momento Eden riuscì a notarlo sul serio. Una luce insolita illuminava le sue iridi scure e sembrava avesse lasciato cadere l’armatura, le spalle più rilassate ed il respiro regolare sotto la maglietta.

Lei gli poggiò i palmi contro il petto, avvertendo i battiti del suo cuore sulla pelle.

Per la prima volta sembravano comportarsi come marito e moglie. Senza alcun ombra di sospetto o di sfiducia.

Davis sorrise appena passando le dita tra i suoi capelli.

Si stava fidando di lei.

Possibile?

Lasciò correre la mano lungo la curva del collo, sulla spalla e giù, fino ad intrecciare le dita con quelle di Eden.

“Vieni.”

Sussurrò spingendola verso il divano di pelle nera.

Il tessuto gelido fu di immediato sollievo non appena vi poggiò la schiena. Le sue gambe si allungarono lasciando che ogni fibra dei muscoli si rilassasse ed il calore di Davis sopraggiunse prendendo il posto del freddo.

Sentire il suo corpo che le prendeva posto accanto, plasmandosi perfettamente contro il suo, la costrinse a tornare indietro nel tempo ancora una volta.

 

“E’ stata una lunga, lunga giornata…

E’ andato tutto bene con la consegna?

Fortunatamente sì.

Vuoi un caffè?

Voglio solo che tu venga qui vicino a me.”

 

Eden affondò la testa nell’incavo del collo di Davis e provò a chiudere gli occhi. Il suo profumo le accarezzava le narici mentre lui le teneva un braccio stretto intorno alle spalle, quasi avesse paura che fuggisse.

Davis la conosceva meglio di chiunque altro ed ogni singolo movimento ne era la conferma.

Quel braccio ancora teso che la cingeva con la più decisa delicatezza non era un caso… Mentre le loro teste se ne stavano vicine, finalmente a riposo su qualcosa di morbido, Davis scavava i suoi pensieri… contava le vibrazioni del suo corpo… cercava conferme nei suoi sospiri.

Davis sapeva fin troppo bene che sua moglie non era davvero lì con lui, non del tutto almeno…

 

“Non ti avrei mai lasciata morire…”

Esordì con la voce bassa, accarezzandole l’orecchio col respiro.

“…Avrei tanto voluto essere morto al posto tuo… O con te… Non sai quante volte ho desiderato che qualcuno mi uccidesse…”

Eden si tirò su appena un po’ cercando un contatto visivo, inspirò profondamente

“Avrei dovuto dirti che aspettavo un bambino.”

I loro occhi si incrociarono più intensamente per una manciata di secondi

“Sarei stato l’uomo più felice del mondo.”

Eden distolse lo sguardo per prima, tornando a poggiare il viso sulla spalla di lui. Chiuse gli occhi lasciando la stanchezza prendere il sopravvento.

Davis rimase sveglio a fissarla, scacciando a pugni il sonno ancora per un po’.

Era così vicino alla sua meta… A pochi passi dal suo desiderio… Ad un’ultima missione dalla pagina che avrebbe concluso quel capitolo della sua vita…

Stringeva tra le braccia sua moglie. L’unica donna che avesse mai amato sul serio e che credeva di aver perso. Stretta a lui perché non si smarrisse di nuovo. Così vicina eppure così tremendamente lontana…

Davis Miller è un ladro, un delinquente, un assassino.

Davis Miller è uno che non ha paura di niente.

Un uomo forte e deciso, senza compromessi.

 

Mentre guardava gli occhi chiusi di Eden e stringeva il suo braccio inerme tra le dita, una lunga immagine iniziò a farsi nitida, scorrendogli davanti quasi fosse un film…

Davis Miller è un idiota innamorato.

 

-----

 

Quella sera si sentiva nervoso, come se non sapesse più come muovere le mani… Come se gli tremassero ancora dopo averle usate per svuotare la cassa di quella stazione di servizio… Se ne stava sdraiato sul letto con l’ennesima sigaretta in bocca senza che la nicotina riuscisse a fermare il suo batticuore.

Eden comparve dal nulla alla sua finestra, come in una specie di allucinazione. Aggrottò le sopracciglia e strabuzzò gli occhi cercando di capire se fosse reale.

Lei scavalcò il davanzale attraverso il vetro aperto, il suo vestito si tirò su lasciandogli intravedere il rosa della biancheria.

Dopo il loro litigio non pensava certo di vederla, sicuramente non in quel modo, nella sua stanza ed in piena notte. Tuttavia quell’immagine aveva portato la sua tachicardia ad un livello ancora maggiore, svegliando i pensieri corporali che cercava di frenare da settimane.

“Che ci fai qui?”

Le aveva chiesto, sinceramente sorpreso.

Lei era arrossita di colpo

“Mi dispiace per prima.”

Nulla di nuovo. Ogni rapina equivaleva ad una litigata ed ormai lui si era abituato… Due giorni o tre di silenzio e poi le avrebbe fatto cambiare idea… Come al solito…

Strano invece che stavolta fosse stata lei a venire per prima… Nella sua stanza oltretutto.

“Sono un’idiota, lo so.”

Lui sorrise rilassandosi un po’

“No che non lo sei.”

Eden si era stretta nelle braccia ed in quel momento Davis aveva capito perché fosse lì. Forse prima ancora che lo avesse capito lei.

“Mi ci dovrò abituare ad un certo punto, giusto?”

Lui aveva già smesso di ascoltarla, le sue mani fremevano di nuovo e d’improvviso il silenzio della sua casa sembrava il sottofondo più invitante.

“Dovrò abituarmi se voglio stare con te…”

Le sue guance si erano infiammate

“…Perché io… Io… voglio stare con te.”

Lui aveva sorriso a metà, coprendo la breve distanza tra loro per poterla baciare. Finalmente le sue mani avevano trovato qualcosa da toccare… I suoi capelli che profumavano di pesca e mimosa… La pelle liscia inumidita dal caldo… Le sue forme, ancora nascoste dal tessuto leggero dell’abito a fiori.

Dopo poche settimane dal loro primo bacio quel corpo era una novità, pieno di confini che non aveva ancora varcato.

Eden rispondeva ai suoi baci tenendo i muscoli tesi. Le gambe le tremavano appena, ma non si fermarono mai lungo il percorso tra finestra e letto.

Vederla distesa sulle sue lenzuola, con i capelli sparsi sul cuscino e quel velo d’imbarazzo sulle guance, gli tolse il fiato… Non era certo la prima ragazza che portava a casa, e nemmeno la prima vergine che si fidava di lui, ma stavolta tutto sembrava diverso… Qualcosa in lui si stava muovendo e non solo nei jeans… Il cuore continuava a battergli forte e nel suo stomaco sembrava ci fosse una tempesta.

Tirando su il vestito le aveva sfilato le mutandine rosa, senza dire una parola, per poi togliersi i pantaloni... Si era sdraiato su di lei con dolcezza, restando a guardarla ancora per un po’.

Avrebbe dovuto chiederle se era sicura, ma sapeva che non ce n’era bisogno… Il suo corpo era pronto per lui, completamente abbandonato ai suoi movimenti.

Aveva iniziato a spingere piano, senza distogliere lo sguardo… Eden si era morsa il labbro tenendo gli occhi chiusi, le sue mani si erano mosse piano cercando appiglio sulla sua schiena… E lui aveva sentito il bisogno di fermarsi un secondo, consapevole di quel che stava succedendo…

Adesso sarebbe stata sua,

d’ora in poi sarebbe stata solo sua..

E anche se un giorno avesse deciso di fuggire da lui, comunque non avrebbe mai più potuto dimenticarlo.

Un misto di orgoglio ed eccitazione lo aveva riempito e con una spinta decisa fu dentro di lei, pronto a coprirle la bocca con un bacio perché nessuno sentisse il suo lamento. Il dolore acuto e pungente di un secondo e poi si era fermato di nuovo, aspettando che il corpo di lei si adattasse alla sua nuova presenza.

Un bacio ancora mentre notava come il suo viso fosse mutato in un solo attimo, senza timori o ombre di pentimento, solo uno sguardo intenso che lo pregava di non abbandonarla proprio adesso… E lui non l’avrebbe fatto…

Muovendosi piano aveva fatto l’amore con lei, prendendo possesso di ogni centimetro della sua pelle…

Adesso era solo sua…

 

-----

 

Quando Eden riaprì gli occhi aveva la gola secca, Davis si era addormentato dopo di lei ed il suo corpo le era scivolato addosso. Era piacevole, ma iniziava a toglierle il respiro. Si mosse il più lentamente possibile cercando di non svegliarlo, non aveva idea di che ora fosse, ma era chiaro che il suo organismo aveva bisogno d’acqua.

Lasciò Davis spalmato sul divano e girò pianissimo la maniglia, era abbastanza abile in quelle manovre da riuscire a farlo senza il minimo rumore.

L’assenza di André nell’altra stanza rese chiaro che doveva essere notte fonda. Eden raggiunse il frigo e ne tirò fuori una bottiglietta d’acqua fresca. Il primo sorso le ferì i denti, il secondo lo trattenne in bocca abbastanza a lungo da portarlo ad una temperatura accettabile.

Mentre si passava la bottiglietta sulla fronte, cercando sollievo anche per la sua leggera emicrania, i suoi occhi notarono l’apparecchio poggiato sul tavolo di legno. Una lucina verde intermittente colpì la sua attenzione.. Era il telefono, quel grosso telefono che Davis aveva sfilato dalle sue mani poco prima che riuscisse a parlare con Dair…

Dair…

Sophia…

Le fu impossibile resistere. Corse fino al tavolo e lo prese tra le mani sperando che non avrebbe emesso qualche sorta di fischio o suono stridente. Provò a premere piano un tasto per esserne sicura… Nessun rumore tranne il “cric” minimale della plastica sotto il peso del suo polpastrello.

Compose il numero alla velocità della luce e rimase in allerta sperando che Davis non si svegliasse. Non avrebbe capito.

 

-----

 

La suoneria del cellulare fece sobbalzare Dair, lasciandolo completamente spiazzato per un paio di secondi. Anche quella sera aveva finito per addormentarsi con la testa sul tavolo.

Si passò la mano sugli occhi e sul mento mentre il volume degli squilli aumentava lentamente. Afferrò il telefono premendo velocemente il tasto “mute” poi strinse le palpebre per mettere a fuoco la scritta sullo schermo. Sconosciuto.

Guardando l’orologio si rese conto che era tardissimo ed il suo pensiero arrivò subito ad Eden. A lei e al computer acceso sulla scrivania. Secondo patti avrebbe dovuto immediatamente collegare il cellulare all’apparecchio così che potesse registrare la conversazione ed eventualmente individuare la fonte della chiamata.

Si avvicinò a passi veloci pronto ad infilare il jack nell’apposita fessura, la scritta sullo schermo continuava a lampeggiare insistente.. Doveva essere lei..

Imprecando tra i denti gettò via il filo e spinse il tasto verde.

“Eden?”

Era sicuro che fosse lei.

“Sì, sono io.”

Rispose lei a voce bassa.

“Stai bene?”

Dall’altra parte lei indugiò per un paio di secondi

“Il tuo telefono è sotto controllo?”

“No. Non preoccuparti, sto infrangendo l’ennesima regola.”

Eden si sentì sollevata e “coccolata” da quel tono quasi ironico. Era meraviglioso scoprire ancora una volta che non ce l’aveva con lei.

“Tu come stai? Che ti hanno fatto?”

“Sto bene. E tu?”

“Anch’io ma… Come sta Sophia?”

“Bene.. E’ di là che dorme.”

“Sei con lei?”

“Certo.”

Eden rimase a corto di parole per un po’… La naturalezza della sua risposta le aveva acceso un sorriso involontario in viso. Se Dair era con sua figlia non doveva temere nulla.. Lui amava davvero quella bambina e Sophia ricambiava quell’amore incondizionato.

Nella sua testolina Dair era il fidanzato della mamma, senza nemmeno sapere cosa volesse dire davvero… Come nelle sue favole preferite dove tutto è facile e spontaneo, cavaliere e principessa avrebbero finito per sposarsi e vivere per sempre felici e contenti…

 

“Dove siete?”

“A New York.”

“New York?! Ma che volete fare?”

Eden inspirò incerta sulla risposta, tamburellò nervosamente con l’indice sul tavolo

“Davis vuole tirare fuori gli altri.”

Rispose infine mordendosi il labbro. Non era un vero tradimento, Dair non sarebbe corso dal suo capo per farli arrestare… O almeno è quello che doveva sperare… Che lui non fosse troppo esasperato.

“Lo sapevo.”

Dair parlò a denti stretti, quasi si stesse rivolgendo esclusivamente a sé stesso. Ne seguì un lungo silenzio durante il quale Eden iniziò a fremere… Forse era davvero troppo stanco di tutta quella storia..

Altri trenta secondi almeno e finalmente lui parlò di nuovo

“Lo aiuterò.”

Eden scosse la testa credendo di non aver capito

“Come?”

“Lo aiuterò.”

Ribadì deciso.

“Dici davvero?”

Stavolta Dair non le rispose, rimase ad ascoltarlo mentre respirava a fondo

“Ascoltami bene adesso Eden…”

Iniziò solenne. Il tono da conversazione di cortesia del tutto sparito. Lei non osò nemmeno fiatare.

“…La situazione è davvero arrivata al limite qui… Ancora uno sgarro e non riuscirò più a salvarti.”

“Che vuoi dire?”

La voce tremante e tutte e due le mani strette al telefono

“Voglio dire che ti arresteranno… E ti toglieranno Sophia.”

Il cuore di Eden le balzò dritto in gola

“No.”

“Lo faranno… Lo faranno se questa faccenda non si conclude il più presto possibile.”

Eden iniziò a tremare d’ansia e paura

“Che dovrei fare? Devo dirti dove siamo e farvi prendere anche Davis e André?”

Dair strinse forte i denti e strizzò gli occhi, profondamente colpito da ciò che stava per dire

“No Eden… So che non lo faresti mai e devo smettere di chiederti di farlo…”

Un profondo respiro

“…Li aiuterò a far uscire gli altri e farò in modo che possano sparire senza essere fermati dalla polizia.”

Eden aggrottò le sopracciglia

“Perché?”

“Perché so che non avresti pace senza sapere che Davis è al sicuro.”

Lei schiuse le labbra, a metà tra lo stupore e l’ammirazione per quell’uomo pronto a tutto

“E… E io?”

“Dovrai lasciarlo andare… Se vuoi restare con tua figlia dovrai lasciarlo andare… Per sempre Eden.”

Quelle ultime parole le attraversarono il petto come una coltellata

“Non seguirlo…”

Riprese lui

“…Ti prego non andare con lui. Non gettare tutto quello che hai costruito per quell’uomo… Ti prego ascoltami Eden… Farò in modo che se ne vada il più lontano possibile, ma tu… Tu devi promettermi che non lo seguirai… Devi giurarmi che stavolta lo lascerai andare.”

Eden tentò di elaborare tutti quei pensieri in pochi secondi… Quante volte aveva già provato a rinunciare a Davis? Non c’era mai riuscita… Nemmeno dopo averlo incolpato della sua morte… Nemmeno dopo averlo saputo un assassino…

Stavolta però era in ballo sua figlia… Sophia e tutto il suo futuro.

“Eden ti prego… Ti prego. Devi promettermelo adesso, prima che sia troppo tardi.”

“Troppo tardi?”

“Manderanno via Sophia. La affideranno ad un’altra famiglia.”

I suoi occhi si spalancarono mentre ogni cellula del suo corpo urlava “NO! NO! NO!”.. Non sarebbe mai successo.

“Eden ti prego!”

Alla fine il suo cuore si arrese… Se doveva davvero scegliere tra le due persone che più amava al mondo, non poteva che sacrificarsi e rinunciare a suo marito… Davis sarebbe riuscito a sopravvivere anche senza di lei… E lei avrebbe fatto l’abitudine al vuoto che avrebbe lasciato…

“Va bene!”

Dovette riprendere fiato per non crollare

“Va bene. Lo lascerò andare. Stavolta per sempre.”

Dair emise un lungo sospiro

“Mi dispiace. Davvero.”

Eden sentì la prima lacrima rigarle lo zigomo

“Lo so.”

Ne seguì un altro lungo silenzio. Dair sapeva che stava piangendo… Avrebbe voluto essere lì con lei, ma il pensiero che stesse piangendo per un altro lo rendeva felice di essere a chilometri di distanza e non doverla guardare.

Sospirò un’ultima volta

“Adesso dimmi esattamente dove siete e cosa pensate di fare. Al resto provvederò io.”

 

 

././././.

 

Ciao!! Scusate per la pausa estiva.. Impegni vari ed un po' di sano relax...

Avvicinandomi alla fine della storia ho deciso di concentrarmi ancora una volta su Eden e Davis... Un po' di sano fluff prima della conclusione...

Vi ringrazio infinitamente per le letture, le recensioni e soprattutto la pazienza!!

 

 

    

 

   

 

 

 

   

 

 

 

 

 

 

  
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